Incontro con il viceministro Visco

Incontro con il viceministro Visco

Roma, 19 settembre 2006

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19 settembre 2006
Signor Vice Ministro,

Signor Vice Ministro,

 

desidero innanzitutto ringraziarTi, anche a nome dei miei colleghi qui presenti, per avere accolto l’invito a partecipare al Consiglio Generale di Confcommercio.

Una disponibilità â€" la Tua - tanto più significativa in un momento in cui l’agenda del Governo è fitta di impegni rilevanti, e che quindi interpreto come un segnale di grande attenzione per le imprese che Confcommercio rappresenta.

 

Per il nostro Paese, si sta cominciando a parlare di ripresa: secondo le previsioni dell’Ocse, il Pil potrebbe crescere, nel corso di quest’anno, dell’1,8%.

 

Ma non si può cantar vittoria troppo presto, come ha ricordato anche il Governatore Draghi.

 

Perchè su queste previsioni gravano le incognite legate all’andamento dei prezzi petroliferi, delle tensioni geopolitiche internazionali e della possibilità di un rallentamento dell’economia americana, nonché la persistente debolezza dei consumi delle famiglie, in Europa e, particolarmente, nel nostro Paese.

 

In definitiva, infatti, l’Italia cresce meno di altri Paesi europei, e questa crescita è destinata a rallentare nel 2007.

 

Soprattutto non si può cantar vittoria quando i consumi delle famiglie continuano ad essere tutt’altro che brillanti e gli indici di fiducia dei consumatori italiani continuano a stagnare.

 

Si percepisce da parte delle famiglie e delle imprese - e di questo me ne faccio interprete, perché lo verifico quotidianamente e me lo confermano i dati - un diffuso senso di incertezza relativo alle prospettive di più lungo periodo dell’economia italiana.

 

Quindi, se vogliamo che questa “ripresina� si consolidi e se puntiamo a stabili tassi di crescita almeno nell’ordine del 2% all’anno, la strada da imboccare è chiara: riduzione della spesa pubblica, senza “lacrime e sangue�, ma con riforme che incidano strutturalmente; controllo e riduzione della pressione fiscale; sostegno all’innovazione, soprattutto nei servizi, come leva per l’incremento di produttività di tutto il sistema-Paese.

 

La spesa pubblica, dunque: tagli alle spese improduttive, innanzitutto; e, poi, interventi sui grandi comparti di spesa: dalla sanità alla previdenza, dal pubblico impiego alla finanza centrale fino agli Enti locali.

 

In sintesi: spendere meno, ma soprattutto spendere meglio.

 

La Finanziaria non potrà fare tutto questo e subito. Ma può e deve indicare con chiarezza la strada da intraprendere nell’immediato e da percorrere, con passo certo, negli anni a venire.

 

Insomma, non si possono ignorare le sollecitazioni che arrivano dall’Europa, e non si può non tenere presente l’intervento del Presidente della Repubblica: “il richiamo al rigore nei conti pubblici è una cosa sacrosanta�.

 

Il problema allora è capire come conciliare rigore e sviluppo, e - posto che la manovra per il 2007 sarà di 30 miliardi di euro - stabilire quanta parte del fabbisogno sarà coperta attraverso riduzioni di spesa e quanto sarà invece reperito attraverso maggiori entrate.

 

E qui entriamo nel vivo, perché se le entrate stanno andando, come sembra, piuttosto bene, forse allora non è il momento di pigiare ulteriormente il pedale fiscale.

 

E non si può accettare di conseguenza come ineluttabile la previsione di una crescita della pressione fiscale, nel prossimo anno, di circa un punto percentuale, arrivando, anzi tornando, a più del 42% del Pil, il dato più alto dal 1997.

 

Per questo è fondamentale che il rapporto tra recupero di evasione ed elusione e riduzione delle aliquote fiscali sia strettissimo e il più contestuale possibile. Così come è fondamentale la contestualità del controllo e della riduzione della spesa pubblica.

 

In quest’ottica, la lotta all’evasione e all’elusione diventa non solo una priorità del Governo, ma un tema che vogliamo fare nostro.

 

Perché le dimensioni del “nero�, nel nostro sistema economico, sono almeno pari a 200 miliardi di euro, che si traducono in un mancato gettito fiscale e contributivo nell’ordine degli 80 e più miliardi di euro.

 

Perchè l’evasione fiscale in Italia riguarda, e qui le parole sono le Tue, Vice Ministro Visco, “milioni di persone e tutte le categorie sociali: imprese medie, grandi e piccole, lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, pensionati… E’ inutile, strumentale e fuorviante impostare la questione della lotta all’evasione in termini di categorie sociali.�

 

E’ una giusta premessa.

 

Innanzitutto perché - torno a dirlo, e questo deve essere il primo, reale obiettivo - se tutti pagano le tasse, si può pagare tutti meno. E peraltro â€" almeno noi così pensiamo â€" ridurre il carico fiscale complessivo e rendere più efficienti i servizi pubblici è un buon modo per far sì che tutti paghino e per rafforzare la tax-compliance.

 

Ma anche perché se è vero che l’evasione è un fenomeno che riguarda tutte le categorie sociali e produttive, allora ben venga la messa a punto di strumenti efficaci.

 

Noi siamo pronti a continuare il lavoro comune intrapreso con gli studi di settore (ed anche a farne una manutenzione straordinaria, come dirò più oltre) ma per gli altri, per recuperare i danni causati da un’economia sommersa così diffusa, cosa sta mettendo in campo il Governo?

 

Per tante, troppe società di capitali cronicamente “in rosso� si sta studiando un meccanismo mirato?

 

Insomma, la questione dell’evasione e dell’elusione fiscale va affrontata complessivamente e senza un’ inutile e controproducente “caccia alle streghe�.

 

Per questo occorre anche un’amministrazione finanziaria efficiente, più efficiente. E che faccia i controlli realmente necessari. Vorrei dire: non uno di meno, non uno di più. Che assuma le informazioni necessarie. Anche qui, quelle realmente necessarie. Non una di più, non una di meno e nel rispetto del diritto alla privacy.

 

Ma è importante pensare anche al contribuente in regola. Che paga le tasse e vorrebbe pagarle con un sistema di norme più semplici, più chiare e, soprattutto, certe e stabili.

 

Che paga le tasse e, avendone diritto, vorrebbe rimborsi fiscali più veloci. Che paga le tasse e vorrebbe, nel nostro Paese, un sistema fiscale più attento anche alle disposizioni comunitarie. Se ne avvantaggerebbe il contribuente e converrebbe in definitiva anche allo Stato, visto ciò che è accaduto con la condanna dello Stato italiano, da parte della Corte di Giustizia europea, per il mancato rispetto della normativa comunitaria in materia di detraibilità Iva per le auto aziendali.

 

Il tutto nel rispetto dei principi di quello Statuto del contribuente che troppo spesso è stato dimenticato, fino al punto di procedere all’emanazione di norme fiscali con valore retroattivo.

 

Dunque, meno tasse, certo. Ma anche un rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria più collaborativo, coerente con la riconosciuta necessità di semplificare i rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni e di ridurre i costi aggiuntivi per gli adempimenti burocratici, con una particolare attenzione al loro impatto sulle imprese più piccole.

 

Cito, al riguardo e solo per esempio, il caso “storico� della tassa sulle insegne e il caso più recente della trasmissione telematica dei corrispettivi.

 

E lo faccio per porTi, caro Vice Ministro, una questione di metodo più generale: in questi e in molti altri casi, non sarebbe utile avere momenti di confronto stabili tra imprese e amministrazione, che aiutino preventivamente a valutare l’impatto sulle imprese di norme e procedure fiscali e a monitorarne il funzionamento in corso d’opera?

 

Non sarebbe un buon modo per costruire, nel nostro Paese, un fisco più moderno che cooperi al perseguimento degli obiettivi della competitività e dello sviluppo?

 

Un’esperienza importante di confronto e di collaborazione tra imprese contribuenti e amministrazione finanziaria, la si è realizzata con gli studi di settore.

 

Sono passati esattamente dieci anni dal “protocollo d’intesa� che ha istituito gli studi di settore, e dopo l’ondata di evoluzioni e revisioni che negli ultimi anni hanno coinvolto gran parte di questi studi è giunto sicuramente il momento di fare un bilancio.

 

E se serve, una rivisitazione di questo strumento, che deve avere però un obiettivo chiaro: quello di renderli più efficienti e non quello di assicurare, “comunque� e per così dire “in automatico�, maggiori entrate alle casse dello stato.

 

Valutando, anzitutto, come i comportamenti dei contribuenti sono cambiati nei diversi settori e nelle diverse tipologie di impresa. E come, poi, gli studi possano leggere meglio l’andamento dei costi e dei ricavi in uno scenario caratterizzato da differenziazioni territoriali profonde e da veloci mutamenti dell’andamento del mercato.

 

Insomma, l’obiettivo della rivisitazione, della manutenzione straordinaria degli studi di settore dovrebbe essere quello di rendere più equa la distribuzione del carico fiscale fra imprese.

 

Perché ci sarà chi deve pagare di più, e chi lo deve fare, lo faccia. Ma ugualmente, chi ha diritto di pagare di meno, sia messo in grado di farlo.

 

Ci sono, infatti, tantissimi lavoratori autonomi e piccoli imprenditori che in questi anni di crescita lenta e di consumi al palo hanno fatto davvero una gran fatica a pagare tasse e contributi.

 

Tantissimi dei “nostriâ€� - mi si passi l’espressione - in questi anni non ce l’hanno fatta più e â€" a decine di migliaia all’anno - hanno semplicemente chiuso.

 

Non è stato un bene per loro e, francamente, non penso che sia stato un bene per il Paese.

 

Le imprese del terziario chiedono solo di poter lavorare, senza corsie preferenziali, ma in un contesto attento alle loro esigenze, alle nostre esigenze, per crescere e far crescere il Paese.

 

Per questo chiedono che si dia risposta a questioni che sono davvero divenute di troppo lungo periodo: dalla esclusione delle imprese commerciali dall’accisa agevolata per gli usi di gas metano alla detraibilità Iva per il turismo congressuale e ai canoni demaniali; dalla tassa sulle insegne alla deducibilità delle spese per le autovetture per gli agenti di commercio; dall’incidenza del carico fiscale sul gasolio per l’autotrasporto agli sgravi contributivi per le imprese del cabotaggio; dagli incentivi per le ristrutturazioni edilizie e gli investimenti in innovazione al credito di imposta per i nuovi assunti e alla fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno.

 

Solo esempi, pochi esempi, di un elenco lungo e, ormai, troppo lungo.

 

Siamo, però, gente concreta e che sa far di conto. E non ci piacciono, dunque, né le lamentazioni, né i libri dei sogni.

 

Per questo, all’inizio di una nuova legislatura, la richiesta che facciamo è assai semplice: si esamini il dossier delle questioni aperte, a partire dalla questione della riduzione del cuneo fiscale e contributivo; ci si confronti e si dica â€" dica il Governo â€" cosa potrà essere fatto subito e cosa potrà essere fatto negli anni a venire. Con gradualità e realismo, certo. Ma anche assumendo impegni precisi.

 

Altrimenti, la concertazione â€" anche quella necessaria per scrivere un nuovo “Patto per la crescitaâ€� â€" si risolverà in dichiarazioni suggestive, ma certo non aiuterà a costruire, per il nostro Paese, un futuro migliore.

 

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