"Furti, rapine, racket e usura: un'emergenza per le imprese"

"Furti, rapine, racket e usura: un'emergenza per le imprese"

Roma, 20 luglio 2007

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20 luglio 2007

Abbiamo voluto presentare questa ricerca con la presenza del Viceministro Marco Minniti, del Commissario europeo Franco Frattini e del Prefetto Raffaele Lauro perché non vogliamo che questa sia una semplice operazione di denuncia, ma sia invece un momento di confronto con le Istituzioni per riuscire a trovare una via più rapida alla soluzione dei problemi.

Il nostro contributo vuol essere quello di "censire" il sentimento e la percezione di chi, tutti i giorni, svolge la sua attività tra la gente e per i consumatori e che spesso non ha la possibilità di trasferire o di comunicare qual è il suo stato d'animo e quali sono i suoi reali problemi in tema di sicurezza.

Insomma, il nostro primo obiettivo era quello di ascoltare dalla viva voce dei nostri associati, degli imprenditori del commercio, del turismo e dei servizi che percezione hanno di questo fenomeno, come è cambiato e quanto costa nell'esercizio di impresa, cosa si aspettano dalle forze dell'ordine, cosa si aspettano dalle Istituzioni, quali priorità individuano per cercare di avere una maggior sicurezza ambientale. Cogliere, cioè, quegli aspetti del fenomeno criminale che le statistiche non sono in grado di leggere perché parte di quel "sommerso" che solo l'anonimato consente di far emergere.

Insomma, oggi nonostante siano aumentate le denunce di reato – dai furti alle rapine alle estorsioni – quello che vediamo, in realtà, è solo la punta dell'iceberg.

Ma cosa vogliono dire i dati di questa ricerca?

Sostanzialmente quattro cose:

  1. sono cresciuti negli ultimi anni i fenomeni legati alla criminalità, soprattutto furti e rapine;
  2. è aumentata la distanza tra le Istituzioni, le Forze dell'Ordine e gli imprenditori, confermata anche dal basso livello di conoscenza delle leggi antiracket e antiusura;
  3. c'è un processo di normalizzazione del fenomeno della criminalità che ha prodotto un duplice effetto: minor ricorso alla denuncia e rassegnazione; le 328 denunce di usura nel 2006 e l'1,5% di imprenditori che ha accettato richieste estorsive la dicono lunga sull'entità del "sommerso" rappresentato dai reati non denunciati.
  4. non si è persa, però, la fiducia nelle Istituzioni e nelle Forze dell'Ordine.

L'aver considerato, dunque, questo come un fenomeno minore per tanti anni, ha di fatto assecondato un atteggiamento di sopportazione che ha finito col pregiudicare quel sano rapporto civile fra lo Stato e l'impresa. E quindi è passato un messaggio insidioso e pericoloso ma che è diventato un elemento culturale nel quale non c'è distinzione etica tra chi denuncia e chi non denuncia.

E questo lo dico usando parole chiare perché ritengo che denunciare è un dovere morale che va perseguito, ma è altrettanto chiaro che per contribuire a far emergere certi fenomeni ci vuole tutto l'aiuto delle Istituzioni e delle Forze dell'Ordine.

È un percorso comune, una collaborazione fitta che, purtroppo, si è sfilacciata nel tempo e che ha dato luogo ad una situazione di stallo in cui, in alcune aree del paese, pagare il "pizzo", subire più di una rapina, non denunciare la rapina se l'entità della rapina o del furto è modesta, rischia di diventare quasi normale.

Una normalità alla quale non ci si può rassegnare e che, se non viene corretta, rischia di creare una maggiore distanza tra le imprese e chi amministra la giustizia.

Dobbiamo evitare, dunque, che le nostre imprese considerino il costo della criminalità come una tassa "impropria".

Perché una democrazia vera e compiuta non può tollerare che ci sia un mercato alterato da queste condizioni.

Perché l'effetto pervasivo della criminalità sull'economia legale appesantisce in modo grave i costi di gestione delle imprese e gli investimenti produttivi, e soprattutto rende meno competitive le imprese e in alcuni territori scoraggia nuove iniziative imprenditoriali.

Perché è evidente che soprattutto il racket e l'usura sottraggono al sistema commerciale miliardi di euro che anzichè finanziare gli investimenti vanno paradossalmente a finanziare le attività criminali.

Per non parlare dell'altro fenomeno, presente soprattutto nella periferie delle grandi città, dove spesso i negozi non sono più un presidio di sicurezza sociale, che è quello della criminalità di strada.

Fenomeno questo che è sensibilmente aumentato negli ultimi anni, condotto spesso da bande non organizzate e che diffonde tra i cittadini e gli operatori commerciali, soprattutto benzinai, tabaccai, orefici, un senso di insicurezza crescente. E purtroppo con il risultato di produrre, spesso, dei veri e propri bollettini di guerra.

E qui è necessario fare un passaggio sul problema dell'immigrazione clandestina che contribuisce in maniera rilevante all'aumento della criminalità urbana e su questo specifico fronte dobbiamo rilevare che non si è riusciti a contrastare efficacemente questi fenomeni con misure e strumenti idonei a ridimensionare, se non azzerare il problema.

Che, come abbiamo sottolineato più volte non consiste nell'impedire tout court l'ingresso in Italia degli immigrati, una forza di lavoro utile, spesso vitale, per lo sviluppo del tessuto economico, ma di fare in modo che la clandestinità venga azzerata.

Obiettivo che riassumo in una formula: "ben vengano tutti coloro che rispettano le nostre leggi, abbiano un lavoro e si integrino con la nostra cultura".

Se non si riesce a garantire in tutte le aree del paese condizioni di sicurezza ambientale, perché racket, usura, furti e rapine sono all'ordine del giorno, è evidente che la risposta non può essere una risposta individuale perché il singolo commerciante non solo non si deve difendere da solo ma non ha neanche la voglia di farlo.

E qui vorrei citare un editoriale di Gaspare Barbiellini Amidei di qualche tempo fa in cui si sosteneva che se un commerciante ha la pistola sotto il bancone ha già perso la sfida con la legalità.

Noi siamo contrari al qualsiasi forma di giustizia "fai da te", posizione che ci viene anche confermata dai dati del sondaggio, perché riteniamo che la risposta a questi problemi debba essere data in maniera organica, efficace, strutturata da chi è preposto a prevenire e reprimere questi fenomeni criminali.

Il tutto per non alimentare la sensazione che, arrivati ad un certo punto, non resti, anche in questo caso, che far da sè.

Ma a noi – ripeto – questa soluzione non piace. E soprattutto, non crediamo nella sicurezza e nella giustizia "fai da te".

Per questo chiediamo alle istituzioni e alla politica "tolleranza zero"!

Tolleranza zero nei confronti del racket delle estorsioni e dell'usura. Ma anche nei confronti di fenomeni solo apparentemente minori, come l'abusivismo e la contraffazione. Fenomeni che "dopano" il mercato e la concorrenza e che costituiscono spesso fonte di elevati guadagni con pochi rischi per la criminalità organizzata.

Ma allora cosa possiamo fare per togliere la sordina a questi fenomeni e dare vita ad una nuova stagione in cui si torni a denunciare con vigore gli atti criminali, in cui il governo e le istituzioni siano già pronte e più tempestive ed efficaci nel raccogliere la voglia di collaborazione che c'è tra i nostri imprenditori?

Le risposte sono due, la prima di carattere generale, che definirei un obiettivo strategico, e cioè sostenere la diffusione della cultura della legalità con una efficace opera di persuasione in grado di coinvolgere tutte le diverse componenti della società, ed educarle al fine di rendere più ampio possibile il fronte di coloro che non vogliono più rinunciare a questi principi che sorreggono uno stato di diritto. Insomma, una iniziativa che sia in grado di far partecipare dal basso verso l'alto tutte quelle forze vitali e responsabili che possono dare vita ad una nuova stagione della legalità, obiettivo questo contenuto anche nel progetto in memoria di Paolo Borsellino elaborato dall'Associazione magistrati di Palermo.

La seconda risposta consiste nella dotazione di strumenti più efficaci e di misure di contrasto che possano da subito aggredire il problema, e alludo a tutte quelle iniziative finalizzate a rafforzare le linee di azione già delineate e che vanno perseguite con maggiore incisività.

Insomma, in via prioritaria chiediamo al Governo e alle istituzioni un maggiore controllo del territorio attraverso l'interconnessione delle sale operative, che ancora manca; l'utilizzo e il miglioramento di tutti i sistemi di video-sorveglianza, sia sulle grandi reti viarie che cittadine; una maggiore presenza, soprattutto nelle aree periferiche delle città, del poliziotto e del carabiniere di quartiere, perché questa figura, nei confronti dei reati di microcriminalità, svolge, a nostro modesto avviso, tre funzioni essenziali: quella di intelligence, quella di prevenzione e quella di repressione; in materia di racket e usura, superare le difficoltà applicative per la sospensione dei termini di scadenza per gli adempimenti amministrativi e fiscali a carico degli imprenditori che hanno subito danni patrimoniali o lesioni personali; per contrastare l'attività illecita delle organizzazioni criminali, infine, chiediamo l'effettiva confisca dei loro beni.

Ecco, con questi strumenti, se attuati, è possibile creare le condizioni per giungere ad un patto per la sicurezza in cui tutti quanti – istituzioni, forze dell'ordine, enti locali, categorie economiche e cittadini – possano ritrovare un clima di collaborazione, di fiducia e di sicurezza.

Un clima in cui le nostre imprese, i nostri imprenditori possano svolgere serenamente il loro lavoro.

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