Intervento del Presidente Sergio Billè al convegno: "In centro tutta un'altra cosa"

Intervento del Presidente Sergio Billè al convegno: "In centro tutta un'altra cosa"

Rilancio delle attività commerciali nei Centri StoriciTreviso, 25 ottobre 2004

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25 ottobre 2004
Intervento di Sergio Billè

        

Non nego che vi siano oggi sindaci, amministratori e imprenditori che si stanno tenacemente adoperando per risolvere molti degli annosi problemi dei nostri centri storici, un patrimonio che, per qualità e quantità, tutto il mondo ci invidia.

Ma, quando c’è e non si può certo dire che esso  ci sia oggi in tutte le parti del nostro territorio, tale sforzo rischia di approdare a sterili o solo assai parziali risultati fino a quando, fuori dalle mura dei centri storici, continuerà ad esserci, nella gestione dei pubblici poteri,  un deserto di idee, di programmazione e soprattutto di investimenti che siano, anche a questo scopo, strutturalmente mirati.

Intendo dire che non si potranno risolvere i problemi anche dei nostri centri storici fino a quando le pubbliche istituzioni non si decideranno ad affrontare, con carattere di assoluta priorità, i problemi della “logistica” cioè di quell’insieme di infrastrutture che oggi sono indispensabili, da un lato, per abbassare i sempre crescenti ed abnormi costi della mobilità e, dall’altro, per aumentare la produzione e la circolazione della ricchezza.

Ed è davvero disperante la lentezza con cui lo Stato oggi si muove per risolvere un problema così vitale per lo sviluppo di questo paese.

E certe volte le confessioni fatte off records cioè lontano dai microfoni dei mass media dai nostri governanti  sono, a dir poco, illuminanti. Come quella, ad esempio, fatta dal vice ministro dell’economia, Mario Baldassarri al Presidente della commissione attività produttive della Camera, Bruno Tabacci il quale però ha poi pensato bene di renderle, invece, pubbliche pochi giorni fa in un’intervista al quotidiano “La Stampa”. “Baldassarri mi ha detto - riferisce Tabacci - che per quanto riguarda la legge-obiettivo, quella che dovrebbe rilanciare le opere pubbliche e le infrastrutture, ci sono soldi zero”.

Ne avevamo il sospetto, ma sentircelo dire ora in modo così papale-papale ci lascia davvero senza fiato.

Nessuno nega che il risanamento dell’ormai cronico deficit della nostra finanza pubblica sia un problema importante, ma allora a che cosa sono servite tutte le finanziarie di “contenimento” della spesa che sono state varate in questi anni, se, nella sostanza, siamo sempre da capo a dodici?

E che cosa pensare di un governo che, mentre solo qualche mese fa dichiarava che i “conti pubblici erano a posto”, ora ci dice, invece, che l’opera di risanamento è ancora tutta da fare e che, per questo, occorre “drenare”, dal mercato ovviamente e, se no, da chi altro, nuove risorse?

Sarebbe bastato dare un forte impulso alla “logistica” per dare impulso al mercato e per produrre così anche maggiori risorse anche per lo Stato e per tutte le sue amministrazioni.

Ma questo tipo di strategia e questa più virtuosa, più moderna e più strutturata politica di programmazione sono rimasti purtroppo, in questo paese, concetti astratti. E così ci troviamo di fronte ad ammissioni sconcertanti: legge-obiettivo? Soldi zero. Infrastrutture? Soldi zero. Passante di Mestre? Soldi zero o quasi.

Come si possa far diventare, in questo contesto, anche i nostri centri storici motori pulsanti dello sviluppo rischia di diventare un rebus di difficile se non impossibile soluzione.

Vi sono piccoli centri storici del Nord che, avendo potuto fare tutto da soli grazie al combinato di iniziative degli amministratori locali e degli operatori, sono oggi, anche sotto il profilo commerciale, quasi “isole felici”.

Ma quale potrà essere, senza la creazione di una vera e moderna logistica delle infrastrutture, il destino di tutti gli altri?   

 

 

Tutti gli altri - e nel lungo elenco vi sono anche quelli delle medie e grandi città soprattutto del Centro Sud - rischiano oggi, in mancanza di seri interventi nel settore delle infrastrutture, di non andare più da nessuna parte.

Mancano  “interporti” in grado di provvedere, perché situati ai margini dei maggiori agglomerati urbani, ad una più moderna e meno costosa distribuzione dei prodotti commerciali, mancano i parcheggi, manca soprattutto la pianificazione di vie di scorrimento che consentano di attenuare i costi della mobilità di merci e di persone e di potenziare i flussi turistici.

Non parlo di Treviso, parlo, ad esempio, di  città come Caltagirone, regina dell’arte barocca, che ancora oggi i turisti possono raggiungere solo se prendono in affitto un vecchio calesse.

Infrastrutture e sviluppo dei centri storici sono un combinato essenziale per lo sviluppo economico, ma chi sta pensando a realizzare questo combinato?

Vi sono - ed è forse una stima in difetto - almeno 100 milioni di cinesi pronti a sbarcare, come turisti, in Europa.

Cosa stiamo facendo per attrezzarci e quindi per adeguarci a questa nuova domanda turistica?

Essi cercheranno treni veloci e noi non li abbiamo, cercheranno infrastrutture di appoggio che consentano loro di muoversi senza dover sostenere alti costi di trasferimento e noi non le abbiamo, cercheranno le  metropolitane e noi non le abbiamo.

E vale la pena di fare qualche considerazione proprio su quest’ultimo problema che riguarda soprattutto i grandi centri storici.

I dati purtroppo parlano chiaro. Per costruire un chilometro di rete metropolitana ci vogliono, in Italia, in media 12 anni contro i 4 della Germania e i tre della Spagna. A Madrid, in pochi anni, è stata realizzata una rete metropolitana che, per dimensioni, è diventata la terza d’Europa. Vogliamo parlare di quel che, invece, accade in una città anche a grande valenza turistica come Roma?

Ci riempiamo la bocca di discorsi come quello dello sviluppo anche turistico del Mezzogiorno e poi ci troviamo di fronte ad un’autostrada come quella Salerno-Reggio Calabria, unica praticabile via di accesso al Sud, ancora impantanata in lavori e appalti che non hanno mai fine. Se va bene, sarà pronta fra cinque anni quando i turisti cinesi saranno andati già altrove.

Per non parlare della rete ferroviaria che, per velocità e ramificazioni logistiche, è ancora anni luce indietro rispetto ai nostri principali partners europei. Però il suo mantenimento costa al contribuente 30 mila miliardi di vecchie lire ogni anno.

E quanti soldi sta costando al contribuente la sola progettazione - perché altro per il momento non si vede - delle dighe foranee che dovrebbero regolamentare il flusso delle maree nella laguna di Venezia?

I centri storici - e concludo - dovrebbero essere la punta di diamante di un piano di rinnovata e più strutturata offerta turistica, ma fino a quando non si affronteranno i problemi infrastrutturali che ci sono a monte e a valle di queste città, il nostro paese continuerà a crogiolarsi in speranze che restano purtroppo soltanto sogni.

Affrontiamo finalmente i problemi di una logistica che, rispetto al resto dell’Europa, ha un gap infrastrutturale di circa il 40% e potremo dire di aver messo finalmente una pietra importante per la costruzione di un nostro sviluppo.

Ma non accade niente. Per questo obiettivo  “soldi zero”, dice Baldassarri.

E allora come potremo programmare il nostro futuro?   

 

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