Intervento di Pietro Russo agli Stati Generali Confcommercio "Anzitutto l'Italia" (tappa di Napoli)

Intervento di Pietro Russo agli Stati Generali Confcommercio "Anzitutto l'Italia" (tappa di Napoli)

Presidente Ascom Napoli

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24 novembre 2011

Cari colleghi ed amici,
desidero innanzitutto ringraziare il Presidente Sangalli per aver scelto Napoli quale tappa territoriale degli Stati Generali di Confcommercio, ed insieme a lui l’amico Maurizio Maddaloni, per aver voluto ospitare questo evento in una cornice così prestigiosa.

Sappiamo che il Presidente Sangalli ha sempre avuto una sensibilità particolare per i problemi del Sud, dimostrando una capacità non comune di rappresentare con grande equilibrio e portare a sintesi nel quadro nazionale le diverse istanze espresse dai territori.

Ne è prova evidente l’aver individuato il tema del rilancio del Mezzogiorno come uno dei punti qualificanti del programma di Confcommercio per un nuovo sviluppo del Paese.  

E’ una scelta coraggiosa, portata avanti in un momento nel quale il Mezzogiorno viene considerato da una parte significativa della classe politica e dell’opinione pubblica come un peso morto o un malato incurabile.

Naturalmente, noi che viviamo e lavoriamo al Sud sappiamo bene che nell’intero Mezzogiorno vi sono risorse umane straordinarie ed una classe imprenditoriale dotata di grandi capacità e spirito di sacrificio, che si è temprata in un ambiente molto più difficile ed ostile al fare impresa di quello presente in altre parti d’Italia.

Nonostante la decrescita degli ultimi anni, il Mezzogiorno dispone di un tessuto di piccole e medie imprese le quali, lasciatemelo dire, rappresentano la nostra vera ed unica occasione di sviluppo nei prossimi anni.

Proprio la recessione dell’ultimo decennio ha mostrato la debolezza della grande impresa nel Mezzogiorno : un susseguirsi di chiusure, delocalizzazioni, cassa integrazione, licenziamenti, nonostante gli incentivi pubblici, a carico dei contribuenti, che spesso tali imprese hanno ricevuto.

Di contro, le piccole e medie imprese non delocalizzano e non possono contare sulla cassa integrazione per tamponare le crisi.

Esse rimangono in trincea a lottare, senza alcun tipo di sostegno, e talvolta devono soccombere.

Mi preoccupano molto le cifre della natimortalità delle imprese, che nel solo 2011 vedono nel Sud un saldo negativo di 16.000 imprese, il 40% del dato nazionale. 

Ciò significa che stiamo lasciando andare alla deriva il nucleo del nostro patrimonio produttivo, considerato che le Pmi rappresentano il 95% del PIL del settore privato e, di questo, l’85% è realizzato dalle imprese del Commercio, del Turismo e dei Servizi.

Dobbiamo dunque ripartire dalle PMI, le quali più di ogni altra realtà rappresentano la voglia di riscatto, le competenze, la volontà di crescere del Mezzogiorno.

Cosa intendiamo per “ripartire dalle Pmi”?

Certamente non contributi a pioggia o assistenzialismo senza criteri, cose che hanno danneggiato il nostro Sud, magari arricchendo solo qualcuno.

Noi vogliamo politiche attive per le imprese : non aiuti generici, ma misure che ci mettano in grado di competere con le imprese che operano in Paesi o regioni italiane dotate di un contesto più favorevole al fare impresa.

Non esiste Paese avanzato degno di questo nome che non abbia una politica per le imprese : occorre essere consapevoli che non può esistere una visione realistica dello sviluppo senza comprendere il ruolo centrale delle imprese, ed in particolare delle Pmi.

Tale consapevolezza deve diventare patrimonio comune dell’intera classe politica e della Pubblica Amministrazione, tanto a livello di governo che di Enti Locali.

Voglio qui citare alcune misure, a mio avviso essenziali ed improcrastinabili, senza voler anticipare quanto sarà meglio e più approfonditamente argomentato dall’amico Sangalli:

  • Sburocratizzazione: la Legge di Stabilità ha previsto “zone a burocrazia zero” in tutta Italia, a partire dal 1 gennaio 2012. Bene, ci si metta subito al lavoro per renderle realmente operative col nuovo anno, poiché la lentezza delle procedure e le pastoie burocratiche sono uno dei primi ostacoli all’imprenditorialità nel Mezzogiorno;
  • Fondi europei: dato lo scenario attuale, utilizzarli al meglio è un imperativo categorico. Bisogna al tempo stesso migliorare la qualità della spesa ed accelerare i tempi di investimento. Per far ciò occorre certamente migliorare la performance delle Amministrazioni competenti, ma non basta : è necessario che il cofinanziamento statale e regionale dei Fondi Europei non venga più calcolato nel Patto di Stabilità. Anzi, così dovrebbe essere per tutte le spese di investimento effettuate dalle Pubbliche Amministrazioni. Quando si guardano i bilanci di un’azienda privata, le spese in investimento ed in ricerca vengono giudicate come un volano di sviluppo e quindi impattano positivamente sulla valutazione dell’operato dell’azienda : perché non deve avvenire altrettanto per i bilanci pubblici? Sono le spese correnti che vanno limitate, tagliati gli sprechi ed i costi impropri della politica, non certo gli investimenti necessari per rinnovare le nostre infrastrutture, le scuole ed i centri di ricerca, per garantire maggiore sicurezza al territorio, per sostenere il Turismo o l’internazionalizzazione delle nostre imprese, e via dicendo.
  • Investimenti pubblici: un dato, tra quelli di recente pubblicati, mi ha molto colpito : gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno sono scesi dal 41,2% del 2001 al 33,5% del 2009 (ultimo dato disponibile), nonostante il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria del 2008 prevedesse di destinare al Mezzogiorno il 41,4% degli investimenti pubblici. I numeri parlano da soli. E’ nota a tutti la vicenda dei fondi FAS destinati al SUD e poi dirottati su altre voci di spesa. Ora, noi non chiediamo nulla più di quello che spetta al Sud. Il riequilibrio territoriale è uno dei principi di fondo dell’Unione Europea. Il rilancio del Mezzogiorno è nell’interesse dell’intero Paese, poiché solo così sarà più forte economicamente e politicamente sulla scena internazionale. Se tutto ciò è vero, deve cessare immediatamente questo lento ma costante processo di disimpegno dello Stato dal Mezzogiorno, che va contro l’interesse dell’intero sistema-Paese.
  • Un ponte per l’area Med: il Mezzogiorno, per la sua posizione geografica, rappresenta una cerniera naturale con l’area del Mediterraneo ed in particolare con le sponde sud ed est. Napoli in particolare, per la sua posizione e la sua dotazione infrastrutturale, può diventare un ponte ideale verso il NordAfrica ed il Medio Oriente, entrambe promettenti aree di espansione del nostro export. Se ne parla da anni, ma ora occorre passare ai fatti. In questa prospettiva occorre accelerare gli investimenti per modernizzare le attrezzature portuali e le infrastrutture a terra e mettere in atto un programma di rafforzamento degli scambi commerciali e delle relazioni con i Paesi dell’area Med.
  • Turismo: il patrimonio culturale ed ambientale del Mezzogiorno è una risorsa in gran parte sottoutilizzata. Abbiamo molti centri turistici di eccellenza, ma anche tante località dalle potenzialità inespresse per mancanza di infrastrutture o di un’adeguata promozione. Occorre intervenire su entrambi i fronti, migliorando le infrastrutture al servizio del turismo e razionalizzando gli investimenti nella promozione, ora dispersi in mille rivoli.
  • Legalità: è da sempre uno dei punti dolenti del sistema-Mezzogiorno. Ma ora l’attacco della criminalità ha assunto, oltre alla faccia già nota del racket e dell’usura, aspetti assai più subdoli. Chi mai ha calcolato quante imprese sane sono state estromesse dal mercato a causa della concorrenza sleale delle aziende controllate dalla criminalità, che falsano il mercato essendo interessate non tanto agli utili quanto al riciclaggio ed alla copertura dei proventi illeciti? Ed è stato mai calcolato il danno incommensurabile inflitto dall’industria della contraffazione all’economia legale? Occorre dunque investire ancora in sicurezza, con più risorse per le Forze dell’Ordine e la Giustizia e magari con norme più efficaci.

Questi pochi accenni, che poi saranno magistralmente sviluppati, con ben altra ricchezza di argomenti, dall’amico Sangalli, ci dicono quanto sia grande il compito che ci troviamo di fronte. Ma è nostro dovere accettare la sfida, per amore della nostra terra e soprattutto del futuro nostro e di chi verrà dopo di noi.

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