Sicurezza ed impresa: un valore per il territorio

Sicurezza ed impresa: un valore per il territorio

Firenze, 5 dicembre 2008

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5 dicembre 2008

Viviamo tempi difficili: tempi in cui stiamo iniziando a registrare l’impatto della crisi finanziaria internazionale sull’economia reale.

Affrontare e superare la crisi, la recessione – è infatti ormai certo che Pil e consumi chiuderanno anche nel 2009 con il segno meno – significa, per il nostro Paese, confermare l’impegno a procedere con speditezza alle riforme economiche e sociali utili a rafforzare competitività e produttività e ad ingranare un passo di crescita più veloce. 

Anche in questo contesto, dunque, si conferma la centralità dell’impegno per il contrasto della criminalità e per la tutela rigorosa della sicurezza e della legalità.

Senza sicurezza e legalità, infatti, non c’è crescita duratura, non c’è sviluppo.

Basti ricordare, ad esempio, il problema della contraffazione che si stima interessi un giro d’affari, solo nel nostro paese, pari a 7,5 miliardi di euro, di cui circa un quarto riguarda l’abbigliamento.

Un fenomeno reso ancora più dannoso a causa della stretta interconnessione con altri fenomeni, quali lo sfruttamento del lavoro nero, il proliferare dell’economia sommersa, l’alterazione delle regole della concorrenza, i rischi per i consumatori, i mancati introiti per l’erario, per arrivare ai reati di criminalità e microcriminalità come furti, rapine, estorsioni, omicidi.

È dunque un problema complessivo di sicurezza, quello che bisogna affrontare. E la Confcommercio intende continuare a fare la sua parte, in piena collaborazione con le istituzioni, convinta com’è che la sicurezza debba comunque essere garantita nella legalità.

Gli episodi di cronaca – da ultimo con l’omicidio  avvenuto proprio pochi giorni fa a Casalnuovo, vicino Napoli -   segnalano come i commercianti continuano, troppo spesso, ad essere bersaglio e vittime sia della criminalità organizzata che della microcriminalità.

La richiesta di sicurezza da parte delle imprese continua, così, ad essere forte. Cito, al riguardo,  i dati più importanti di una nostra recente indagine: per oltre un terzo delle imprese il livello generale di sicurezza è peggiorato negli ultimi due anni, soprattutto per l’aumento di furti e rapine; è aumentata  anche l’incidenza di racket ed usura e il tempo che un’impresa perde, in un anno, per assolvere a pratiche ed attività varie a causa di episodi criminosi supera anche i 10 giorni.

Non manca, per fortuna, la fiducia nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine le cui azioni di contrasto, sia a livello centrale che locale, risultano essere le più efficaci. Una fiducia che chiede, però, anche certezza della pena e pene più severe.

Condividiamo, dunque, quanto si sta facendo per una risposta forte dello Stato, delle istituzioni, consapevoli, comunque, del fatto che, intanto, anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Tutta e sino in fondo.

Sino in fondo, contro criminalità, racket, usura. E lo stiamo già dimostrando in quei territori, come la Sicilia, dove tanti imprenditori hanno cominciato a collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura nella denuncia degli estorsori. Se lo possono fare è anche perché sono forti della “protezione” della nostra Associazione, che fornisce supporto legale ed è arrivata a costituirsi parte civile nei processi di mafia.

Non solo. Con la decisione di sospendere gli associati che si rifiutino di collaborare con la giustizia quando sono vittime degli estorsori, abbiamo dimostrato di volerci fare garanti di quella cultura della legalità che è il presupposto di una compiuta democrazia economica.

Solo disarticolando il circuito criminale, che – attraverso le estorsioni, l’usura, gli appalti e i subappalti, il riciclaggio dei capitali – si infiltra nel tessuto delle attività economiche, si può diffondere un’idea di società basata sui diritti e sui doveri e non su favori ed acquiescenze.

Una simmetria, quella fra diritti e doveri, che deve essere applicata in ogni ambito.

Anche in materia di immigrazione. Perché gli immigrati sono una risorsa preziosa ed essenziale per il Paese. Ma perchè lo sia davvero occorre garantire integrazione, accoglienza e rispetto della regole. Nell’interesse di tutti, degli immigrati e dei cittadini italiani, bisogna combattere la piaga del lavoro nero e delle attività sommerse che innescano una spirale di degrado, povertà e disperazione che spingono al crimine e originano l’altro grave problema della clandestinità.

Si è visto che, laddove il flusso degli ingressi è regolamentato, come nel caso degli immigrati stagionali, una componente strutturalmente organizzata e determinante per molti dei nostri settori, l’indiscusso beneficio per il sistema economico si accompagna  con il rispetto dei doveri e dei diritti.

Tra questi ultimi, prioritario è il diritto alla sicurezza che, ripetiamo, deve essere garantita dalle istituzioni.

Determinante, specialmente in termini di prevenzione, può dimostrarsi la collaborazione con gli enti locali. Sono essi che, più di altri, possono influire per contrastare il degrado urbano, nel quale si annidano e proliferano quelle sacche di criminalità diffusa che esasperano i cittadini.

Bisogna allora creare una stretta collaborazione fra forze di polizia ed enti locali, con il controllo del territorio esercitato dalle prime integrato con il “governo del territorio” assicurato dai secondi.

Siamo favorevoli ai poliziotti o ai carabinieri di quartiere. Ma tale presenza rischia di essere insufficiente se non è accompagnata da investimenti sistematici e progetti mirati di riqualificazione, specialmente nelle aree periferiche o più degradate.

Così come va sicuramente superata la difficoltà delle risorse da destinare alla sicurezza, perché senza risorse non si risolvono i problemi.

Le forze dell’ordine sono cronicamente in carenza di organico e le risorse finanziarie destinate all’acquisizione di mezzi e strumenti necessari per contrastare la criminalità sono spesso insufficienti.

Non voglio entrare nel merito del dibattito sul reperimento e sulla quantità delle risorse da destinare alla sicurezza, ma credo che, in termini di ottimizzazione e razionalizzazione, qualcosa possa essere fatto. Anche attraverso le nuove norme “antimafia” che oltre a colpire direttamente il cuore delle organizzazioni criminali, possono contribuire a riconvertire beni e patrimoni da destinare al ripristino di legalità e sicurezza proprio laddove queste sono maggiormente minacciate.

Insomma credo che oggi ci siano le condizioni per restituire ai cittadini e alle imprese la fiducia di poter vivere - e lavorare - serenamente in un Paese in cui alla parole sicurezza e legalità non debba più essere associato il termine “emergenza”.

Grazie.

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