Conferenza Stampa di apertura Forum Conftrasporto di Cernobbio

Conferenza Stampa di apertura Forum Conftrasporto di Cernobbio

Intervento del Presidente Carlo Sangalli

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9 ottobre 2017

Benvenuti e grazie per avere accolto l'invito a seguire i lavori della terza edizione del Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio.

Un appuntamento che testimonia sempre di più il valore e l'importanza dei trasporti e della logistica all'interno di Confcommercio che è la casa comune delle imprese del terziario di mercato.

Un anno fa, qui ad ottobre, avvistavamo la ripresa, che oggi si conferma un po' più solida delle attese. 

Oggi possiamo parlare, dunque, di ripresa, ma di una ripresa, purtroppo lenta e parziale come confermato dal nostro Ufficio Studi che ha rivisto al rialzo di alcuni decimi di punto le previsioni su Pil e consumi per il 2017 e il 2018.

Una crescita con una domanda interna ancora debole e lontana da quel ritmo attorno al 2% che consentirebbe un più rapido riassorbimento della disoccupazione, una riduzione apprezzabile dell'area della povertà assoluta, un recupero vigoroso dell'attività produttiva nelle regioni italiane che più hanno perso durante la crisi.

Al Governo riconosciamo il merito di aver iniziato un percorso di distensione fiscale e di aver mantenuto l'impegno di eliminare le clausole di salvaguardia per il 2018. Una decisione importante che premia una tenace battaglia di Confcommercio, spesso condotta in solitudine. Speriamo di non essere ancora soli quando si tratterà di contrastare gli aumenti dell'Iva che restano sul tappeto per il 2019 e per 2020: il cui importo complessivo vale ancora la cifra monstre di oltre 26 miliardi di euro.

In ogni caso, nel valutare le prospettive economiche dell'Italia, la cautela è d'obbligo per tre precise ragioni. I consumi non si sono ancora avviati lungo un sentiero di crescita robusta. La ripresa è complessivamente più lenta rispetto a quanto sperimentato dai nostri partner internazionali. Il nostro debito pubblico ci espone a rischi di shock negativi sui rendimenti, con costi potenzialmente rilevanti sul versante delle uscite pubbliche.

La legge di Bilancio potrebbe risultare, invece, bene impostata, se si darà corso, senza indugi e timidezze, ai prospettati tagli della spesa pubblica inefficiente, a nostro avviso un passaggio obbligato per inaugurare una vera stagione di crescita.
Persistono, nonostante tutto, i problemi strutturali che comprimono la produttività sistemica dell'Italia e si riflettono sulla sua competitività internazionale.
Resta intatta l'urgenza di accelerare lungo il sentiero delle riforme, e di ridurre i problemi strutturali della nostra economia.

L'analisi del nostro Ufficio Studi, realizzata in collaborazione con l'Isfort, ci offre molti spunti di riflessione.
Mi soffermo su un aspetto che mi ha particolarmente colpito e che rappresenta - lo definisco così - un "buco nero" per la competitività del Paese e delle imprese italiane.

I trasporti e la logistica sono un asset strategico per l'Italia. Interessati da timidi segnali di ripresa, si sono dimostrati davvero capaci di assorbire maggiori traffici. Eppure tutto ciò non si trasforma in maggiore ricchezza per l'economia.

Il punto cruciale è che a beneficiare di questi ritrovati traffici e, soprattutto, della loro crescita futura non sono e non saranno le nostre imprese e il nostro Paese, ma gli operatori stranieri.

Infatti, in dieci anni il valore del trasporto internazionale di merci in Italia è cresciuto di quasi 4 miliardi di euro, mentre le imprese italiane del settore hanno perso oltre un miliardo e mezzo di euro.

I trasporti sono, purtroppo, sempre più in mano alle imprese straniere.

In particolare, le imprese dei Paesi dell'Est Europa stanno mettendo in crisi il nostro trasporto su gomma e oggi hanno in pugno oltre la metà del mercato internazionale in Italia.

In questo contesto di "colonizzazione" massiccia i nostri imprenditori per sopravvivere e continuare ad operare sul mercato nazionale sono costretti a delocalizzare.

Una delocalizzazione che penalizza i redditi interni, riduce il tasso d'innovazione, pregiudica le prospettive di integrazione del sistema con il resto dell'Europa e del mondo.

In questo scenario, anche grandi opportunità di crescita per il Paese, come la via della seta, rischiano di trasformarsi in occasioni mancate.

A salire sul banco degli imputati sono, ancora una volta, le nostre debolezze strutturali. Mi riferisco al deficit di infrastrutture e all'eccesso di burocrazia e di pressione fiscale, fattori che penalizzano e rendono meno competitive le nostre imprese.

Basti pensare che per via di lungaggini e adempimenti burocratici, le imprese italiane di navigazione e di autotrasporto perdono complessivamente oltre un miliardo di euro all'anno in termini di guadagni e di fatturato.

Allora è necessario fare presto e bene perché rischiamo di perdere un intero comparto che è di fondamentale importanza per l'economia e le prospettive di crescita del Paese.

Una rotta per il futuro del settore noi l'abbiamo già da tempo individuata. E quando dico abbiamo, penso al mio amico e Presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè.

Le priorità a nostro avviso sono chiare:

  • un contrasto più forte alla concorrenza sleale e al dumping sociale nell'autotrasporto;
  • l'applicazione del principio "chi meno inquina meno paga" per un trasporto più sostenibile;
  • l'incentivazione dell'intermodalità;
  • la piena attuazione della strategia d'intervento "Connettere l'Italia" prevista per il settore e del Piano nazionale strategico della portualità e della logistica.

Secondo noi questa è una strada sicura per far crescere l'Italia.

Grazie.

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