Evento di chiusura dei Settanta anni di Confcommercio

Evento di chiusura dei Settanta anni di Confcommercio

Intervento del Presidente, Carlo SangalliVenezia - Teatro La Fenice

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29 aprile 2016

Buongiorno e benvenuti.

Signor Presidente della Repubblica, Onorevoli Parlamentari, Governatore della Regione Veneto, Autorità, Amiche, Amici, grazie di essere qui con noi questa mattina. E' davvero bello essere qui insieme.

Insieme, qui a Venezia.

Venezia: città globale di scambi e di mercanti.

Città unica, simbolo del turismo e orgoglio dell'Italia nel mondo.

Città di mezzo tra la terra e il mare, tra la forza del passato e la sfida del futuro.

Come noi, corpi intermedi, terra di mezzo della società.

Venezia era il posto giusto per chiudere questo Settantennale, perché qui la Confcommercio, qui, noi riconosciamo il nostro DNA.

E, ancora oggi, ci sentiamo eredi di quegli antichi imprenditori che aprivano Venezia al mondo. 

Gli scambi commerciali presuppongono da sempre l'apertura.

Perché questa è l'autentica funzione del commercio: creare spazi, modi e comunità dove ciascuno possa esprimersi liberamente; concreta manifestazione di democrazia economica.

70 anni fa si scriveva Confcommercio e si intendeva "Commercio".

Oggi si legge "Terziario", un mosaico complesso e includente.

La nostra è una popolazione d'imprese che trova in Confcommercio la propria casa comune e affronta ogni giorno la sfida del lavoro e dell'innovazione, nel recinto del mercato e della concorrenza.

Concorrenza: una legge alla quale non ci siamo mai sottratti, ma che spesso ha costretto i nostri operatori a competere non ad armi pari.

Perché non c'è concorrenza quando le inefficienze e i deficit strutturali del nostro sistema-paese diventano un costo aggiuntivo per le aziende in termini di eccessivi adempimenti amministrativi, insostenibile peso fiscale, politiche insufficienti per istruzione e formazione del capitale umano, mancanza di coordinamento e sviluppo per le moderne reti di comunicazione e dei trasporti.

Cosí come non c'è concorrenza quando chi opera nell'illegalità erode ancora tanta parte della ricchezza nazionale con attività che non sottostanno a nessuna regola, se non a quella del più scaltro.

Ecco perché questo compleanno vogliamo dedicarlo a tutti coloro che hanno la forza e la volontà di fare impresa. E che ogni giorno aprono, convinti che ne valga la pena, non soltanto perché lo dicono i bilanci.

Questo compleanno, lo dedichiamo alle loro idee, alle loro fatiche e ai loro successi.

Questo compleanno, lo dedichiamo a chi resiste e a chi spera. E ha il coraggio di dire: sono un imprenditore.

Ma allo stesso tempo un pensiero va a tutti coloro che non ce l'hanno fatta e hanno dovuto cessare la propria attività, magari in questo ultimo terribile settennato di crisi, un decimo della nostra storia confederale.

Sette anni di una recessione profonda che ha distrutto posti di lavoro, cancellato imprese, ridotto il tenore di vita degli italiani.

Tanti non ce l'hanno fatta. Alcuni non hanno fisicamente retto all'urto della crisi. Ed è una perdita che il solo cordoglio non compensa.

Ma, straordinariamente, abbiamo visto anche tante speranze farsi strada in questi anni difficili.

Aver compiuto settant'anni ci fa sentire forte l'orgoglio di rappresentare una parte del Paese, a volte silenziosa, ma essenziale, che oggi vale oltre il 40% del Pil e dell'occupazione.

Ci consegna la responsabilità di guardare sempre al futuro e di portare la voce dell'economia reale alla politica, al Governo, alle istituzioni, al resto della società.

Ci impone di raccogliere con entusiasmo la sfida di giocare in attacco i prossimi anni, aiutando le nostre imprese ad essere sempre un passo avanti, dimostrando che siamo il terziario ma non siamo secondi a nessuno.

Se non si guarda al futuro non si può cambiare.

La nostra sfida per gli anni a venire è di offrire un contributo per rendere più produttiva l'impresa del terziario di mercato, quale che sia la sua dimensione. Dobbiamo e vogliamo contribuire a creare un contesto di mercato adatto a sviluppare efficacia ed efficienza delle nostre aziende; capire le esigenze dei nostri imprenditori, anticiparne le difficoltà, supportarli nelle loro strategie.

 

Senza un terziario più produttivo sarà difficile creare nuova ricchezza, nuovo benessere, nuove forme di solidarietà sostenibili e durature.

70 anni fa la Confcommercio è stata fondata con questo credo. E oggi noi lo confermiamo.

Signor Presidente della Repubblica, autorità, amiche e amici, mi fa piacere ricordare che oggi non siamo soltanto a Venezia.

Siamo alla Fenice di Venezia.

Un luogo che, anche nel nome, è evocativo della rinascita. "Post fata resurgo", dopo il destino risorgo, è il motto della Fenice.

E cosí è stato il 29 aprile del 1945, quando siamo nati noi.

Quando dalle macerie, dalle ceneri materiali e morali del Paese sono nate per prime le associazioni di rappresentanza come la nostra.

"La democrazia è proprio questo: essere protagonisti, insieme agli altri, del nostro domani" ha detto il nostro Presidente Mattarella nell'anniversario della Liberazione, pochi giorni fa, a Varallo.

Niente di più vero.

A questo servivano –e possono servire oggi- i corpi intermedi.

Servono ad essere protagonisti, ad essere protagonisti insieme.

Servono a costruire la democrazia.

Il 29 aprile 1945 siamo nati per essere liberi, siamo nati per essere forti.

La libertà di stare insieme, di mettere in comune visioni e speranze e di esorcizzare paure e debolezze.

Siamo nati forti: perché portavamo un'idea, quella di impresa, di impresa diffusa, dentro una società tutta da costruire, dentro un'Italia che cominciava un cammino entusiasmante di pace, democrazia e libertà.

Dal 1861 al 2015, il Pil reale per abitante in Italia è cresciuto a un tasso medio annuo dell'1,6%. Spezziamo questo periodo in due. Ebbene: dall'Unità d'Italia (1861) al 1945 la variazione media è stata soltanto dello 0,1%, dal 1946 a oggi del 3,5%, cioè 35 volte di più che nella prima frazione.

Sono pochi numeri che danno un ordine di idee e tratteggiano il "bilancio sociale" del procedere insieme di pace, democrazia e benessere.

Un procedere in cui una parte sostanziale ha avuto la costruzione - faticosa, imperfetta, emendabile, parziale, possiamo usare tutta la prudenza che vogliamo– ma una parte sostanziale in questo cammino di pace e benessere ce l'hanno avuta le istituzioni europee.

Questo va ricordato più forte oggi in cui cresce la diffidenza verso l'Europa e c'è il rischio di tornare a elevare muri e barriere.

La pace, la democrazia e il benessere vanno coltivati con cura e costanza, senza mai esser dati per scontati.

Sin da subito, sin dall'aprile del 1945, abbiamo contribuito a gettare le basi per un Paese con una democrazia moderna e compiuta che ancora oggi si arricchisce dell'apporto delle rappresentanze d'impresa e dei sindacati.

Il dialogo con le parti sociali aiuta il Governo a comprendere le ragioni delle imprese, a prendere le decisioni migliori, dentro il presente, guardando al domani.

Il dialogo con i corpi intermedi coinvolge le forze produttive, crea consapevolezza sugli obiettivi, fa emergere in modo trasparente le diversità di vedute, riduce i conflitti, crea condivisione e rafforza la coesione sociale.

Un dialogo costruttivo serve anche a rimarcare la distinzione di ruoli e responsabilità, evitando confusioni e prevenendo invasioni di campo.

Il confronto tra istituzioni e parti sociali è, dunque, un ingrediente indispensabile per il funzionamento della democrazia economica, e non solo economica: accresce la dignità della politica, restituisce speranza ai cittadini, offre ragionevoli certezze alle imprese.

Il confronto tra istituzioni e parti sociali è uno "svolgimento democratico". Uno svolgimento che abbiamo interpretato sempre con "passione" civile, con responsabilità e con coraggio.

Certo, il ruolo delle rappresentanze d'impresa nel tempo è cambiato e anche noi siamo cambiati.

E oggi, ancora una volta, e non sarà l'ultima, siamo impegnati – insieme ad altri - nel ripensare il ruolo dei corpi intermedi.

Il nostro obiettivo e la nostra ambizione rimangono, pertanto, quelli di proseguire nella modernizzazione della rappresentanza.

Come Confcommercio cerchiamo ogni giorno di essere interlocutori sempre più credibili.

 

In questi anni la nostra azione è stata all'insegna della responsabilità, della partecipazione, della trasparenza e della rendicontabilità.

Ma soprattutto "prossimità", vicinanza alle imprese.

Lo abbiamo dimostrato anche nel periodo della crisi più profonda dal dopoguerra ad oggi.

Una crisi che ha segnato una caduta del Pil per abitante, tra il 2008 e il 2014, di quasi 13 punti percentuali, falcidiato l'occupazione, rarefatto il tessuto imprenditoriale: siamo stati vicini agli imprenditori, li abbiamo sostenuti quotidianamente, spesso con successo, talvolta condividendone la cattiva sorte.

E' la nostra vocazione: quella di tenere insieme le imprese, il territorio, il Paese, mantenendo capacità di ascolto e di proposta pronti a cogliere e interpretare i cambiamenti. Consapevoli del valore economico e sociale delle nostre imprese.

La nostra aspettativa, l'aspettativa delle nostre imprenditrici e dei nostri imprenditori è, allora, che il 2016 segni finalmente l'avvio di una crescita robusta e duratura.

Oggi si intravedono alcuni segnali di ripresa della nostra economia che vanno sostenuti da parte dell'Esecutivo soprattutto attraverso il taglio delle tasse sulle famiglie e le imprese.

E' questa la sfida che il Governo deve raccogliere e vincere.

Destinando da subito alla riduzione delle aliquote Irpef tutte le risorse derivanti dall'abbattimento di sprechi e inefficienze nella spesa pubblica e dal recupero di evasione ed elusione fiscale.

Meno sprechi pubblici e meno tasse resta, infatti, l'unica strada per un Paese più dinamico e più equo.

Caro Presidente Mattarella, tra poco più di un mese, il 2 giugno, ricorrerà il 70° anniversario della Repubblica Italiana.

EsprimendoLe profonda gratitudine e riconoscenza per averci onorato della Sua presenza, vorrei concludere proprio citando le sue parole alla consegna dei Premi Leonardo: "l'Italia dispone di risorse straordinarie che costituiscono già un ponte prezioso verso il futuro. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi".

Anche noi, caro Presidente, ne siamo convinti e, questa fiducia, ce l'abbiamo.

Non siamo cittadini-spettatori. Siamo e ci sentiamo cittadini consapevoli e protagonisti.

Non ci facciamo vincere dalla paura dl declino. Combattiamo, invece, per la prosperità in una società giusta, condizione all'interno della quale ciascuno possa veder realizzata la propria piccola o grande porzione di felicità.

È per questo che lavoriamo, che lottiamo, che ci rialziamo nonostante le delusioni, nonostante le difficoltà. Ogni giorno. Tutti i giorni.

Ed è la fiducia in quello che siamo stati che ci dà il coraggio, ed è la fiducia in quello che siamo che ci dà la dignità. E' la fiducia nel futuro che ci muove ancora.

Ed è la fiducia il primo dono che portiamo nei prossimi 70 anni di Confcommercio.

Viva la Confcommercio. Viva la Repubblica. Viva l'Italia.

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