Intervento del Presidente Sangalli all’incontro della Giunta confederale con il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti

Intervento del Presidente Sangalli all’incontro della Giunta confederale con il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti

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18 giugno 2021

Nel corso di questo anno durissimo, in tanti momenti drammatico, abbiamo interpretato fino in fondo il ruolo di corpo sociale, stando accanto – giorno per giorno, ora per ora – al nostro mondo del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti e delle professioni, il più penalizzato dall’emergenza sanitaria.

Oggi la situazione è in miglioramento: la diffusione dei contagi è in costante e drastico calo, la campagna vaccinale procede, le restrizioni man mano si riducono.

Siamo arrivati a questi risultati con grande fatica.

Abbiamo fatto, anche qui, la nostra parte, dai protocolli sanitari all’impegno e alla responsabilità di aver assicurato la tenuta economica e soprattutto sociale in una delle stagioni più difficili del nostro Paese.

Certo è, comunque, che come ha detto Mariano Bella, responsabile del nostro Ufficio Studi, con un calo complessivo dei consumi dell’11,7%, pari ad oltre 126 miliardi di euro, il 2020 ha registrato il peggior dato dal secondo dopoguerra. Un dato su cui pesa la riduzione di circa il 60% della spesa dei turisti stranieri.

Ed è anche vero che le riaperture delle attività e il venir meno di molte restrizioni alla mobilità hanno determinato un incremento dei consumi pari ad oltre il 14% a maggio, consolidando il recupero del Pil del 2,9% a giugno.

Ma le stesse previsioni per il 2021 restano molto caute, con la conseguenza che, in valore assoluto, la spesa pro capite, mediamente, non riuscirà a recuperare nemmeno un terzo di quanto perso durante la pandemia.

Tra l’altro, non dimentichiamo che sono ancora moltissime le imprese chiuse e per alcune, come le discoteche, non è ancora prevista una data per la riapertura.

Certo, sappiamo che gli interventi pubblici dovranno ridursi, si proceda, però in modo graduale e selettivo, affrontando e rivolvendo, tra l’altro, il nodo di una moratoria lunga del debito fiscale da Covid-19.

Cercando di lanciare lo sguardo oltre l’orizzonte dell’immediata ripresa, poi, è certamente necessario guardare al futuro attraverso la lente del PNRR.

In questo orizzonte, assume particolare rilievo la crescita del tasso di partecipazione della popolazione attiva al mercato del lavoro, a partire dai più giovani.

A proposito di lavoro: oltre il tempo dell’emergenza, serve una stagione di robuste politiche attive fondate sulle competenze e su servizi pubblici e privati per l’impiego di qualità.

E resta ferma l’esigenza di un recupero strutturale di flessibilità sul versante dei rapporti di lavoro.

Quanto, poi, alla riforma degli ammortizzatori sociali, l’obiettivo deve essere quello di coniugare l’inclusività delle prestazioni con la sostenibilità della contribuzione e con la valorizzazione di esperienze ed esigenze, a partire da quelle dei nostri settori. Insomma – la dico così – la situazione del terziario di certo non consente di affrontare incrementi contributivi del costo del lavoro.

In generale vi è, poi, il tema della riforma fiscale a partire dalla riforma dell’IRPEF: va certamente ridotto il cuneo fiscale sul lavoro, ma la questione non può risolversi nello “scambio” tra meno imposte dirette e più imposte indirette.

La via maestra è nota: contrasto e recupero di evasione ed elusione insieme al controllo della spesa pubblica. E naturalmente un’equa global tax. I tempi sembrano ormai maturi.

Ho fatto prima accenno al PNRR, al quale vorrei dedicare la parte conclusiva di questo mio breve intervento.

Potremmo dire che il PNRR deve affrontare una duplice sfida.

La prima: risolvere, nel nostro Paese, i nodi strutturali di lungo periodo e rilanciare un processo di crescita in affanno da almeno un ventennio.

La seconda: dimostrare - mettendo a frutto, entro il 2026, oltre 220 miliardi di euro - che è giunto il tempo di una nuova e più avanzata pagina del progetto europeo.

Serve uno “sforzo collettivo” di cui ha anche parlato il Governatore Visco.

Per questo, caro Ministro, occorre un confronto più continuo e strutturato con le parti sociali, a partire dal Tavolo di partenariato previsto nell’ambito della governance del Piano.

Dal punto di vista del merito, ti ribadiamo la necessità di una giusta attenzione, in termini di politiche, di progetti e di risorse, al terziario di mercato.

Un’attenzione giusta e dovuta perché, come ho ricordato, quest’area economica - che contribuisce alla formazione del PIL e dell’occupazione del Paese per circa il 40% del totale - ha sofferto più di altre.

Oggi, solo per fare un esempio, le risorse in modo specifico dedicate al turismo sono inferiori ai due miliardi di euro. Occorre dunque fare di più.

E ancora: il Piano stanzia oltre 40 miliardi di euro per le infrastrutture e la mobilità sostenibile.

Ma per trasformare questi stanziamenti in nuove infrastrutture ed in nuovi servizi concreti di mobilità andrà vinta la sfida delle riforme e coinvolto il settore privato.

Infine, lo stesso PNRR può e deve accompagnare le trasformazioni necessarie del modello italiano di pluralismo distributivo: multicanalità, ripensamento delle città contro la desertificazione che resta un tema di sostenibilità economica e sociale.

Occorre certo intervenire sulla leva fiscale: sia attraverso riduzioni d’imposte, tributi e tariffe volte a rivitalizzare il mercato delle locazioni commerciali, sia attraverso la riduzione dei canoni a fronte del riconoscimento di regimi di tassazione agevolata.

Cultura, lavoro autonomo professionale, piccole e medie imprese sono risorse straordinarie nel tempo dell’economia della conoscenza. Serve un disegno più compiuto per la loro resilienza. Anche con un approccio alla transizione digitale che faccia leva su strumenti dedicati: dai voucher alle strutture dedicate all’innovazione, tra cui la nostra EDI.

Così è decisivo, in questo senso, investire nell’occupazione dei giovani e delle donne.

Tutto ciò – caro Ministro – insieme alla necessaria attenzione a tante esigenze aperte: da una compiuta inclusione del commercio tra i settori destinatari delle misure urgenti per il settore tessile e della moda, ad un quadro di certezze normative per il commercio su aree pubbliche e per la soluzione dell’annosa questione dei canoni demaniali, dalla valorizzazione del ruolo dei consorzi fidi all’abbattimento dei costi d’uso della moneta elettronica.

Fino ai temi della concorrenza a parità di regole fra tutti coloro che operano nel mondo del commercio, perché come ripetiamo spesso “stesso mercato, stesse regole”.

E quindi il contrasto serrato alla contraffazione ed abusivismo, la valorizzazione del Made in Italy e dello stile di vita italiano, anche attraverso nuove strategie sulla proprietà industriale.

E c’è anche il tema del credito d’imposta per le locazioni commerciali e contratti d’affitto d’azienda anche per le imprese con fatturati superiori ai 15 milioni di euro.

Ed, ancora, la valorizzazione compiuta dell’opportunità dello stesso superbonus del 110%, a partire dalla piena partecipazione delle imprese e dei professionisti, anche in termini di semplificazione ed estensione temporale.

Aggiungo una ulteriore riflessione.

Come saprai, da gennaio 2021 tutte le moratorie – automatiche o volontarie - con durata superiore a 9 mesi comportano la classificazione dei sottostanti crediti come “deteriorati” da parte del sistema bancario.

E questo indipendentemente dalla capacità di rimborsare puntualmente i finanziamenti alla scadenza della moratoria.

Ciò ha creato un paradosso. Infatti da una parte le aziende si avvalgono delle moratorie previste dai provvedimenti governativi legati all’emergenza, anche per avere più liquidità a disposizione. Dall’altra scatta l’obbligo per le banche di classificare questi crediti come deteriorati.

Tutto ciò con un doppio danno: per le banche, costrette ad aumentare le rettifiche sui crediti e a subire maggiori assorbimenti di capitale e per le aziende stesse, che vedono penalizzato il loro rating bancario.

È una partita che si gioca a livello europeo e di BCE, c’è la necessità che il governo intervenga con autorevolezza. Anche in considerazione che, secondo quanto oggi riporta la stampa, sembrerebbe critico il confronto sull’allungamento dei tempi di restituzione dei prestiti assistiti dalle garanzie pubbliche. Stessa considerazione di intervento europeo va fatta anche in relazione all’impennata dei costi delle materie prime.

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