L'intervento integrale del presidente Sangalli

L'intervento integrale del presidente Sangalli

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6 febbraio 2013

 

 

 

 

 

 

 

Intervento del Presidente

Carlo Sangalli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Incontro con l’On.le Enrico Letta

Vice Segretario

del Partito Democratico

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Caro Vice Segretario, caro Enrico,

 

anzitutto, grazie per questa opportunità di confronto sul documento di analisi e di proposta messo a punto da Rete Imprese Italia e pubblicamente presentato in occasione della giornata nazionale di mobilitazione dello scorso 28 febbraio.

 “Le nostre ragioni”: è questo il titolo che abbiamo voluto dare al documento.

Sono le ragioni di chi davvero ritiene che - come annotavamo fin dall’esordio del nostro manifesto fondativo - "il futuro del Paese è inscindibilmente legato alle piccole e medie imprese ed all'impresa diffusa, chiave di volta della sua competitività, struttura portante dell'economia reale e dei processi di sviluppo territoriale, luogo di integrazione e costruzione delle appartenenze".

Dunque, la nostra richiesta è, anzitutto, una richiesta di futuro. 

Una richiesta di futuro rispetto  al  "cronometro" che scandisce  il tempo difficile della più lunga e aspra recessione dal dopoguerra: il cronometro, cioè, che segnala che, nel 2012, nel nostro Paese, ha chiuso un'impresa ogni minuto.

Siamo, però,  gente tosta: gente che lotta ogni giorno, gente  che non demorde e che  non tira i remi in barca.

Per questo - in occasione della giornata di mobilitazione -  abbiamo voluto ribadire -  tutti insieme ed a gran voce -  che senza impresa, non c'è futuro; che senza impresa, non c'è salvezza dell'Italia!

Tutti insieme ed a gran voce: perché pensiamo che ce ne sia  bisogno nel tempo della campagna elettorale ed alla vigilia di una legislatura davvero decisiva.

Decisiva per rispondere ai costi economici e sociali della grande crisi e per le scelte e le riforme utili a rimettere in moto crescita ed occupazione. Decisiva per le riforme istituzionali e per una rinnovata credibilità della politica.

Chiediamo futuro. E proponiamo di costruirlo muovendo dalle ragioni dell'economia reale: dalle ragioni, insieme, delle imprese e del lavoro.

Muovere da queste ragioni significa  riconoscere che l'Italia e l'Europa tutta hanno anzitutto necessità di reagire all'avvitamento nella spirale tra disciplina fiscale ed aggravamento della recessione.

Certo, mettere in sicurezza i conti pubblici e rafforzare la fiducia nei confronti dei nostri titoli di Stato era, ed ancora è, necessario.

Ma le manovre correttive degli andamenti della nostra finanza pubblica concorrono alla caduta complessiva del Pil, secondo le stime di Banca d'Italia, per circa un punto tanto nel 2012, quanto nel 2013.

Insomma, con il rigore al passo di carica non si va lontano. E senza crescita è, del resto, assai difficile far quadrare gli stessi conti pubblici.

Dunque, è ora di portare alla ribalta delle decisioni politiche proprio le ragioni della crescita e dell'equità.

Tenendo insieme - in Europa ed in Italia - dinamicità dell’export e tonicità della domanda interna,  politica industriale e politica per i servizi.  

In Europa: con l'avanzamento del progetto di una compiuta Unione economica e politica, che sospinga investimenti in infrastrutture ed innovazione, in capitale umano e sociale.

Investimenti coerenti con l'orizzonte di Europa 2020  e preziosi per contrastare l'onda lunga della disoccupazione che avanza e, in particolare, la disoccupazione giovanile.

Crescita ed equità in Italia: attraverso l'avanzamento celere dell'intero cantiere delle riforme economiche e sociali utili ad affrontare e risolvere i nodi della crisi di produttività e di competitività del nostro Paese.

 

 

 

Nel corso degli ultimi dieci anni, se ne è troppo spesso rinviata la soluzione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l'Italia è oggi un Paese  più povero, in cui il prodotto ed i consumi pro capite hanno fatto un balzo all'indietro di circa quindici anni.

Per questo, chiediamo alla politica di non mettere "in liquidazione" le imprese.

Sappiamo, infatti, che molto dipende dalla capacità e dalla responsabilità del mondo delle imprese e del lavoro di cooperare per generare cambiamento ed innovazione.

Ma è altrettanto chiaro che il ruolo della politica resta determinante: tanto per la risposta alle emergenze, quanto per la costruzione di un futuro diverso e migliore.

E’ il ruolo - voglio dire – di una  buona politica, che sceglie di misurarsi sul terreno del rinnovamento dell’etica pubblica  e della sobrietà dei costi, della autorevolezza e della credibilità che nascono anche dal riconoscimento di una comune responsabilità repubblicana.

E’ una responsabilità preziosa per fare dell’Italia un Paese normale.

Un Paese normale: in cui fare impresa non significhi la quotidiana odissea dello scontro con una burocrazia barocca e con i tempi biblici di pagamento delle pubbliche amministrazioni; l'estenuante ricerca di un credito bancario sempre più difficile da ottenere; il far fronte ad una pressione fiscale complessiva, a carico dei contribuenti in regola, del 56 per cento circa.

Un Paese normale: in cui fare impresa significhi, invece,  potersi avvalere di una salda tutela della legalità e di una giustizia civile tempestiva, che sono condizioni di certezza del diritto; di infrastrutture e servizi pubblici efficienti;  di un costo dell'energia secondo standard europei.

Un Paese normale: un Paese, cioè, che consideri le sue piccole e medie imprese e l’impresa diffusa  una risorsa da valorizzare lungo il percorso del cambiamento, dell'innovazione e della crescita e non come una “marginalità” da superare.

E’ questo il Paese che chiediamo e per cui lavoriamo: un’Italia che scelga di valorizzare la sua cultura ed il suo turismo, il suo territorio e le sue città, le filiere del made in Italy e la green-economy,  il suo Mezzogiorno per costruire occupazione e, in particolare, occupazione per le donne ed i giovani.

La nostra richiesta - la richiesta di un Paese normale, consapevole delle difficoltà e delle sfide, ma capace di tornare a guardare con fiducia al suo futuro - si rivolge, dunque, alla politica.

E’ una richiesta esigente e severa: fondata sempre su un’analisi di merito e che non si accontenta né di promesse, né di sogni e, piuttosto, diffida di ogni scorciatoia.

Alla politica chiediamo, invece, parole di verità sui tempi ancora difficili che ci attendono.

Chiediamo impegni  puntuali e  coerenza di azione.

Impegni puntuali e coerenza di azione: per fare avanzare tanto una sorta di vera e propria "chirurgia ricostruttiva" della spesa pubblica, quanto il processo di contrasto e recupero di evasione ed elusione come condizioni  per la progressiva riduzione di un livello record di pressione fiscale.

Un livello record di pressione fiscale, che sollecita, tra l’altro, la definitiva archiviazione della previsione  di ulteriori incrementi IVA:  per le già fragili prospettive di ripartenza della economia nel corso del secondo semestre del 2013, sarebbe davvero una scelta esiziale! 

Impegni puntuali e coerenza di azione: per decise dismissioni di patrimonio pubblico ai fini dell’abbattimento dello stock storico del debito,  e per una complessiva razionalizzazione e ridefinizione del perimetro della funzione pubblica.

Razionalizzazione e ridefinizione, da cui trarrebbe giovamento la stessa  maggiore efficienza della pubblica amministrazione e la sua capacità di cooperare, insieme alle  semplificazioni ed alle  liberalizzazioni ancora necessarie, alla riduzione della fatica del fare impresa ed allo stimolo degli investimenti.

 

Le nostre ragioni e le nostre richieste dicono ancora  - caro Enrico -  della necessità di operare per il  migliore collegamento tra la scuola, l’Università ed il mondo del lavoro;

per il decollo del nuovo apprendistato e per la  qualità dei processi di formazione continua; per la  flessibilità governata e contrattata; per il contrasto del lavoro nero e per la  riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro.

Per fare così dell’Italia una società più attiva, in cui il lavoro -  più lavoro - sia solido fondamento di coesione e sicurezza sociale.

Soprattutto, le nostre ragioni sono le ragioni della crescita qualitativa dell'impresa diffusa per via  di incrementi di produttività.

Una crescita  che chiama in causa i percorsi di accesso al credito, all'innovazione, all’export ed alla   internazionalizzazione, nonché la costruzione delle aggregazioni di rete.

In estrema sintesi, è dunque questa  la nostra “visione” di quanto occorre per l’Italia.

Ne abbiamo voluto fare strumento di confronto con le forze politiche per dire loro delle nostre ansie e delle nostre fatiche, ma anche della nostra fiducia in un'Italia operosa, che è abituata a lavorar duro, ogni giorno ed in ogni mercato, e che mantiene intatta la passione di fare impresa.

E' questa la nostra Italia: con solide radici e, proprio per questo, capace di resistere e di cambiare anche e soprattutto nei momenti più difficili.

Noi - noi di Rete Imprese Italia - ne siamo convinti: tutti insieme - forze politiche e forze sociali, mondo delle imprese e mondo del lavoro – rimbocchiamoci le maniche.

E’ questa la comune responsabilità repubblicana, che davvero vorremmo vedere all’opera nella prossima legislatura, quali che saranno  gli assetti di Governo e di Parlamento, di maggioranza e di opposizione.

Perché il declino non è ineluttabile ed un’Italia migliore è possibile.

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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