"Le manovre estemporanee non servono"

"Le manovre estemporanee non servono"

Su "Il Dubbio" il direttore dell'Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella, commenta la manovra correttiva del governo. "Drena liquidità dalle imprese, aumenta l'accisa sui tabacchi e le imposte sui giochi, riduce la convenienza di alcuni istituti utili riguardanti agevolazioni sugli investimenti con capitale proprio (Ace) e sugli investimenti immateriali (Marchi), pone un ulteriore vincolo sulle compensazioni fiscali dei privati".

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10 maggio 2017

Oggi Ia parola d'ordine generale, e trasversale ai diversi schieramenti, è tagliare le tasse. Nel giro di poche settimane, sono venute a definitiva maturazione proposte di imposta (quasi) proporzionale sui redditi (flat tax) al 15%, al 21%, e al 24,5%, eliminazione dell'Irap, Irpef a tre aliquote, riduzione ma anche eliminazione delle tasse sulla proprietà immobiliare, riduzione di qualche punto delle aliquote Iva. Nessuno che si preoccupi di fornire un preambolo ideologico a queste azioni: cioè, qual è lo Stato che si immagina e con quale assetto istituzionale. Togliere l'Irap o ridurre le residue imposte sugli immobili vuole dire eliminare le regioni e i comuni? Un ragionevole federalismo si basa, infatti, su tributi propri per ogni livello di governo. Chi propone la flat tax pensa anche a qualche modificazione della spesa pubblica oppure ritiene che deficit e il debito possano aumentare senza limiti e, quindi, implicitamente immagina un futuro dell'Italia fuori dall'Europa? E bello dire tagliamo le tasse. Ma senza evidenziare il legame inscindibile tra perimetro dell'azione pubblica, assetto istituzionale e sistema tributario, è anche un'affermazione vuota. Queste considerazioni serviranno per il futuro prossimo quando la campagna elettorale entrerà nel vivo. Intanto la realtà. A gennaio la Commissione europea ha invitato il nostro governo ad apportare una correzione ai conti per 3,4 miliardi di euro. E materia di puntiglio, più che di sostanza, o, se si vuole sono le regole del club. A dar retta all'antieuropeismo dilagante, varrebbe per l'Italia quello che Groucho Marx disse di se stesso: che non avrebbe certo voluto fare parte di un club che lo avesse accolto tra i suoi soci. In ogni caso, in risposta alla richiesta della Commissione il nostro premier il 17 gennaio scorso affermava che non ci sarebbe stata alcuna manovra correttiva. Poi, il 28 gennaio, dopo un vertice con il ministro Padoan, il capo del governo ammetteva la possibilità della manovra escludendone tassativamente eventuali contenuti depressivi. Dopo tre giorni, a seguito di un altro vertice, sempre con il ministro dell'Economia, si approdava alla formula leggermente oscura "no a manovre estemporanee". Finito l'uragano degli aggettivi, qualche giorno fa è stato approvato un intervento che drena liquidità dal sistema delle imprese attraverso una rilevante estensione dello split payment (l'Iva viene direttamente girata dalla Pubblica amministrazione acquirente all'erario e non al fornitore, che ne chiederà poi il rimborso), aumenta l'accisa sui tabacchi e le imposte sui giochi, riduce la convenienza di alcuni istituti utili riguardanti agevolazioni sugli investimenti con *** capitale proprio (Ace) e sugli investimenti immateriali (marchi), pone un ulteriore vincolo sulle compensazioni fiscali dei privati. Dovremo accettare, dunque, che l'aumento del prezzo delle sigarette, o delle altre imposte, non costituisce un intervento "estemporaneo", con tante scuse ai nostri vituperati governanti della Prima repubblica che pure, vergognandosene un po', vi ricorrevano di frequente. Inoltre, viene coraggiosamente spiegato che il maggior gettito di questa "finanziaria pro crescita" servirebbe anche a ridurre l'ammontare delle clausole di salvaguardia per il 2018. Ma questo è proprio impossibile da digerire. Se un'imposta è evasa e si trova il sistema per mitigare il fenomeno (come dovrebbe fare lo split payment), in una democrazia funzionante in cui si vuole abbassare la pressione fiscale si ridurrebbero contestualmente le aliquote legali. Cioè, ridotta l'evasione, il maggior gettito che ne deriva verrebbe immediatamente restituito ai legittimi proprietari, i contribuenti in regola, preservando l'invarianza complessiva dello stesso gettito, modificandone, però, la composizione. Invece, nel caso in esame non si riduce l'Iva attuale, ma l'incremento minacciato con le clausole per il 2018. Pertanto, è di palmare evidenza che la pressione fiscale, data dal gettito sul Pil, è destinata ad aumentare, senza ombra di beneficio per i contribuenti in regola. Almeno nel breve termine. Urge proposta politica, possibilmente liberale, alternativa alla gestione dell'emergenza (ormai permanente), con un po' di visione ideale, linguaggio sobrio e molta umiltà.

 

di Mariano bella (direttore Ufficio Studi Confcommercio) 

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