Le previsioni di Confcommercio: Consumi ancora fermi ma timidi segnali di ripresa nel 2006

Le previsioni di Confcommercio: Consumi ancora fermi ma timidi segnali di ripresa nel 2006

Necessaria politica economica che rafforzi la ripresa. Preoccupazione per il ventilato aumento dei tassi e per il rapporto euro/dollaro. 75/2005
75/05

75/05

Roma, 12.11.05

 

Necessaria politica economica che rafforzi la ripresa.

Preoccupazione per il ventilato aumento dei tassi e per il rapporto euro/dollaro.

 

Le previsioni di Confcommercio: CONSUMI ANCORA FERMI MA TIMIDI SEGNALI DI RIPRESA NEL 2006

 

 

Certamente il quadro della nostra economia comincia a manifestare qualche segnale di ripresa che va in ogni modo incoraggiato, ma non si può pensare che questi segnali possano da soli creare le condizioni che sono necessarie per una crescita che sia sostenuta, stabile e quindi strutturata in modo da produrre vero sviluppo: questa la valutazione del Centro Studi Confcommercio sulle dinamiche in atto nell'economia italiana e sulle prospettive 2006- 2007. Tutto questo per dire, aggiunge il Centro Studi, che o si mette finalmente in piedi, come sta, ad esempio, già facendo la Germania, un programma di largo respiro anche impopolare ma che sia più finalizzato ad una profonda revisione  del sistema e ad un riequilibrio nell'uso di tutte le risorse disponibili o il paese anche nel breve, come nel medio periodo resterà ancorato ad un modello fragile e, per questo, senza reali prospettive di crescita. La precarietà dell'attuale assetto del sistema viene così sintetizzata dal Centro Studi di Confcommercio.

 

Questi i principali elementi di sintesi contenuti nell'ultimo numero dell'Osservatorio Economico del Centro Studi Confcommercio sulle previsioni economiche 2006-2007

 

-            Dopo la stasi del 2005 (Pil +0,2%), economia italiana in moderata ripresa nel 2006 (+1,3%) e nel 2007 (+1,1%);

-            L'indebolimento dell'euro favorisce una ripresa dell'export nel 2006 e 2007 (rispettivamente +2,9% e +2,4%);

-            Sul fronte della domanda interna caro petrolio e probabile rincaro dei tassi mantengono deboli i consumi delle famiglie (+0,8% nel 2006 e +0,7% nel 2007), il miglioramento del contesto produttivo stimola, invece, la domanda d'investimento delle imprese (+2,5% e +2,1%);

-            Inflazione sotto controllo nonostante le incertezze sui mercati petroliferi e valutari: +2,2% nel 2006 e +2,0% nel 2007;

-            Segnali di criticità dal lato della finanza pubblica anche per un possibile aumento della spesa per interessi;

-            Le politica monetaria restrittiva della Fed sta determinando un apprezzamento del dollaro sull'euro con conseguente afflusso di capitali verso gli Usa e maggiore competitività delle merci europee sui mercati del dollaro.

 

 


QUADRO MACROECONOMICO ITALIANO

Dati non corretti per i giorni lavorativi - variazioni percentuali sull'anno precedente

 

 

2003

2004

2005

2006

2007

PIL

0,3

1,2

0,2

1,3

1,1

Importazioni di beni e servizi

1,3

2,5

2,0

3,1

2,5

Consumi finali interni

1,6

0,9

0,7

0,9

0,7

- Spesa delle famiglie residenti

1,4

1,0

0,6

0,8

0,7

- Spesa delle AP e delle ISP

2,3

0,7

1,2

1,1

0,8

Investimenti fissi lordi

-1,8

2,1

-0,6

2,5

2,1

Esportazioni di beni e servizi

-1,9

3,2

0,4

2,9

2,4

 

 

 

 

 

 

INFLAZIONE

2,7

2,2

2,0

2,2

2,0

OCCUPATI (Migliaia - Var. Assolute)

328

164

200

110

90

 

FONTE: elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

IL CONTESTO INTERNAZIONALE

 

Anche nel primo semestre del 2005 l'economia mondiale è stata caratterizzata dal permanere di una elevata dinamicità, sia pure con ritmi di crescita meno sostenuti rispetto a quanto registrato lo scorso anno.

La presenza di un contesto internazionale meno dinamico rispetto al recente passato ha determinato negli ultimi mesi una tendenza al ridimensionamento dei tassi di sviluppo del commercio mondiale, che rimangono comunque sostenuti anche in considerazione del confronto con un periodo di scambi molto elevati.

La situazione complessiva continua peraltro ad essere caratterizzata dal permanere di tensioni sui prezzi delle materie prime petrolifere, anche se al momento sembrano essersi notevolmente attenuati i rischi di ulteriori forti rialzi, dall'emergere di tensioni inflazionistiche in molti paesi industrializzati, dalla presenza di divergenze nei tassi di crescita delle principali aree economicamente avanzate.

L'economia europea ha, infatti, continuato ad evidenziare, nel suo complesso, uno sviluppo ancora molto contenuto e caratterizzato da forti elementi di difficoltà. In particolare nel secondo trimestre la crescita in termini congiunturali della UEM è risultata pari al +0,3% a fronte di uno sviluppo del +0,8% negli USA ed in Giappone.

Tendenza alla crescita che negli USA è proseguita a ritmi analoghi anche nel terzo trimestre nonostante gli uragani, che hanno interrotto alcune produzioni, ed il sensibile riacutizzarsi dell'inflazione salita al 4,7% a settembre.

Tra gli elementi che si vanno affermando negli ultimi mesi vi è il consolidarsi della politica monetaria restrittiva da parte della FED, che ha portato all'inizio di novembre il tasso di sconto al 4,0%, ed il progressivo deprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro.

Stante questa situazione le prospettive di sviluppo per il biennio 2006-2007 pur caratterizzate dal permanere di una fase ciclica mondiale ancora positiva, soprattutto negli USA elle economie asiatiche, sono improntate ad una certa cautela in considerazione dei molteplici elementi di incertezza presenti quali:

 

-            la politica monetaria della FED e delle altre banche centrali;

-            le politiche sui tassi di cambio;

-            il permanere di squilibri nei tassi di crescita delle diverse aree;

-            le politiche economiche attuate in molti Paesi dell'area dell'euro per riequilibrare le finanze pubbliche;

-            il prezzo del petrolio ed il permanere di tensioni inflazionistiche.

 

 

 

L'ECONOMIA ITALIANA

 

 

La crescita

 

In controtendenza con la presenza di un contesto produttivo molto debole registrata nella UEM l'economia italiana ha evidenziato nel corso del secondo trimestre del 2005, dopo un semestre caratterizzato da una accentuata caduta produttiva, una tendenza al recupero con una variazione del PIL in termini congiunturali del +0,7%, il miglior risultato dal primo trimestre del 2001. Ciò nonostante la crescita tendenziale è risultata  molto contenuta e pari al +0,1%.

 

 

Al miglioramento realizzato nel secondo trimestre hanno contribuito sia il parziale recupero dei livelli dell'export, sia quello relativo agli investimenti, componenti fortemente penalizzate nei trimestri precedenti. Situazione che porta a leggere con estrema cautela i dati dell'ultimo trimestre in quanto l'evoluzione più recente potrebbe derivare più da un rimbalzo tecnico, che segnalare l'inizio di una fase di graduale miglioramento della congiuntura economica italiana.

 

 

CONTO ECONOMICO RISORSE E IMPIEGHI

Variazioni congiunturali (in %)

 

 

2004

2005

 

I Trim.

II Trim.

III Trim.

IV Trim.

I Trim.

II Trim

P.I.L

0,5

0,3

0,4

-0,4

-0,5

0,7

IMPORTAZIONI

-0,3

1,9

1,1

0,1

-2,9

4,8

CONSUMI FINALI

0,8

-0,3

0,1

0,4

0,1

0,6

Spesa delle famiglie residenti

1,1

-0,5

0,0

0,5

0,1

0,6

Spesa della P.A. e ISP

-0,3

0,2

0,2

0,3

0,1

0,3

INVESTIMENTI

3,4

0,5

-1,5

-1,3

-0,8

1,5

ESPORTAZIONI

-1,5

3,7

4,5

-4,5

-4,7

5,5

 

 


Variazioni tendenziali (in %)

 

 

2004

2005

2004

2005

 

I Trim.

II Trim.

III Trim.

IV Trim.

I Trim.

II Trim.

I Sem.

I Sem.

P.I.L

0,7

1,2

1,2

0,8

-0,2

0,1

0,9

-0,1

IMPORTAZIONI

0,3

3,7

3,3

2,8

0,2

3,1

2,0

1,6

CONSUMI FINALI

1,6

0,9

0,2

1,0

0,3

1,2

1,3

0,7

Spesa delle famiglie residenti

1,7

0,9

0,2

1,1

0,1

1,2

1,3

0,6

Spesa della P.A. e ISP

1,3

1,0

0,2

0,4

0,8

1,0

1,2

0,9

INVESTIMENTI

1,6

3,1

2,2

0,9

-3,2

-2,1

2,3

-2,7

ESPORTAZIONI

-0,8

6,2

5,4

1,9

-1,3

0,4

2,7

-0,4

 

FONTE: elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

La situazione congiunturale italiana continua anche ad essere caratterizzata da una evoluzione dell'inflazione sostanzialmente sotto controllo, e fortemente condizionata dagli effetti dei rincari delle materie prime petrolifere, e dai persistenti squilibri sul versante della finanza pubblica.

Stante questa situazione ed il quadro internazionale di riferimento le previsioni per il prossimo biennio pur caratterizzate dalla presenza di un graduale miglioramento nei tassi di sviluppo dell'economia italiana, stimati attestarsi nel 2006-2007 su valori di poco superiori all'1,0%, segnalano il permanere di un differenziale rispetto a quanto atteso per la media della UEM.

Su queste prospettive, che tengono conto da un lato del miglioramento indotto sul nostro export da un rapporto di cambio meno penalizzate e di una politica monetaria meno accomodante da parte della BCE a partire dal primo semestre del 2006, gravano le molte incognite legate alle misure di finanza pubblica che saranno attuate nel prossimo anno in considerazione di possibili scostamenti rispetto a quanto fino ad oggi indicato e dalla necessità di raggiungere gli obiettivi concordati in sede europea.

 

 

La domanda estera

 

Analizzando nel dettaglio la dinamica registrata dalle singole variabili nel periodo aprile – giugno dell'anno in corso si evidenzia, dopo un semestre particolarmente negativo, una inversione di tendenza della domanda proveniente dall'estero con un incremento delle esportazioni italiane, rispetto al periodo precedente, del +5,5%. Evoluzione favorita dal permanere di un tasso di sviluppo della domanda mondiale su valori sostanzialmente elevati e dal deprezzamento dell'euro sui mercati (il rapporto di cambio euro/dollaro è passato dall'1,32 di marzo all' 1,22 di giugno).

La ripresa registrata nel secondo trimestre ha portato ad un sia pur contenuto aumento delle quantità esportate nei confronti dell'analogo trimestre del 2004 e pari al +0,4%.

La tendenza al recupero dei livelli produttivi ha comportato anche un deciso miglioramento della domanda verso l'estero con una crescita, nel secondo trimestre del 2005, delle importazioni in quantità del +4,8% rispetto al periodo precedente e del +3,1% nei confronti dello stesso trimestre del 2004.

La tendenza alla ripresa dei flussi esportativi dovrebbe consolidarsi nei prossimi mesi anche per il permanere di una situazione di debolezza dell'euro sui mercati e di un tasso di sviluppo ancora positivo del commercio mondiale, determinando nella media del 2005 una modesta crescita (+0,4).

Questa evoluzione si dovrebbe accentuare nei primi mesi del 2006, anno in cui l'aumento delle esportazioni di beni e servizi in quantità è stimato pari al +2,9%. Lievemente più contenuta dovrebbe risultare la crescita nel 2007 (+2,4%).

Su queste performance pesano da un lato il minor effetto sull'export rispetto al passato della svalutazione, in considerazione del fatto che gran parte degli scambi sono interni all'euro area ed il vantaggio competitivo all'esterno è complessivo e non del singolo Paese con una distribuzione più diffusa, ma meno intensa, dei benefici, dall'altro per il permanere di alcuni elementi di debolezza strutturale dei nostri prodotti e servizi legati ai noti problemi  di innovazione dei prodotti.

Il migliorato contesto produttivo è atteso determinare un incremento anche sul versante delle importazioni stimate aumentare del +3,1% nel 2006 e del +2,5% nel 2007.

 

 

La domanda interna

 

Anche sul versante della domanda interna si è registrata, nel corso del secondo trimestre del 2005, una tendenza al miglioramento, evoluzione che ha interessato in misura più significativa gli investimenti, la cui domanda era stata fortemente compressa nei mesi precedenti.

 

 

La domanda per consumi

 

Per quanto concerne la spesa per consumi sostenuta dalle famiglie residenti nel corso del periodo aprile- giugno  2005 si è riscontrata, in termini congiunturali, una crescita del +0,6%, evoluzione che ha determinato una decisa ripresa del tasso di incremento tendenziale salito al +1,2% (+0,1% nel primo trimestre).

Questi dati vanno comunque letti con molta cautela, in quanto da alcuni mesi si assiste sul versante dei consumi ad una alternanza molto rapida di fasi di contrazione e di ripresa, tendenza che sembra sottendere più il tentativo di lasciare inalterati nel medio periodo i livelli di consumo raggiunti piuttosto che una espansione vera e propria della domanda.

In moderata ripresa è risultata, in termini congiunturali, anche la dinamica relativa ai consumi effettuati sul territorio (+0,4%).

Il realizzarsi di un dato lievemente più contenuto rispetto a quanto registrato dai consumi delle famiglie residenti è derivato dal permanere di una tendenza espansiva della spesa sostenuta dagli italiani all'estero e di una evoluzione negativa della spesa degli stranieri in Italia. Il protrarsi, ormai da alcuni mesi, di queste tendenze ha comportato per questa variabile un incremento in termini tendenziali decisamente più modesto (+0,5% nei confronti del secondo trimestre del 2004) rispetto a quanto registrato dalla spesa delle famiglie residenti.

Analizzando l'andamento delle singole componenti della spesa sul territorio nazionale si riscontra come la moderata tendenza al miglioramento sia da imputarsi in larga parte alla ripresa della domanda per beni durevoli la cui crescita in termini congiunturali è risultata pari al +3,5%.

Evoluzione che ha comportato, in termini tendenziali, una crescita del +1,1%, in considerazione del confronto con un periodo di accentuata dinamicità della spesa delle famiglie per questa componente e delle flessioni registrate nel semestre precedente.

Relativamente ai beni non durevoli l'incremento del +0,8%% registrato nei confronti del trimestre precedente ha portato in termini tendenziali ad una modesta crescita (+0,4%) dei consumi per questo specifico segmento dopo un lungo periodo di variazioni negative. Evoluzione da collegarsi in larga parte al recupero della domanda per i prodotti alimentari, bevande e tabacchi che segnala una crescita su base trimestrale e tendenziale del +0,8%.

In particolare difficoltà è risultata nel corso del secondo trimestre dell'anno la domanda relativa ai servizi che evidenzia una flessione del –0,7% rispetto ai tre mesi precedenti, ciò nonostante il tasso di crescita tendenziale ha mostrato una modestissima crescita pari al +0,3%.

Anche nei prossimi mesi la domanda delle famiglie non è attesa evidenziare una tendenza al significativo miglioramento: sia nel 2005 che nel biennio successivo i consumi delle famiglie sono stimati aumentare su valori compresi tra lo 0,6-0,8%.

A mantenere contenuta la domanda di consumo da parte delle famiglie dovrebbero contribuire i numerosi elementi di incertezza quali:

 

-            contenuta evoluzione del reddito disponibile, sia per la componente relativa al lavoro che al capitale investito;

-            il permanere di tensioni inflazionistiche soprattutto sul versante dei prodotti energetici, con un conseguente spostamento di quote di reddito verso questa componente della spesa;

-            il possibile aumento del costo del denaro che attraverso un maggior onere sui mutui contratti e su parte degli acquisti rateizzati potrebbe comprimere ulteriormente la quota a disposizione delle famiglie per i consumi non «necessari»;

-            l'evoluzione del costo dei servizi di pubblica utilità, soprattutto quelli locali;

-            le misure di finanza pubblica che potrebbero essere attuate per contenere il deficit.

 

 

La domanda per investimenti

 

Più favorevole è risultata, nel secondo trimestre del 2005, la dinamica relativa alla domanda per gli investimenti, che, dopo quasi un anno di continue riduzioni, ha evidenziato una tendenza alla ripresa con una crescita del +1,5% in termini congiunturali; evoluzione che non ha comunque permesso di tornare sui livelli precedenti come segnala la flessione del -2,1% nei confronti del secondo trimestre dello scorso anno.

Al parziale recupero registrato nel periodo aprile-giugno 2005 hanno contribuito sia la componente relativa alle macchine ed attrezzature (+2,0% congiunturale), sia le costruzioni (+3,1% nei confronti del primo trimestre).

In termini tendenziali si riscontrano per queste due componenti andamenti sostanzialmente divergenti: per le macchine ed attrezzature la tendenza alla riduzione della domanda registrata nei periodi precedenti ha comportato una contrazione rispetto al secondo trimestre del 2004 del -4,7%, per le costruzioni viceversa si sconta un aumento del +2,1%.

Decisamente negativo è risultato, nel secondo trimestre del 2005, l'andamento della domanda per investimenti in mezzi di trasporto che ha segnalato una riduzione in termini congiunturali del -6,1%, evoluzione che ha determinato una flessione rispetto allo stesso trimestre del 2004 del -8,0%.

La tendenza ad un graduale miglioramento della domanda di investimenti da parte delle imprese dovrebbe consolidarsi nel breve medio periodo anche se nella media dell'anno in corso è stimata una contrazione del –0,6%.

Decisamente più favorevoli appaiono le prospettive per il prossimo biennio.

Il miglioramento dell'attività produttiva e la necessità di aumentare il grado di competitività sui mercati dovrebbero spingere ad una crescita dell'attività di investimento da parte delle aziende, soprattutto per la componente relativa alle macchine. A questo andamento dovrebbe associarsi il permanere di un tasso positivo degli investimenti in costruzioni.

Nella media del 2006 la crescita viene stimata nell'ordine del +2,5% e nel 2007 del +2,1%. La contenuta decelerazione è da imputarsi essenzialmente agli effetti che potrebbe avere una politica di aumento dei tassi su questa variabile. Ed è proprio l'elemento politica monetaria a rappresentare l'incognita più rilevante riguardo l'aumento dell'attività di investimento, anche se è presumibile che la BCE nel caso decida di attivare una politica monetaria meno accomodante lo faccia con modalità meno stringenti rispetto a quanto fatto dalla FED.

 

 

I prezzi

 

L'inflazione italiana, così come quella europea, pur risultando sostanzialmente stabile continua ad essere influenzata dalle tensioni in atto sul versante dei prodotti petroliferi.

A fronte di una tendenza alla decelerazione di molte voci relative ai prezzi di beni e servizi si riscontra un progressivo aumento della componente energetica per la quale si è passati da variazioni tendenziali a gennaio del 5,0% ad un incremento dell'11,6% a settembre.

 

Decisamente contenuta è risultata nei primi nove mesi del 2005 la dinamica dei prezzi degli alimentari che segnalano, nel complesso, una variazione nulla. Dinamica a cui ha contribuito sia la riduzione dei prezzi per gli alimentari freschi, sia la progressiva attenuazione nel segmento dei trasformati.

 

 


INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO PER L'INTERA COLLETTIVITA' PER TIPOLOGIA

Variazioni percentuali sul periodo corrispondente

 

 

2005

 

Gen.

Feb

Mar

Apr

Mag

Giu

Lug

Ago

Set

Gen- Set

Indice generale

1,9

1,9

1,9

1,9

1,9

1,8

2,1

2,0

2,0

1,9

Beni alimentari

-0,4

-0,2

-0,1

0,1

-0,1

-0,1

0,0

0,1

0,2

0,0

Alimentari lavorati

1,1

0,9

0,8

0,7

0,6

0,4

0,4

0,3

0,4

0,6

Alimentari non lavorati

-2,6

-2,2

-1,5

-1,3

-1,1

-1,1

-0,9

-0,7

-0,4

-1,3

Beni energetici

5,0

6,0

6,9

9,7

8,2

7,1

9,9

9,8

11,6

8,3

Energetici regolam.

1,4

2,2

2,6

5,2

5,7

5,8

7,7

7,7

7,8

5,1

Altri energetici

8,2

9,0

10,4

13,1

10,1

8,1

11,6

11,5

14,2

10,7

Altri beni

0,3

0,3

0,3

0,4

0,6

0,4

0,4

0,4

0,3

0,4

Beni durevoli

-0,5

-0,5

-0,2

-0,1

0,2

0,2

0,2

0,3

0,1

-0,1

Beni non durevoli

-1,2

-1,3

-1,3

-1,2

-1,2

-1,3

-1,3

-1,3

-1,2

-1,2

Beni semidur.

1,7

1,7

1,6

1,7

1,8

1,6

1,5

1,5

1,5

1,6

Tabacchi

13,9

13,9

7,1

6,9

6,7

6,7

9,9

10,0

9,9

9,4

Beni

1,0

1,0

1,1

1,4

1,2

1,1

1,6

1,6

1,7

1,3

Beni di largo consumo

-0,2

-0,2

0,0

0,0

0,0

-0,1

0,0

0,0

0,2

0,0

Beni non di largo consumo

1,6

1,7

1,7

2,1

1,9

1,7

2,2

2,2

2,6

2,0

Servizi

2,9

2,8

3,0

2,6

2,7

2,7

2,7

2,5

2,4

2,7

Servizi non regolam.

3,0

2,9

3,1

2,7

2,8

3,0

3,0

2,7

2,7

2,9

Servizi regolam.

2,8

2,6

2,6

2,5

2,6

1,4

1,3

1,4

1,1

2,0

Servizi a regolam. locale

2,9

2,8

2,2

2,3

2,7

2,5

2,6

3,1

3,3

2,7

Servizi a regolam. nazionale

2,6

2,6

2,6

2,8

2,8

0,9

0,8

0,8

0,2

1,8

 

FONTE: elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat

 

 

Il ruolo del comparto energetico nel determinare le dinamiche inflazionistiche italiane è confermato anche dai dati provvisori di ottobre che evidenziano come l'innalzamento del tasso d'inflazione, salito al 2,2%, sia stato determinato in larga parte all'adeguamento delle tariffe elettriche, a cui si sono associati i tradizionali aumenti per il capitolo relativo all'istruzione.

In considerazione del temporaneo attenuarsi delle pressioni sui prezzi delle materie prime petrolifere sui mercati internazionali si stima che nei mesi finali del 2005 non si registrino particolari ed ulteriori tensioni sui prezzi. Va sottolineato comunque, come il mercato delle materie prime energetiche non sembra ancora aver trovato una stabilità ed è presumibile che nel breve-medio periodo si assista a nuovi periodi di tensione sui prezzi, situazione che in presenza di un euro meno forte potrebbe portare a impulsi inflazionistici più consistenti rispetto a quanto registrato nel recente passato. Situazione che porta ad ipotizzare per la media del 2006 un tasso d'inflazione del 2,2%, dato su cui pesano le incognite legate al reale andamento del petrolio e del tasso di cambio.

 

 

La finanza pubblica

 

In questo contesto, caratterizzato ancora da molte incertezze circa le prospettive future dell'economia italiana, le preoccupazioni maggiori sono legate agli andamenti di finanza pubblica che continuano ad evidenziare un andamento non favorevole.

Nel corso del secondo trimestre del 2005 la dinamica della spesa per consumi effettuati dalla P.A. è risultata in sia pur contenuto aumento (+0,3% rispetto al periodo precedente), evoluzione che ha determinato una crescita su base annua del +1,0%.

Questo dato non riflette in pieno gli elementi di criticità che sono emersi sul versante dei conti pubblici. Analizzando i dati relativi all'andamento del conto economico delle amministrazioni pubbliche nel complesso del primo semestre del 2005 emerge un quadro caratterizzato da:

 

-            una crescita delle spese correnti, compresa quella relativa agli interessi;

-            una diminuzione delle entrate, anche per il venir meno degli effetti delle una tantum;

-            un azzeramento dell'avanzo primario.

 

Nel primo semestre del 2005 le uscite complessive hanno evidenziato una crescita in termini tendenziali del +2,3%, andamento a cui ha contribuito in misura di un certo rilievo anche la spesa per interessi che segnala un incremento del +4,1% (nella media del primo semestre del 2004 questa voce scontava una flessione del -4,9%). In riduzione sono risultate invece la voce relativa ai redditi da lavoro dipendente (-0,6%) ed agli investimenti (-2,8%).

A questo andamento si è accompagnata una flessione, rispetto al primo semestre dello scorso anno delle entrate complessive (-1,3%). Andamento determinato dalla sostanziale stagnazione registrata sul versante delle imposte dirette e indette e dalla caduta delle entrate derivanti dalle imposte sul capitale, fenomeno da collegarsi al venir meno degli effetti delle una tantum.

Il complesso di queste dinamiche ha determinato, nei primi sei mesi del 2005, una incidenza delle spese in rapporto al PIL (46,5%) significativamente più elevata rispetto a quanto registrato dal lato delle entrate (41,5%).

Stante questa situazione il rapporto deficit/PIL si è attestato sul 5,1% valore nettamente superiore a quanto registrato negli analoghi periodi del 2003 e 2004.

 

 

INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA

Valori percentuali

 

 

2004

2005

2004

2005

 

I Trim.

II Trim.

III Trim.

IV Trim.

I Trim.

II Trim

I Sem.

I Sem.

USCITE TOTALI/PIL

45,8

47,1

45,4

55,7

46,2

46,9

46,5

46,5

ENTRATE TOTALI/PIL

38,9

46,7

41,2

53,7

39,2

43,6

42,9

41,5

INDEBITAMENTO/PIL

-6,9

-0,4

-4,2

-2,0

-6,9

-3,3

-3,6

-5,1

SALDO PRIMARIO/PIL

-1,8

4,7

1,0

3,3

-1,8

1,9

1,5

0,1

 

FONTE: elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

A questo dato si accompagna un valore del debito a luglio pari ad oltre 1.529 miliardi di euro, in leggera diminuzione rispetto ai 1.542 di giugno, ed una evoluzione del fabbisogno del settore statale che, nel complesso del periodo gennaio-settembre 2005, evidenzia un peggioramento di oltre 5 miliardi di euro rispetto a quanto registrato nell'analogo periodo del 2004.

 

 

 

Il quadro dei conti pubblici italiano rappresenta anche una delle maggiori incognite per il prossimo biennio, in considerazione delle note difficoltà a mantenere sotto controllo la spesa corrente e di una possibile dinamica delle entrate meno favorevole rispetto alle attese.

In questo contesto si inseriscono anche i rischi legati ad un mutamento nella politica monetaria della BCE. Il possibile aumento dei tassi la cui modalità ed entità dovrebbero, almeno nel 2006, risultare sicuramente più graduali rispetto a quanto fatto dalla FED potrebbe avere conseguenze sostanzialmente negative sul deficit del nostro Paese in considerazione di uno stock del debito che risulta particolarmente elevato.

E' presumibile pertanto che anche nel corso del 2006 si rendano necessari interventi correttivi per riportare il rapporto deficit/PIL entro i valori concordati in sede europea.

Va comunque sottolineato come la Commissione abbia dimostrato negli ultimi tempi un atteggiamento meno rigido nei confronti di molti Paesi in considerazione delle difficoltà che per l'Europa nel suo complesso non sono solo di ordine finanziario concedendo tempi più lunghi per il risanamento al fine di non deprimere le contenute aspettative di ripresa produttiva dell'area.

 

 

Inflazione, politica monetaria, tassi di cambio: cosa sta Cambiando per Stati Uniti ed Eurozona

 

 

L'analisi

 

Dal giugno di quest'anno l'inflazione americana, complici la crescita dell'economia che permane sostenuta e il continuo apprezzamento delle quotazioni del greggio, ha ripreso a correre, portandosi in soli tre mesi dal 2,5% al 4,7% di settembre.

In realtà, tensioni sui prezzi si erano già manifestate dall'aprile dello scorso anno, modificando il trend al rialzo con oscillazioni altalenanti, nei mesi successivi, comprese tra il 2,5% ed il 3,5%, che collocavano l'inflazione americana ben al di sopra di quella dell'eurozona (cfr. Fig. 1).

Nella UEM, infatti, sin dal gennaio 1999, formale debutto dell'euro sui mercati valutari, le dinamiche inflazionistiche si sono sistematicamente mantenute al di sotto di quelle degli Stati Uniti, con la sola eccezione della prima metà del 2002, quando il differenziale d'inflazione tra UEM e USA ha toccato il suo massimo, circa un punto e mezzo percentuale, a svantaggio dei prezzi europei.

Una prima valutazione che discende dal confronto tra i due profili inflazionistici, evidenzia un'anomalia tutta europea, vale a dire una dinamica dei prezzi dell'area euro che non sembra compatibile con i modesti tassi di crescita esibiti negli ultimi quattro anni, mediamente inferiori a quelli dell'economia americana di almeno due punti percentuali.

A differenza di quella americana, l'inflazione dell'area euro è essenzialmente da costi, ha cioè una matrice strutturale dovuta alla bassa produttività e alle rigidità dal lato del costo del lavoro, che rendono assai meno competitiva l'economia dell'area euro rispetto a quella degli Stati Uniti.

Una seconda valutazione riguarda le politiche monetarie adottate, rispettivamente, dalla Fed e dalla Bce, che rispecchiano solo in parte orientamenti comuni.

Dall'analisi grafica (Figg. 2 e 3) emerge in modo inequivocabile che le politiche monetarie seguite dalla due banche centrali hanno sostanzialmente mirato al controllo dell'inflazione, con manovre sui rispettivi "tassi di riferimento" dirette a contrastare le tensioni sui prezzi.

Ciò è risultato soprattutto vero per la Bce, le cui azioni sono per statuto di tipo inflation targeting, cioè volte alla stabilizzazione del livello dei prezzi in prossimità di un valore esplicitamente indicato (il 2,0%), laddove invece non esiste un simile vincolo per la Fed, almeno non in forma esplicita o comunque legato a valutazioni discrezionali.

Tuttavia, il confronto tra le due politiche monetarie (Fig. 4) evidenzia una maggiore attenzione della Fed verso il sostegno della crescita economica, con l'adozione dal gennaio 2001 di una politica decisamente accomodante, che ha portato, con progressive riduzioni in alcuni momenti molto consistenti, il tasso di riferimento sui fondi federali da un livello del 6,50% al minimo dell'1,00% sino alla metà del 2004.

Al contrario, nello stesso periodo, la politica monetaria della Bce si è ispirata ad una grande prudenza, riducendo il tasso di riferimento di un ammontare assai inferiore, cioè passando dal 4,50% al 2,00% nella metà del 2003, valore che a tutt'oggi non è stato ancora modificato.

Nella Bce, le preoccupazioni antinflazionistiche hanno prevalso a danno del sostegno alla crescita, che probabilmente avrebbe potuto essere più consistente attraverso una maggiore dinamica degli investimenti, la cui insufficienza è una delle ragioni della bassa produttività dell'economia dell'area.

 

 

Le prospettive e le probabili tendenze

 

Il cambio di regime nella politica monetaria della Fed, a partire dal terzo trimestre del 2004, improntato ora ad azioni restrittive in funzione del controllo sui prezzi, che ha riportato il tasso di riferimento al 4,00%, solleva una serie di interrogativi riguardo ai probabili impatti sull'economia dell'eurozona.

Il tasso di cambio euro/dollaro, che si era continuamente apprezzato dall'ultimo trimestre del 2001, proprio in accordo con la politica monetaria accomodante della Fed (cfr. Fig. 5), toccando i massimi all'inizio di quest'anno, con circa 1,35 dollari per euro, nei mesi successivi ha iniziato a deprezzarsi collocandosi attualmente intorno ad 1,20 dollari per euro, proprio per effetto dei continui rialzi della tasso di sconto da parte della Fed.

La nuova politica monetaria americana, improntata al maggior contrasto dell'inflazione, sta determinando un crescente afflusso di capitali verso gli Stati Uniti dal resto del mondo, attratti dalla più elevata remunerazione dei titoli del debito americano, e quindi la più elevata domanda di attività finanziarie denominate in dollari determina il rafforzamento del dollaro verso tutte le altre valute.

Le conseguenze di questo apprezzamento della valuta USA nei confronti delle altre monete, derivante dall'innalzamento del tasso di sconto, determina tre effetti:

-            un miglioramento delle ragioni di scambio a favore delle merci prodotte nell'area euro, che divengono più competitive sui mercati dell'area dollaro e quindi relativamente agli scambi extra-UE, senza però alcun vantaggio competitivo relativamente agli scambi commerciali intra-UE;

-            un ulteriore peggioramento della bilancia commerciale americana, in quanto l'apprezzamento del dollaro penalizza le esportazioni USA, ma favorisce le importazioni di beni e servizi dal resto del mondo, più vantaggiose intermini di prezzo. Il disavanzo delle partite correnti USA si accinge a superare i 700 miliardi di dollari a fine anno, peggiorando ancora il già elevatissimo deficit commerciale del 2004, pari a quasi 590 miliardi di dollari;

-            un deterioramento del bilancio federale, conseguenza della più elevata spesa per interessi sul debito pubblico, che potrebbe portare il disavanzo ben oltre i 412 miliardi di dollari del 2004.

 

Naturalmente, una delle incognite più serie riguarda la capacità dell'economia americana di continuare a sostenere "deficit gemelli", nei conti pubblici e nella bilancia commerciale, a tempo indeterminato, senza prevedere politiche di rientro, che avrebbero ovviamente effetti restrittivi sull'economia e porterebbero ad un brusco rallentamento della crescita.

Un'ulteriore incognita riguarda il comportamento della Bce, in risposta alla nuova politica monetaria della Fed.

La situazione europea è al momento diversa da quella degli Stati Uniti, in quanto l'inflazione dell'area euro è ancora sotto controllo e non sembra risentire degli effetti negativi della bolletta energetica. Infatti, la core inflation dell'eurozona, cioè l'inflazione calcolata al netto delle componenti volatili (energia e prodotti alimentari freschi e trasformati), si mantiene ancora al di sotto del 2% e quindi non sembra suggerire probabili rialzi del tasso di riferimento.

Sotto questo aspetto, la Bce potrebbe decidere di non ridurre il divario dei tassi con la Fed anche per favorire, attraverso il deprezzamento del cambio con il dollaro, una ripresa delle esportazioni dell'eurozona.

Una seconda motivazione, potrebbe derivare dalla necessità di non deprimere ulteriormente la spesa per investimenti produttivi (investimenti fissi lordi), strettamente influenzata dalla struttura dei tassi d'interesse.

Dalla Fig. 6 si evince piuttosto chiaramente, pur con i limiti derivanti dall'utilizzo di una sola variabile esplicativa nella regressione, che il livello degli investimenti fissi lordi dell'area euro è negativamente correlato con il tasso d'interesse (è stato scelto l'Euribor a tre mesi). Si tratta di una correlazione forte, in quanto più dell'80% dei cambiamenti nella spesa per investimenti è spiegato proprio dall'andamento del tasso d'interesse. Quindi ogni aumento del tasso d'interesse determina una riduzione della spesa per investimenti.

Non solo, l'altro elemento rilevante dell'analisi è che gli investimenti dipendono dall'andamento dei tassi del biennio precedente. Ciò significa che i tempi di trasmissione degli impulsi della politica monetaria sono molto lenti, in quanto quest'ultima sconta i cosiddetti «ritardi esterni». Vale a dire che le decisioni della banca centrale in materia di tasso di sconto, che si riflettono ovviamente sul tasso interbancario (Euribor), preso come parametro per la concessione dei prestiti, producono i propri effetti sulle decisioni d'investimento dei due anni successivi.

Sulla scorta di queste considerazioni, si può ritenere che la Bce, proprio per non penalizzare ulteriormente questa componente fondamentale della domanda interna, attualmente insufficiente nell'euro area, lasci invariato l'attuale livello del tasso di riferimento al 2% o lo ritocchi assai gradualmente a partire dal 2006, a meno di improvvise fiammate inflazionistiche che dovessero innalzare le dinamiche dei prezzi verso i valori di quelle attualmente in atto negli Stati Uniti.

 

 

FIG. 1

 

 

FIG.2

 

 

FIG. 3

 

 

FIG. 4

 

 

FIG. 5

 

 

FIG. 6

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