Le proposte di Confcommercio per il rilancio dello sviluppo e della competitività europea

Le proposte di Confcommercio per il rilancio dello sviluppo e della competitività europea

P.01 D:27-2-2002 T:Confcommercio all'unione europea

DateFormat

27 febbraio 2002

Da Lisbona a Barcellona

La Presidenza spagnola ha assunto l'impegno di adoperarsi per garantire una transizione ordinata verso la nuova moneta unica ma anche per rinforzare il coordinamento delle politiche economiche nazionali in tutte le loro dimensioni.

Confcommercio guarda con la massima attenzione a questo processo di approfondimento dell'integrazione economica e finanziaria attraverso un raccordo più stretto delle politiche di bilancio nazionali nell'ambito dell'attuazione del Patto di stabilità e crescita.

L'auspicio è che il prossimo Vertice di primavera consenta di constatare progressi nell'andamento del processo di Lisbona, in altre parole della strategia volta a fare dell'Unione europea, nell'arco di un decennio, l'economia fondata sulla conoscenza più dinamica, competitiva e sostenibile del mondo, in un contesto di piena occupazione e di una più forte coesione economica e sociale.

In particolare è importante che siano recuperati i ritardi finora manifestatisi nell'attuazione delle riforme economiche e strutturali riguardanti i servizi a rete e l'integrazione dei mercati finanziari nonché rafforzate le politiche per la coesione economica e sociale con riferimento ai problemi legati all'esclusione sociale e all'invecchiamento della popolazione.

 

La nuova governance europea

 

Il Consiglio di Laeken ha posto  le basi per un rinnovamento dell'Europa che offra una quadro contemporaneamente sovrannazionale e rispettoso dei singoli Stati membri, che favorisca il negoziato tra Stati, che sia espressione della volontà popolare e garantisca il funzionamento di istituzioni forti e permanenti.

 

La "Dichiarazione di Laeken sul futuro dell'Unione Europea" sviluppa e approfondisce il dibattito sulle riforme istituzionali che l'Europa dovrà intraprendere, già proposto nel "Libro Bianco sulla governance europea",.

 

Rappresentatività del terziario nel dialogo sociale europeo

 

In vista dell'allargamento dell'Unione Europea ai paesi PECO, nonché della programmazione della prossima conferenza intergovernativa, diviene indispensabile individuare una soluzione per realizzare un dialogo sociale  più incisivo e rispondente al nuovo contesto socio-economico dell'Europa.

 

Il problema della rappresentatività del commercio nel dialogo sociale europeo è stato posto ripetutamente all'attenzione delle istituzioni.

 

Nel corso degli ultimi anni Confcommercio ha contrastato, in stretta sinergia con "Eurocommerce", l'organizzazione europea di rappresentanza del commercio, una tendenza che vorrebbe riconoscere al settore industriale la rappresentanza degli interessi imprenditoriali nell'ambito del dialogo sociale europeo.

 

Si tratta di un retaggio culturale che non tiene conto della realtà produttiva e sociale degli ultimi decenni. A fronte di un processo inarrestabile di riduzione di manodopera da parte delle aziende industriali si è consolidato, infatti, il ruolo trainante svolto dai settori del commercio, del turismo e dei servizi.

 

E' innegabile che l'occupazione e le potenzialità di sviluppo risiedono ormai nei settori da noi rappresentati: nell'ultimo decennio, il solo commercio ha creato più di 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro. In Europa il commercio comprende 4,7 milioni di imprese, rappresenta il 16% dell'occupazione totale, genera il 13% del PIL dell'Unione ed occupa 22,5 milioni di lavoratori.

 

Occorre, quindi, tener conto dell'evoluzione in atto e contrastare in modo incisivo schemi anacronistici e penalizzanti per le realtà da noi rappresentate.

Ciò, allo scopo di ottenere che il commercio, tramite la sua struttura europea "Eurocommerce", sia ammesso a partecipare a pieno titolo al dialogo sociale europeo, nonché al confronto macroeconomico sui grandi orientamenti di politica economica dell'Unione.

 

In proposito, Confcommercio ha affrontato il problema anche a livello nazionale, rappresentando al Governo l'anomalia di questa situazione che influisce in maniera negativa anche nella trasposizione di provvedimenti in materia sociale già approvati in sede comunitaria.

 

Nel corso del recente Consiglio europeo di Laeken, è stato inoltre convenuto che, d'ora in avanti, si svolga un "vertice" sociale prima di ogni Consiglio europeo di primavera, per analizzare e dibattere l'insieme delle iniziative e riforme in materia economica, sociale e strutturale previste dalla strategia di Lisbona.

 

E' stata così formalizzata la concertazione tripartita fra parti sociali (UNICE/UEAPME per l'industria privata, CEEP per l'industria pubblica e CES per i sindacati dei lavoratori) e le istituzioni pubbliche europee (Consiglio e Commissione).

 

Questa situazione, che riconosce al settore manifatturiero la totale rappresentanza del mondo imprenditoriale, è anomala e va, pertanto, ridefinita in modo da consentire anche al commercio di partecipare al "vertice sociale".

 

 

Allargamento

 

Tredici paesi, che hanno chiesto di aderire all'Ue, sono al momento interessati dal processo di allargamento: 10 entreranno con ogni probabilità già dal 2004.

 

Da questo processo possono derivare benefici diretti per il commercio, in particolare:

 

·        sviluppo di nuovi mercati per le esportazioni;

·        creazione di considerevoli opportunità di investimenti per le imprese europee;

·        creazione di ambiente stabile e favorevole agli affari nei paesi candidati all'adesione;

·        apertura di nuove fonti di approvvigionamento per le imprese europee.

 

Il raggiungimento di questi potenziali obiettivi dipende dalla rapida adozione e applicazione dell'"acquis comunitario" da parte dei paesi candidati all'adesione. In tal senso i negoziati devono essere condotti in modo che i paesi candidati recepiscano la maggior parte dell'"acquis" prima dell'adesione. Solo un piccolo numero di aree può essere soggetto a un periodo di transizione e la successiva realizzazione deve essere assicurata tramite la creazione delle strutture necessarie nei paesi candidati.

 

Va tuttavia ricordato che mentre il commercio di beni e servizi tra l'Ue e i paesi candidati all'adesione funziona generalmente bene, problemi fondamentali e ostacoli sono ancora presenti sia per quanto riguarda il commercio che per gli investimenti. I principali problemi riguardano:

 

·        Libera circolazione dei capitali

·        Libera circolazione di merci   
burocrazia impenetrabile e pesante; uso crescente di complesse procedure di certificazione come strumento per la creazione di barriere non tariffarie; introduzione ad hoc di pesanti imposte  sulle importazioni; restrizione all'importazione per alcuni prodotti da distribuire nei paesi candidati; assicurare continuità per il sistema di distribuzione delle licenze dei prodotti agricoli; assicurare un sistema di non discriminazione e trasparenza per le regole di origine dei prodotti agricoli

·        Unione doganale         
Procedure doganali complicate ed eccessivamente lunghe con conseguenti lungaggini e perdite di tempo alle frontiere; infrastrutture insufficienti alle frontiere

·        Livelli sanitari e sicurezza       
Livelli inferiori in termini sanitari e di sicurezza  per prodotti che entrano nel mercato interno non possono essere accettati

·        Altre questioni   
L'instabilità della tassazione interna ha un impatto negativo su investimenti; problemi dovuti alla "governarce"; una mancanza generale di sufficiente conoscenza degli affari da parte di molti commercianti locali, la maggior parte di profilo di pmi; differenze notevoli di know-how tra funzionari governativi e operatori economici come fondi per formazione sono stati destinati in primo luogo a impiegati pubblici; mancanza di consapevolezza di realtà e pratiche economiche nell'Ue da parte della magistratura dei paesi candidati.

 

Altri problemi si riscontrano nel campo delle Infrastrutture di trasporti.

 

C'è bisogno di una moderna, efficiente e integrata rete di trasporti nell'Europa centrale e orientale per accelerare l'integrazione economica dei paesi candidati all'interno dell'Ue.

 

I finanziamenti UE alle infrastrutture fisiche (grandi Corridoi) vanno accompagnati da finanziamenti per l'infrastrutturazione leggera e di servizio (ad. es. distributori di benzina attrezzati, autogrill, assistenza auto, accoglienza).

 

I punti di attraversamento delle frontiere devono essere arricchiti da servizi alle persone, agli operatori, alle imprese, anche attraverso centri commerciali e di servizio attrezzati. A questo proposito Confcommercio ha elaborato uno studio di fattibilità per la creazione di centri commerciali e di servizio transfrontalieri.

 

Ulteriore punto critico è costituito dagli ostacoli agli investimenti.

 

Anche nel settore dei servizi finanziari e della legislazione correlata vi sono problemi per quanto riguarda le transazioni finanziarie e economiche e i trasferimenti monetari.

 

Da ultimo la protezione legale delle imprese straniere nei paesi candidati è piuttosto debole e ha bisogno di essere migliorata.

 

In sintesi la prospettiva dell'allargamento geografico dell'Unione rappresenta un'occasione per ripensare a fondo principi e politiche e identificare con precisione le priorità.

 

Tra i nodi da sciogliere vi è certamente la riforma della politica di coesione con le ricadute sugli attuali equilibri di assegnazione di risorse nelle aree UE in ritardo di sviluppo; la riduzione dell'incidenza sul bilancio comunitario della politica agricola comune; la gestione dei flussi migratori; il rafforzamento del processo di integrazione e la ridefinizione dell'assetto istituzionale sia a livello di competenze che dei processi decisionali.

 

 

Politica mediterranea

 

Nel novembre 1995, la Conferenza euromediterranea dei Ministri degli Affari Esteri ha lanciato a Barcellona una serie di politiche di avvicinamento riguardanti i paesi del Mediterraneo.

Nella Dichiarazione di Barcellona sono state stabilite tre priorità:

 

·        Partenariato politico e sicurezza;

·        Partenariato economico e finanziario;

·        Partenariato nei settori sociale, culturale e umano.

 

Quel documento, contrariamente a quanto è stato detto da molti, non ha fissato un quadro di riferimento sufficiente a garantire il soddisfacimento delle aspettative sollevate.

 

Questo per varie ragioni:

 

1.      Non si è costituita, anche a causa di tensioni interne a molti paesi (es.Algeria, Tunisia) e a conflitti interregionali (es. quello tra Israele e Palestina) la rete di rapporti economici e politici auspicati dalla Dichiarazione di Barcellona.

2.      Si sono privilegiate micro-azioni e micro-politiche, rinunciando a una grande iniziativa di cooperazione multi-bilaterale, come immaginato nella Dichiarazione di Barcellona.

3.      Sono stati sacrificati alcuni settori (es. commercio e servizi) a favore di altri (es. industria).

 

Il risultato di questa inandempienza è, tra l'altro, che:

 

·        E' a rischio la creazione dell'area di libero scambio euromediterraneo per il 2010 (che era una delle maggiori proposte della Dichiarazione di Barcellona)

·        I programmi di cooperazione decentralizzata (Med-Urbs, Med-Campus, Med-Médias) nati al fine di elaborare progetti comuni, sono congelati dopo il 1995 a causa di una cattiva gestione interna

·        La faglia mediterranea del Sud risulta fratturata in più zone, ad esempio tra la regione maghrebina (Marocco, Tunisia, Libia, Algeria) e Medio Oriente

·        La situazione è influenzata dall'esito del conflitto israelo-palestinese

·        Sta tornando la diplomazia bilaterale che tra il 1995 e il 1998 risultava praticamente abbandonata.

 

Per superare le barriere alla libera circolazione delle merci e dei servizi nella regione euromediterranea, Confcommercio ha creato l'Iniziativa Euromediterranea per il Commercio, la Distribuzione e i Servizi, Euro-Med TDS,  che si propone di definire i problemi comuni e di organizzare attività comuni  per la promozione dello sviluppo del commercio, della distribuzione e dei servizi.

 

Euro-Med TDS ha elaborato i seguenti progetti:

 

·        Emed-tds.com, Euro-Mediterrranean Network for Business, che collegherà le organizzazioni aderenti a Euro-Med-TDS al fine di distribuire informazioni e opportunità di affari fornite dai membri e creare un sistema domanda/offerta per le merci e i servizi. Attualmente il progetto è in attesa di partire e, a livello comunitario, è stato dichiarato eleggibile al finanziamento nell'ambito dell'Iniziativa Eumedis;           
 

·        SEME, Scuola Euromediterranea di Economia: nel progetto rientra il Corso di formazione "Promozione del Commercio internazionale dei servizi" rivolto a 16 manager arabi e cofinanziato dall'Ice che si svolgerà a Roam il prossimo marzo

 

Mentre il Governo italiano ha fornito il suo sostegno all'Iniziativa (ad esempio finanziando tramite il Ministero per gli Affari Esteri, uno studio di fattibilità per la creazione della Euromediterranean Network for Business), la Commissione, pur apprezzando l'Iniziativa per il suo ampio respiro e pur condividendone le finalità, non ha dato segnali concreti di sostegno né a livello economico né a livello istituzionale. E' necessario dare un maggiore sostegno a  Euromed-TDS.

 

 

WTO

 

Ha preso il via il nuovo round di negoziati per la liberalizzazione degli scambi mondiali all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ribattezzato "Round dello sviluppo".

 

L'obiettivo prioritario dovrebbe essere un'ulteriore riduzione delle barriere al commercio delle merci. Questo settore, che rappresenta circa l'80% del commercio mondiale, deve ricevere la massima attenzione durante i negoziati. Inoltre, la liberalizzazione del commercio può essere facilitata dal miglioramento dei servizi a supporto del commercio, come le assicurazioni, i trasporti, la distribuzione.

 

Altro importante obiettivo è la completa riduzione delle tariffe. Infatti, nonostante il successo dei precedenti round di negoziati multilaterali, le tariffe, all'interno di alcune aree, rappresentano ancora una notevole barriera al commercio. Si auspicano riduzioni asimmetriche delle tariffe con un considerevole taglio a quelle più alte - all'interno dell'UE soprattutto per quanto concerne tutti i prodotti tessili, le calzature, il vetro, la ceramica, la pelle e i prodotti agricoli. Entro i prossimi 5 anni tutte le tariffe nel settore commerciale dovrebbero essere ridotte a zero.

 

Tra le questioni più urgenti vi è anche la totale abolizione delle restrizioni quantitative .

 

E' importante anche monitorare costantemente le barriere non tariffarie come le misure tecniche, sanitarie e fitosanitarie di protezione. Tali barriere sono meno trasparenti e prevedibili delle tariffe, per cui lo scopo da prefiggersi è il reciproco riconoscimento e l'armonizzazione delle regole di labelling e certificazione.

 

Altrettanto necessario è facilitare le formalità doganali per le importazioni e esportazioni, attualmente appesantite da troppe regole burocratiche e procedure non armoniche.

 

Va inoltre garantita anche la continuazione del processo di liberalizzazione  nell'ambito del GATS (l'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi, firmato a Marrakesh nell'aprile del 1994). Bisognerebbe ampliare gradualmente la copertura geografica e settoriale ed anche l'accesso ai servizi commerciali; ciò vale per esempio per i servizi finanziari e delle telecomunicazioni, per il settore dei trasporti e per l'intera catena distributiva.

 

Nel commercio estero ci sono di solito costi di trasporto ad un valore del 5-10%. Questi costi sono ulteriormente accresciuti, in particolare nel traffico transnazionale aereo e via mare, da restrizioni di accesso al mercato. Il trasporto aereo e navale dovrebbe perciò essere liberalizzato.Col tempo le discipline del GATS dovrebbero essere rafforzate con l'estensione dei principi di non discriminazione a tutti i settori dei servizi.

 

 

La politica della concorrenza

 

La globalizzazione crescente dei mercati, lo sviluppo tecnologico e della nuova economia legata al commercio elettronico, l'adozione generalizzata dell'economia di mercato, l'avvento della moneta unica e il prossimo ingresso di 10 nuovi Stati, sono elementi di natura politica ed economica che pongono l'Europa di fronte alla necessità di ridefinire le priorità economiche e sociali per procedere nel processo di integrazione e quelle istituzionali per la ricerca di nuove forme di governo.

 

Questo contesto di carattere economico e politico cambia profondamente la natura, la dimensione e i comportamenti della politica della concorrenza.

 

L'aspetto più visibile è il programma di ammodernamento del quadro giuridico e il decentramento delle responsabilità esecutive in relazione all'applicazione delle regole di concorrenza da parte delle istanze nazionali, in particolare le autorità di concorrenza e gli organi giudiziari.

 

Questa impostazione è condivisibile nella misura in cui, come si rileva dalle osservazioni specifiche che la Confcommercio ha predisposto sulla revisione del regolamento 17/62 sulla modernizzazione, il decentramento eviti i rischi di una applicazione divergente delle regole essenziali o una frammentazione delle politiche comuni. Soprattutto sarà fondamentale che a livello nazionale si sviluppi una « nuova cultura » della concorrenza che abbandoni il vecchio approccio formalistico e sia più orientata ad una valutazione economica degli effetti prodotti sul mercato rilevante dagli accordi tra imprese.

 

Accordi tra imprese

 

Confcommercio ha accolto con favore l'attitudine molto più pragmatica assunta dalla Commissione nella modernizzazione della politica antitrust applicabile agli accordi tra imprese e ha sostenuto l'adozione dei regolamenti di esenzione di categoria e le rispettive linee direttrici sia sugli accordi verticali che in quelli orizzontali.

 

I nuovi regolamenti, basati sull'approccio economico, su una limitata prescrizione di restrizioni non esentabili, e sulla presunzione di legittimità al di sotto di una significativa soglia di potere di mercato, consentono infatti al sistema delle imprese della distribuzione, principalmente alle PMI, la necessaria flessibilità per far fronte alla dinamica di mercato e all'evoluzione dell'economia in un contesto di ragionevole certezza giuridica.

 

Tuttavia occorre rilevare che, la nuova disciplina sugli accordi verticali, entrata in vigore nel mese di giugno del 2000, di fatto anticipa il decentramento previsto dalla riforma sulla modernizzazione dell'antitrust attualmente oggetto di discussione al Consiglio e rappresenta pertanto un utile banco di prova per la Commissione, che dovrà vagliare attentamente sui rischi connessi al decentramento e all'insicurezza giuridica che può' risultare da una non adeguata interpretazione da parte degli operatori delle linee direttrici che, giova ricordarlo, non hanno carattere giuridico vincolante, ma sono strumenti indispensabili per consentire alle imprese di assumere la responsabilità dell'interpretazione del regolamento di esenzione ai fini di valutare la legittimità dell'intesa.

 

Ciò è tanto più rilevante se si considera che la nuova normativa ha portata generale e ricomprende gli accordi di distribuzione esclusiva, selettiva, acquisti esclusivi e franchising.

 

Un aggiornamento periodico delle linee direttrici, comunicazione interpretative, controllo della coerenza nell'interpretazione e applicazione del regolamento da parte delle istanze nazionali, un accesso degli operatori ad una struttura di rapida consultazione per le risposte necessarie in merito all'applicazione del regolamento e all'interpretazione delle linee direttrici, sono le esigenze essenziali che la Commissione europea deve soddisfare per il successo della nuova politica comunitaria di concorrenza in materia di accordi tra imprese.

 

Esenzione per autoveicoli

 

Nell'ambito degli accordi verticali assume particolare importanza la nuova proposta di Regolamento sull'esenzione per categoria per gli autoveicoli.

 

Il settore auto, come già nel passato, è stato escluso dal nuovo Regolamento generale sulle restrizioni verticali proposto, in ragione della sua specificità.

 

La nuova proposta, che innova profondamente l'attuale disciplina in scadenza a settembre, pone in primo piano l'interesse dei consumatori.

 

Obiettivo condivisibile il benessere del consumatore è il fine della politica della concorrenza. Ma è opportuno evidenziare che anche la tutela delle PMI rientra tra le principali finalità della politica di concorrenza della Commissione europea.

 

Come considerazioni preliminari alla proposta, Confcommercio considera tuttavia necessario che il sistema di imprese della distribuzione automobilistica, formato essenzialmente da PMI, sia adeguatamente preso in conto in modo da creare le condizioni per migliorare l'indipendenza commerciale ed economica dei rivenditori e porre rimedio al disequilibrio che caratterizza le loro relazioni commerciali con i costruttori.

 

Il mantenimento di una presenza diffusa sul territorio di concessionari e delle loro succursali e filiali è certamente un elemento positivo per la concorrenza e per il soddisfacimento dei bisogni e del benessere dei consumatori.

 

Le misure previste per accrescere i livelli di concorrenza dovranno, in ogni caso, tener conto della protezione degli ingenti investimenti in personale e strutture che le PMI delle distribuzione debbono costantemente effettuare per tener conto della dinamica di mercato e della domanda in costante evoluzione.

 

Confcommercio apprezza il lavoro svolto dalla Commissione e auspica che la nuova proposta, dopo il periodo di consultazione, possa essere rivista in alcuni punti critici quali ad esempio la clausola di localizzazione  per far si che il sistema di imprese che caratterizza la filiera automobilistica trovi il necessario equilibrio sul mercato e crei le migliori condizioni affinché il consumatore non sia garantito solo da un atteso beneficio economico, ma anche da sicurezza e qualità di prodotto sempre più elevati.

 

Aiuti di stato

 

In tema di aiuti di stato, i due Regolamenti di esenzione per categoria per gli aiuti destinati alle piccole e medie imprese e per quelli destinati alla formazione vanno accolti positivamente, poiché semplificano le procedure amministrative, stabiliscono regole uniformi e soprattutto tengono in conto le specificità dimensionali delle imprese prevedendo, conseguentemente, di esentare gli aiuti in modo differenziato a secondo che siano destinati a piccole o a medie imprese.

 

Viene richiamata, nell'allegato dei regolamenti, la raccomandazione del 1996 della Commissione relativa alla definizione di piccole e medie imprese.

 

Attualmente il progetto di modifica della raccomandazione è in fase di discussione.

 

Confcommercio, accoglie positivamente la nuova proposta poiché prende finalmente in conto la categoria della micro impresa (fino a 10 persone) distinguendola chiaramente dalla piccola (fino a 50 dipendenti) e dalla media impresa (fino a 280 persone).

 

Perplessità sorgono invece in merito ai criteri utilizzati in termini di soglia di fatturato e di bilancio poiché non è possibile considerare alla stessa stregua le PMI manifatturiere e quelle del commercio e servizi.

 

Occorre una flessibilità di approccio per tener conto delle specificità del settore del Commercio dove i livelli di fatturato sono molto più elevati di quelli del settore industriale e artigianale.

 

Per evitare discriminazione tra imprese di differenti settori è pertanto necessario che nella comunicazione siano apportati i necessari correttivi prevedendo per tutte le imprese la definizione di soglie basate sul valore aggiunto e non sul fatturato; o in alternativa, per tener conto delle specificità del commercio e dei servizi sarebbe appropriato prevedere una fattore di moltiplicazione del fatturato non inferiore a 1.5.

 

Riguardo al periodo di revisione delle soglie, sarebbe più appropriato prevedere tale revisione ogni 2 anni per tener conto, in modo più flessibile, dello sviluppo socio economico.

 

Privatizzazioni

 

Il ruolo dei servizi di interesse generale nell'Unione europea è strettamente legato alla possibilità di poter affermare un modello di società europea che sia condiviso e accettato dai cittadini e dalle imprese.

 

Le aspettative in questo campo sono sempre più forti perché cresce l'esigenza di una ampia disponibilità di tali servizi di qualità elevata e a prezzi ragionevoli come elemento di accrescimento della qualità della vita e della concorrenzialità delle imprese europee.

 

Queste problematiche si pongono in stretta connessione con l'intenzione dichiarata dalla Commissione di introdurre un nuovo sistema per far rispettare più efficacemente le norme antitrust nel campo della concorrenza.

 

In Italia, infatti, si registra ancora una netta dominanza delle aziende municipalizzate in tutte le utility locali (acqua, gas, trasporti, energia, rifiuti)  che rappresenta l'ostacolo principale ad una effettiva liberalizzazione del mercato in questi settori.

 

I servizi di interesse generale dovrebbero poter svolgere il proprio ruolo in condizioni di equilibrio finanziario e ciò può avvenire anche offrendoli a condizioni di mercato senza necessità di ulteriori sostegni pubblici.

 

In altre parole il processo di liberalizzazione deve portare ad un effettivo pluralismo degli operatori che, a loro volta, devono offrire servizi orientati ai concetti di produttività e soddisfazione della clientela.

 

Carte di credito

 

Nell'ambito del procedimento in corso sul rispetto delle norme in materia di concorrenza nel settore delle carte di pagamento, Confcommercio è intervenuta direttamente con memorie trasmesse alla Commissione nel dicembre 2000 e nel settembre 2001.

 

L'esistenza della commissione interbancaria MIF (multilateral interchange fee) stabilita unilateralmente da VISA e la conseguente impossibilità di tutte le parti interessate di contrattare liberamente le condizioni del servizio, ha  determinato nel tempo la nascita di un cartello delle banche sul prezzo, totalmente sganciato dai reali costi del servizio reso, limitando notevolmente lo sviluppo di un sistema concorrenziale nel settore.

 

Con la decisione della Commissione del 9 agosto 2001 si è registrato un primo orientamento circa la riduzione dei costi relativi all'utilizzo delle carte di pagamento e l'adozione di criteri oggettivi per la loro determinazione.

 

Si evidenzia però il permanere di profili gravemente restrittivi della concorrenza determinati in particolare dall'azione combinata della multilateral interchange fee (MIF), della Merchant fee e della Non discrimination Rule (NDR) da cui deriva la mancanza delle condizioni richieste per la concessione di autorizzazione in deroga.

 

Per quanto riguarda in particolare la multilateral interchange fee, sotto molti profili la commissione a favore della banca issuer, proposta da Visa in 0,28 euro per le operazioni di pagamento con carta di debito, risulta ingiustificata.

 

Che tale livello sia alto è confermato da una presenza di rischio di insolvenza poco apprezzabile e dalla mancanza di credito al consumatore per via del prelievo immediato della somma dal suo conto. Nel valutare la congruità della MIF non si considera il risparmio dei costi che, non gestendo il contante, deriva alle banche sia in termini di conta che di sicurezza.

 

Per quanto riguarda le carte di credito si ritiene, invece, che  la riduzione della MIF proposta da Visa nella misura del 20% debba decorrere da subito e non essere raggiunta in cinque anni, attraverso normali economie di scala ed evoluzioni tecnologiche.

 

Il superamento della commissione interbancaria e la corretta introduzione della concorrenza e della libertà di contrattare arrecherebbe vantaggi ancor più ampi ai consumatori e agli esercenti in tema di carte di credito e di debito differito, oltre a stimolare le banche alla ricerca di metodi di processing sempre più efficienti ed all'adozione delle tecnologie e dei sistemi organizzativi più avanzati e più congrui alla riduzione dei costi.

 

Per questi motivi Confcommercio ribadisce la propria richiesta di abolizione delle clausole anticoncorrenziali e di superamento dei vincoli e chiusure che ne discendono.

 

Con ciò non si intende certo sottovalutare l'orientamento della Commissione a voler conseguire una diminuzione dei costi transattivi anche attraverso il loro ancoraggio ai seguenti parametri oggettivi individuati dalla stessa Commissione:

 

·        il costo dell'esecuzione delle operazioni;      
 

·        il costo della copertura finanziaria gratuita per i detentori della carta;      
 

·        il costo della garanzia di pagamento.

 

In tema di trasparenza, non può non apprezzarsi la possibilità per le banche di rivelare ai commercianti/clienti la composizione dei costi dei servizi di pagamento con carta.

 

Dubbi sono invece legittimi sul futuro comportamento di Visa in materia di analisi dei costi e di utilizzazione dei dati correlativi, mentre è comunque auspicabile la più efficace verifica da parte della Commissione.

 

Infatti, nella proposta presentata alla Commissione, la scelta degli istituti di credito che farebbero parte del campione selezionato per la realizzazione dello studio sui costi sarebbe di esclusivo appannaggio di Visa International.

 

E' quindi indispensabile che all'attività di studio partecipino fin dall'inizio esperti tecnici indipendenti, esterni al sistema VISA, che abbiano una adeguata conoscenza del mondo bancario in generale e dei sistemi di pagamento in particolare, anche allo scopo di assicurare la scelta di un campione rappresentativo dei reali costi sostenuti dalle banche.

 

Per una maggiore obiettività e trasparenza sarebbe infatti opportuno che tali esperti indipendenti venissero designati dalla Commissione, evitando in tal modo che VISA elabori un'analisi in completa autonomia.

 

Non si può, infine, non tener conto della decisione finale di Banca d'Italia sul procedimento Pagobancomat.

 

Il provvedimento della Banca Centrale ha stabilito la riduzione della commissione interbancaria sulle transazioni Pagobancomat dallo 0,53 allo 0,41 per cento ed ha introdotto alcuni principi importanti che debbono essere attentamente considerati anche in sede europea.

 

Si è affermato il principio generale della necessità di perseguire l'efficienza nell'erogazione dei servizi di pagamento, ma si è dimostrato che le banche non hanno ottemperato agli obblighi in materia di determinazione degli elementi di costo che concorrono alla formazione della commissione interbancaria. Tale comportamento è stato peraltro stigmatizzato anche nel parere reso dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

 

Bankitalia ha inoltre evidenziato che il sistema di calcolo adottato dalle banche per la determinazione della commissione interbancaria non è il metodo più efficiente di processing e che il mark-up preteso dalle banche non è giustificato.

 

La metodologia di calcolo da utilizzare per una corretta determinazione della commissione, deve tener conto infatti di due elementi fondamentali: il continuo sviluppo tecnologico che comporta un miglioramento delle condizioni di efficienza nell'erogazione dei servizi e nuove economie di scala derivanti dalla consistente crescita del numero di operazioni e dei volumi transati.

 

In conclusione si deve ribadire che il costante monitoraggio dei sistemi di pagamento elettronici effettuato con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati e la costante verifica del reale rispetto della normativa antitrust, costituiscono condizioni essenziali per una auspicata maggior diffusione della moneta elettronica nel nostro Paese ma, soprattutto, per la realizzazione di un reale regime di concorrenza ed apertura del mercato.

 

Una soluzione che conservi la MIF, mantenendo a Visa il potere di deciderla, pur con correttivi tutti da verificare e troppo dilazionati, potrebbe sortire l'effetto di ridurre anziché incentivare l'uso della moneta elettronica.

 

 

Politica fiscale

 

La Commissione europea nell'individuare le priorità di politica fiscale europea per i prossimi anni definisce tre obiettivi:

 

·        semplificazione, trasparenza e lotta alle forme estreme e dannose di concorrenza fiscale tra gli stati membri;  
 

·        soppressione degli ostacoli, delle distorsioni e dei disfunzionamenti dei sistemi fiscali che impediscono il miglioramento dell'operatività  dei mercati dei beni, dei servizi, dei capitali e del lavoro;     
 

·        riduzione dei tassi nominali di prelievo e ampliamento delle basi imponibili;     
 

·        sorveglianza sugli effetti e sulle condizioni a cui si procederà all'allargamento dell'Unione.

 

Gli strumenti per il raggiungimento di questi obiettivi saranno interventi nei campi della fiscalità indiretta, diretta e della lotta alle frodi.

 

Senza entrare nel dettaglio dei singoli interventi si può sintetizzare che la Commissione prosegue un lento ma costante percorso di omogeneizzazione e  trasparenza dei sistemi fiscali in un contesto di scelte dei singoli stati che vanno tutti nel senso di una graduale riduzione della pressione fiscale.

 

Questa peraltro, considerando che l'unanimità continua a rappresentare la base giuridica per le decisioni in campo fiscale, diventa condizione necessaria per il successo delle politiche fiscali europee.

 

In altre parole, solo un percorso di semplificazione e di alleggerimento dell'onere fiscale perseguito autonomamente nei singoli stati garantisce la possibilità che si possano trovare forme di consenso unanime sugli interventi suggeriti dalla Commissione. Questo perché, da un lato, le minori esigenze di gettito rendono i paesi membri più disponibili ad effettuare modifiche e, dall'altro, perché se tutti i paesi convergono verso livelli di prelievo più bassi vengono meno i motivi di conflitto e di competitività fiscale.

 

La strategia da seguire è a questo punto obbligata, il nodo vero del problema è in che termini si pone questa strategia con il rispetto dei vincoli di bilancio imposti dal patto di stabilità.  L'armonizzazione fiscale di fatto trova il suo punto di stallo proprio a causa del trattato di Maastricht che ponendo un limite stringente al disavanzo pubblico rende difficile, specialmente in fasi di bassa crescita, l'imbocco di un deciso sentiero di riduzione del prelievo fiscale e quindi la creazione di un contesto favorevole all'omogeneizzazione dei sistemi fiscali.

 

Bisogna però sottolineare che nonostante i ritardi sul piano operativo la cultura dell'armonizzazione tende a diffondersi in modo piuttosto veloce. La legge di delega sulla riforma fiscale in Italia ne è un chiaro esempio; essa in tutti suoi aspetti, e in modo particolare in tema di tassazione dei capitali, delle imprese e di imposte indirette, è quanto di più coerente si possa immaginare con gli obiettivi di politica fiscale indicati dalla Commissione.  

 

Le condizioni della sua realizzabilità dipenderanno però in gran parte da quanto l'Unione europea saprà fare per rilanciare ed incentivare la domanda, l'occupazione e lo sviluppo sull'intero continente. In assenza di politiche espansive coordinate a livello europeo sarà molto difficile per i singoli paesi trovare stimolo e motivazioni ad un uso dello strumento fiscale capace di elevarsi ad un livello meno strettamente "nazionale".

 

Come ad esempio si verifica nelle fasi di attuazione delle stesse direttive fiscali europee quando le possibilità di deroga da parte dei singoli stati vengono sfruttate fino al punto di perpetuare situazioni di complicazione fiscale e di incertezza che vanno proprio in senso opposto agli obiettivi della Commissione.

 

 

Previdenza

 

Regimi pensionistici integrativi

 

E' in corso di esame una proposta di direttiva che stabilisce norme dirette ad assicurare che i regimi di pensione integrativa aziendali e professionali raggiungano un elevato livello di sicurezza e di efficienza e il riconoscimento reciproco dei sistemi di vigilanza degli Stati membri, presupposto indispensabile per la gestione transfrontaliera dei regimi di pensione aziendali e professionali.

 

Ferma restando la condivisione sulla generalità dei punti trattati si pone l'accento sull'incongruenza di accordare  parità di condizioni di concorrenza a tutti i prestatori di servizi.

 

Qualora si rispetti tale orientamento,  infatti, la parità di trattamento tra fondi chiusi e fondi aperti determinerebbe un danno sociale perché farebbe  prevalere il mero aspetto economico-finanziario rispetto a quello previdenziale.

 

La previdenza complementare è, invece, un istituto sociale e solo secondariamente può essere considerata come  meccanismo economico-finanziario in grado di riattivare il mercato.

 

Il coinvolgimento delle parti sociali nella previdenza complementare e, quindi, lo sviluppo dei fondi di categoria, dovrebbe facilitare la diffusione, attraverso la contrattazione collettiva, di una diversa cultura orientata all'integrazione tra pubblico e privato.

 

Del resto, le parti sociali, essendo coinvolte nella concertazione sulla riforma del Welfare, hanno una sensibilità maggiore ed esercitano, pertanto, un effettivo ruolo  sociale rispetto alle reali esigenze dei lavoratori  e delle imprese, ruolo che deve essere rispettato e incentivato.

 

 

Ambiente

 

Il Sesto programma di azione si propone di fissare gli obiettivi generali da perseguire e le azioni prioritarie che faranno parte integrante della politica ambientale della Comunità europea per i prossimi 10 anni.

 

Esistono tuttavia delle criticità:

 

a)    Il programma d'azione ambientale, nell'approccio scelto dalla Commissione, si limita per lo più a fissare finalità generali e non obiettivi quantificati. Occorre evitare il rischio che molte delle azioni indicate rimangano a livello di buoni propositi, frenate nella realizzazione da inerzie, carenze tecniche, resistenze politiche. E' quindi necessario definire sia i tempi di realizzazione degli obiettivi individuati, sia le modalità pratiche con cui si cercherà di perseguirli, sia le opportune sinergie tra le varie azioni e le modalità di interazione e di coordinamento tra le autorità comunitarie, nazionali, regionali e locali.  
 

b)    Per quanto riguarda gli aspetti connessi alla normativa ambientale, va rilevato che l'attuazione della legislazione esistente dovrebbe avere la precedenza rispetto alla creazione di nuove regole.      

E' pertanto di vitale importanza che, accanto alle sanzioni in caso di violazione o inadempimento, si istituisca un insieme coerente di stimoli all'adempimento, al trasferimento di tecnologie rispettose dell'ambiente, a sistemi di identificazione premiali per le buone prestazioni ambientali.         
 

c)     Le previsioni comunitarie volte a favorire l'implementazione dei marchi ecologici ai prodotti e l'adozione di sistemi di gestione e audit per le imprese dovrebbero essere ulteriormente sviluppate, in quanto non ancora sufficienti per incentivare un sempre maggiore e più globale rispetto dell'ecologia.     
 

d)    Si ritiene condivisibile l'approccio teso a favorire la partecipazione di tutte le parti sociali coinvolte. Sarebbe tuttavia necessario, per dare maggiore concretezza a tali propositi, definire chiaramente sia i tempi di realizzazione degli obiettivi individuati, sia le modalità pratiche con cui si cercherà di perseguirli.      
 

e)    La pianificazione e gestione del territorio costituisce sicuramente una forma strategica, ma va però affrontata in una visione più globale che va dallo sviluppo urbano alla rete dei trasporti, dalle infrastrutture al turismo.           

f)      Per quanto concerne gli aspetti legati al cambiamento climatico, la proposta della Commissione riguarda l'attuazione e l'implementazione del Protocollo di Kyoto e prevede l'introduzione di strumenti fiscali in tema di energia. L'utilizzo delle imposte energetiche deve essere, tuttavia, attentamente valutato e approfondito per verificare il reale beneficio per l'ambiente. Il gettito delle imposte e di altri strumenti di prelievo deve inoltre essere finalizzato al miglioramento ambientale, promuovendo forme di risparmio energetico e il ricorso ad energie pulite.       
 

g)    Pienamente condivisibile si considera l'obiettivo del programma volto a favorire nuove forme di regolamentazione.        

Approcci volontari ed accordi negoziati dovrebbero essere un elemento cruciale della strategia comunitaria per fronteggiare i cambiamenti climatici, in quanto tali strumenti consentono di promuovere iniziative efficaci dal punto di vista dei costi da sostenersi da parte delle imprese.
 

h)    L'obiettivo di garantire che il consumo delle risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell'ambiente si traduce nella individuazione e realizzazione  di misure specifiche volte a ridurre il consumo di tali risorse. Si auspica, a tale proposito, che tali misure debbano essere attentamente valutate per evitare distorsioni nella concorrenza e nella competitività delle imprese. Analogamente, le modalità individuate per garantire un corretto approccio alla politica di prevenzione dei rifiuti e alla loro riduzione, richiedono prioritariamente un chiarimento della definizione di rifiuto e del punto in cui un rifiuto cessa di essere considerato tale.       
 

i)       Il programma contiene solo un riferimento marginale al recupero energetico, privilegiando una politica del riciclo, omettendo di considerare che non sempre il riciclo dei materiali è una scelta comportante il più basso impatto ambientale. In alcuni casi il riciclaggio determina un più alto consumo di energia ed un aumento delle emissioni inquinanti.

 

 

Energia

 

Il libro verde sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'Unione Europea delinea lo schema di una strategia energetica a lungo termine volta, sostanzialmente, al riequilibrio della politica dell'offerta attraverso azioni incisive a sostegno della domanda di fonti di energia.

 

Ferma restando la piena condivisibiltà delle scelte strategiche di carattere generale che la Comunità intende perseguire nei prossimi anni, si ritiene comunque opportuno evidenziare l'importanza che venga riservata una maggiore attenzione alle esigenze delle realtà produttive di più ridotte dimensioni.

 

La prima fase del processo di liberalizzazione del settore energetico, infatti, non ha ancora portato ad una diminuzione effettiva dei prezzi elettrici, sia in Italia che nel resto d'Europa, ed i vantaggi immediati sono stati quasi esclusivamente a favore dei grandi clienti industriali.

 

Peraltro, come si rileva osservando le numerose fusioni che avvengono nell'Unione, la strategia di fondo dei grandi produttori non è tanto la concorrenza quanto, piuttosto, la fusione o l'acquisizione di altre partecipazioni allo scopo di ingrandirsi sempre più fino a costituire dei veri e propri oligopoli.

 

Viene così a configurarsi il modello, osservabile nella maggior parte dei Paesi in cui la liberalizzazione è in una fase di stallo, per cui dapprima si ha una diminuzione dei prezzi e poi, dopo un breve periodo, un loro sensibile aumento.

 

In Italia, inoltre, l'avvio del mercato elettrico è stato più volte rinviato e, per ora, la fascia di utenza "libera" è quella con consumi superiori ad 1 GWh (per gli utenti di un consorzio) e la soglia di 0,1 GWh rimane ancorata alla dismissione di una quota del parco di generazione di energia da parte dell'ex monopolista ENEL.

 

Per completare quanto prima il processo di liberalizzazione sarebbe quindi necessario:

 

·        promuovere una maggiore concorrenza fra i diversi attori presenti sul mercato, anche attraverso la netta separazione dell'attività di generazione da quella della trasmissione;

·        accelerare l'allargamento della clientela idonea, così da offrire ad una pluralità di utenti condizioni di fornitura più economiche, sia per quantità che per qualità, rispetto al regime del mercato vincolato.

 

Occorre inoltre sottolineare l'importanza di disporre di attività fisiche di produzione e commercializzazione, come linee di trasporto, impianti di generazione, stoccaggi, contratti a lungo termine di approvvigionamento.

 

Infatti, l'assenza di capacità nucleare, il basso ricorso al carbone, una crescente dipendenza da gas, l'impossibilità di fatto a costruire nuove centrali e nuove linee elettriche, in presenza di una forte crescita dei consumi, costituiscono i veri problemi del sistema energetico, sui quali si dovrebbe intervenire anche attraverso:

 

·        la promozione del progresso tecnologico per favorire una migliore efficienza energetica;

·        la riconversione dell'industria europea verso attività a maggiore valore aggiunto, a detrimento delle produzioni fortemente consumatrici di energia;

·        lo sviluppo delle tecnologie improntate ad un uso efficiente del gas naturale;

·        l'avvio di politiche che garantiscono la promozione delle energie rinnovabili, compresa la concessione di sovvenzioni per le apparecchiature e tariffe preferenziali a sostegno della domanda.

 

 

La politica per le imprese

 

L'obiettivo annunciato dalla Commissione in questo campo per il Consiglio europeo di Barcellona è quello di sviluppare lo spirito imprenditoriale nell'ambito di un contesto adeguato per le imprese e incoraggiare una vera concorrenza in un ambiente non distorto da misure di natura privata o statale.

 

Le azioni indicate per raggiungere quest'obiettivo appaiono condivisibili, soprattutto quelle volte al miglioramento e alla semplificazione dell'ambiente normativo (sulla falsa riga di quanto già fatto con le iniziative BEST e SLIM), al raggiungimento di risultati quantitativi quale ad esempio l'aumento della disponibilità di servizi in linea, all'individuazione delle buone pratiche.

 

Strategico appare inoltre il rafforzamento delle azioni lungo le dieci linee direttrici della Carta europea delle piccole imprese, approvata dal Consiglio europeo a Feira nel giugno 2000, nonché la previsione di programmi e strumenti finanziari mirati.

 

Ma soprattutto occorre "accelerare il passo" poiché i dati disponibili, come evidenziato dalla stessa Commissione (COM(2001) 641), sembrano indicare che il ritmo delle riforme è ancora lento.

 

Il CES ha evidenziato tra le cause di questi ritardi una conoscenza parziale e incompleta dei bisogni delle PMI ed ha indicato tra le iniziative da intraprendere in via prioritaria la creazione di un sistema di osservazione delle distorsioni della concorrenza che interessano le piccole imprese e la integrazione sistematica della "logica della piccola impresa" nei testi comunitari in fase di elaborazione in modo da tenere conto di dove hanno origine i loro bisogni specifici.

 

Sono utili suggerimenti: va ora concretizzato l'impegno a favore di una politica globale reale, efficace e visibile che offra il quadro giuridico, fiscale e sociale di dimensione europea necessario allo sviluppo delle PMI.

Ciò anche attraverso una maggiore concertazione interservizi che dia maggiore coerenza e forza alle varie azioni intraprese.

 

In questo contesto il rafforzamento della Direzione commercio, turismo e servizi appare un prerequisito fondamentale per il successo delle iniziative a favore delle PMI.

 

 

Commercio

 

Libro verde consumatori

 

La tutela del consumatore è da tempo una risorsa fondamentale per i comparti rappresentati da Confcommercio.

 

Con la " terziarizzazione" dell'economia, il consumatore è diventato arbitro del mercato, premiando la trasparenza e la lealtà nei rapporti commerciali, anche nelle fasi successive alla cessione del bene o alla fornitura del servizio.

 

Appare comunque chiaro che la protezione del consumatore negli scambi transfrontalieri non si realizza solo attraverso un'attività normativa più rigorosa nella prevenzione delle pratiche illegali, ma anche attraverso l'eliminazione dei fattori che ostacolano una più ampia scelta di beni e di servizi ed anche da altri fattori come, ad esempio, la convenienza di un acquisto in un luogo rispetto ad un altro.

 

L'introduzione della moneta unica ed il crescente e progressivo sviluppo del commercio elettronico e di altre forme di vendita e di contrattazione a distanza dovrebbero rendere ormai definitivamente "reale" il mercato interno dell'Unione Europea ed accessibili ad oltre 300 milioni di consumatori beni e servizi realizzati ed offerti al di la' delle frontiere nazionali.

 

Il "libro verde" sulla tutela dei consumatori nell'Unione europea elaborato dalla Commissione denuncia, invece, una situazione non pienamente fluida del mercato interno. Il movimento transfrontaliero di beni e servizi non decolla in tutta la sua potenzialita' perche' le stesse imprese e, soprattutto, i consumatori non intravedono una sufficiente chiarezza ed uniformita' di regole e comportamenti nei diversi ordinamenti nazionali in ordine alle varie fasi che precedono, accompagnano e seguono la conclusione di un contratto di vendita o di somministrazione di un servizio.

 

Risulta quindi necessario un adeguamento del quadro legislativo in materia di tutela del consumatore.

 

Da sempre la Confcommercio attribuisce rilievo primario al tema della tutela dei consumatori, risorsa fondamentale per le imprese del terziario di mercato, e non può, quindi, che condividere le preoccupazioni e le istanze rappresentate dalla Commissione nel Libro Verde.

 

In linea di principio, appare necessaria un' approfondita riflessione sulle proposte indicate nel Libro verde e sulla loro idoneità a raggiungere gli obiettivi prefissati, considerato che la disciplina vigente nei vari Stati membri e l'articolo 153 (ex 129 A) del Trattato già garantiscono un alto livello di protezione.

 

Sussistono inoltre perplessità circa la creazione di due mercati paralleli; è sempre più difficile infatti immaginare, per una stessa materia, regole applicative differenti per il consumatore e per gli operatori professionali, soprattutto per quelli più piccoli e meno organizzati. Un importante principio da affermare, a parere della Confcommercio, sarebbe quello di considerare "consumatori", ai fini della tutela di cui trattasi, anche i "piccoli imprenditori" nei loro rapporti commerciali con i grandi fornitori internazionali.

 

Confcommercio desidera evidenziare, anche in questa occasione, che la linea di demarcazione consiste nel distinguere ciò che ha un costo certo per l'imprenditore e rappresenta, al contempo, un reale vantaggio per il consumatore, da ciò che non presenta alcuna utilità aggiuntiva per il consumatore, pur rappresentando un costo per l'impresa, dal punto di vista economico od organizzativo.

 

In merito ai temi pur ampi, ma più puntuali, presentati nel Libro verde, si sottolinea che:

 

·        appare prioritario l'intervento del legislatore nei settori in cui si riscontrano eventuali situazioni di carenza o obsolescenza giuridica;

·        l'adeguamento del quadro legislativo deve tradursi nella previsione di efficaci misure riparatorie individuali a favore die consumatori ed, anche, degli operatori a valle della filiera produttiva;

·        appare indispensabile costituire un tavolo, istituzionale e permanente, tra le Autorità europee, organizzazioni datoriali e dei consumatori, per un costruttivo confronto ed un reciproco scambio di informazioni;

·        vanno accolte favorevolmente le iniziative comunitarie dirette alla risoluzione delle controversie, in particolar modo per vie alternative a quella giudiziaria;

·        si esprime parere favorevole ad un ricorso più incisivo verso lo strumento dell'autoregolamentazione, a condizione che non venga istituzionalizzato l'obbligo di ricorrervi;

·        la partecipazione delle associazioni dei consumatori al processo di policy-making dovrebbe essere limitato a quelle organizzazioni in possesso di determinati requisiti fissati dalla Commissione europea;

·        è necessario che le istituzioni europee verifichino il rispetto, da parte dei paesi candidati all'ingresso nell'UE, dell'acquis comunitario in tema di protezione dei consumatori.

 

Pur riconoscendo, in linea di principio, al così detto "approccio misto" aspetti interessanti, perplessità rimangono sulle capacità dello stesso di garantire la necessaria sicurezza giuridica alle imprese ed ai consumatori attraverso una direttiva quadro generale volta ad armonizzare le differenti politiche commerciali derivanti da normative nazionali specifiche, da differenze nei principi generali e da differenze giurisprudenziali. La Confcommercio si esprime pertanto a favore di un approccio specifico. Si tratta, dunque, di intervenire con nuove direttive volte ad uniformare le legislazioni nazionali in specifici settori nei quali esistono ancora sostanziali differenze tra i vari ordinamenti, con particolare riguardo alle fasi pre- e soprattutto post-contrattuali (garanzia, assistenza, modalità di pagamento, ecc….), o con direttive di "aggiornamento" per stare al passo con l'evoluzione del mercato. 

 

Si invita inoltre a valutare l'opportunità di riordinare in un testo unico le vigenti norme a tutela degli interessi economici e giuridici dei consumatori, per assicurare agli stessi ed agli operatori un quadro giuridico più uniforme che contribuisca ad una maggiore chiarezza giuridica.

 

Le promozioni commerciali

 

La proposta di Regolamento della Commissione e del Parlamento europeo sulla promozione delle vendite nel mercato interno si pone nella logica di un miglior funzionamento del mercato interno a beneficio delle imprese e dei consumatori.

 

Attraverso l'eliminazione degli ostacoli e la definizione di un quadro normativo tale da garantire la certezza del diritto si pone l'obiettivo di facilitare le attività promozionali e le comunicazioni commerciali transfrontaliere.

 

Pur condividendo in linea di principio gli obiettivi della proposta presentata dalla Commissione, sussistono tuttavia perplessità di fondo circa lo strumento giuridico previsto, la compatibilità con le misure previste nella proposta della Commissione sul Libro verde sulla protezione dei consumatori, oltre ad una serie di punti critici che necessitano di essere attentamente valutati prima di procedere a stabilire direttamente e in modo uniforme regole applicabili in tutta l'Unione che comporterebbero nei Paesi membri profondi sconvolgimenti sulle normative interne vigenti senza la certezza di benefici sia per le imprese, soprattutto le PMI, che per i consumatori.

 

In sintesi, la Confcommercio propone di:

 

1.      in linea generale:

·         trasformare la proposta di regolamento in proposta di direttiva, volta a definire i principi generali ispirati alla trasparenza nelle comunicazioni commerciali;     
 

2.      con specifico riferimento all'attuale proposta di regolamento:

·         stralciare  dal regolamento le vendite a premio e le vendite sottocosto e disciplinarle con uno strumento legislativo specifico;

·         prevedere la facoltà per gli Stati membri di vietare le vendite promozionali nel periodo antecedente i saldi;

·         eliminare l'obbligo di informazione al produttore/fornitore riguardo le vendite sottocosto;

·         prevedere la facoltà di mantenere l'obbligo di informazione all'autorità competente sulla promozione che si intende effettuare;

·         chiarire il funzionamento nello specifico del principio del mutuo riconoscimento avendo a mente la preferenza per l'armonizzazione della legislazione;

·         eliminare l'onere della prova a carico del promotore;

·         rivedere e ridurre le informazioni specifiche previste dall'allegato agli elementi essenziali.

 

Sicurezza alimentare

 

Il Libro bianco ha definito gli obiettivi strategici della Comunità Europea in tema di legislazione e sicurezza alimentare.

 

Il Regolamento n. 178/2002 ha tradotto l'impegno della Commissione, fissando i principi della legislazione alimentare, stabilendo le procedure per la sicurezza e definendo compiti e responsabilità dell'Agenzia Europea.

 

Le commissioni parlamentari stanno ora procedendo all'esame di   alcuni importanti provvedimenti che, in linea con i principi generali, devono entrare nel merito dei problemi, dettando poche, chiare e condivise regole applicative.

 

L'attenzione della nostra Organizzazione è, in particolare, rivolta alle due proposte di regolamento sull'igiene dei prodotti alimentari e dei prodotti di origine animale, che devono tenere nella giusta considerazione le difficoltà organizzative ed i costi che le imprese dovranno affrontare per adeguare sistemi e procedure diretti ad assicurare un più elevato livello di sicurezza, una procedura di autocontrollo HACCP più rigorosa e la rintracciabilità dei prodotti.

 

In tal senso, si sollecita la predisposizione di  un quadro normativo flessibile,  che tenga  conto della specificità di molte produzioni tipiche e soprattutto, per le imprese alimentari più piccole e meno attrezzate, di un rischio alimentare proporzionato alle loro limitate capacità produttive.

 

 

Turismo

 

Il turismo  è presente in tutti i Paesi dell'Ue, con circa due milioni di imprese, essenzialmente PMI, assicura il 5,5% del PIL, il 6% dell'occupazione ed il 30% del commercio estero di servizi.

 

In particolare le attività del turismo rappresentano un enorme potenziale per il raggiungimento dell'obiettivo prioritario dello sviluppo dell'occupazione ( si stima che il turismo possa creare entro il 2010, nell'ipotesi di un tasso di crescita annuale dell'1,0-1,5%, tra 2,2 e 3,3 milioni di posti di lavoro in aggiunta ai nove milioni attuali).

 

Varie ragioni fanno del turismo un partner potenzialmente efficace nello sviluppo di una politica europea per l'occupazione:

 

·        le prospettive attuali e future favorevoli alla crescita della domanda turistica stimolano lo sviluppo di imprese, d prodotti, di servizi e di posti di lavoro;   
 

·        la natura e la struttura delle imprese del turismo, la loro forte presenza in Europa, la possibilità di creare nuovi mercati di nicchia, incoraggiano l'avvio di nuove attività;     
 

·        il fatto che il turismo è stato incluso nella ultima tornata dei negoziati sulla liberalizzazione dei servizi (GATS)  del 2000;         
 

·        le molteplici attività che concorrono a soddisfare il consumo turistico sono parte integrante del tessuto economico, sociale ed amministrativo a livello locale, nazionale ed europeo;   
 

·        le caratteristiche del lavoro nel settore dei servizi turistici che facilitano l'accesso dei giovani e delle donne al mercato del lavoro.

 

Il complesso di queste considerazioni non trova conferma nel quadro di riferimento giuridico europeo di questo settore, che non è tra quelli previsti di diretto intervento dell'Unione Europea.

 

Il Libro Verde sul turismo (1995) ha aperto il dibattito su questo argomento, ma la revisione dei Trattati di Maastricht non è intervenuta su questo aspetto, successivamente la Conferenza ministeriale di Vilamoura (11 maggio 200) ha confermato l'esigenza di una politica per il turismo, mentre quella di Lille (novembre 2000) ha evidenziato quanto meno l'opportunità di procedere ad una cooperazione rafforzata.

 

Infatti il carattere trasversale delle misure adottate dalle diverse politiche settoriali rende particolarmente difficile la diffusione dell'informazione, soprattutto per le piccole e medie imprese del settore.

 

Dal momento che anche il Parlamento Europeo deplora l'assenza di una base giuridica specifica per la politica del turismo dei Trattati, che costituisce la base per una futura strategia, anche noi ribadiamo la necessità che a questo settore venga riconosciuta una politica specifica europea, che possa  fornire elementi non solo di contesto giuridico, ma anche economico, facilitando azioni di massa critica sempre più necessarie in un mercato mondiale del turismo decisamente competitivo.

 

Per questi motivi, riferendoci alle misure previste dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al parlamento, al Ces e al Comitato delle regioni (COM 2001- 665 definitivo), non possiamo che condividere il parere espresso da NET (Network of European Enterpreneurs in the Tourism sector) rete che raggruppa che le Associazioni di categoria europee, cui aderiamo.

 

Tale parere, fondamentalmente, è abbastanza critico sul documento elaborato dalla Commissione, con particolare riferimento alla mancanza di un'analisi dell'impatto che tali misure, una volta concretizzate, potrebbero avere sulle imprese, oltre alla mancanza di un'analisi benefici/costi.

 

Si ribadisce, inoltre, il mancato coordinamento nei fatti delle misure riguardanti il turismo che, da tempo, viene richiesto alla Unità turismo della Commissione Piccole e Media imprese.

 

Condividendo, pertanto, questo parere, ci troviamo nella necessità di riformulare alcune richieste che, a livello di strategia, potrebbero supportare in maniera più adeguata lo sviluppo di questo settore e delle politiche di riferimento.

 

In particolare:

 

·        prevedere l'istituzione di un programma quadro quadriennale per il turismo, in grado di sviluppare coerentemente le diverse misure previste;

·        definire  orientamenti politici per il settore da parte della Commissione, con l'obiettivo di incidere nelle scelte politiche che a vario titolo impattano sul settore;

·        avviare un rafforzamento del processo di consultazione con le organizzazioni di settore a livello europeo, indirizzato ad una condivisione degli obiettivi ed una cooperazione nel loro raggiungimento.

 

 

Trasporti

 

Sebbene siano pienamente da condividere le forti preoccupazioni espresse nel Libro Bianco  sul futuro dei trasporti e sulla esigenza di sviluppare il trasporto ferroviario in alternativa al trasporto stradale, occorre che tali preoccupazioni siano tradotte in iniziative concrete e, soprattutto, valide per modificare la tendenza all'uso esclusivo della modalità stradale in tempi relativamente  brevi.

 

Per costruire grandi infrastrutture, come ad es. i trafori ai valichi alpini, occorrono tempi molto lunghi, così come per dedicare linee ferroviarie al traffico merci serve una profonda trasformazione dell'attuale assetto delle imprese ferroviarie, che, ugualmente, richiede tempi lunghi.

 

I problemi da affrontare sono molti e vanno dall'insufficienza della rete ferroviaria sul versante dei mezzi di trazione, ai nodi intasati di determinate linee essenziali, ai costi dei trasporti terminali, alla collocazione ed alla disponibilità di interporti. Sono questi gli aspetti su cui nei tempi brevi dovrà essere aperto un dibattito.

 

Come è stato autorevolmente osservato, sull'intermodalità occorre procedere con misura ed equilibrio, senza costruire soluzioni prefabbricate. Sarà poi il  mercato a decidere quali opzioni scegliere. 

 

Anche l'annosa ipotesi di far pagare i "costi esterni" generati da ciascuna modalità provocherebbe una forte e generalizzata lievitazione dei costi di trasporto, con rovinose ricadute sulle attività economiche e sull'inflazione.

 

Allorché in Italia si parla di logistica e di riequilibrio tra modi di trasporto, occorre considerare che il 67% circa delle merci sono trasportate su strada e che i trasporti di lunga percorrenza  (interregionali ed internazionali) rappresentano solo il   25% della "fattura Italia" del trasporto stradale, mentre il restante 75% è relativo a trasporti che si svolgono in ambito locale o regionale.

 

A questo riguardo il Conto Nazionale Trasporti-Anno 2000 ha calcolato che nel 1999 il trasporto stradale ha movimentato su strada 1.179.019.369 tonnellate di merci, di cui il 39,14% riguarda tratte brevi (fino a 50 Km.), così ripartito: 56,73% in conto proprio e 43,27% in conto terzi.

 

Inoltre, circa l'80% della merce movimentata in conto proprio percorre al massimo 100 Km, mentre per il conto terzi tale percentuale è di circa il 45%.

 

Non vi è dubbio che qualsiasi scelta di politica dei trasporti, in sede europea, dovrà confrontarsi con questa realtà in relazione al rapporto con il territorio, al coordinamento tra Amministrazione centrale ed Enti territoriali per la realizzazione di infrastrutture di servizio (centri merci, piattaforme logistiche, magazzini centrali), ad una maggiore integrazione fra tutti i soggetti della filiera logistica (fornitori, autotrasportatori, operatori logistici, imprese commerciali).

 

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha recentemente sostenuto che prima di assumere impegni   o di individuare possibili linee strategiche, è opportuno capire perché in Italia la strada rappresenti l'offerta modale prevalente; la ferrovia non superi livelli di domanda del 12%; il trasporto idroviario e marittimo non riesca ad affermarsi come dovrebbe.

 

Impostare un discorso di riequilibrio modale su tali presupposti, secondo quanto previsto dal Libro Bianco sui Trasporti, è obiettivamente problematico, anche perché il superamento delle attuali carenze dovrà essere funzionale ad una logica di integrazione delle reti, sia per rafforzare la posizione dell'Italia negli scambi con l'Europa ed il Mediterraneo, sia per venire incontro ai fabbisogni delle imprese, primo fra tutti quello logistico, fattore ormai ritenuto strategico per recuperare competitività ed efficienza.

 

Bisognerà, in ogni caso, rompere gli indugi e le iniziative da realizzare dovranno prescindere da obiettivi di generico sviluppo dell'offerta per concentrarsi sul miglioramento della funzionalità dei porti, dei centri intermodali, degli interporti e degli altri nodi infrastrutturali, in funzione della domanda di trasporto che l'utenza esprime.

 

Il Libro Bianco sulla politica europea dei Trasporti dedica un intero capitolo alla domanda di trasporto ed afferma in modo solenne che gli utenti debbono essere posti al centro della politica del settore, ma, contrariamente a quanto sarebbe logico aspettarsi, il trasporto merci non viene neppure menzionato e l'utenza considerata riguarda unicamente i trasferimenti di persone nelle aree urbane.

 

E' ormai urgente che i Governi dei Paesi membri  si pongano l'obiettivo di disegnare il territorio in funzione delle esigenze della logistica  e di singole aree produttive che spesso non coincidono con quelle geografiche. Il territorio e le infrastrutture devono, pertanto, essere letti in funzione delle interconnessioni che hanno su base economica.

 

Trasporto stradale

 

Tra il 1990 e il 1998 il trasporto stradale è aumentato del 19,4% mentre, nello stesso periodo, il traffico ferroviario è diminuito del 43,5%.

 

Tale fenomeno di squilibrio è ovviamente una conseguenza diretta di molteplici fattori, il più significativo senza ombra di dubbio è quello legato alla trasformazione del tipo di economia (economia di flusso) che ha sostituito un sistema economico invece basato sul principio delle grandi scorte.

 

La Commissione nell'intento di perseguire le principali finalità racchiuse nel Libro Bianco (riequilibrio modale, sviluppo sostenibile, tutela dell'ambiente) individua alcuni fattori su cui incentrare le proposte. La Commissione giustamente ritiene che in assenza di infrastrutture interconnesse e prive di strozzature che non pongono ostacoli fisici alla circolazione di beni e persone, il mercato interno e la coesione territoriale dell'unione non potranno essere pienamente realizzati e conseguentemente menziona tra le priorità operative il decongestionamento dei grandi assi. Va da sé però che il concetto di asse non può e non deve intendersi come singola infrastruttura ma, (l'Itala ne è un chiaro esempio a causa della particolare conformazione geografica) va considerato come un unico corridoio o rete intesi come canale di connessione di una o più aree geografiche.

 

La situazione italiana (Alpi) è un chiaro esempio di strozzatura naturale comune anche ad altre zone dell'UE (Pirenei) ma se a ciò aggiungiamo un complesso sistema di diritti di transito e limitazioni alla circolazione a cui è necessariamente assoggettato il trasportatore italiano che vuole varcare il proprio confine e far giungere le proprie merci che trasporta verso i Paesi Centrali dell'UE si delinea una condizione di disagio che è solo italiana.

 

Difatti se si analizzano alcuni dati formulati, dal CSST si potrà osservare che entro il 2009, (se la crescita del traffico stradale è del 2,5%), i tunnel stradali saranno completamente saturi (2005 se la crescita è del 4%) stesso ragionamento è valido per la rete ferroviaria.

 

Nell'ipotesi irreale in cui si riuscisse a saturare l'attuale potenziale fornito dal trasporto combinato, per l'attraversamento delle Alpi, si otterrebbe solo uno spostamento del 7% dei carichi dalla strada alla rotaia. L'attraversamento delle Alpi determina quindi uno svantaggio competitivo in danno degli autotrasportatori italiani per oneri aggiuntivi rispetto agli operatori stranieri, che sopportano i costi di attraversamento solo ed esclusivamente per le relazioni con l'Italia. Oneri che si traducono in sostanza in un maggior costo pari ad un valore compreso tra i 620 ed i 671 milioni di Euro nella situazione antecedente alla chiusura del Monte Bianco.

 

Successivamente alla chiusura del Monte Bianco, poi, il costo economico – sociale per l'Italia è stimato in 1.500 milioni di Euro per la sola economia italiana.

 

Gli operatori della logistica in sostanza, ogni qualvolta organizzano i propri traffici dall'Italia verso il Nord, trovano un collo di bottiglia che oltre a rendere difficoltoso lo spostamento ne incrementa in modo considerevole il costo delle operazioni.

 

Questo disagio o meglio svantaggio che grava sull'intera catena logistica italiana va ad incidere pesantemente sul costo finale dei beni prodotti e commercializzati dall'azienda Italia.

 

Per questo motivo è necessario individuare delle proposte in grado di realizzare in modo reale il mercato unico.

 

Non è pensabile infatti uno sviluppo asimmetrico della nuova economia che consente (grazie ad Internet) da una parte a chiunque di comunicare con tutto il mondo ed ordinare qualsiasi prodotto a distanza ed a pochi di avere costi competitivi per la necessaria consegna delle merci.

 

Trasporto marittimo

 

Il Libro Bianco invoca la creazione di "Autostrade del mare" in particolare per superare le strozzature tra Francia e Spagna  nei Pirenei, tra Italia e il resto dell'Europa nelle Alpi, tra Francia e Regno Unito, ed, in futuro, tra Germania e Polonia.

 

La Confcommercio, in quanto rappresentativa anche dell'armamento italiano, non può che rilevare con soddisfazione questa forte spinta a livello comunitario per il potenziamento del settore marittimo.

 

La creazione di vere "Autostrade del mare" è un concetto nuovo, portato per la prima volta a livello europeo, che ha le potenzialità per costituire un'alternativa veloce, competitiva ed ecologica al tutto strada. Sarà quindi necessario alzare il livello di cooperazione tra i porti in un contesto regionale  e favorire una distribuzione più razionale del traffico. Nello stesso tempo non bisognerà trascurare il potenziale della navigazione fluviale.

 

E' fondamentale che le tratte marittime siano state inserite nelle reti transeuropee anche se, rispetto agli obiettivi, gli strumenti messi a disposizione sono ancora modesti. Il programma "Marco Polo" è uno strumento valido ma sarà necessario un ripensamento dei fondi, prevedendo anche vie di cofinanziamento a livello nazionale.

 

Si auspica che l'operato della Commissione sia coerente con quanto previsto nel Libro Bianco e non abbiano più a ripetersi interventi quali, ad esempio, la nota decisione del 21 ottobre 1997 con la quale è stato censurato il modello tariffario del servizio di pilotaggio in vigore nel porto di Genova, ritenendo non compatibile con il diritto comunitario l'allora vigente differenziazione tariffaria applicata alle navi in funzione della loro frequenza e della loro regolarità di approdo.

 

E' del tutto evidente, infatti, che quella tariffaria è una delle leve su cui operare per incentivare l'auspicato riequilibrio tra le modalità di trasporto.

 

 

Società dell'informazione

 

La Comunicazione della Commissione sull'e-Economia individua un complesso sistema di obiettivi ed azioni articolato in 6 aree per le politiche dell'impresa:

 

1.      Promuovere la partecipazione delle PMI all'e-economia;

2.      Garantire competenze adeguate per l'e-economia;

3.      Massimizzare le opportunità offerte dal mercato interno;

4.      Promuovere l'apertura e la concorrenza;

5.      Promuovere la ricerca in e-economia;

6.      Aumentare l'efficienza nei rapporti governo imprese.

 

Promuovere la partecipazione delle PMI commerciali all'e-Economia significa essenzialmente due cose:

 

a)     superare i vincoli derivanti dal minor livello di preparazione tecnologica delle PMI dei settori più tradizionali, dalla minor dotazione di strumenti ICT, dal contesto normativo;      
 

b)     promuovere modelli di business di tipo cooperativo indirizzati alla creazione di valore per i partecipanti attraverso la messa in comune di fasi e funzioni aziendali.

 

Molte delle 6 linee d'azione previste nella Comunicazione della Commissione contemplano o sono riconducibili a questi due obiettivi.  Il problema non è, quindi, quello dell'assenza di linee di indirizzo (le azioni previste vanno dal rafforzamento della certezza del diritto, al ruolo di stimolo della PA, alla sicurezza, ai nuovi modelli di business, ecc.), quanto di porre attenzione, nel momento del passaggio alla fase di attuazione, tramite Iniziative e Programmi comunitari, anche alle caratteristiche ed esigenze del settore dei servizi ed al suo posizionamento strategico tra funzione di produzione e di consumo.

 

L'esperienza degli ultimi anni ha chiaramente dimostrato che il superamento della funzione commerciale attraverso un rapporto diretto produttore-acquirente finale è una pura illusione. Eppure il concetto di disintermediazione ad opera delle tecnologie è stato uno dei più propagandati nel corso della seconda metà degli anni '90. Così come è stata dimostrata l'insufficienza delle politiche indirizzate a permettere alle PMI manifatturiere di collocarsi sul "mercato globale" mediante forme di presenza su Internet. La stessa idea che era prioritario investire in azioni di R&S ed in programmi volti a favorire i settori economici con attività di export, prima ancora di quelli destinati al mercato interno, ha fornito scarsi risultati.

 

Si tratta di visioni semplicistiche che non tengono conto del fatto che l'economia, specie quella globale, è certamente un fatto più complesso che implica il moltiplicarsi dei rapporti tra soggetti a tutti i livelli della catena del valore. Pensare di sviluppare politiche indirizzate, più o meno esplicitamente, al rafforzamento di alcuni aspetti è del tutto inefficace.

 

Ecco perché è necessario indirizzare azioni concrete anche verso il settore dei servizi, specie alla luce dei nuovi approcci organizzativi di filiera basati sui concetti di tipo "pull" piuttosto che i tradizionali modelli di tipo "push".

 

In altri termini, è necessario rovesciare completamente le strategie di diffusione delle nuove tecnologie, che per troppo tempo hanno visto il settore distributivo come funzione ancillare rispetto a quello produttivo. Senza innovazione tecnologica ed organizzativa nel terziario a poco serve sviluppare la diffusione dell'ICT a monte della catena del valore.

 

E' necessario sposare totalmente il concetto di tecnologia applicata agli scambi, da quelli commerciali a quelli nei confronti della pubblica amministrazione. E' altresì fondamentale sviluppare le forme collaborative, le business community, la condivisione di funzioni e servizi, in particolare quelli logistici.

 

La proposta è, di conseguenza, semplice ma di ampia portata: inserire in ciascun programma di sviluppo dell'e-Economia parti destinate a favorire la diffusione delle forme di tipo collaborativo supportate dalle tecnologie ICT. E questo contemplando azioni specificamente mirate al settore dei servizi ed alle sue interazioni con il resto del sistema economico e con la pubblica amministrazione.

 

Solo in questo modo l'e-Economia europea sarà in condizione di produrre vantaggi reali e permanenti in termini di maggiore efficienza e competitività.

 

 

I codici di condotta. EURO-LOGO

 

L'Unione Europea, attraverso molteplici atti di indirizzo ed iniziative, ha individuato nelle tecnologie dell'informazione un fattore di sviluppo economico e sociale, sollevando contestualmente il problema del cosiddetto "digital divide" (difficile o scarso utilizzo dell'ICT a causa della mancanza di risorse tecniche e professionali adeguate) e sollecitando, inoltre, l'adozione di codici di comportamento per la regolamentazione su base volontaria delle transazioni commerciali attraverso le tecnologie ICT.

 

Confcommercio, in collaborazione con Eurocommerce, l'associazione del commercio europeo, ha predisposto un codice di condotta per il commercio elettronico diretto ai consumatori (BtoC), ed è in fase di avanzata realizzazione del progetto, cofinanziato dal programma Ten-Telecom, per la creazione del relativo marchio di fiducia "EURO-LOGO" al quale partecipano altri membri dell'area Euro: associazioni di Germania, Francia, Spagna, Austria, e alle quali si unirà tra breve la Grecia.

 

In collaborazione con le stesse Organizzazioni, cui si unisce ora anche quella olandese, è stata inoltre avanzata una proposta di finanziamento,  nell'ambito del 5° Programma quadro Ricerca e Sviluppo (Information Society Technologies  - IST Program), di un progetto innovativo per un codice e un marchio di qualità che si rivolgono invece al commercio elettronico tra imprese - BtoB.

 

 Il progetto proposto, denominato "European Business to Business Trust"- eb2b-Trust -, essendo ideato e realizzato da chi rappresenta, insieme, sia le imprese fornitrici sia quelle clienti, potrà costituire un  essenziale contributo all'abbattimento della diffidenza che spesso ancora persiste, soprattutto tra le PMI, nei confronti del commercio elettronico, nonché alla crescita degli scambi nel mercato interno europeo. 

 

Se ne auspica pertanto l'approvazione da parte della Commissione.

 

 

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca