Legge stabilita Il conto della manovra sale a 22 miliardi

Legge stabilita Il conto della manovra sale a 22 miliardi

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3 ottobre 2014

 

Il conto della manovra lievita. Dai 20 miliardi previsti finora potrebbe salire fino a 22 o forse anche a 25 miliardi di euro. I ministeri stanno infatti presentando le loro richieste e su alcune, come il rinnovo dell'ecobonus, il governo si e' gia' impegnato, obbligandosi quindi alla ricerca di nuove coperture. Come indicato anche nella Relazione al Parlamento sulla Nota al Def, le misure partono dalla conferma degli 80 euro: le risorse necessarie sono ufficialmente pari a 7 miliardi, tenendo conto dei 3 miliardi di spending review strutturale assicurata dal dl Irpef. Il conto potrebbe pero' salire fino a 10 se nel corso del 2014 quei miliardi non si fossero concretizzati in toto o se fosse necessario utilizzarli ad altri fini di contabilita' pubblica. Per superare il patto di stabilita' interno il governo punta poi a mettere a disposizione un miliardo. Stesso stanziamento da destinare alla "buona scuola". Ridurre il cuneo fiscale "anche attraverso l'Irap" costera' invece 2 miliardi, mentre per i nuovi ammortizzatori sociali del Jobs act ci vorranno 1,5 miliardi. Le spese indifferibili ammontano a 4-5 miliardi di euro, mentre le coperture lasciate in eredita' dal governo Letta sono di 3 miliardi. Alla lista si aggiungono pero' anche i 900 milioni che il ministero dell'Interno vuole destinare alle forze di polizia, il miliardo circa necessario secondo le Infrastrutture a rinnovare i bonus per l'edilizia e 1 miliardo di euro o poco meno che il ministero del Lavoro vorrebbe destinare al fondo per  le politiche sociali, a quello per i non autosufficienti e al nuovo piano nazionale poverta'. Considerando anche il margine a copertura delle inevitabili modifiche parlamentari, le risorse da trovare sono sempre di piu'. Quelle a deficit arriveranno ad un massimo quantificato dalla relazione in 11,5 miliardi di euro, le altre dovranno essere identificate dalla spending review, che secondo il sottosegretario Enrico Zanetti ammontera' a 10-12 miliardi, o al limite, se restasse un buco da coprire, dalla revisione delle tax expenditure. Il tutto sempre che l'Europa accordi all'Italia il riconoscimento delle cosiddette "circostanze eccezionali" ed accetti dunque il rinvio al 2017 del pareggio di bilancio. Applicando il rigore in senso stretto infatti, nel 2015 sarebbe necessaria, solo per l'aggiustamento dei conti, una manovra dello 0,9% del pil, ovvero di 14,4 miliardi. E l'effetto sarebbe disastroso: il Pil scenderebbe di altri 0,3 punti. Una possibilita' che al momento appare remota, visto il lavoro che Pier Carlo Padoan sta portando avanti tenacemente in Europa per convincere i partner piu' severi, ma anche quelli periferici che hanno subito l'effetto Troika, della necessita' di flessibilita'. Quella gia' permessa in qualche modo dai trattati, ha sempre ribadito il ministro, che dopo "il caso Francia", continua a voler esplicitamente fare dei distinguo tra Parigi e Roma: a differenza della Francia, il tetto del 3% sara' rispettato, il processo di rientro del debito e' previsto nero su bianco e le riforme strutturali sono in fase di approvazione o implementazione. Certo, se sara' necessario e la spending non dara' i risultati sperati, anche su settori delicati come la sanita', l'unica alternativa saranno i tagli lineari, ha chiarito Padoan, pronunciando parole finora escluse a priori. Il ministro resta del resto apparentemente perplesso anche nei confronti del Tfr in busta paga, argomento portato avanti con decisione da Matteo Renzi e con meno convinzione invece dal Tesoro.
 

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