Confcommercio "casa comune del pluralismo distributivo"

Confcommercio "casa comune del pluralismo distributivo"

Il presidente di Confcommercio scrive al direttore del Foglio per rispondere a Stefano Cingolani sulla concorrenza nel commercio. "Serve un circolo virtuoso tra concorrenza, equità e innovazione".  

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24 agosto 2024

Stefano Cingolani ha ricordato ieri, sulle colonne di questo giornale, quanto sia impegnativo il “sentiero stretto” del Piano fiscale con un probabile orizzonte settennale che il nostro governo, a partire dalla seconda meta di settembre, dovrà presentare in sede europea: si tratta, come è noto, di assicurare la sostenibilità del debito pubblico (per tutti gli stati membri dell’Unione europea con rilevanti squilibri di bilancio) riducendo il deficit strutturale primario e stimolando gli incrementi di produttività e crescita secondo il metodo Pnrr, cioè agendo sul combinato disposto di riforme e investimenti. Cingolani ricorda ancora (e giustamente) l’importanza del coinvolgimento delle forze sociali in questo percorso e segnala il “bisogno di un profondo mutamento nei servizi laddove ristagna la bassa produttività”. Conclude, poi, chiedendo cosa ne pensi Confcommercio, posto che, in occasione della nostra assemblea pubblica dello scorso mese di giugno, avrei rivendicato “il ruolo economico e sociale del commercio, a cominciare da quello di prossimità”, ma, al contempo, “avrei glissato sulla necessità di renderlo più efficiente aumentando la concorrenza”. Rispondo, dunque, facendo osservare a Cingolani che, nella mia relazione assembleare, ho invece sottolineato il ruolo del commercio come “casa comune” del pluralismo distributivo, modello da considerarsi un valore, “perché arricchisce la qualità dell’offerta, agisce a favore della concorrenza, produce e diffonde innovazione”. Così, per contrastare i rischi di desertificazione commerciale, la nostra proposta può essere sintetizzata in tre linee d’azione: concorrenza a parità di regole (amministrative o fiscali che siano) secondo il principio “stesso mercato, stesse regole”, innovazione “sartoriale” a misura delle imprese (piccole, medie o grandi che siano), politiche pubbliche conseguenti. Il percorso di profonda liberalizzazione del commercio italiano, a partire dalla riforma “Bersani” del 1998, è, del resto, indiscutibile. Ma restano necessarie e urgenti (per il commercio e per l’intero sistema dei servizi di mercato) politiche attive dedicate per affrontare la sfida della transizione digitale e di quella ambientale. Punto particolarmente importante per le ulteriori possibilità di sviluppo del turismo italiano, che, intanto, ha fatto registrare, lo scorso anno, un saldo netto della bilancia turistica di oltre 26 miliardi di euro. Dunque, non glissiamo sulla concorrenza, ma chiediamo equità di regole (anche fiscali) nel tempo del confronto con le grandi piattaforme digitali, e pensiamo che, giusto il nesso tra innovazione e produttività, servano politiche pubbliche più “a misura” dei servizi. Infine, concorrenza, equità e innovazione: non è questo il circuito virtuoso che occorre per risolvere positivamente anche la questione delle concessioni demaniali marittime?

Carlo Sangalli

tratto da

il Foglio

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