Per una Lettura della NaDEF

Per una Lettura della NaDEF

ottobre 2020

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15 ottobre 2020

Macroeconomia e finanza pubblica

La NaDEF appare complessivamente bene impostata e chiara nei parametri di riferimento tendenziali e programmatici. Trascura, invece, un’analisi dei possibili  rischi di evoluzioni negative dello scenario politico interno e internazionale, di eventuali shock inflazionistici potenzialmente indotti da variazioni rilevanti dei cambi o da altri fattori, né in alcun modo considera possibili shock sui mercati finanziari. La costruzione degli scenari di rischio riportati nel documento non assolve allo scopo di effettuare un vero stress test sulla sostenibilità del debito in caso di rilevanti shock avversi, essendo gli scenari suddetti non molto differenti da quello adottato per le formulazioni tendenziali e programmatiche di base.

Il profilo di sviluppo del PIL, nel caso di prolungamento e aggravamento della pandemia per alcuni mesi, con impatti rilevanti sulla contrazione del 2020 e sulla crescita del 2021, è sostanzialmente uno scenario di breve periodo e non interseca le problematiche evidenziate poco sopra.

Inoltre, occorre segnalare che autorevoli istituti di ricerca e analisi economica, nel disegnare un quadro degli impatti di NGEU sulla crescita italiana, prevedono cautelativamente una spesa largamente inferiore all'80% delle risorse complessive di cui si gioverebbe l’Italia (sotto i 150 miliardi nell'intero periodo rispetto a un massimale teorico di 210 miliardi di euro circa). Pertanto, non vi è certezza che l’Amministrazione italiana riesca, come invece preventivato nella NaDEF, a spendere pienamente e nei tempi utili tutte le risorse previste dai recenti accordi europei. 

In sintesi, dunque, le valutazioni sulla NaDEF sono condizionali - e in quest’ottica vanno interpretate - a due assunti eccezionalmente rilevanti: un’inedita efficienza della pubblica amministrazione italiana nella capacità di spesa dei fondi europei e un contesto globale caratterizzato da ampie convergenze politiche e assenza di shock monetari e finanziari.    

La probabile evoluzione dell’anno in corso

La previsione di caduta del PIL reale, per l'anno in corso, è stimata dal Governo al -9,0% (era -8,0% nel DEF, aprile 2020; USC -9,3%, giugno 2020). Il principale motivo della revisione al ribasso risiede nella contrazione più accentuata del PIL nel secondo trimestre (-13%), a sua volta spiegata da una durata del periodo di parziale chiusura delle attività produttive in Italia e da una diffusione dell’epidemia su scala globale superiori a quanto ipotizzato in aprile. La stima del terzo trimestre dovrebbe risultare in forte rimbalzo (+13,6% congiunturale circa), mentre il Governo ha adottato una previsione assai più cauta di incremento del PIL nel quarto trimestre (ora cifrata in un +0,4%, a fronte del +3,8% previsto nel DEF).

La NaDEF ipotizza che si realizzi nel terzo trimestre un sostanziale recupero dell’attività economica, con un quarto trimestre sul medesimo livello del precedente; ciò implica, meccanicamente, un trascinamento esiguo per il 2021 che richiederebbe, di conseguenza, forti accelerazioni nel prossimo anno nella metrica congiunturale al fine di raggiungere la prevista crescita al 6% programmatico. Tale impostazione è differente da quella adottata dall’USC e da altri previsori (meno forte il rimbalzo statistico del terzo trimestre dell’anno in corso e prosecuzione della crescita nell’ultimo).

Nello scenario prospettato dal Governo, nel prossimo anno si dovrebbero osservare tassi di variazione trimestrali piuttosto inconsueti per il profilo della recente storia economica italiana: accelerazioni al 2% circa non si osservano dalla fine degli anni '90. Peraltro, rispetto al DEF di aprile scorso, emerge un significativo mutamento di prospettiva, visto che in primavera era prevalente l’idea di un rimbalzo statistico nel 2021 costruito in assenza di significative crescite congiunturali. Ciò non può essere, comunque, ascritto né all'impiego di fondi europei né alla nuova dimensione espansiva del bilancio pubblico, risorse che accrescerebbero nel 2021 il prodotto di 0,9 punti percentuali rispetto al quadro tendenziale.

Le dinamiche future del prodotto lordo appaiono soggette a forte incertezza, né si può escludere un'evoluzione peggiore di quella descritta dalla NaDEF (e da USC) pure in presenza di una rapida normalizzazione delle condizioni sanitarie.

 L'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche del 2020 avrebbe raggiunto il 10,8% del PIL, in marcato aumento rispetto all’1,6% del 2019.

 Dopo la riduzione del rapporto debito/PIL a partire dal 2015 e la sua sostanziale stazionarietà nel 2019 rispetto al 2018, con la stima per il 2019 al 134,6%, il Governo valuta che nel 2020 il rapporto debito/PIL salirà di circa 23,4 punti percentuali su base annua. La nuova previsione del rapporto debito/PIL per il 2020 è, infatti, pari al 158,0% ed è superiore di quasi 2,3 punti percentuali a quella indicata nel Programma di Stabilità di aprile nello scenario inclusivo delle nuove politiche.

La manovra 2021-23 della prossima Legge di Bilancio ha come obiettivo riportare l’economia italiana su un robusto sentiero di crescita, al fine di recuperare nell'arco del triennio le pesanti perdite di tessuto produttivo e livelli occupazionali per effetto della pandemia, sfruttando principalmente la straordinaria disponibilità di risorse finanziarie messe in campo dall’Unione Europea con il NGEU.

Partendo dal quadro di finanza pubblica a legislazione vigente, la manovra punterà a sostenere la ripresa dell’economia con un’ulteriore spinta fiscale nel 2021, che si andrà riducendo nel 2022 per poi puntare ad un significativo miglioramento del saldo di bilancio nel 2023. Di conseguenza, gli obiettivi di indebitamento netto (programmatico) in rapporto al PIL vengono fissati dal Governo al 7,0% nel 2021, 4,7% nel 2022 e 3,0% nel 2023.

Riguardo alla spinta fiscale del 2021, in termini di ambiti principali della manovra, il Governo intende procedere al rifinanziamento delle cosiddette politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente (missioni di pace, rifinanziamento di taluni fondi di investimento, fondo crisi di impresa, ecc.). In secondo luogo, prevede significative risorse per il sostegno all'occupazione e ai redditi dei lavoratori, segnatamente nei settori più impattati dall'emergenza Covid-19 e con particolare riferimento al primo anno di programmazione, il 2021. In terzo luogo, il Governo intende completare il finanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente (i c.d. 100 euro) e finanziare il taglio contributivo al Sud già introdotto dal decreto-legge di agosto limitatamente alla seconda metà del 2020.

La previsione, seppure vaga, di provvedimenti a sostegno dell’occupazione e dei redditi dei lavoratori nei settori più impattati dall'emergenza Covid-19 deriva dal riconoscimento dell’eterogeneità degli effetti economici della crisi sanitaria. Se alcuni settori di consumo e produzione di beni sono già tornati ai livelli del 2019, molti settori come la filiera turistica avranno bisogno di ulteriore sostegno da spesare sul bilancio 2021. Sembra chiaro, fortunatamente, che non si tratta di meri aiuti ma del processo di completamento degli indennizzi a fondo perduto proporzionali alle perdite subite, sebbene il sostegno sia fornito in momenti temporali differenti. Confcommercio non farà mancare il proprio contributo sulle valutazioni quantitative delle perdite e sulla possibile distribuzione dei ristori.       

Riguardo al reperimento delle risorse/coperture, sulla base dello spazio fiscale concordato con la Commissione, una parte consistente deriva da deficit spending, corrispondente alla differenza tra l'indebitamento netto programmatico in rapporto al PIL (7,0%) e quello del quadro a legislazione vigente, ossia 23,85 miliardi di euro; 14 miliardi di euro proverrebbero da sovvenzioni europee (10 da RRF e 4 da React EU) che non implicano ulteriore deficit (destinati a investimenti pubblici, sostegno agli investimenti privati e spese per ricerca, innovazione, digitalizzazione, formazione ed istruzione secondo le “Missioni” individuate dal PNRR per un ammontare di pari entità).

 A nostro avviso, l'immissione di risorse complessive rispetto al quadro tendenziale - l'entità della manovra 2021 – ammonta, pertanto, a circa 38 miliardi di euro (appunto 14+23,85, pari al 2,1% circa del PIL programmatico).

La NaDEF indica anche l’acquisizione di prestiti dalle recenti risorse europee per ulteriori 11 miliardi di euro (da RRF). Si capisce che sommando le coperture in deficit, i nuovi prestiti e un imprecisato aumento delle entrate fiscali - la pressione fiscale a legislazione vigente raggiungerebbe comunque il 43% nel prossimo anno - vi sono risorse in eccesso rispetto ai 23,85 miliardi di euro da coprire (che sono già auto-coperti perché, appunto, in deficit). La cosa si spiega considerando che la maggior parte dei prestiti della RRF sostituisce emissione di debito sovrano italiano e finanzia spese già considerate all'interno dell’extra-deficit: cioè gli 11 miliardi di prestiti europei sono già contati dentro i 23,85 miliardi di euro di extra-deficit. Ad oggi è difficile esprimersi con maggiore precisione sul punto.

Le risorse a copertura afferiscono ai consueti titoli: spending review, revisione di alcune tax expenditures in materia ambientale, incrementi di gettito derivanti dal miglioramento della compliance e dal contrasto alle frodi e all'evasione fiscale.

Per quanto attiene al contrasto all'evasione fiscale, nell'apposito allegato si evidenzia lo specifico tentativo, attuato a partire dalla fine dell’anno in corso, di contrastare l’evasione IVA con consenso, cioè quella relativa alla mancata emissione di fattura. Il riferimento concreto è all'insieme di provvedimenti già adottati che si articola nel cashback di stato, nel super cashback e nella cosiddetta lotteria degli scontrini.

Gli obiettivi del provvedimento dovrebbero essere quelli dell'incentivazione del ricorso alla moneta elettronica e della riduzione dei costi macroeconomici legati all'utilizzo del contante. Quanto al contrasto dell’evasione fiscale con consenso, essa richiede piuttosto controlli mirati e incentivi diffusi a partire dalla riduzione della pretesa fiscale della pubblica amministrazione. Infatti, l’evasione con consenso, secondo la letteratura e l’evidenza empirica, può comunque permanere intatta sulla base di nuovi accordi tra le parti che meramente redistribuiscono i vantaggi rispetto alla situazione precedente.

In ogni caso, l'inevitabile pressione sugli esercenti in termini di costi di adeguamento dei dispositivi per la lettura ottica dei codici per l’abilitazione alle varie forme di premialità - QR code, a barre e numerico - andrebbe almeno compensata con una generale marcata riduzione delle commissioni, non solo per transazioni di importo fino a 5 euro.

Un altro tema particolarmente rilevante, nell'ambito delle coperture, riguarda la revisione delle spese fiscali con un focus specifico sui sussidi ambientalmente dannosi. E’ noto l’intendimento del Ministero dell’Ambiente di incrementare l’accisa sul gasolio per autotrazione ritenuta, per il suo valore più basso rispetto a quella della benzina, un sussidio dannoso da superare. Questo approccio non è condivisibile, in quanto le esternalità prodotte dai trasporti, anche a prescindere dalla classe inquinante, sono oggi largamente inferiori alle risorse internalizzanti che lo stesso trasporto genera, cioè il livello delle accise a cui andrebbe sommato il relativo gettito Iva. Una revisione delle accise nella direzione dell’efficienza e dell’equità della tassazione in generale e, in particolare, di quella ambientale, dovrebbe comportare una riduzione dell’accisa sulla benzina. In alternativa e in subordine, con approccio macro-settoriale, si dovrebbe adottare una manovra fiscale che, alla modificazione in un verso delle accise, faccia corrispondere riduzioni di imposizione in modo da tenere costante la proporzione del settore trasporti - proporzione già oggi eccedente la giusta misura - in termini di contributo emissivo e di risorse generate.

Un approccio ancora più coerente dovrebbe tenere in considerazione la fiscalità complessiva e quella specifica ambientale sul settore trasporti nel confronto internazionale, al fine di non deprimere ulteriormente la fragile competitività di costo delle aziende italiane.

Le varie misure della manovra - sia la parte derivante dalla spesa in deficit (politiche invariate, interventi in materia fiscale, altre nuove politiche e coperture), sia la parte derivante dai fondi NGEU - determinano, rispetto allo scenario tendenziale, un incremento complessivo del tasso di crescita del PIL di 0,9 punti percentuali nel 2021, di 0,8 punti percentuali nel 2022 e di 0,7 punti percentuali nel 2023. Il sentiero del PIL reale coerente con questi stimoli prefigura una crescita del 6,0% nel 2021, 3,8% nel 2022 e 2,5% nel 2023. La più elevata crescita in confronto al quadro a legislazione vigente sarebbe principalmente trainata dagli investimenti fissi lordi (+10,6% nel 2021, dopo il -13,0% di quest’anno). Le esportazioni risentirebbero solo lievemente dell’impatto della crescita interna su costi e prezzi, ma nel tempo beneficerebbero della maggiore competitività dell’economia conseguita tramite i maggiori investimenti. Sul piano del mercato del lavoro, l’aumento delle unità di lavoro dovrebbe tradursi in un maggior numero di occupati nella previsione programmatica e in un calo più accentuato del tasso di disoccupazione nel corso del triennio. Il tasso di disoccupazione scenderebbe, già nel 2022, ad un livello inferiore a quello del 2019. Questa previsione, riconosce la NaDEF, è peraltro soggetta ad un notevole margine di incertezza, data la forte caduta della partecipazione al lavoro registrata durante la crisi.

Il livello di incertezza resta molto elevato e vi è un rischio di implementazione effettiva del PNRR (anche in considerazione del fatto che i relativi regolamenti devono ancora essere approvati). Bisogna evidenziare come nel 2021, anno in cui dovrebbe essere più efficace e potente l’azione di policy, l’incremento del PIL nominale dello scenario programmatico (rispetto al tendenziale che definisce il prodotto lordo in assenza di manovra) sia limitato a circa 17 miliardi di euro, pure a fronte e in risposta di una manovra complessiva di circa 38 miliardi di euro.

Da ultimo, riguardo agli impatti sul debito in rapporto al PIL, il quadro programmatico della NaDEF confermerebbe l’inversione di tendenza della dinamica del rapporto debito/PIL nel 2021, con un obiettivo stimato del 155,6%. Tale riduzione deriverebbe anche dalla forte crescita del PIL nominale (+6,8%), che, nello scenario programmatico, sconta l’impatto espansivo derivante dal programma di investimenti e riforme che il Governo intende adottare. Nel 2022 il rapporto debito/PIL è previsto attestarsi al 153,4%, per scendere nell’anno seguente al 151,5%.

Gli investimenti e le riforme nella NaDEF

 Per il breve periodo - cioè con orizzonte esplicito al 2021 - la Nota indica misure a sostegno dei lavoratori dei settori più colpiti dalla crisi - di cui si è detto - e misure per rendere permanente la recente riduzione del cuneo fiscale, oltre a provvedimenti per estendere temporalmente la decontribuzione nel Sud del Paese.

In proposito, vale la pena di evidenziare come diversi studi empirici indichino nei gap di contesto - dalle infrastrutture al capitale sociale – e non già nel solo costo del lavoro, il principale disincentivo all'attività imprenditoriale nelle regioni meridionali.

Gli aspetti più rilevanti sono, però, quelli relativi agli investimenti - pubblici e privati, questi ultimi stimolati da incentivazioni di varia natura -, nell'ottica di accrescere livello e tasso di variazione del prodotto potenziale dell’economia italiana nel medio-lungo termine. A quest’azione sarà data intensità e accelerazione dall'impiego tempestivo e oculato delle risorse europee. Gli interventi si articoleranno nelle missioni del PNRR: digitalizzazione e competitività, rivoluzione verde, infrastrutture per la mobilità, istruzione e ricerca, equità, salute.

 Nella Nota si afferma che, per aumentare la competitività e la resilienza delle imprese italiane, si favoriranno i processi di trasformazione digitale e si potenzieranno gli strumenti finanziari per sostenere e migliorare la competitività delle imprese, soprattutto le PMI. Non si fa, però, riferimento all’esigenza di una proroga degli strumenti messi in campo per arginare gli effetti sulla gestione finanziaria delle imprese delle perduranti condizioni di instabilità economica legate all’emergenza sanitaria. Ci si riferisce, in particolare, alla necessità di prorogare significativamente gli attuali termini della moratoria dei debiti bancari delle PMI, anche in considerazione della entrata in vigore, a partire dal 1° gennaio 2021, della nuova definizione di default. Tale proroga appare, peraltro, coerente con l’ampliamento dei termini del Temporary framework per il sostegno straordinario all'economia, recentemente deciso dalla Commissione europea. Allo stesso tempo, va ulteriormente rafforzato il Fondo di garanzia per le PMI, favorendone l’operatività in sinergia con i confidi.

 Più in generale, la prima missione - digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo - appare decisiva per accrescere il prodotto potenziale dell’Italia, in particolare sviluppando le infrastrutture tecnologiche in tutte le aree del Paese, anche attraverso il completamento della rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica e gli interventi per lo sviluppo delle reti 5G, l’incremento delle risorse dedicate alla ricerca e allo sviluppo (R&S) e la canalizzazione di maggiori investimenti privati verso l’innovazione tecnologica.

L’innovazione tecnologica e la competitività intersecano il tema dei territori e delle città. In questi luoghi, la valorizzazione del patrimonio pubblico, e in particolare dei beni di interesse culturale e paesaggistico, può - secondo il Governo - concorrere alla realizzazione di un impatto positivo sul sistema socio-economico, con progetti di sviluppo del territorio in partenariati pubblico-privati. Tra le iniziative di valorizzazione viene data notizia del progetto dell'Agenzia del Demanio, denominato "Valore Paese Italia", che ha l'obiettivo di rifunzionalizzare immobili pubblici inutilizzati per lo sviluppo di un nuovo turismo sostenibile, con prefigurabili ricadute positive su territori e città. Inoltre, è nelle città, veri e propri laboratori sperimentali del cambiamento, che si testeranno anche soluzioni innovative ai problemi dell’inquinamento e della congestione.

In relazione alle tematiche ambientali, si punterà a un ampio programma di investimenti per far fronte ai nuovi e più ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo. A tal proposito, si rammenta che vi sarà anche la disponibilità delle risorse offerte dal Next Generation EU, con la previsione che il 37% delle stesse andrà usato proprio nell'attuazione della transizione verde.

Gli investimenti mireranno prioritariamente all'incremento dell’efficienza energetica, alla decarbonizzazione del settore energetico, ad una ridefinizione del settore dei trasporti, al miglioramento della qualità dell’aria, oltre che al potenziamento delle fonti rinnovabili, alla promozione dell’economia circolare e a misure per accrescere la resilienza ai cambiamenti climatici.

Riguardo alla decarbonizzazione dell'economia e alla ridefinizione del settore dei trasporti, sarà opportuno verificare che le stesse procedano in modo graduale e solo al termine di un processo di analisi e di selezione delle diverse misure, che ne calcoli gli effettivi impatti sui diversi comparti e, soprattutto, che preveda l’accompagnamento delle imprese verso questo percorso con strumenti e misure alternative. 

Sono condivisibili gli interventi contro il dissesto idrogeologico e quelli in campo energetico, tra cui l’installazione di impianti di produzione e accumulo di energia da fonti rinnovabili, il potenziamento di impianti obsoleti, la programmazione delle infrastrutture di distribuzione dell’energia elettrica.

 Sebbene i trasporti siano trattati direttamente in maniera marginale dal documento, specialmente per la parte programmatica, l’inclusione delle risorse del RRF, e conseguentemente del futuro PNRR, prospetta alcune indicazioni positive per il settore.

Si guarda con favore alla prospettiva, delineata nella NaDEF, di rilanciare, finalmente, gli investimenti pubblici e privati, in particolare per il potenziamento delle infrastrutture di trasporto, anche attraverso l’accelerazione dei tempi amministrativi per la realizzazione delle opere.

Nella quinta missione, intestata al fondamentale obiettivo strategico dell'equità sociale, di genere e territoriale, si fa riferimento alla dimensione trasversale della solidarietà intergenerazionale, ma presupposto della stessa è il mantenimento di un sistema previdenziale in equilibrio che sappia garantire la sostenibilità di lungo periodo del patto alla base del sistema a ripartizione. Nelle stime della NaDEF, la spesa pubblica connessa all'invecchiamento, e non legata quindi alle coorti in età lavorativa, vede una crescita dell’1,8% fino al 2030 e del 2,8% fino al 2042, quando arriverà a circa il 30% del PIL. In questo quadro, la spesa sanitaria, nonostante sia stata sottoposta a stress epidemiologico, aumenta molto più lentamente, rimanendo sostanzialmente sotto la media OCSE.

In una certa misura, la dimensione delle risorse destinate alla sanità subisce la pressione negativa derivante dalla spesa per pensioni, ormai al 17,1% del PIL, per effetto, in particolare, dell’aumento delle uscite per Quota100. Tale crescita della spesa pensionistica non sarebbe limitata al breve periodo, visto che si prevede che, a legislazione vigente, la sua quota sul PIL sarà di un punto più alta nel 2030 rispetto al 2019. Di ciò si deve tenere conto nell'attuale discussione sul superamento di Quota100 e, quindi, sull’eventuale riforma del sistema previdenziale.        

Si conferma, infine, l’obiettivo di investire per migliorare il SSN anche nella dimensione della tempestività di risposta: un risultato che può essere più efficacemente raggiunto rafforzando il secondo pilastro costituito dai fondi sanitari integrativi e costruendo, così, un sistema fondato su una collaborazione tra pubblico e iniziativa privata collettiva. Non è del tutto chiaro, a questo fine, il mancato utilizzo della sezione sanitaria del MES, anche in considerazione del proclamato stato d’emergenza per incremento dei contagi.

Due ultimi temi appaiono di grande importanza strategica: la questione del lavoro e la riforma fiscale.

Bisogna cogliere l’opportunità data dall'attuale dibattito pubblico per la riforma degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. Proprio alla luce delle recenti esperienze di sovrapposizione di strumenti di sostegno che, seppur utili a fronteggiare una situazione di emergenza, hanno posto in risalto le inefficienze di un sistema di sostegno ai lavoratori e alle imprese troppo disomogeneo e, come la cassa in deroga, troppo articolato, si potrebbe mirare ad un intervento di tipo strutturale: un ammortizzatore unico per Commercio, Turismo e Servizi, che abbracci le diverse esigenze settoriali e dimensionali, nell'ambito di un meccanismo universale, ma differenziato per tipologie di intervento ed aliquote contributive.

 Il supporto economico deve essere, in ogni caso, accompagnato dalla diffusione di politiche attive che favoriscano l’incremento occupazionale e, contemporaneamente, l’acquisizione di competenze più mirate e di qualità.

Gli interventi sulla riduzione del costo del lavoro attraverso l’abbattimento del cuneo fiscale e l’incentivazione della produttività del lavoro - con il rafforzamento degli incentivi fiscali, del welfare contrattuale e del sistema della contrattazione decentrata-  rappresentano ulteriori punti focali di intervento.

Un'azione che partirebbe nel futuro prossimo, ma che dovrebbe avere natura strutturale, è la più volte richiamata riforma fiscale che il Governo intende attuare sulla base di una Legge delega che sarà parte integrante del PNRR e dei relativi obiettivi intermedi. La riforma si raccorderà con l'introduzione dell'assegno unico e universale per i figli.

Non sono delineati precisi interventi sulla materia. Viene, inoltre, chiarito che la riforma sarà disegnata in maniera coerente con la legge delega riguardante l’assegno unico, anche per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro e aumentare la crescita demografica.

In assenza di dettagli, la lettura del collegamento tra riforma fiscale e assegno unico appare piuttosto complicata. Se, da un lato, è verosimile che la riforma riguarderebbe una revisione delle spese fiscali, resta certamente vero che tra queste ultime non si possono in alcun modo annoverare le detrazioni per familiari a carico. D'altra parte, appare, invece, chiaro che per riforma fiscale si intenda riforma dell’Irpef, il che depotenzia immediatamente la portata dell’azione riformatrice.

Sembra, dunque, che da una parte si provvederà a omogeneizzare e semplificare il sistema dei carichi familiari nell'ambito del reddito da lavoro, dall'altra si sfoltiranno alcune spese fiscali.

Come detto, al centro della riforma dovrebbe esserci l’Irpef. Tuttavia, anche nel caso dell’imposta sul reddito delle persone, le modificazioni  ipotizzate riguardano l’entità della tassazione piuttosto che la materia da tassare, cioè la base imponibile, che costituisce il vero elemento di confusione dell’attuale sistema di tassazione.

In ambito fiscale, verrà, inoltre, introdotto un nuovo fondo da alimentare con i proventi delle maggiori entrate legate all'aumento della compliance fiscale che verranno successivamente restituiti, in tutto o in parte, ai contribuenti sotto forma di riduzione del prelievo.

Anche in questo caso, è necessario segnalare che sono stati creati già almeno quattro fondi per la riduzione del prelievo, teoricamente da alimentare attraverso presunte maggiori risorse rinvenienti dalla lotta all'evasione, ma mai realmente attivati.

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