Liberalizzare per crescere - Convegno Confservizi

Liberalizzare per crescere - Convegno Confservizi

Cnel, 21 febbraio 2007

DateFormat

21 febbraio 2007
Macro Carrier

“Liberalizzare per crescere�

Convegno Confservizi

Cnel, 21 febbraio 2007

 

 

Cari Amici,

in questi giorni stiamo tutti guardando con attenzione e un pizzico di ottimismo ai dati sull’andamento del Pil del Paese. Il 2% di crescita con cui si dovrebbe chiudere il 2006, e soprattutto il 2% di ulteriore incremento atteso ora per il 2007, sono dati certamente confortanti, ma vanno maneggiati con cautela.

Il perché è presto detto: certamente è stato un errore, come è successo soprattutto nel finale della scorsa legislatura, tratteggiare l’Italia come un Paese in declino, incapace di comprendere ed assecondare la ristrutturazione in atto nel mondo delle imprese. Ma ora sarebbe altrettanto sbagliato cullarsi sugli allori di una “ripresina� che dipende largamente dai settori orientati all’export. E quindi, in particolare, dagli andamenti dell’economia tedesca.

Se le cose vanno un po’ meglio, insomma, mi sembra sia proprio arrivata l’ora di mettere mano, con tempestività e determinazione, a quelle riforme strutturali che continuano ad essere essenziali per sciogliere i nodi  di fondo dell’economia e della società italiana: la competitività difficile e la crescita lenta.

E, a mio avviso, gli obiettivi generali di una seria agenda riformista per il Paese non possono che essere il controllo e la riduzione della spesa pubblica, oltre al controllo e alla riduzione della pressione fiscale.

Insieme, naturalmente, alle liberalizzazioni reali. Che sono quelle che si costruiscono attraverso scelte di apertura dei mercati e con l’assistenza dell’azione di Autorità indipendenti. E che consentono significative riduzioni dei sovraccosti che, purtroppo, continuano a pesare sugli utenti di servizi fondamentali, siano essi cittadini o imprese.

Sono queste le vere liberalizzazioni di cui il Paese ha bisogno. Almeno se si vuole puntare sul serio ad un incremento significativo della produttività del sistema dei servizi e se davvero si è convinti che oggi, nel nostro Paese, è da questo incremento che dipende tanto una domanda interna più robusta, quanto la possibilità di accelerare stabilmente il passo di crescita dell’intera economia.

Non è un caso se richiamo la questione politica del sistema dei servizi. Siamo ormai alla vigilia di una nuova tornata di confronto “concertativo� tra Governo e forze sociali.

E sarà bene non ripetere errori fatti anche nel recente passato, come nella stagione della Finanziaria, o in occasione delle “lenzuolate� promosse dall’amico Ministro Bersani.

Io penso, insomma, che vada assolutamente raccolto l’invito del Governatore Draghi ad un rinnovato “sforzo di consapevolezza collettiva�.

Lo abbiamo fatto tutti insieme, Governo e parti sociali, agli inizi degli anni Novanta, per spezzare la spirale tra prezzi e salari e per concorrere, attraverso la politica dei redditi, al risanamento della finanza pubblica.

Possiamo e dobbiamo farlo anche ora: per proseguire nel risanamento strutturale della finanza pubblica, ma anche e soprattutto per far sì che questo Paese cresca di più e meglio.

E questo a mio avviso significa â€" lo ripeto â€" concentrare attenzione politica ed investimenti sul sistema dei servizi.

Naturalmente, però, bisogna ragionarne anzitutto con chi questo sistema rappresenta: da Confcommercio agli amici, appunto, di Confservizi.

E’ un dialogo necessario, anche per costruire un’agenda di priorità. Un’agenda in cui, ad esempio, il tema del varo e dell’attuazione della delega per il riordino dei servizi pubblici, sulla scorta del buon lavoro svolto dal Ministro Lanzillotta, ha â€" ma posso naturalmente sbagliarmi â€" una rilevanza strategica un po’ superiore alla liberalizzazione dei panifici o a quella dei barbieri…!

Ma entriamo nel merito di questo impianto di delega, che dovrebbe servire soprattutto per fare chiarezza e dare stabilità di prospettive al sistema dei servizi pubblici locali.

Non è un caso, infatti, che il Rapporto Confservizi per il 2007 segnali che “gli ostacoli dovuti ai frequenti cambiamenti di rotta e di velocità del processo riformatore e alla debolezza delle prassi regolatorie… hanno inibito sia l’impostazione di programmi di sviluppo di lungo respiro, sia le potenzialità economico-finanziarie delle imprese�.

Il principale merito dell’impostazione della delega è la previsione di procedure competitive ad evidenza pubblica per l’affidamento delle nuove gestioni di “servizi di interesse generale a carattere economico�, e per il rinnovo delle gestioni in essere.

In questo modo c’è finalmente una gerarchia: la regola è la gara, mentre l’affidamento a società a capitale interamente pubblico o a società a capitale misto pubblico e privato rappresentano delle deroghe. E se l’Ente locale intende agire in deroga, deve motivarne le ragioni con analisi di mercato e informando le Autorità di regolazione.

Ciò non toglie, però, che le deroghe saranno comunque possibili. C’è, in questo, un bel po’ di realpolitik, ma anche la consapevolezza del fatto che â€" ricorro ancora al Rapporto Confservizi â€" “un conto è realizzare processi concorrenziali in servizi che vengono esercitati in forma di impresa mediante un gestore pubblico di adeguate dimensioni; altra cosa è liberalizzare servizi frammentati sul territorio e gestiti direttamente dai singoli enti localiâ€�.

Stando così le cose, la soluzione migliore sarebbe quella di incentivare le politiche di aggregazione aziendale già in atto nel settore e disincentivare la proliferazione delle società in house (a capitale interamente pubblico), con vincoli al debito dei Comuni e delle loro società in sede di Patto di Stabilità Interno.

Scorrendo la delega, si scopre poi però che il primato gerarchico della gara non si applica se parliamo di acqua. Si prevede, invece, non solo la gestione pubblica delle risorse, ma anche quella dei servizi. Eppure, nei servizi idrici â€" riprendo qualche dato del Rapporto Confservizi â€" operano oggi circa 7.800 gestori, di cui l’80% con affidamento diretto. E vi sarebbe necessità di investimenti ragguardevoli e protratti nel tempo ( oltre 2 miliardi di euro all’anno, ricordano gli amici di Confservizi) per recuperare deficit infrastrutturali, divari territoriali e insufficiente qualità del servizio.

Nel caso dell’acqua, insomma, non passano, quei “criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale e di razionalità economica� che pure, secondo il testo della delega, dovrebbero costituire la sostanza oggettiva dei limiti opposti al ricorso al mercato.

Questa, francamente, non mi sembra una risposta coerente con le necessità di un Paese in cui si continua a sprecare acqua per la mancanza di opere e di manutenzione, salvo cercare di “tappare i buchi� quando i turisti scappano da alberghi del Mezzogiorno senza acqua o quando i prezzi della famigerata zucchina o dei famigerati fagiolini saltano alle stelle dopo le stagioni di siccità! 

Sono buone invece, sempre nell’impianto di delega, le previsioni di principio che riguardano l’adozione di carte dei servizi resi all’utenza da parte dei gestori, “in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate�.

Anche se c’è da discutere tanto sui livelli qualitativi e quantitativi dei servizi resi, quanto sui programmi di investimenti.

Anzi â€" come è stato giustamente osservato nel documento di osservazioni e proposte del CNEL sulla delega â€" “gli impegni previsti nel contratto di servizio …dovrebbero costituire i contenuti del tavolo di concertazione con l’azienda di gestione relativamente alle Carte dei servizi e configurare il sistema di impegni del gestore verso i cittadini-utentiâ€�.

Altro aspetto positivo è che il mantenimento degli affidamenti ai gestori venga condizionato “al positivo riscontro degli utenti�, attraverso l’esame dei reclami, oltre che a indagini e a sondaggi  di mercato.

Ma è davvero il caso che la spesa di tali indagini debba accollarsela il gestore? Non sarebbe più corretto che le valutazioni degli utenti fossero direttamente controllate dagli Enti che affidano i servizi ai gestori? 

Dopo qualche rapida osservazione di merito, torno al punto politico.

La delega messa a punto dal Ministro Lanzillotta è, a mio avviso, un’occasione che va colta.

Si tratta di un’opportunità per superare le incertezze bipartisan sul processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, che sono figlie di quel “socialismo municipalistico� che è uno dei tratti più tipici, e certo meno virtuosi, del federalismo all’italiana, cioè del federalismo senza federalismo fiscale.

E’ un’occasione per fare un po’ di sistema-Paese. Per mettere cioè in campo un rapporto tra pubblico e privato in cui la mano pubblica faccia meno, ma meglio, ed i privati siano chiamati ad assumersi responsabilità di interesse generale.

Ciò sarebbe coerente con quella logica della sussidiarietà che resta fondamentale per una governance  orientata al raggiungimento di obiettivi di efficienza e di competitività.

L’Italia resta il Paese della diversificazione dei processi di sviluppo territoriale e dell’impresa diffusa. In questo ambito, i servizi economici di interesse generale svolgono un ruolo determinante, rispetto anche al tessuto imprenditoriale che li anima.

Assicurare, nell’erogazione di questi servizi,  una puntuale corrispondenza tra la struttura dei costi, la qualità dei servizi e i prezzi praticati agli utenti finali significa, allora, concorrere concretamente allo sforzo di responsabilità collettiva richiamato dal Governatore Draghi.

E’ lo sforzo necessario per non cullarsi sugli allori della crescita del PIL al 2%.

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca