Intervento di Lino Enrico Stoppani agli Stati Generali Confcommercio "Anzitutto l'Italia"

Intervento di Lino Enrico Stoppani agli Stati Generali Confcommercio "Anzitutto l'Italia"

Presidente Fipe

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25 ottobre 2011

Le crisi colpiscono in genere tutti indistintamente, confermando quindi la teoria dei vasi comunicanti che vale per la fisica  ma anche per l’economia.

Una crisi come questa ha fatto vittime e danni dovunque, anche nel settore dei Pubblici Esercizi.

Premesso che non ci piace la cultura della lamentela, inconcludente e inopportuna vista la gravità del momento, siamo consapevoli che dalla crisi si esce innanzitutto recuperando le migliori energie, che ognuno per le proprie responsabilità deve ricercare.

Senza  le motivazioni, la passione, la determinazione, oltre che le competenza che ogni imprenditore deve raccogliere,  non esiste futuro  per qualsiasi impresa.

La prima medicina quindi sta nel combattere la depressione e il senso d’impotenza che a volte caratterizza i  comportamenti degli imprenditori, magari stimolando con più energia una migliore attenzione delle Istituzioni ai bisogni delle aziende e interventi di politica economica che tamponino le emergenze e rilancino lo sviluppo del Paese.

Ecco, la Politica, che da sempre ha il compito di creare le migliori condizioni di contesto per consentire alle imprese di crescere, di creare valore, di distribuire ricchezza, oggi sembra aver dimenticato questa funzione fondamentale.

La Politica,  a nostro avviso,  deve invece fare la sua parte per evitare di distruggere un patrimonio di saperi e di sapori, un attrattore formidabile per il nostro turismo, un sistema di servizi (ristorazione, intrattenimento, balneazione) quale è il Pubblico Esercizio.

Le cose vanno male  non  solo per colpa della crisi generale dei consumi.

Giocano un ruolo nefasto per la categoria  anche le politiche di settore, sempre più orientate verso un “liberismo” che  la sta dequalificando, abbruttendo, impoverendo, banalizzando e sulle quali è indifferibile una assunzione  di responsabilità piena da parte della Politica, che deve trovare con urgenza i rimedi.

In Cina, paese simbolo del nuovo che corre, per avviare una attività che abbia per oggetto il cibo, ci vogliono almeno 10 mesi per ottenere la licenza, perché ritengono l’attività sensibile per gli aspetti di tutela della salute pubblica.

In Italia, che ha fatto sulla buona tavola la sua storia e la sua cultura di vita, basta pochissimo e il nostro Premier,  e non una volta sola, ha portato come cattivo esempio di burocrazia, i passaggi previsti per l’apertura di una Pizzeria.

Questa posizione sta portando a consentire a tutti di fare tutto, male, diseducando e disorientando il consumatore, abbassando il livello qualitativo dell’offerta, portando il settore verso un lento declino che va contrastato.

Inoltre   il diffondersi di una inaccettabile cultura della “tolleranza amministrativa”,  che in questi anni ha generato un’offerta parallela di somministrazione (agriturismi, circoli privati,  sagre, artigiani somministratori) che sviluppa concorrenza sleale, danno erariale e rischi igienico-sanitari, sta deprimendo gli esercenti alle prese con doveri nuovi e impegnativi, come quelli connessi alla responsabilità sociale dell’impresa.

Su quest’ultimo delicato aspetto di grande attualità, vi sarebbe certo un atteggiamento più professionale verso i temi dell'alcol e delle devianze giovanili,  se non vi fossero periodicamente  campagne che alimentano spesso e solo comportamenti ancora peggiori e più trasgressivi.

Il settore del Pubblico Esercizio, poi, gode o soffre degli andamenti turistici che interessano il Paese, sui quali registriamo una domanda interna, prevalente, che segna il passo e una domanda estera che cresce ma in una  misura insufficiente rispetto alla diminuzione di quella interna.

Un’altra  proposta quindi è quella di rafforzare gli interventi sul turismo, sul quale qualcosa si sta muovendo, ma ancora in misura troppo debole rispetto alle potenzialità che il settore offre, anche senza bisogno di grandi risorse economiche, intervenendo magari sull’ indennità di disoccupazione che produce effetti distorti sulla stagionalità e livello di professionalità del settore.

A cominciare dall’ intervenire con urgenza ed equità su un comparto strategico per l’economia del settore quale è quello della balneazione , per troppo tempo costretto ad una precarietà pericolosa. Oltre 20.000 imprese aspettano da anni  una regolamentazione giusta dei canoni demaniali, con l'obiettivo condivisibile di ripianare privilegi o canoni inadeguati, ma senza accanimenti e con più giusti equilibri nella nuova disciplina, che rischia di stravolgere un sistema di servizi unico al mondo con l’ormai prossima introduzione delle gare pubbliche per il rilascio delle concessioni demaniali.

Bisogna che il Governo accolga la richiesta di tutti gli stabilimenti balneari italiani e estrapoli dalla Direttiva Servizi l’intero settore.

E, sempre in tema di gare d’appalto, quando si tratta di servizi alimentari  (mense o buoni pasto) non si può continuare ad assimilare queste gare con quelle per acquisti di matite o di computer, privilegiando solo ed esclusivamente le offerte al massimo ribasso e poi anche ritardare  il pagamento del servizio anche di 18/24 mesi.

Mangiare fuori casa deve sempre trovare garanzie di qualità,  perché ne va di mezzo la salute dei cittadini, soprattutto quando lo si fa per necessità , come avviene in mensa scolastica od ospedaliera. E per garantire la qualità non si può comprimere oltre misura i margini di chi eroga il servizio. Altrimenti si fa spazio a soggetti che hanno altri interessi…

E, infine,  c’è la “questione giovani”.

Il movimento degli “Indignados”, da biasimare e condannare per le violenze di Roma, è l’espressione del grave malessere che colpisce i giovani che non trovano lavoro, attenzioni e rispetto.

I giovani pretendono un loro ruolo e vogliono interventi nei temi del lavoro, presupposto indispensabile su cui impostare una famiglia, una prospettiva professionale, cioè avere una indipendenza economica per costruire la loro vita.

I mestieri si imparano da giovani.

Impegno di tutti deve essere quello di dare anche ai nostri ragazzi le opportunità di crescita che altre generazioni  hanno avuto con tanti eccessi (tempi di avvio al lavoro, gerarchie, orari) e molte mancanze sui temi economici e rispetto dei diritti. Eccessi e difetti che hanno però fortificato generazioni piene di valori.

In un Paese  che ha previsto quote per i disabili e quote rosa per le donne, non vedo fuori luogo puntare ad una “quota giovani” nelle aziende per favorire l’apprendimento dei mestieri. Lo ha già fatto, a suo modo e con tutti i difetti che ha, il mondo del calcio, limitando l’impiego dei “fuoriquota” nelle serie inferiori.

Dovremmo riflettere su qualcosa di simile per un ambito più importante qual è il mondo delle aziende in generale e di quelle del Pubblico Esercizio in particolare, che ha bisogno di giovani, della loro vivacità, intraprendenza forza, motivazione, freschezza mentale e genialità.

Insomma “Alzati, Italia” e pensa al tuo futuro.

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