Manovra: nuove ipotesi, da Google tax a tassa finanza

Manovra: nuove ipotesi, da Google tax a tassa finanza

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13 marzo 2017

Una tassa sulle transazioni speculative più estesa e fruttuosa della Tobin tax, accompagnata, probabilmente, anche dalla fantomatica web tax, bocciata per anni ma ormai sdoganata sia a livello politico che governativo. Potrebbero essere due degli assi nella manica da usare nel tracciare le linee guida della prossima manovra, giocando d'anticipo rispetto all'Unione europea, dove entrambi i dossier rimangono materia di discussione ancora non del tutto risolta. L'idea di una nuova tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf) è stata lanciata da Maurizio Martina e Matteo Renzi al Lingotto. La mozione presentata dall'ex segretario del Pd, prevede che la tassa si applichi a ogni transazione, che si tratti di scambi di azioni, obbligazioni, scambi valutari o contratti derivati. A differenza della Tobin Tax, già in vigore in Italia ma non nel resto d'Europa, e che riguarda esclusivamente gli scambi di valuta, la Ttf amplierebbe quindi il ventaglio delle transazioni tassabili, con un'aliquota però inferiore e pari allo 0,05%. Una scelta che, ha sottolineato Martina, permetterebbe di "raddoppiare quello che abbiamo messo sul reddito di inclusione". "Lo potremmo raddoppiare da subito. - ha spiegato il ministro dell'Agricoltura - Il cuore della nostra sfida è il lavoro". Parole che fanno il paio con quelle che, dalla California, Renzi aveva confidato un paio di settimane fa ad alcuni organi di stampa, parlando di un nuovo "lavoro di cittadinanza". La proposta parte dunque dal Lingotto, con un messaggio politico ben preciso, ma non è estranea al lavoro già portato avanti dall'Italia in Europa insieme ad altri Stati membri capofila dell'iniziativa. Per un'adozione condivisa della tassa a livello europeo i tempi non sono ancora maturi, ma non è escluso che Roma, magari con qualche altro partner, possa fare da apripista. Come per la Google tax. Anche in questo caso è stato Martina a tornare sull'argomento dall'assise torinese. "Le tasse vanno pagate dove si producono i profitti. Che tu sia una grande azienda globale del web o un piccolo imprenditore", ha sottolineato in un tweet. Finora l'idea della web tax, più volte approcciata in sede di manovra (sponsorizzata in particolare dal presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia), era stata bocciata dalle diverse anime dello stesso Pd. Ma solo pochi giorni fa in Parlamento il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, non la aveva affatto esclusa come ipotesi da valutare per la messa a punto della prossima legge di bilancio. Anche in questo caso il percorso dovrebbe essere condiviso a livello internazionale, per evitare che i colossi del web penalizzati in un Paese si trasferiscano semplicemente altrove, ma la questione sembra giunta a un buon livello di maturazione. Intervenuto anche lui al Lingotto, Padoan non ha voluto questa volta parlare di ipotesi operative per la manovra correttiva e tanto meno per la manovra 2018. Niente riferimenti ad Iva o accise, dopo lo stop dei renziani in Parlamento, e nemmeno al cuneo fiscale, nonostante le indiscrezioni su una possibile revisione del bonus 80 euro, uno dei cardini della strategia economica del passato governo. 

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