Sgravi fiscali, il Sud ci crede: "Riassorbiremo la Cig"

Sgravi fiscali, il Sud ci crede: "Riassorbiremo la Cig"

Dalle pagine del Mattino, le opinioni di Alessandro Ambrosi, Patrizia Di Dio e Pasquale Russo sul tema della fiscalità di vantaggio. "La misura diventi strutturale". "Aiutare le aziende a rimettersi in moto per ripartire con le assunzioni".    

DateFormat

2 ottobre 2020

C'è chi come Nicola Giorgio Pino, leader dell'automotive con il gruppo Proma, ha già deciso che utilizzerà la norma per i suoi 1700 dipendenti, "non appena sarà resa nota la circolare esplicativa dell'Inps". Chi, come Patrizia Di Dio, imprenditrice della moda, presidente di Confcommercio Palermo e di Terziario Donna a livello nazionale, ha preferito rinunciare alla Cassa integrazione per i suoi 14 dipendenti per rilanciare la sua azienda e considera il taglio del costo del lavoro al pari di un contributo a fondo perduto, "un risparmio sicuro in attesa dei fondi europei che non arriveranno subito". E chi, come Alessandro Ambrosi, presidente della Confcommercio e della Camera di Commercio di Bari, resta cauto "perché non vorrei che in questo modo si dimenticassero le priorità del Sud che restano gli investimenti e le infrastrutture".

Su due punti, però, le voci raccolte ieri tra gli imprenditori meridionali nel giorno del debutto della fiscalità di vantaggio (il cui primo impatto fiscale vero e proprio si potrà valutare solo nel prossimo mese) sembrano concordare. Il primo: la misura voluta dal ministro Provenzano e introdotta dal decreto Agosto deve diventare strutturale per poter essere pienamente efficace. II secondo: in questa prima fase sarà a dir poco complicato pensare a nuove assunzioni che è l'obiettivo di fondo dell'iniziativa, concepita'per ridurre lo choc occupazionale previsto a fine anno per via del Covid-19 nel Mezzogiorno oltre che per sostenere le imprese. "Prima bisogna aiutare le aziende a rimettersi in moto e poi si potrà pensare all'incremento eventuale di manodopera. Per salvarle, però, la sola fiscalità di vantaggio non può bastare: occorre che riparta il mercato interno ma sui tempi nessuno è in grado di sbilanciarsi, dipenderà tutto dall'evoluzione della pandemia", dice Ambrosi.

Il tema è ricorrente, la paura del futuro continua a occupare il primo posto nella scala delle priorità. Dice ad esempio Pasquale Russo, direttore Confcommercio della Campania: "Ci sono incognite preoccupanti nel nostro territorio, si riparla di lockdown con l'aumento dei casi di contagio. Difficile che gli imprenditori adesso possano guardare alla prospettiva del taglio del costo del lavoro, che sicuramente è una buona norma, anche in termini di crescita occupazionale dei loro dipendenti. Il comparto perderà in media a fine anno quasi il 30% del fatturato, pensare in tre mesi di fare scelte di prospettiva a media e lunga scadenza mi pare assai complicato". Anche perché, insiste Russo, "servono soprattutto interventi in grado di attrarre le imprese al Sud, parlo di banda ultra larga, di accessibilità ai territori, di servizi efficienti e di sicurezza"». Risparmiare un terzo dei contributi sul costo del lavoro per ogni dipendente appare comunque a tutti una mossa intelligente. "Stiamo parlando della prima voce dei costi aziendali - ribadisce Di Dio - e poterla diminuire sensibilmente per i prossimi tre mesi, sperando poi di farlo per anni, è un'opportunità fondamentale per riuscire a tenere in piedi le nostre aziende. È inutile girarci intorno, da noi al Sud, dove il mercato è asfittico e il reddito pro capite di gran lunga più basso della media nazionale, le condizioni di svantaggio per chi fa impresa sono nettamente più alte. Questa misura ci dà subito un pò di ossigeno e mi dispiace che sia stata commentata con tanto scetticismo al Nord. Noi siamo l'economia diffusa e sappiamo bene di cosa parliamo: per me, in particolare, far ripartire l'azienda riassorbendo al lavoro tutti i dipendenti di prima dell'emergenza rinunciando alla Cig, è la dimostrazione migliore che non vogliamo arrenderci e che le politiche attive del lavoro sono possibili". Già, il lavoro. È il nodo cruciale, oggi come ieri. Riuscirà lo sgravio previsto dal governo a incidere sulle cause che da anni paralizzano o condizionano l'incontro tra domanda e offerta di lavoro? "Io non ho mai avuto bisogno di sgravi o di incentivi per assumere il personale che mi occorreva. Se il lavoro c'è, le assunzioni si fanno. Io sono pronto a investire gli utili nell'azienda ma che senso avrebbe garantire le buste paga agli operai se non ho commesse per farli lavorare?", si chiede Nicola Giorgio Pino. E aggiunge: "Il taglio del costo del lavoro è sicuramente l'inizio di un nuovo percorso in attesa che i soldi del Recovery Fund arrivino e vengano spesi adeguatamente, non in mance elettorali cioè o a pioggia, ma su quattro-cinque settori capaci di rilanciare il Paese. Ma lo sa che il 90% degli autoveicoli prodotti in Italia arrivano dal Sud?". È il pensiero di molti imprenditori meridionali, come Francesco Napoli, vicepresidente di Confapi nazionale e presidente della Confederazione calabrese: "Nel Mezzogiorno in 10 anni gli investimenti sono stati dimezzati — osserva Napoli — aumentando il divario nel Paese. La fiscalità di vantaggio è utile ma va accompagnata ad altre misure decisive per il Sud come il collegamento tra i porti meridionali e il sistema ferroviario e più in generale da investimenti pubblici in grado di rilanciare quelli privati". Sono priorità che il ministro Provenzano condivide in toto e sulle quali, non a caso, ha costruito l'architrave del Piano Sud 2030, il grimaldello con il quale spera di forzare la cassaforte Ue sugli aiuti di Stato e di rendere strutturale la fiscalità di vantaggio. A beneficiarne sarebbero anche i circa 23mila nuovi occupati delle seimila microimprese nate finora con "Resto al Sud", la misura che incentiva l'autoimprenditorialità nel Mezzogiorno e per la quale il governo Gentiloni previde in Bilancio circa un'miliardo dì risorse.

 

Da "Il Mattino"

di Nando Santonastaso

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca