Nota sulla spesa pubblica locale
Nota sulla spesa pubblica locale
Conferenza stampa su tasse e spesa pubblica
Indice
- Introduzione e sintesi
- 1. Alcune considerazioni sulla spesa pubblica
- 1.1 La spesa pubblica nelle sue articolazioni a livello centrale e locale
- 1.2 La regionalizzazione della spesa pubblica per consumi finali
- 1.3 Dalla spesa delle Amministrazioni pubbliche alla spesa delle Amministrazioni locali
- 1.4 La spesa pro capite per consumi finali delle Amministrazioni locali: l’analisi per funzione di spesa
- 2. L’efficienza della spesa pubblica regionale
Introduzione e sintesi
La presente è la quarta edizione della Nota sulla spesa pubblica locale[1]. La spesa è valutata anche alla luce di qualche parametro di efficienza (cosa si ottiene sostenendo quella spesa pubblica locale). In epoca di nuovo e confuso federalismo differenziato, questo lavoro offre qualche spunto di riflessione.
La spesa pubblica oggetto di questa nota riguarda i consumi finali delle AA. PP. (secondo la classificazione funzionale COFOG) attribuibili agli enti territoriali, cioè il totale della spesa pubblica per consumi finali al netto di quella gestita direttamente dalle amministrazioni centrali e dagli enti di previdenza.
I contenuti, rielaborati e aggiornati con la collaborazione del CER, riguardano:
- il livello della spesa pubblica locale nell’anno 2016 (ultimo disponibile), dove con “locale” ci si riferisce alla spesa che direttamente o indirettamente è gestita da tutti gli enti pubblici residenti in un territorio regionale; pertanto, la regione amministrativa è l’unità di aggregazione e la spesa di riferimento riguarda la regione stessa, le province, i comuni, le comunità montane e tutto il resto secondo i criteri appena sopra indicati; per la definizione degli aggregati di spesa si sono adottati diversi criteri di regionalizzazione della spesa pubblica (paragrafi 1.2 e 1.3); le espressioni “spesa locale”, “spesa regionale” e “spesa territoriale” sono da considerarsi equipollenti;
- la costruzione di un indice di output regionale, cioè un indice che racchiude la quantità e la qualità dei servizi pubblici offerti dagli enti pubblici territoriali e fruiti dai cittadini della regione (servizi offerti e fruiti nel territorio regionale che la suddetta spesa è stata in grado di generare); trattandosi di un’analisi esplorativa e aggregata resta elevato il grado di approssimazione né si può escludere la presenza fastidiosa di elementi di input a fianco di elementi di output e di outcome, circostanza che richiede un po’ di prudenza nell’interpretazione degli indici di efficienza; per gli aspetti tecnici, non siamo riusciti a fare meglio di quanto descritto al capitolo 2; questi potenziali difetti non mettono, però, in discussione i risultati dell’analisi, orientata a identificare spesa e suoi eccessi, output e suoi difetti e, quindi, eventuali sprechi e conseguenti potenziali risparmi nella provvista di servizi pubblici locali;
- la proposta di alcune batterie di confronti tra i livelli di spesa rapportati all’output tra le regioni, in assoluto e in confronto alla regione benchmark, cioè quella che presenta il migliore rapporto (il rapporto più esiguo) tra spesa e indice di output pubblico (paragrafo 2.2); naturalmente è possibile che un rapporto esiguo sia generato da spesa particolarmente moderata e da un output ridotto; anche di questo si deve tenere conto nei confronti tra le regioni, alla luce del tema dei fabbisogni standard: sotto un certo livello di output anche una spesa efficiente nel senso sopra definito può e deve essere denunciata come non coerente rispetto al soddisfacimento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e delle prestazioni (LEP) e delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. Questo perché i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) relativi sono i cosiddetti diritti sociali (assistenza); i livelli essenziali di assistenza si riferiscono alla sanità; mentre gli altri ambiti di spesa rientrano tra le funzioni fondamentali degli altri enti territoriali;
- a parità di output, il confronto con il benchmark stabilisce il grado di spreco o di inefficienza nella spesa pubblica di una regione in modo tutto sommato accettabile; le valutazioni offerte in questo rapporto conservano la caratteristica di essere basate su un riferimento: anche il riferimento, quindi, potrebbe a sua volta palesare inefficienze; pertanto, le nostre valutazioni forniscono una stima di minima degli eccessi di spesa pubblica locale; appare evidente che le elaborazioni effettuate permettono di stabilire quanto degli eccessi di spesa potrebbe essere utilizzato per migliorare i servizi pubblici per la cittadinanza residente nelle regioni che fruiscono di un output (di molto) inferiore al benchmark; per differenza, emerge, infine, una frazione rilevante della spesa pubblica locale complessiva che, in ogni caso, potrebbe essere risparmiata senza intaccare in alcun modo quantità e qualità dei servizi offerti e fruiti su base territoriale.
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Le precedenti edizioni del rapporto hanno suscitato apprezzamento da parte dei politici delle regioni che hanno ottenuto i migliori indici, nessuna reazione da parte dei territori meno performanti e critiche da parte delle associazioni dei comuni[2]. Queste critiche – purtroppo prive di indicazioni tecniche da utilizzare eventualmente per migliorare la qualità del nostro lavoro – sono servite in passato come clausola di stile per introdurre, sempre da parte dei critici, il tema delle difficoltà che i comuni italiani hanno affrontato nei lunghi anni dalla doppia crisi fino a oggi a causa della riduzione delle risorse ad essi destinate.
Nessuno nega queste evidenze (che, peraltro, non sono oggetto della presente Nota né delle precedenti). Essendo, appunto, un’analisi aggregata, le valutazioni di efficienza per le specifiche categorie di enti pubblici territoriali semplicemente non ci sono. Che questa voluta confusione – aggregazione – non permetta poi di contribuire a definire una strategia di intervento per la riduzione di eventuali sprechi nella spesa pubblica locale non dovrebbe essere considerato un difetto delle elaborazioni qui presentate. Sarebbe stato, infatti, un obiettivo più sciocco che ambizioso. Per tali questioni diversi enti pubblici molto qualificati[3] sono impegnati nella definizione dei (famigerati) fabbisogni e dei costi standard, i quali ultimi fornirebbero l’efficiente quotazione delle prestazioni di base che andrebbero a soddisfare gli eguali diritti dei cittadini regionali. Da tali soggetti pubblici e attraverso gli strumenti che hanno predisposto e predisporranno si deve passare per migliorare lo stato delle cose.
La presente Nota ha il molto più modesto obiettivo di richiamare l’attenzione sulla circostanza che non tutti i cittadini regionali godono degli stessi servizi, che sostengono – direttamente o indirettamente – livelli di spesa straordinariamente diversi a parità di output fruito oppure che sostengono più o meno la stessa spesa pro capite fruendo di servizi di qualità e quantità straordinariamente variabile. Queste evidenze indicano che la gestione della spesa sul territorio da parte degli enti pubblici ivi residenti presenta livelli molto eterogenei di efficienza. Con la conseguenza che, se non si vuole negare il problema in radice, un po’ di confronti regionali attraverso alcuni rapporti opportunamente costruiti, risultano utili a chiarire che risparmiare si può e lo si può fare senza ridurre i livelli di servizio per la cittadinanza.
Per completezza e incidentalmente, si deve riconoscere, anche sulla base dei risultati di questa Nota, che un credibile progetto di rafforzamento delle autonomie regionali dovrebbe partire dalla definizione precisa e dall’adozione convinta e diffusa dei fabbisogni (e dei costi) standard, poi affrontare il tema degli statuti speciali e, infine e solo a questo punto, occuparsi della questione delle risorse e della gestione dei fondi di perequazione. Cambiando l’ordine di questi fattori il prodotto cambia molto. Anzi, a nostro avviso, rischia di diventare nullo, nella misura in cui un approccio disordinato toglie consenso alla riforma e ne accresce esponenzialmente il rischio di fallimento (l’ennesimo).
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In questa Nota l’oggetto di cui stabilire l’ammontare e la qualità è la spesa per consumi finali gestita da enti pubblici locali. Tale spesa è parte, ovviamente, dell’aggregato “spesa per consumi finali” del conto delle uscite delle pubbliche amministrazioni (prima riga di tabella A), che comprende i consumi pubblici gestiti dall’amministrazione centrale. Pertanto, è di aiuto un rapido scrutinio dell’andamento più generale delle uscite pubbliche nel medio termine, in particolare tra il 2007 e il 2018. I dati più rilevanti sono riassunti in tabella A[4].
Tab. A – Le uscite delle Amministrazioni Pubbliche (AA. PP.)[5]
1995 | 2007 | 2016 | 2018 | ∆ 08-18 | ∆ % 08-18 | ||
---|---|---|---|---|---|---|---|
miliardi di euro | |||||||
Spesa per consumi finali | 172,2 | 304,8 | 316,6 | 330,7 | 25,9 | 8,5 | |
- Redditi da lavoro dipendente | 103,8 | 164,3 | 164,1 | 171,8 | 7,5 | 4,6 | |
Interessi passivi | 109,8 | 76,7 | 66,3 | 65,0 | -11,7 | -15,2 | |
Prestazioni sociali in denaro | 154,2 | 264,4 | 336,4 | 348,9 | 84,5 | 32,0 | |
Altre uscite correnti | 25,4 | 34,4 | 52,0 | 50,7 | 16,3 | 47,3 | |
Totale uscite correnti (a) | 461,6 | 680,3 | 771,2 | 795,3 | 114,9 | 16,9 | |
Uscite in conto capitale | 48,7 | 72,8 | 57,4 | 58,4 | -14,5 | -19,8 | |
Totale uscite | 510,3 | 753,1 | 828,7 | 853,6 | 100,5 | 13,3 | |
in % del PIL | |||||||
Spesa per consumi finali | 17,5 | 18,9 | 18,7 | 18,8 | |||
Uscite in conto capitale | 4,9 | 4,5 | 3,4 | 3,3 | |||
Totale uscite | 51,8 | 46,8 | 49,0 | 48,6 | |||
per memoria: | |||||||
PIL (mld. di euro) | 985,0 | 1.609,6 | 1.689,8 | 1.757,0 | 147,4 | 9,2 | |
Deflatore del PIL | 0,642 | 0,877 | 0,986 | 1,000 | 14,0 | ||
Indice dei Prezzi al Consumo | 0,650 | 0,860 | 0,977 | 1,000 | 16,3 |
(a) La tabella riporta per comodità del lettore le principali voci di spesa pubblica. Va tenuto presente che, a partire dal SEC 2010, nella rappresentazione del conto della PA non entra per intero la spesa per consumi finali, compensata da una riduzione di analogo ammontare dal lato delle entrate. In questo senso, i consumi finali sono riportati “per memoria” e le voci residuali di spesa corrente non possono essere ottenute per differenza tra la spesa corrente totale, i consumi finali, gli interessi e le prestazioni sociali.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
Rispetto al 2007 le uscite sono aumentate di circa 100 miliardi di euro. Di 115 miliardi euro è l’incremento delle uscite correnti a fronte di una riduzione delle uscite pubbliche in conto capitale – sovente assimilate agli “investimenti pubblici” – di 15 miliardi. Considerando la dinamica dei prezzi – utilizzando come riferimenti le indicazioni delle ultime due righe della tabella A – in termini reali le uscite pubbliche in conto capitale si sono ridotte in dieci anni di circa il 30%. Pure considerando che una parte non sono veri e propri investimenti, è di palmare evidenza che la ricomposizione della spesa pubblica non è stata certamente favorevole alla crescita, nel senso che comunque una frazione degli investimenti in capitale pubblico si è gravemente ridotta.
D’altra parte, nel decennio passato, secondo alcuni caratterizzato da politiche di austerità, le uscite pubbliche sono complessivamente aumentate di oltre 100 miliardi, come detto, corrispondenti a una variazione percentuale del 13,3%, superiore di qualche punto alla variazione del PIL nominale (9,2%). Con la conseguenza di un incremento del rapporto percentuale uscite su PIL dal 46,8% del 2007 al 48,6% del 2018. E’ lecito domandarsi quanto varrebbe oggi questo rapporto senza la cosiddetta “austerità” (che in realtà sarebbe meglio definire gestione oculata della finanza pubblica).
Tanto più che la spesa per interessi passivi, nonostante l’incremento del debito, è in costante riduzione (già dalla seconda metà degli anni ’90), un fenomeno straordinariamente gradevole – ma molto sottovalutato – dovuto alla partecipazione dell’Italia al sistema della moneta unica.
Resta il nodo delle prestazioni sociali in denaro, in larga parte spesa per le pensioni. La crescita è stata notevole (+32%, cioè 3,5 volte la crescita del PIL). Nella vulgata mediatica continua a prevalere il tema dei diritti acquisiti a scapito dei diritti delle nuove generazioni. Contemperare queste due legittime esigenze è una sfida non ancora vinta dalla politica.
La spesa per consumi finali, la quota di spesa pubblica che entra direttamente nel PIL attraverso il conto degli impieghi, è cresciuta (+8,5%) in linea con il PIL nominale (+9,2%). Dentro questa voce i redditi dei dipendenti pubblici hanno perso potere d’acquisto, ma è probabile anche la presenza di un effetto composizione (si sono ridotti di più i soggetti percettori di stipendi elevati, come per esempio i dirigenti pubblici).
In ogni caso, la quota dei consumi pubblici sul PIL è stabile negli ultimi dieci anni, anche questo, forse, non un segno di feroce “austerità” e nonostante i tanti e agguerriti commissari per la spending review che si sono succeduti in quest’arco di tempo.
Tab. B – Unità di lavoro standard nelle Amministrazioni pubbliche
in migliaia
2007 | 2016 | 2018 | ∆ % 08-18 | |
---|---|---|---|---|
Stato | 1.988 | 1.850 | 1.867 | -6,1 |
Regioni, province, comuni | 617 | 527 | 499 | -19,0 |
Altre AA. PP. | 1.022 | 969 | 996 | -2,5 |
Totale AA. PP. | 3.627 | 3.346 | 3.362 | -7,3 |
Altre amministrazioni pubbliche comprende: altre amministrazioni centrali, enti locali sanitari, altre amministrazioni locali, enti di previdenza.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
Un contenimento delle dinamiche delle uscite pubbliche si è comunque riscontrato, come testimoniato anche dal profilo decrescente dei dipendenti pubblici equivalenti a tempo pieno (cosiddette unità standard di lavoro, Ula; tab. B). La riduzione negli ultimi 10 anni – prendendo sempre come punto di partenza il 2007 – è diffusa a tutti i livelli di governo e appare particolarmente intensa per gli enti decentrati, cioè regioni, province e comuni.
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Tab. C – Spesa pubblica locale per consumi finali
anni 2012 e 2016
miliardi di euro | in % del PIL | in % delle uscite pubbliche totali | ||||
---|---|---|---|---|---|---|
2012 | 2016 | 2012 | 2016 | 2012 | 2016 | |
Nord-ovest | 43,7 | 43,1 | 8,3 | 7,8 | ||
Nord-est | 37,2 | 35,8 | 10,2 | 9,2 | ||
Centro | 35,6 | 33,1 | 10,1 | 9,1 | ||
Sud | 59,9 | 61,8 | 16,0 | 16,4 | ||
Italia | 176,4 | 173,9 | 10,9 | 10,3 | 21,5 | 21,0 |
ai prezzi costanti del 2016 – miliardi di euro | |||
---|---|---|---|
2012 | 2016 | var. % 2016/2012 | |
Italia | 179,7 | 173,9 | -3,2 |
ai prezzi costanti del 2016 per abitante – euro | |||
2012 | 2016 | var. % 2016/2012 | |
Nord-ovest | 2.817 | 2.678 | -4,9 |
Nord-est | 3.301 | 3.078 | -6,7 |
Centro | 3.117 | 2.746 | -11,9 |
Sud | 2.960 | 2.969 | 0,3 |
Italia | 3.019 | 2.868 | -5,0 |
Nota: i dati relativi al 2012 sono tratti dal rapporto USC La spesa pubblica locale, luglio 2015; le revisioni apportate alle fonti ufficiali rispetto al lavoro sviluppato nel 2015 sono irrilevanti; i valori per la Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige solo per l’anno 2016 risentono della correzione apportata per tenere conto delle diverse competenze e dei diversi costi in materia di istruzione pubblica al fine di renderli comparabili con quelli delle altre regioni; questa correzione vale circa un miliardo di euro (senza di essa la variazione 2012-2016 della spesa locale a prezzi costanti passa dal -3,2% indicato in tabella a -2,7%).
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
Togliendo dalla spesa complessiva per consumi finali quella attribuibile alle amministrazioni centrali e agli enti di previdenza si perviene alla spesa per consumi finali delle pubbliche amministrazioni locali, aggregate per regione, nell’anno 2016. L’unica analisi diacronica presentata è quella sviluppata a partire dai dati della tabella C, dalla quale emerge che la spesa pubblica locale si è ridotta tra il 2012 e il 2016 in valore assoluto di 1,5 miliardi di euro (da 176,4 a 174,9 miliardi di euro, per scendere al valore indicato in tabella di 173,9 miliardi di euro a causa della correzione necessaria per tenere conto delle diverse competenze di due regioni a statuto speciale).
Già quest’unico dato è sufficiente a testimoniare uno sforzo di contenimento della spesa pubblica, anche se resta sullo sfondo la rilevante questione se a fronte della riduzione della spesa non si sia assistito a una contrazione dei livelli di servizio offerti ai e fruiti dai cittadini regionali. La riduzione monetaria comporta la conseguente contrazione della spesa tanto in rapporto al PIL quanto in rapporto alle uscite complessive delle AA. PP., sempre su base aggregata per il complesso del Paese.
Guardando alle quattro macro-regioni, è evidente che Nord e Centro riducono livelli e quote su PIL mentre il Mezzogiorno aumenta sia la spesa sia la quota sul proprio PIL.
Al netto dei fenomeni inflazionistici, la riduzione dei consumi pubblici locali appare con maggiore chiarezza: -3,2% in termini reali (-2,7% senza la correzione apportata per il 2016), in un periodo in cui il PIL reale è cresciuto di 0,4 punti percentuali.
Se si considera la spesa locale reale in rapporto agli abitanti dei diversi territori (parte in basso di tabella C) si apprezza una riduzione del 5,0% per l’Italia nel complesso, variazione che si colloca tra la contrazione del Centro di circa il 12% e la crescita di tre decimi di punto nel Mezzogiorno. Quindi la spesa pubblica locale non segue affatto i medesimi trend nei diversi territori.
A diffuse riduzioni nel Centro-Nord fanno riscontro incrementi della spesa per consumi finali della PA nel Sud, in termini assoluti e in percentuale del PIL.
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La tabella D riassume i principali risultati in questa nota. Nella prima colonna si hanno le spese pubbliche locali per consumi finali per abitante per regioni e aggregazioni di regioni. Nella seconda, sono presenti gli indici sintetici di output pubblico prodotto dagli enti decentrati, un’indicazione orientativa di efficacia. Il confronto tra spesa e output permette di valutare, sebbene solo in modo approssimativo, l’efficienza dell’azione pubblica locale.
La spesa pubblica locale pro capite[6]
La Val d’Aosta spende per abitante circa 6.400 euro (tab. D, prima colonna), quasi il 18% più del Trentino-Alto Adige e oltre due volte e mezzo di Puglia, Campania e Lombardia.
Tab. D – Spesa pro capite per consumi finali delle Amministrazioni locali (in euro), popolazione (in migliaia) e indice sintetico dell’output pubblico locale
ordinamento regionale decrescente della spesa locale per abitante
spesa | popolazione | indice di output | ||
---|---|---|---|---|
Val d’Aosta | 6.376 | 127 | Trentino A.A. | 1,000 |
Trentino A.A. | 5.417 | 1.061 | Lombardia | 0,908 |
Sardegna | 3.948 | 1.656 | Friuli V. G. | 0,899 |
Calabria | 3.832 | 1.968 | Val d’Aosta | 0,875 |
Molise | 3.731 | 311 | Emilia R. | 0,873 |
Friuli V. G. | 3.709 | 1.220 | Veneto | 0,824 |
Sicilia | 3.220 | 5.065 | Toscana | 0,759 |
Liguria | 3.188 | 1.568 | Umbria | 0,697 |
Basilicata | 3.182 | 572 | Liguria | 0,669 |
Umbria | 2.908 | 890 | Piemonte | 0,620 |
Toscana | 2.812 | 3.743 | Marche | 0,602 |
Emilia R. | 2.755 | 4.448 | Basilicata | 0,543 |
Piemonte | 2.732 | 4.398 | Lazio | 0,537 |
Abruzzo | 2.732 | 1.324 | Abruzzo | 0,500 |
Marche | 2.720 | 1.541 | Molise | 0,493 |
Veneto | 2.709 | 4.911 | Sardegna | 0,486 |
Lazio | 2.686 | 5.893 | Puglia | 0,433 |
Puglia | 2.540 | 4.071 | Campania | 0,377 |
Lombardia | 2.528 | 10.014 | Calabria | 0,358 |
Campania | 2.476 | 5.845 | Sicilia | 0,304 |
Italia | 2.868 | 60.627 | Italia | 0,639 |
Centro-nord | 2.816 | 39.815 | Centro-Nord | 0,769 |
-Nord-ovest | 2.678 | 16.107 | -Nord-ovest | 0,806 |
-Nord-est | 3.078 | 11.640 | -Nord-est | 0,866 |
-Centro | 2.746 | 12.068 | -Centro | 0,626 |
Sud | 2.969 | 20.812 | Sud | 0,391 |
regioni piccole s. o. | 3.141 | 1.773 | regioni piccole s. o. | 0,612 |
regioni grandi | 2.686 | 31.729 | regioni grandi | 0,632 |
altre regioni | 3.064 | 27.125 | altre regioni | 0,650 |
regioni a s. s. | 3.717 | 9.129 | regioni a s. s. | 0,505 |
regioni a s. o. | 2.718 | 51.499 | regioni a s. o. | 0,663 |
Tra le prime 7 regioni per spesa pubblica pro capite sono presenti tutte e cinque le regioni a statuto speciale (s. s.). Immaginare sia un caso vuol dire non avere contatti con la realtà. Ipotizzare che questo fenomeno sia esclusivamente o principalmente frutto delle speciali competenze assegnate a queste regioni, pure. Prima evidenza, dunque: gli statuti speciali producono elevate o elevatissime spese pubbliche locali per abitante[7].
Tra le cinque regioni che spendono meno per abitante quattro sono regioni grandi (in realtà lo è anche la Puglia anche se nelle nostre classificazioni abbiamo considerato grandi solo quelle con circa 5 milioni di abitanti o più; cfr. nota alla tabella D). Anche questo non è un caso. Seconda evidenza (preliminare): la produzione dei servizi pubblici appare connotata da economie di scala[8], cioè più ampio è il bacino di utenza, minore è la spesa unitaria per servire il singolo cittadino (a meno che non si abbia lo statuto speciale, come la Sicilia, nel qual caso la spesa si amplifica lo stesso).
Sulla scorta di queste due prime suggestioni sono costruite le aggregazioni della parte inferiore della tabella D, assieme al test sulla spesa locale per macro-regioni. Attorno a una spesa locale di 2.868 euro in media per cittadino italiano, il Nord-ovest è sotto i 2.700 euro, il Nord-est a 3.078 euro, il Sud a 2.969 euro. Se si leggono con attenzione questi dati si deve ammettere che la variabile Sud, o in generale territorio, non ha un impatto eclatante. Infatti, il Mezzogiorno presenta una spesa per abitante maggiore delle altre aree perché ha una componente relativamente più elevata di regioni a statuto speciale (o, meglio, di cittadini che vivono in regioni a statuto speciale). Lo stesso fenomeno vale per il Nord-est. Non è il territorio, quindi, la grandezza principale che determina la variabilità della spesa pro capite regionale.
Il Nord-ovest ha una spesa pro capite più bassa anche perché la Lombardia produce servizi con economie di scala per oltre 10 milioni di persone. Questa evidenza (assieme a una banale analisi di regressione non riportata) chiarisce che la dicotomia Nord vs Sud quasi nulla ha a che fare con la spesa locale pro capite: al Sud non si spende per abitante più che a Nord o, almeno, le differenze non sono affatto impressionanti.
Viene ben confermata l’impressione di eccessi di spesa nelle regioni piccole rispetto alle grandi (mediamente 3.141 euro contro 2.686, cioè il 17% in più nelle piccole a statuto ordinario rispetto alle cinque grandi), come anche, anzi soprattutto, l’effetto della specialità degli statuti sulla spesa per abitante: 3.717 euro contro 2.718 euro delle regioni a statuto ordinario (s. o.), cioè il 41% circa in più. Il senso degli statuti speciali nell’ambito dell’autonomia differenziata è sempre più difficile da cogliere (a meno di non voler restare a giocare con questioni giuridiche).
L’indice sintetico dell’output pubblico locale
Non ci si può limitare a temi del tipo “dove si spende di più o di meno” da parte delle amministrazioni locali. Ciò che conta è “quanto si spende” assieme a “per cosa si spende”, cioè quali sono i servizi pubblici che vengono offerti e fruiti dalle collettività locali. Questo secondo aspetto del problema coinvolge la costruzione di un indice sintetico di output (paragrafo 2.1) che rappresenta quanti servizi pubblici vengono offerti e fruiti per abitante nelle singole regioni italiane.
Le perplessità sull’affidabilità dell’indice, per il quale non c’è una teoria sottostante, si possono superare sia considerando che vengono valutati ben 25 indicatori elementari tra i più rilevanti, molti utilizzati per esempio nel BES, sia che l’eventuale aggiunta di altri indicatori non modificherebbe radicalmente la rappresentazione in quanto – si pensi per esempio alle performance regionali in campo sanitario – le variabili (mancanti) di output sono correlate (con quelle che già compongono l’indicatore sintetico)[9]. A conferma della robustezza del sistema di pesatura degli indicatori elementari il paragrafo 2.1.1 presenta un esercizio di sensitività basato sul Metodo Monte Carlo.
Dalle elaborazioni presentate in tabella D, nella colonna intestata all’indice di output, le cose appaiono piuttosto chiare. Se al Sud non si spende molto più che al Nord in termini di costo dei servizi pubblici per abitante (come si vede dalla prima colonna di tabella D), il problema è che di tali servizi se ne producono molto meno. Il Trentino-Alto Adige presenta l’output maggiore in assoluto a cui viene assegnato il valore 1; tutti gli altri indici regionali sono scalati sul valore del Trentino-Alto Adige (nelle scorse edizioni era la Lombardia in cima alla classifica, ora saldamente al secondo posto). L’output (da considerare sempre per abitante) delle regioni migliori (Trentino-Alto Adige, Lombardia e Friuli Venezia Giulia) è più o meno triplo rispetto a quello appannaggio degli abitanti di Calabria e Campania, doppio rispetto all’Abruzzo, due volte e mezzo rispetto alla Puglia.
Le fratture più significative nella graduatoria decrescente dell’output regionale sono: tra Veneto e Toscana e tra questa e l’Umbria; poi tra Marche e Basilicata. Da questa regione in poi l’output comincia a essere circa la metà del massimo. L’ultima frattura è quella che relega agli ultimi posti Campania, Calabria e Sicilia, lasciando la Puglia in una posizione un po’ migliore, ma comunque a distanza dalla Sardegna, ultima regione appartenente al gruppo delle collettività con un output medio-basso.
Le distanze medie territoriali sono anche più chiare nelle aggregazioni della parte in basso della tabella D.
La valutazione degli eccessi di spesa e le risorse da reinvestire
Una prima incontrovertibile conclusione è che in materia di gestione locale della cosa pubblica, le differenze regionali riguardano più i livelli di servizio che gli ammontari di spesa regionale per abitante. Però, se un territorio spende come un altro territorio e offre un servizio sensibilmente inferiore, uno spreco si può senz’altro individuare: per esempio Sicilia e Basilicata spendono per abitante praticamente la medesima cifra con indici di output radicalmente differenti (tab. D.), essendo l’indice di output della Basilicata quasi del 70% superiore a quello della Sicilia.
E’ chiaro che il rapporto tra spesa pro capite e output pro capite indica quanto costa in ciascuna regione un’unità di servizio pubblico (rappresentato da un’unità di indicatore sintetico di output pubblico). Il minore costo è appannaggio (come nelle edizioni passate della Nota) della Lombardia, pari a 2.783 euro pro capite (dalla tabella D questa cifra si ricava come rapporto tra 2.528 euro e 0,908, che è l’indice di output della Lombardia). Quando si afferma che una certa cifra è il costo di un’unità di output, per la precisione si intende “il costo di acquistare l’output pubblico annuale del Trentino-Alto Adige, che è stato parametrato a 1”. Per questa ragione la spesa per un’unità di output della Lombardia ai prezzi della Lombardia è maggiore del costo effettivo pro capite sostenuto in Lombardia (2.528 euro): perché la Lombardia ha un output inferiore all’unità (che è, per convenzione, la misura unitaria per il Trentino-Alto Adige, presentando questa regione il massimo indice di output pubblico locale).
La logica contabile per valutare gli eccessi di spesa pubblica locale è tutta nei passaggi precedenti la cui applicazione porta poi a stabilire che in Calabria, per fare giusto un esempio, se si spendono a testa 3.832 euro per acquistare 0,358 unità di output allora il costo unitario per acquistare un’unità di output pubblico ammonterebbe a 10.703 euro. Gli sprechi, piuttosto cospicui, si possono valutare anche così.
Ma non solo così. Invece di conteggiare quanto in ogni regione costerebbe acquistare un’unità di output (cioè l’output annuale del Trentino-Alto Adige) ai prezzi prevalenti nella stessa regione (spesso parecchio gonfiati), si può valutare quanto costerebbe acquistare l’output effettivo offerto in una specifica regione ai prezzi della regione più efficiente (la Lombardia). E così facendo, emergerebbe che l’output pubblico locale della Calabria (indice pari a 0,358), se fosse venduto e acquistato ai prezzi della Lombardia (costo unitario pari a 2.783 euro) costerebbe 996 euro a testa e non 3.832 euro, permettendo di isolare quindi un eccesso di spesa pro capite di ben 2.836 euro (la differenza tra i due suddetti costi). In generale, per la media dell’Italia, l’output attuale costa in eccesso rispetto ai prezzi più bassi oltre 1.100 euro (i conti di questo paragrafo sono presentati nella tabella 14 del testo).
Moltiplicando gli eccessi di spesa pro capite di ogni regione per la popolazione regionale si perviene a un eccesso macroeconomico relativo alla spesa pubblica locale di 66 miliardi di euro.
In teoria, pertanto, il 38% della spesa pubblica locale si potrebbe risparmiare se l’attuale output fosse offerto ai prezzi della regione più efficiente, la Lombardia. Questi conti aggregati sono presentati nella tabella E.
I maggiori eccessi di spesa provengono dalle regioni meridionali (39,1 miliardi di euro, pari al 58% di tutti gli “sprechi”) e dalle regioni a statuto speciale perché in questi territori l’eccesso di spesa vale il 32% del totale (21,1 miliardi di euro su 66), ma vi risiede solo il 15,1% della popolazione italiana.
Tab. E – Spesa pubblica locale pro capite, eccesso di spesa, risorse da reinvestire ed eccesso netto di spesa per alcune caratteristiche delle regioni
anno 2016 – miliardi di euro
Spesa per beni e servizi pubblici locali | Eccesso di spesa pubblica locale | Risorse da reinvestire per raggiungere il livello di servizio della Lombardia ai prezzi della Lombardia | Eccesso netto di spesa pubblica locale | |
---|---|---|---|---|
Nord-ovest | 43,1 | 7,0 | 8,7 | -1,7 |
Nord-est | 35,8 | 7,8 | 4,3 | 3,4 |
Centro | 33,1 | 12,1 | 12,6 | -0,4 |
Mezzogiorno | 61,8 | 39,1 | 35,3 | 3,9 |
Rss | 33,9 | 21,1 | 12,6 | 8,5 |
Rso | 140,0 | 44,9 | 48,3 | -3,3 |
reg. piccole s.o. | 5,6 | 2,6 | 1,9 | 0,6 |
regioni grandi | 85,2 | 29,4 | 32,5 | -3,1 |
tutte le altre | 83,1 | 34,0 | 26,4 | 7,6 |
Italia | 173,9 | 66,0 | 60,8 | 5,2 |
cfr. nota tab. D.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
La questione centrale, al di là del notevole impatto macroeconomico di una spesa locale i cui costi-prezzi sono molto eterogenei, è che i 66 miliardi di euro identificati quand’anche fossero risparmiati – fenomeno però impensabile – lascerebbero un’ampia fascia di popolazione con livelli di servizio inadeguati. Abbiamo già sottolineato che è proprio la variabilità dei livelli di servizio tra territori il tallone d’Achille della spesa pubblica locale che, poi, impatta sul benessere dei cittadini e comprime la produttività multifattoriale delle imprese (specie al Sud). Pertanto, è lecito chiedersi quanto degli eccessi di spesa andrebbe reinvestito al fine di portare, con prezzi di produzione efficienti (della Lombardia), l’output pro capite di ciascuna regione ai livelli massimi, cioè del Trentino-Alto Adige. Questo conteggio è fornito nella terza colonna della tabella E: ben 60,8 miliardi di euro andrebbero utilizzati per garantire a ciascun cittadino regionale l’output della regione che gode di maggiori e migliori servizi ai prezzi della regione che ha i costi unitari minori.
Con quest’operazione si fornisce un riscontro quantitativo alla sensazione che gli sprechi della spesa pubblica di competenza di regioni ed enti decentrati dipendano non tanto dal livello assoluto della spesa quanto dalla insufficienza produttiva – sia in termini di quantità sia di qualità – che contraddistingue alcuni territori, a partire dal nostro Mezzogiorno.
Di conseguenza togliendo agli sprechi complessivi (tab. E, colonna 2) quanto si dovrebbe reinvestire per portare tutti i cittadini a fruire dei livelli di output del Trentino-Alto Adige (colonna 3), si ottiene lo spreco netto, cioè quel livello di spesa che si potrebbe risparmiare pure accrescendo notevolmente i servizi offerti ai cittadini in ciascuna regione. Questo spreco netto è pari a 5,2 miliardi di euro (colonna 4, tab. E).
Se proprio non si vuole considerare che allo stato attuale, con i livelli osservati di spesa pubblica e output si buttano 60,8 miliardi di euro, si lavori, almeno, per risparmiare una parte rilevante dello spreco netto, operazione cui non corrisponderebbe certo un pregiudizio per i livelli di servizio fruiti dai cittadini.
Potrebbe destare impressione che alcuni numeri riguardanti lo spreco netto siano negativi, implicando che a certi territori (tab. 15 del testo per i dettagli) dovrebbero essere assegnate risorse aggiuntive. In alcuni territori, infatti, l’output è talmente basso che neppure lo spreco dovuto a prezzi superiori al minimo della Lombardia è sufficiente a equalizzare il gap.
Ciò che conta è, comunque, la presenza di un eccesso netto di spesa che si potrebbe comunque risparmiare. Per la logica di costruzione del quadro dei conti di riferimento, il valore dello spreco netto di 5,2 miliardi di euro è da considerarsi un minimo.
1. Alcune considerazioni sulla spesa pubblica
1.1 La spesa pubblica nelle sue articolazioni a livello centrale e locale
L’evoluzione della spesa pubblica complessiva (uscite totali) nel nostro Paese può essere rappresentata sulla base di tre distinti periodi. Il primo, tra il 1995 e il 2007, durante il quale la velocità di crescita della spesa è stata inferiore a quella del PIL nominale, portando il rapporto tra le due grandezze dal 52% circa a poco meno del 47%. Nel secondo, invece, tra il 2008 e il 2016, si è verificata un’inversione di tendenza, che ha riportato l’incidenza della spesa in rapporto al PIL al 49%, per contrastare i contraccolpi negativi della profonda e prolungata recessione del 2009. Nel terzo periodo, vale a dire il biennio 2017-18, si è registrata una lieve flessione del rapporto spesa su PIL, in virtù di un contenimento delle dinamiche delle poste di bilancio per effetto, seppur assai limitato, della spending review (tab. 1, cfr. nota 4 a pag. 6).
Nel 2018, le uscite totali hanno sfiorato gli 854 miliardi di euro, collocandosi appunto al 48,6% del PIL, in lieve riduzione rispetto all’incidenza del 2016, ma quasi due punti percentuali al di sopra del dato 2007.
Considerando l’ultima colonna della tabella 1, relativa alle variazioni cumulate dell’ultimo decennio delle diverse componenti delle uscite, si evince che lo sforzo contenitivo è stato determinato per un verso da fattori esogeni – cioè gli effetti della politica monetaria fortemente accomodante dopo l’adozione del quantitative easing da parte della BCE – che hanno ridotto la spesa per interessi passivi sul debito di oltre il 15% e per altro verso da un’azione (impropria, se non opportunistica) di revisione della spesa tutta concentrata sulla componente in conto capitale (dentro cui si collocano gli investimenti pubblici), ridottasi di quasi il 20% in termini nominali e di circa il 30% in termini di volume. Quest’ultimo aspetto ha certamente contribuito a deprimere il profilo di crescita di PIL e produttività, i cui tassi medi di incremento ridotti a pochi decimali relegano da circa un decennio la nostra economia nelle ultime posizioni in graduatoria nel confronto con i partner europei e le altre economie avanzate.
Per contro, una delle componenti più importanti della spesa per consumi finali – che rappresenta quella parte di uscite di bilancio che concorre alla formazione del PIL, ossia i consumi delle Amministrazioni pubbliche – e nella fattispecie i consumi intermedi, si è incrementata del 25%, più del doppio dell’incremento del PIL, evidenziando come vi sia ancora necessità, nonostante qualche progresso, di incidere sulle procedure di approvvigionamento di beni e servizi utilizzati per fornire le prestazioni dirette ai cittadini da parte delle amministrazioni, in un’ottica di efficientamento e riduzione degli sprechi, spesso concentrate in alcune specifiche funzioni di spesa come, ad esempio, la sanità, ancora lontana dall’omogeneizzazione territoriale per costi e fabbisogni standard.
Tab. 1 – Le principali voci di spesa delle Amministrazioni pubbliche (Centrali, Locali, Enti di previdenza)
1995 | 2007 | 2016 | 2018 | var. % 2008-18 | |
---|---|---|---|---|---|
milioni di euro a prezzi correnti | |||||
Spesa per consumi finali | 172.239 | 304.833 | 316.641 | 330.704 | 8,5 |
- Redditi da lavoro dipendente | 103.820 | 164.330 | 164.096 | 171.826 | 4,6 |
- Consumi intermedi | 44.865 | 78.282 | 92.084 | 97.967 | 25,1 |
- Acquisti dai produttori market | 18.433 | 42.507 | 44.568 | 45.888 | 8,0 |
- Altre poste (a) | 5.121 | 19.714 | 15.893 | 15.023 | -23,8 |
Interessi passivi | 109.781 | 76.660 | 66.288 | 64.979 | -15,2 |
Prestazioni sociali in denaro | 154.171 | 264.407 | 336.354 | 348.893 | 32,0 |
Altre uscite correnti (b) | 25.388 | 34.409 | 51.960 | 50.677 | 47,3 |
Totale uscite correnti | 461.579 | 680.309 | 771.243 | 795.253 | 16,9 |
Totale uscite in conto capitale | 48.689 | 72.818 | 57.433 | 58.365 | -19,8 |
Totale uscite | 510.267 | 753.127 | 828.676 | 853.618 | 13,3 |
Per memoria: | |||||
Pil ai prezzi di mercato | 984.983 | 1.609.551 | 1.689.824 | 1.756.982 | 9,2 |
in % del Pil | |||||
Spesa per consumi finali | 17,5 | 18,9 | 18,7 | 18,8 | |
- Redditi da lavoro dipendente | 10,5 | 10,2 | 9,7 | 9,8 | |
- Consumi intermedi | 4,6 | 4,9 | 5,4 | 5,6 | |
- Acquisti dai produttori market | 1,9 | 2,6 | 2,6 | 2,6 | |
- Altre poste (a) | 0,5 | 1,2 | 0,9 | 0,9 | |
Interessi passivi | 11,1 | 4,8 | 3,9 | 3,7 | |
Prestazioni sociali in denaro | 15,7 | 16,4 | 19,9 | 19,9 | |
Altre uscite correnti (b) | 2,6 | 2,1 | 3,1 | 2,9 | |
Totale uscite correnti | 46,9 | 42,3 | 45,6 | 45,3 | |
Totale uscite in conto capitale | 4,9 | 4,5 | 3,4 | 3,3 | |
Totale uscite | 51,8 | 46,8 | 49,0 | 48,6 |
(a) È una somma algebrica nella quale entrano con segno (+) il risultato lordo di gestione e le altre imposte indirette sulla produzione e con segno (-) la produzione di beni e servizi per proprio uso finale, la produzione di beni e servizi vendibili (produzione market) e le vendite residuali, ossia i pagamenti richiesti ai beneficiari a copertura di una parte dei costi sostenuti per la produzione di servizi non destinabili alla vendita, corrispondenti sostanzialmente ai ticket sanitari).
(b) La tabella riporta per comodità del lettore le principali voci di spesa pubblica. Va tenuto presente che, a partire dal SEC 2010, nella rappresentazione del conto della PA non entra per intero la spesa per consumi finali, compensata da una riduzione di analogo ammontare dal lato delle entrate. In questo senso, i consumi finali sono riportati “per memoria” e le voci residuali di spesa corrente non possono essere ottenute per differenza tra la spesa corrente totale, i consumi finali, gli interessi e le prestazioni sociali.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
1.2 La regionalizzazione della spesa pubblica per consumi finali
Il procedimento di regionalizzazione della spesa pubblica per consumi finali delle Amministrazioni locali – spiegato nel corso dei prossimi paragrafi – origina dai dati ufficiali relativi alla spesa per consumi finali delle AA.PP. secondo la classificazione funzionale (COFOG-Istat) ripartita a livello regionale.
La spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche (tab. 2) ammonta a quasi 316,7 miliardi di euro nel 2016 (ultimo anno per il quale si dispone di dati completi). Del totale, poco più di 111 miliardi sono attribuibili al Mezzogiorno. La Lombardia presenta il valore più elevato di spesa per consumi finali: 48,3 miliardi di euro, pari a oltre il 60% della spesa complessivamente attribuibile al Nord-ovest ed il 15% delle risorse totali, seguita dal Lazio (poco meno di 30 miliardi), e da due regioni meridionali (Campania e Sicilia, entrambe con oltre 28 miliardi).
Tab. 2 – Spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche per funzione di spesa COFOG e per Regione
anno 2016 - in milioni di euro
Funzioni di spesa (COFOG) | |||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | servizi pubblici generali | difesa | ordine pubblico e sicurezza | affari economici | protez. ambientale | abitazioni e assetto del territorio | sanità | att. ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | |
Piemonte | 22.094 | 2.554 | 1.592 | 2.178 | 1.361 | 246 | 539 | 8.164 | 456 | 3.903 | 1.102 |
Val d’Aosta | 1.123 | 272 | 46 | 107 | 133 | 37 | 43 | 265 | 41 | 125 | 55 |
Lombardia | 48.315 | 5.429 | 3.607 | 4.934 | 2.547 | 370 | 1.135 | 18.063 | 1.085 | 8.595 | 2.550 |
Liguria | 8.713 | 993 | 569 | 806 | 678 | 158 | 315 | 3.252 | 187 | 1.327 | 429 |
Nord-ovest | 80.244 | 9.247 | 5.813 | 8.025 | 4.719 | 811 | 2.031 | 29.744 | 1.769 | 13.949 | 4.136 |
Trentino A.A. | 8.317 | 1.411 | 381 | 544 | 1.321 | 164 | 218 | 2.243 | 251 | 1.253 | 532 |
Veneto | 24.742 | 2.669 | 1.774 | 2.332 | 1.818 | 619 | 678 | 8.547 | 510 | 4.296 | 1.500 |
Friuli V. G. | 7.327 | 1.252 | 441 | 601 | 574 | 96 | 194 | 2.322 | 176 | 1.163 | 510 |
Emilia R. | 22.713 | 2.549 | 1.604 | 2.147 | 1.642 | 309 | 506 | 8.217 | 516 | 4.078 | 1.145 |
Nord-est | 63.099 | 7.880 | 4.201 | 5.623 | 5.355 | 1.188 | 1.596 | 21.328 | 1.453 | 10.789 | 3.687 |
Toscana | 19.336 | 2.181 | 1.351 | 1.868 | 1.170 | 301 | 557 | 6.940 | 423 | 3.666 | 878 |
Umbria | 4.701 | 558 | 322 | 428 | 412 | 66 | 120 | 1.636 | 92 | 884 | 184 |
Marche | 7.859 | 903 | 558 | 735 | 517 | 81 | 178 | 2.817 | 167 | 1.546 | 359 |
Lazio | 29.982 | 3.292 | 2.124 | 3.067 | 1.600 | 397 | 681 | 11.266 | 611 | 5.476 | 1.469 |
Centro | 61.879 | 6.934 | 4.355 | 6.098 | 3.698 | 845 | 1.536 | 22.659 | 1.292 | 11.573 | 2.890 |
Abruzzo | 6.782 | 804 | 479 | 645 | 441 | 135 | 186 | 2.428 | 117 | 1.304 | 244 |
Molise | 1.889 | 292 | 113 | 153 | 247 | 42 | 56 | 617 | 25 | 293 | 52 |
Campania | 28.724 | 3.328 | 2.111 | 2.910 | 1.080 | 549 | 854 | 10.181 | 515 | 6.324 | 873 |
Puglia | 20.086 | 2.195 | 1.472 | 1.983 | 824 | 201 | 368 | 7.775 | 354 | 4.194 | 721 |
Basilicata | 3.216 | 433 | 207 | 276 | 248 | 115 | 87 | 1.068 | 54 | 637 | 93 |
Calabria | 12.377 | 1.097 | 712 | 967 | 2.561 | 460 | 416 | 3.630 | 167 | 2.056 | 311 |
Sicilia | 28.374 | 4.212 | 1.833 | 2.574 | 2.300 | 468 | 911 | 8.971 | 794 | 5.314 | 998 |
Sardegna | 9.985 | 1.214 | 599 | 828 | 1.051 | 245 | 344 | 3.460 | 200 | 1.492 | 553 |
Mezzogiorno | 111.432 | 13.575 | 7.526 | 10.336 | 8.751 | 2.214 | 3.222 | 38.128 | 2.226 | 21.613 | 3.844 |
Centro-nord | 205.222 | 24.061 | 14.369 | 19.747 | 13.772 | 2.844 | 5.163 | 73.731 | 4.514 | 36.310 | 10.712 |
Italia | 316.655 | 37.636 | 21.895 | 30.082 | 22.522 | 5.058 | 8.385 | 111.859 | 6.739 | 57.923 | 14.556 |
Fonte: Istat.
In termini di funzioni di spesa, sanità ed istruzione assorbono quasi il 54% della spesa per consumi finali, con oltre 111 miliardi per la prima e quasi 58 miliardi per la seconda.
1.3 Dalla spesa delle Amministrazioni pubbliche alla spesa delle Amministrazioni locali
Per la determinazione della spesa COFOG per regione delle Amministrazioni locali, occorre effettuare alcuni passaggi che prendono le mosse dai dati aggregati e per settore presentati nella tabella 3.
Tab. 3 – Spesa per consumi finali delle AA.PP. per sotto-settore
e funzione di spesa COFOG
anno 2016 - in milioni di euro
Funzioni di spesa (COFOG) | |||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | servizi pubblici generali | difesa | ordine pubblico e sicurezza | affari economici | protez. ambientale | abitazioni e assetto del territorio | sanità | att. ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | |
Amm. ni pubbliche | 316.655 | 37.636 | 21.895 | 30.082 | 22.522 | 5.058 | 8.385 | 111.859 | 6.739 | 57.923 | 14.556 |
- Amm.ni centrali | 136.123 | 16.555 | 21.895 | 26.340 | 11.816 | 2.080 | 652 | 1.521 | 3.897 | 49.435 | 1.932 |
- Amm. ni locali | 174.892 | 21.072 | 0 | 3.742 | 10.706 | 2.978 | 7.733 | 109.942 | 2.842 | 8.488 | 7.389 |
- Enti di previdenza | 5.640 | 9 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 396 | 0 | 0 | 5.235 |
Fonte: Istat.
Il procedimento seguito è costituito da diverse fasi che possono essere così schematizzate:
- regionalizzazione dei dati Istat sulla spesa per consumi finali delle Amministrazioni centrali per funzione COFOG;
- regionalizzazione dei dati Istat sulla spesa per consumi finali degli Enti di previdenza per funzione COFOG;
- calcolo della spesa regionalizzata per consumi finali delle Amministrazioni locali per differenza, sottraendo dalla spesa regionale riportata in tabella 2 relativa al complesso delle Amministrazioni pubbliche la parte di spesa regionale attribuibile alle Amministrazioni centrali e agli Enti di previdenza.
Del totale della spesa per consumi finali sostenuta da tutte le Amministrazioni pubbliche, nel 2016, circa 136 miliardi di euro sono stati spesi dalle sole Amministrazioni centrali (tab. 3). Tale ammontare di spesa è stato fortemente orientato all’istruzione (49,5 miliardi), all’ordine pubblico e alla sicurezza (26,3 miliardi) e alla difesa (poco meno di 22 miliardi). Le funzioni che assorbono il minor ammontare di risorse a livello centrale sono invece la protezione sociale e la sanità (affidate prevalentemente agli Enti locali e agli Enti di previdenza), e la funzione abitazioni e assetto del territorio.
Più ampia rispetto alla quota di spesa delle Amministrazioni centrali è quella detenuta dagli Enti locali, che nel 2016 hanno sostenuto spese per consumi finali per quasi 174 miliardi di euro, cioè il 55% della spesa pubblica per consumi finali complessiva. Da un punto di vista funzionale, la spesa degli Enti locali è destinata, per oltre il 63%, alla sanità, mentre un’altra quota piuttosto consistente è assorbita dai servizi pubblici generali (12% circa nel 2016), in ragione del numero di dipendenti degli Enti locali e dei corrispondenti redditi da lavoro, nonché le spese per gli organi costituzionali (consiglieri regionali e comunali, in conseguenza dell’art. 114 Cost.), sebbene le riforme introdotte negli ultimi anni ne abbiano ridimensionato il costo rispetto al passato.
Infine, la spesa sostenuta dagli Enti di previdenza, l’1,8% circa del totale corrispondente a 5,6 miliardi di euro nel 2016, si concentra quasi esclusivamente sulla protezione sociale (5,1 miliardi di euro).
1.3.1 La regionalizzazione della spesa per consumi finali delle Amministrazioni centrali
I criteri – uno o più per ogni funzione COFOG – sulla base dei quali attribuire a ciascuna regione parte della spesa complessiva delle Amministrazioni centrali risultante dalla tabella 3, sono sintetizzati nella tabella 4, mentre la tabella 5 presenta i risultati del procedimento, restituendo esattamente nell’ultima riga relativa all’Italia i dati della tabella 3 del 2016 per il sotto-settore Amministrazioni centrali.
Tab. 4 – Criteri per la regionalizzazione della spesa per consumi finali
delle Amministrazioni centrali
Divisioni COFOG | Criterio |
---|---|
Servizi pubblici generali | popolazione residente |
Difesa | nessun criterio(a) |
Ordine pubblico e sicurezza | popolazione residente |
Affari economici | quota regionale del valore aggiunto di ciascuna branca di attività economica che compone l’aggregato(b) |
Protezione ambiente | spesa corrente (al netto dei trasferimenti alle Amm. Locali) di fonte RGS |
Abitazioni e assetto del territorio | quota regionale del valore aggiunto della branca costruzioni |
Sanità | popolazione residente |
Attività ricreative, culturali e di culto | popolazione residente |
Istruzione | numero di studenti delle scuole pubbliche statali MIUR |
Protezione sociale | popolazione residente |
(a) La spesa per la Difesa, essendo un bene pubblico indivisibile garantito dalle Amministrazioni centrali, non è stata regionalizzata: i valori regionali presentati in tabella 5 sono dunque gli stessi di quelli presentati in tabella 2.
(b) La divisione COFOG Affari economici è stata considerata nell’articolazione dei suoi 9 gruppi: “affari generali economici, commerciali e del lavoro”, “agricoltura, silvicoltura, pesca e caccia”, “combustibili ed energia”, “attività estrattive, manifatturiere ed edilizie”, “trasporti”, “comunicazioni”, “altri settori”, “R&S per gli affari economici”, “affari economici n.a.c.”. Per ciascuno di essi è stata calcolata la quota regionale di valore aggiunto delle corrispondenti branche di attività economica di fonte Istat.
Ufficio Studi Confcommercio e CER, Centro Europa Ricerche.
Dei 136,1 miliardi complessivamente spesi dalle Amministrazioni centrali nel 2016, 47,7 miliardi rappresentano spese per consumi finali del Mezzogiorno (tab. 5), un ammontare nettamente superiore rispetto a quello delle altre ripartizioni in particolar modo per ciò che riguarda la funzione istruzione, per la quale nel meridione vengono spesi, a livello centrale, poco meno di 20 miliardi di euro, circa il 60% in più del Nord-ovest e sostanzialmente il doppio rispetto alle rimanenti ripartizioni territoriali (ma bisogna ricordare che il Mezzogiorno rappresenta anche la ripartizione più estesa dal punto di vista della popolazione residente come mostra, più avanti, l’ultima colonna di tab. 9). A livello regionale, invece, la Lombardia si conferma la regione con la spesa centrale più elevata (quasi 22 miliardi), seguita dalla Campania (13,7 miliardi).
La spesa per consumi finali delle Amministrazioni centrali della funzione affari economici presenta un valore particolarmente elevato in Lombardia (2,3 miliardi di euro): questo risultato dipende dal criterio adottato per la regionalizzazione della spesa relativa ai Trasporti, allocata alle regioni secondo il valore aggiunto della branca trasporti e magazzinaggio, che vale per questa regione da sola il 19% del totale, quasi quanto l’intera ripartizione del Nord-est o del Centro.
Altri valori degni di nota riguardano la spesa (nulla) per istruzione per le regioni Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige: in questo caso il risultato della regionalizzazione dipende dalla scelta dell’indicatore, che conduce all’esclusione dal calcolo degli iscritti alle scuole, seppure pubbliche, non statali, come appunto le scuole della Regione Val d’Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano che, in seguito all’autonomia, sono gestite rispettivamente dalla Regione e dagli Enti provinciali con competenza diretta sull’istruzione.
Tab. 5 – Spesa per consumi finali delle Amministrazioni centrali per funzione di spesa COFOG e per Regione
2016 - in milioni di euro
Funzioni di spesa (COFOG) | |||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | servizi pubblici generali | difesa | ordine pubblico e sicurezza | affari economici | protez. ambientale | abitazioni e assetto del territorio | sanità | att. ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | |
Piemonte | 9.584 | 1.201 | 1.592 | 1.911 | 838 | 98 | 50 | 110 | 283 | 3.426 | 75 |
Val d’Aosta | 189 | 35 | 46 | 55 | 35 | 1 | 2 | 3 | 8 | 0 | 3 |
Lombardia | 21.989 | 2.734 | 3.607 | 4.351 | 2.359 | 183 | 136 | 251 | 644 | 7.564 | 160 |
Liguria | 3.511 | 428 | 569 | 681 | 499 | 26 | 19 | 39 | 101 | 1.104 | 44 |
Nord-ovest | 35.272 | 4.398 | 5.813 | 6.998 | 3.731 | 309 | 208 | 404 | 1.035 | 12.094 | 282 |
Trentino A.A. | 1.573 | 290 | 381 | 461 | 297 | 14 | 20 | 27 | 68 | 0 | 16 |
Veneto | 10.915 | 1.341 | 1.774 | 2.134 | 1.070 | 94 | 61 | 123 | 316 | 3.879 | 124 |
Friuli V. G. | 2.662 | 333 | 441 | 530 | 233 | 41 | 14 | 31 | 78 | 928 | 33 |
Emilia R. | 9.952 | 1.215 | 1.604 | 1.933 | 1.083 | 74 | 55 | 112 | 286 | 3.490 | 101 |
Nord-est | 25.102 | 3.179 | 4.201 | 5.057 | 2.683 | 223 | 149 | 292 | 748 | 8.296 | 274 |
Toscana | 8.401 | 1.022 | 1.351 | 1.626 | 759 | 102 | 40 | 94 | 241 | 3.052 | 113 |
Umbria | 2.013 | 243 | 322 | 387 | 150 | 18 | 9 | 22 | 57 | 762 | 43 |
Marche | 3.510 | 421 | 558 | 669 | 259 | 20 | 16 | 39 | 99 | 1.368 | 62 |
Lazio | 14.068 | 1.609 | 2.124 | 2.560 | 1.341 | 895 | 65 | 148 | 379 | 4.631 | 317 |
Centro | 27.993 | 3.295 | 4.355 | 5.243 | 2.509 | 1.035 | 130 | 303 | 776 | 9.813 | 534 |
Abruzzo | 3.038 | 362 | 479 | 575 | 212 | 85 | 16 | 33 | 85 | 1.131 | 58 |
Molise | 697 | 85 | 113 | 135 | 46 | 12 | 3 | 8 | 20 | 260 | 15 |
Campania | 13.771 | 1.596 | 2.111 | 2.539 | 795 | 121 | 46 | 147 | 376 | 5.807 | 232 |
Puglia | 9.398 | 1.112 | 1.472 | 1.768 | 514 | 70 | 32 | 102 | 262 | 3.903 | 164 |
Basilicata | 1.335 | 156 | 207 | 249 | 84 | 20 | 6 | 14 | 37 | 531 | 30 |
Calabria | 4.614 | 537 | 712 | 855 | 331 | 77 | 14 | 49 | 126 | 1.831 | 83 |
Sicilia | 11.629 | 1.383 | 1.833 | 2.201 | 648 | 90 | 32 | 127 | 326 | 4.795 | 194 |
Sardegna | 3.273 | 452 | 599 | 719 | 264 | 37 | 15 | 42 | 106 | 973 | 66 |
Mezzogiorno | 47.755 | 5.683 | 7.526 | 9.042 | 2.893 | 513 | 165 | 522 | 1.338 | 19.232 | 842 |
Italia | 136.123 | 16.555 | 21.895 | 26.340 | 11.816 | 2.080 | 652 | 1.521 | 3.897 | 49.435 | 1.932 |
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Agenzia per la Coesione Territoriale – Conti Pubblici Territoriali e MEF-RGS, Spesa Statale Regionalizzata.
A questo proposito, facendo riferimento a titolo esemplificativo allo Statuto della Provincia Autonoma di Trento, la competenza primaria o esclusiva in materia di scuola materna spetta alla potestà legislativa provinciale, come sempre a quest’ultima, seppur in un ottica di competenza secondaria o concorrente, cioè nell’ambito di leggi-quadro statali, spetta la competenza in materia di istruzione elementare e secondaria (inferiore e superiore). Questa è la ragione per la quale la spesa delle Amministrazioni centrali per la funzione istruzione risulta pari a zero nella Val d’Aosta e nel Trentino-Alto Adige.
1.3.2 La regionalizzazione della spesa per consumi finali degli Enti di previdenza
Come mostra la tabella 3, la regionalizzazione della spesa per consumi finali degli Enti di previdenza riguarda soltanto le funzioni sanità e protezione sociale, per le quali sono stati utilizzati gli indicatori presentati in tabella 6. I risultati del procedimento sono riportati in tabella 7.
La spesa complessiva per consumi finali sostenuta dagli Enti di previdenza, 5,6 miliardi di euro circa nel 2016, viene assorbita quasi completamente dalla funzione di protezione sociale (5,2 miliardi di euro) e, in misura marginale, dalla sanità.
Tab. 6 – Criteri per la regionalizzazione della spesa per consumi finali degli Enti di previdenza
Divisioni COFOG | Criterio |
---|---|
Sanità | INPS – Numero visite mediche di controllo |
Protezione sociale | quota di spesa regionale degli enti previdenziali per prestazioni sociali erogate |
Ufficio Studi Confcommercio.
Tab. 7 – Spesa per consumi finali degli Enti di previdenza per funzione di spesa COFOG e per Regione
2016 - in milioni di euro
Funzioni di spesa (COFOG) | |||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | servizi pubblici generali | difesa | ordine pubblico e sicurezza | affari economici | protez. ambientale | abitazioni e assetto del territorio | sanità | att. ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | |
Piemonte | 471 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 31 | 0 | 0 | 439 |
Val d’Aosta | 13 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 1 | 0 | 0 | 12 |
Lombardia | 986 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 59 | 0 | 0 | 926 |
Liguria | 184 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 9 | 0 | 0 | 175 |
Nord-ovest | 1.653 | 2 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 99 | 0 | 0 | 1.552 |
Trentino A.A. | 92 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 4 | 0 | 0 | 88 |
Veneto | 446 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 28 | 0 | 0 | 418 |
Friuli V. G. | 133 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 7 | 0 | 0 | 126 |
Emilia R. | 473 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 35 | 0 | 0 | 438 |
Nord-est | 1.144 | 2 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 74 | 0 | 0 | 1.069 |
Toscana | 380 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 20 | 0 | 0 | 359 |
Umbria | 93 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 5 | 0 | 0 | 87 |
Marche | 148 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 8 | 0 | 0 | 140 |
Lazio | 584 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 54 | 0 | 0 | 529 |
Centro | 1.205 | 2 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 88 | 0 | 0 | 1.115 |
Abruzzo | 119 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 9 | 0 | 0 | 109 |
Molise | 27 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 2 | 0 | 0 | 25 |
Campania | 420 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 39 | 0 | 0 | 380 |
Puglia | 331 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 22 | 0 | 0 | 308 |
Basilicata | 47 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 4 | 0 | 0 | 44 |
Calabria | 167 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 18 | 0 | 0 | 148 |
Sicilia | 381 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 34 | 0 | 0 | 347 |
Sardegna | 145 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 8 | 0 | 0 | 137 |
Mezzogiorno | 1.637 | 3 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 136 | 0 | 0 | 1.499 |
Italia | 5.640 | 9 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 396 | 0 | 0 | 5.235 |
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Agenzia per la Coesione Territoriale – Conti Pubblici Territoriali e MEF-RGS, Spesa Statale Regionalizzata.
1.3.3 La regionalizzazione della spesa per consumi finali delle Amministrazioni locali
Alla spesa regionale per consumi finali, sostenuta dalle Amministrazioni locali presentata in tabella 8, si perviene sottraendo dalla spesa regionale delle Amministrazioni pubbliche (tab. 2), la spesa regionale delle Amministrazioni centrali (tab. 5) e quella degli Enti di previdenza (tab. 7).
La spesa per consumi finali delle Amministrazioni locali ammonta a quasi 175 miliardi di euro nel 2016, il 63% dei quali è destinato alla sanità (poco meno di 110 miliardi di euro). Il Mezzogiorno si conferma la macro area in cui gli Enti locali spendono complessivamente in misura maggiore – oltre 61 miliardi – seguito dal Nord-ovest, dove preponderante è l’ammontare di risorse spese dagli Enti locali della regione Lombardia (25,3 miliardi). Cospicue anche le spese degli Enti locali di Sicilia (16,3), Lazio (15,8 miliardi), e Campania (14,5 miliardi). Queste evidenze sono, di fatto, legate alle dimensioni demografiche delle regioni.
La funzione difesa presenta valori nulli per tutte le regioni in quanto, trattandosi di un bene pubblico indivisibile garantito completamente dalle Amministrazioni centrali, il relativo ammontare di spesa del complesso delle Amministrazioni pubbliche è, per definizione Istat, totalmente attribuito alle Amministrazioni centrali, come risulta in tabella 3.
Tab. 8 – Spesa per consumi finali delle Amministrazioni locali per funzione di spesa COFOG e per Regione (per calcolo: tab. 8 = tab. 2 - tab. 5 - tab. 7)
2016 - in milioni di euro
Funzioni di spesa (COFOG) | |||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | servizi pubblici generali | difesa | ordine pubblico e sicurezza | affari economici | protez. ambientale | abitazioni e assetto del territorio | sanità | att. ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | |
Piemonte | 12.018 | 1.352 | 0 | 267 | 523 | 127 | 489 | 8.023 | 173 | 476 | 587 |
Val d’Aosta | 916 | 237 | 0 | 52 | 97 | 30 | 40 | 261 | 33 | 125 | 40 |
Lombardia | 25.313 | 2.693 | 0 | 583 | 188 | 160 | 999 | 17.753 | 442 | 1.031 | 1.464 |
Liguria | 5.000 | 564 | 0 | 125 | 179 | 113 | 296 | 3.204 | 86 | 223 | 210 |
Nord-ovest | 43.247 | 4.846 | 0 | 1.027 | 988 | 430 | 1.824 | 29.241 | 734 | 1.855 | 2.302 |
Trentino A.A. | 6.630 | 1.121 | 0 | 83 | 1.024 | 129 | 198 | 2.212 | 183 | 1.253 | 429 |
Veneto | 13.306 | 1.327 | 0 | 198 | 749 | 450 | 617 | 8.396 | 194 | 417 | 958 |
Friuli V. G. | 4.524 | 919 | 0 | 71 | 341 | 47 | 180 | 2.284 | 97 | 235 | 351 |
Emilia R. | 12.254 | 1.334 | 0 | 215 | 559 | 201 | 452 | 8.071 | 230 | 588 | 606 |
Nord-est | 36.714 | 4.700 | 0 | 566 | 2.672 | 827 | 1.446 | 20.962 | 704 | 2.492 | 2.344 |
Toscana | 10.527 | 1.159 | 0 | 242 | 410 | 171 | 516 | 6.826 | 182 | 614 | 406 |
Umbria | 2.588 | 315 | 0 | 41 | 262 | 41 | 111 | 1.609 | 34 | 122 | 54 |
Marche | 4.192 | 482 | 0 | 65 | 257 | 52 | 163 | 2.770 | 68 | 179 | 157 |
Lazio | 15.829 | 1.681 | 0 | 507 | 259 | 1 | 617 | 11.063 | 232 | 845 | 624 |
Centro | 33.135 | 3.637 | 0 | 855 | 1.189 | 264 | 1.406 | 22.268 | 516 | 1.759 | 1.240 |
Abruzzo | 3.618 | 442 | 0 | 70 | 229 | 42 | 170 | 2.385 | 32 | 172 | 76 |
Molise | 1.161 | 207 | 0 | 18 | 201 | 25 | 52 | 608 | 5 | 33 | 12 |
Campania | 14.471 | 1.731 | 0 | 371 | 285 | 366 | 808 | 9.996 | 139 | 516 | 260 |
Puglia | 10.338 | 1.083 | 0 | 214 | 310 | 113 | 336 | 7.650 | 93 | 291 | 249 |
Basilicata | 1.820 | 276 | 0 | 27 | 164 | 81 | 80 | 1.050 | 17 | 106 | 19 |
Calabria | 7.540 | 559 | 0 | 112 | 2.231 | 328 | 402 | 3.562 | 41 | 226 | 80 |
Sicilia | 16.310 | 2.828 | 0 | 373 | 1.652 | 323 | 879 | 8.810 | 468 | 519 | 457 |
Sardegna | 6.537 | 762 | 0 | 109 | 787 | 178 | 330 | 3.410 | 94 | 518 | 349 |
Mezzogiorno | 61.796 | 7.889 | 0 | 1.294 | 5.857 | 1.457 | 3.057 | 37.470 | 888 | 2.381 | 1.503 |
Italia | 174.892 | 21.072 | 0 | 3.742 | 10.706 | 2.978 | 7.733 | 109.942 | 2.842 | 8.488 | 7.389 |
(a) Occorre sottolineare che la spesa per la funzione di protezione ambientale del Lazio è stata arbitrariamente posta pari ad 1 milione di euro, in quanto l’operazione di regionalizzazione descritta nel corso dei paragrafi precedenti avrebbe condotto a valori negativi. Al fine di mantenere il totale della spesa degli Enti locali per funzione coerente con quello presentato in tabella 3, la differenza (negativa) tra il valore (negativo) risultante dal calcolo ed il valore posto arbitrariamente pari ad uno è stata ripartita tra le regioni rimanenti sulla base della quota percentuale detenuta da ciascuna di esse (con esclusione della regione il cui valore è oggetto di aggiustamento) relativamente alla funzione per la quale risultava il valore negativo.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Agenzia per la Coesione Territoriale – Conti Pubblici Territoriali e MEF-RGS, Spesa Statale Regionalizzata.
1.4 La spesa pro capite per consumi finali delle Amministrazioni locali: l’analisi per funzione di spesa
Il rapporto tra i valori presentati in tabella 8 e la popolazione residente in ciascuna regione, restituisce la spesa per consumi finali pro capite sostenuta dalle Amministrazioni locali nel 2016 (tab. 9).
In media, in Italia per ogni abitante si spendono, all’anno, 2.885 euro per beni e servizi forniti dalle Amministrazioni locali. Di questa somma, quasi il 63% viene assorbita dal settore sanitario (1.813 euro pro capite), mentre il 12,0% è destinato ai servizi pubblici generali. Proprio in virtù della preponderanza della funzione sanità nel calcolo della spesa pro capite delle Amministrazioni locali, è parso opportuno presentare anche il totale della spesa per abitante al netto della spesa sanitaria (seconda colonna di tab. 9).
Elevati importi pro capite destinati alla sanità si trovano in Val d’Aosta, Liguria, Trentino-Alto Adige, e Sardegna, dove si superano i 2.000 euro pro capite a fronte di una media nazionale poco al di sopra dei 1.800 euro. L’aspetto più rilevante riguarda l’ammontare di risorse che ogni cittadino valdostano e trentino destina ai servizi pubblici generali (che, si ricorda, comprendono la remunerazione degli organi costituzionali di regioni e comuni) in confronto ai valori presentati dal resto delle regioni: tre volte tanto in Trentino e oltre 5 volte il valore medio nazionale in Val d’Aosta.
Non a caso, per il complesso delle funzioni, sono proprio Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige a registrare i maggiori importi pro capite per spesa degli Enti locali, con valori più che doppi rispetto al dato medio nazionale.
In particolare, si segnalano le eccedenze di queste due regioni per la spesa della funzione istruzione, che derivano dalle considerazioni svolte a commento della tabella 5 sulla loro competenza esclusiva in materia che, di fatto, incorpora anche la quota di spesa che nelle regioni a statuto ordinario risulta di competenza delle Amministrazioni centrali.
In altri termini, si ritiene necessario, ai fini di una stima non distorta della spesa delle Amministrazioni locali, imputare a queste due regioni la spesa media nazionale delle Amministrazioni centrali per istruzione, corrispondente a 832 euro, come proxy di una ipotetica spesa dello stato centrale in quella funzione.
Quindi, gli importi della spesa locale pro capite relativa al totale delle funzioni di spesa, tenendo conto della correzione adottata per l’istruzione in Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige, si modificano secondo la rappresentazione della tabella 9-bis, nella quale la spesa per istruzione a livello locale nelle due regioni citate scende, rispettivamente, a 152 euro pro capite per la Val d’Aosta e 349 euro pro capite per il Trentino (modificandosi anche quelle a livello di ripartizione), così come la spesa media nazionale pro capite, per il totale delle funzioni COFOG, scende leggermente a 2.868 euro (le differenze rispetto alla tab. 9 in grigio).
Tab. 9 – Spesa pro capite per consumi finali delle Amministrazioni locali per funzione COFOG e per regione
2016 - euro per abitante
Funzioni di spesa (COFOG) | ||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | totale al netto della spesa sanitaria | serv. pubbl. gen. | ordine pubbl. e sicur. | aff. econ. | protez. amb. | abitazioni e assetto del territorio | sanità | attività ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | Pop. 2016 | |
Piemonte | 2.732 | 908 | 307 | 61 | 119 | 29 | 111 | 1.824 | 39 | 108 | 134 | 4.398.386 |
Val d’Aosta | 7.207 | 5.151 | 1.868 | 407 | 764 | 240 | 316 | 2.056 | 258 | 983 | 316 | 127.106 |
Lombardia | 2.528 | 755 | 269 | 58 | 19 | 16 | 100 | 1.773 | 44 | 103 | 146 | 10.013.758 |
Liguria | 3.188 | 1.145 | 360 | 80 | 114 | 72 | 189 | 2.043 | 55 | 142 | 134 | 1.568.180 |
Nord-ovest | 2.685 | 870 | 301 | 64 | 61 | 27 | 113 | 1.815 | 46 | 115 | 143 | 16.107.430 |
Trentino A.A. | 6.249 | 4.164 | 1.056 | 78 | 965 | 122 | 186 | 2.085 | 172 | 1.181 | 404 | 1.060.987 |
Veneto | 2.709 | 1.000 | 270 | 40 | 152 | 92 | 126 | 1.710 | 40 | 85 | 195 | 4.911.326 |
Friuli V. G. | 3.709 | 1.837 | 753 | 58 | 279 | 38 | 148 | 1.873 | 80 | 192 | 288 | 1.219.545 |
Emilia R. | 2.755 | 941 | 300 | 48 | 126 | 45 | 102 | 1.814 | 52 | 132 | 136 | 4.448.494 |
Nord-est | 3.154 | 1.353 | 404 | 49 | 230 | 71 | 124 | 1.801 | 61 | 214 | 201 | 11.640.352 |
Toscana | 2.812 | 988 | 310 | 65 | 110 | 46 | 138 | 1.824 | 49 | 164 | 109 | 3.743.418 |
Umbria | 2.908 | 1.101 | 354 | 46 | 295 | 46 | 124 | 1.807 | 39 | 137 | 60 | 890.045 |
Marche | 2.720 | 923 | 313 | 42 | 167 | 34 | 106 | 1.798 | 44 | 116 | 102 | 1.540.904 |
Lazio | 2.686 | 809 | 285 | 86 | 44 | 0 | 105 | 1.877 | 39 | 143 | 106 | 5.893.298 |
Centro | 2.746 | 901 | 301 | 71 | 99 | 22 | 117 | 1.845 | 43 | 146 | 103 | 12.067.664 |
Abruzzo | 2.732 | 931 | 334 | 53 | 173 | 32 | 128 | 1.801 | 24 | 130 | 57 | 1.324.380 |
Molise | 3.731 | 1.778 | 666 | 57 | 644 | 81 | 168 | 1.952 | 16 | 106 | 39 | 311.238 |
Campania | 2.476 | 766 | 296 | 63 | 49 | 63 | 138 | 1.710 | 24 | 88 | 45 | 5.844.967 |
Puglia | 2.540 | 660 | 266 | 53 | 76 | 28 | 83 | 1.879 | 23 | 71 | 61 | 4.070.527 |
Basilicata | 3.182 | 1.347 | 483 | 47 | 287 | 142 | 141 | 1.835 | 30 | 185 | 33 | 572.030 |
Calabria | 3.832 | 2.022 | 284 | 57 | 1.134 | 167 | 204 | 1.810 | 21 | 115 | 41 | 1.967.825 |
Sicilia | 3.220 | 1.481 | 558 | 74 | 326 | 64 | 173 | 1.739 | 92 | 102 | 90 | 5.065.451 |
Sardegna | 3.948 | 1.889 | 460 | 66 | 475 | 107 | 199 | 2.060 | 57 | 313 | 211 | 1.655.637 |
Mezzogiorno | 2.969 | 1.169 | 379 | 62 | 281 | 70 | 147 | 1.800 | 43 | 114 | 72 | 20.812.054 |
Centro-Nord | 2.841 | 1.020 | 331 | 61 | 122 | 38 | 117 | 1.820 | 49 | 153 | 148 | 39.815.445 |
Italia | 2.885 | 1.071 | 348 | 62 | 177 | 49 | 128 | 1.813 | 47 | 140 | 122 | 60.627.498 |
reg. piccole s. o.(a) | 3.141 | 1.299 | 450 | 48 | 354 | 83 | 137 | 1.842 | 32 | 147 | 48 | 1.773.312 |
reg. s. s. | 3.825 | 1.965 | 643 | 75 | 427 | 78 | 178 | 1.860 | 96 | 290 | 178 | 9.128.726 |
(a) Umbria, Molise e Basilicata.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
Tab. 9bis – Spesa pro capite per consumi finali delle Amministrazioni locali per funzione COFOG e per regione corretta per la minore spesa in istruzione imputata a Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige
2016 - euro per abitante
Funzioni di spesa (COFOG) | ||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
totale | totale al netto della spesa sanitaria | serv. pubbl. gen. | ordine pubbl. e sicur. | aff. econ. | protez. amb. | abitazioni e assetto del territorio | sanità | attività ricreative, culturali e di culto | istruz. | protez. sociale | Pop. 2016 | |
Piemonte | 2.732 | 908 | 307 | 61 | 119 | 29 | 111 | 1.824 | 39 | 108 | 134 | 4.398.386 |
Val d’Aosta | 6.376 | 4.319 | 1.868 | 407 | 764 | 240 | 316 | 2.056 | 258 | 152 | 316 | 127.106 |
Lombardia | 2.528 | 755 | 269 | 58 | 19 | 16 | 100 | 1.773 | 44 | 103 | 146 | 10.013.758 |
Liguria | 3.188 | 1.145 | 360 | 80 | 114 | 72 | 189 | 2.043 | 55 | 142 | 134 | 1.568.180 |
Nord-ovest | 2.678 | 863 | 301 | 64 | 61 | 27 | 113 | 1.815 | 46 | 109 | 143 | 16.107.430 |
Trentino A.A. | 5.417 | 3.332 | 1.056 | 78 | 965 | 122 | 186 | 2.085 | 172 | 349 | 404 | 1.060.987 |
Veneto | 2.709 | 1.000 | 270 | 40 | 152 | 92 | 126 | 1.710 | 40 | 85 | 195 | 4.911.326 |
Friuli V. G. | 3.709 | 1.837 | 753 | 58 | 279 | 38 | 148 | 1.873 | 80 | 192 | 288 | 1.219.545 |
Emilia R. | 2.755 | 941 | 300 | 48 | 126 | 45 | 102 | 1.814 | 52 | 132 | 136 | 4.448.494 |
Nord-est | 3.078 | 1.277 | 404 | 49 | 230 | 71 | 124 | 1.801 | 61 | 138 | 201 | 11.640.352 |
Toscana | 2.812 | 988 | 310 | 65 | 110 | 46 | 138 | 1.824 | 49 | 164 | 109 | 3.743.418 |
Umbria | 2.908 | 1.101 | 354 | 46 | 295 | 46 | 124 | 1.807 | 39 | 137 | 60 | 890.045 |
Marche | 2.720 | 923 | 313 | 42 | 167 | 34 | 106 | 1.798 | 44 | 116 | 102 | 1.540.904 |
Lazio | 2.686 | 809 | 285 | 86 | 44 | 0 | 105 | 1.877 | 39 | 143 | 106 | 5.893.298 |
Centro | 2.746 | 901 | 301 | 71 | 99 | 22 | 117 | 1.845 | 43 | 146 | 103 | 12.067.664 |
Abruzzo | 2.732 | 931 | 334 | 53 | 173 | 32 | 128 | 1.801 | 24 | 130 | 57 | 1.324.380 |
Molise | 3.731 | 1.778 | 666 | 57 | 644 | 81 | 168 | 1.952 | 16 | 106 | 39 | 311.238 |
Campania | 2.476 | 766 | 296 | 63 | 49 | 63 | 138 | 1.710 | 24 | 88 | 45 | 5.844.967 |
Puglia | 2.540 | 660 | 266 | 53 | 76 | 28 | 83 | 1.879 | 23 | 71 | 61 | 4.070.527 |
Basilicata | 3.182 | 1.347 | 483 | 47 | 287 | 142 | 141 | 1.835 | 30 | 185 | 33 | 572.030 |
Calabria | 3.832 | 2.022 | 284 | 57 | 1.134 | 167 | 204 | 1.810 | 21 | 115 | 41 | 1.967.825 |
Sicilia | 3.220 | 1.481 | 558 | 74 | 326 | 64 | 173 | 1.739 | 92 | 102 | 90 | 5.065.451 |
Sardegna | 3.948 | 1.889 | 460 | 66 | 475 | 107 | 199 | 2.060 | 57 | 313 | 211 | 1.655.637 |
Mezzogiorno | 2.969 | 1.169 | 379 | 62 | 281 | 70 | 147 | 1.800 | 43 | 114 | 72 | 20.812.054 |
Centro-Nord | 2.816 | 995 | 331 | 61 | 122 | 38 | 117 | 1.820 | 49 | 129 | 148 | 39.815.445 |
Italia | 2.868 | 1.055 | 348 | 62 | 177 | 49 | 128 | 1.813 | 47 | 124 | 122 | 60.627.498 |
reg. piccole s. o. (a) | 3.141 | 1.299 | 450 | 48 | 354 | 83 | 137 | 1.842 | 32 | 147 | 48 | 1.773.312 |
Reg. s. s. | 3.717 | 1.857 | 643 | 75 | 427 | 78 | 178 | 1.860 | 96 | 182 | 178 | 9.128.726 |
(a) Umbria, Molise e Basilicata.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
In ogni caso, la classificazione della spesa pro capite per funzione e la sua regionalizzazione rendono conto delle differenze regionali riscontrate nell’analisi del dato complessivo. Le Isole, la Calabria, il Molise, il Friuli-Venezia Giulia, nonché Trentino e Val d’Aosta, eccedono la media nazionale, mentre valori più contenuti vengono registrati dalle regioni del Nord-ovest con la Lombardia, ma anche da Puglia e Campania, osservandosi in quest’ultima il valore minimo per la spesa pro capite degli Enti locali, con 2.476 euro per abitante.
La tabella 9bis diviene quella di riferimento relativamente all’analisi dell’efficienza della spesa pubblica delle Amministrazioni locali per regione, derivando da questa le valutazioni sintetiche su inefficienze e sprechi nella spesa pubblica locale di cui al paragrafo 2.2. e alle tabelle 14 e 15.
2. L’efficienza della spesa pubblica regionale
Una volta determinati i livelli di spesa pubblica locale in termini pro capite, è necessario procedere alla costruzione di un indicatore sintetico dell’output pubblico prodotto ed offerto dagli enti locali di una determinata regione, che consenta di valutare la qualità e la quantità dei servizi erogati ai residenti. Affiancando alla spesa pro capite tale indice di output (anch’esso pro capite, per costruzione; paragrafo 2.1), è possibile procedere a qualche considerazione, supportata da elaborazioni quantitative, sui potenziali sprechi nella spesa regionale (paragrafo 2.2). È possibile valutare, poi, in prima approssimazione, quanto dei potenziali risparmi, dovuti al taglio degli sprechi, sarebbe utile reinvestire nei servizi pubblici locali al fine di offrire, a tutti i cittadini regionali, standard elevati sotto il profilo quantitativo e qualitativo degli stessi servizi pubblici (paragrafo 2.3).
2.1 Una valutazione dell’output pubblico regionale
Nell’effettuare l’aggiornamento dell’indice sintetico dell’output pubblico regionale si è proceduto anche a una rilettura degli indicatori utilizzati nella precedente edizione. Questa analisi ha portato all’inserimento di 5 nuovi indicatori (numerati da 21 a 25 in tab. 12). I venticinque indicatori regionali elementari utilizzati per calcolare l’indice sintetico dell’output pubblico regionale sono presentati in termini di singoli valori per regione nella tabella 10 e descritti in termini di unità di misura utilizzate nella tabella 12. Le fonti degli indicatori regionali elementari fanno prevalentemente riferimento al BES 2019 e alla Banca dati Istat degli Indicatori per le politiche di sviluppo, nonché ad altre fonti quali il Monitoraggio sulla struttura e il funzionamento dei servizi per il lavoro 2017, pubblicata dall’ANPAL – Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro .
La figura 1 propone un possibile collegamento tra i venticinque indicatori elementari utilizzati nel calcolo dell’indice sintetico di output pubblico e le funzioni di spesa COFOG, secondo lo schema dell’intestazione di colonna della tabella 10. Nella tabella 12 gli indicatori su sfondo azzurro sono “inversi”, vale a dire che il loro valore aumenta quanto meno un fenomeno è desiderabile (ad esempio, il numero di irregolarità del servizio elettrico). Al fine di ottenere un indice di output pubblico che aumentasse di valore al crescere della presenza di fenomeni desiderabili, è stato quindi necessario calcolare il reciproco del valore originale per gli indicatori “inversi”.
Fig. 1 – Indicatori di output pubblico e relative funzioni di spesa

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio.
L’aumento del 25% nel numero degli indicatori elementari utilizzati, condiziona il confronto con i risultati pubblicati in precedenza, considerato che dalle valutazioni sui dati di spesa del 2016 emerge un elemento di novità, rappresentato dal fatto che la regione con l’indice di output sintetico massimo (il Trentino-Alto Adige, mentre era la Lombardia nelle precedenti edizioni) non coincide più con quella più efficiente, cioè con la minore spesa per unità di output (che resta la Lombardia), tenendo sempre nel debito conto i limiti in termini di rappresentatività ed esaustività che mostra l’indicatore dell’output.
La scelta dei venticinque indicatori elementari è derivata dalla rilevanza unitamente alla loro disponibilità, elemento che, pur in un contesto di maggiore attenzione verso le informazioni sulla qualità e quantità dei beni e servizi erogati a livello locale, non permette di coprire tutte le aree in cui l’intervento degli enti locali produce servizi che vengono fruiti dai cittadini. Non per tutti gli indicatori è stato possibile effettuare un aggiornamento (anche se fortunatamente il numero è limitato a due) in considerazione del fatto che in molti casi le indagini da cui derivano hanno cadenza pluriannuale (è il caso dell’indagine PISA, che si svolge ogni due anni e per la quale non sono ancora disponibili i dati del 2016 a livello regionale e del numero di impiegati nei centri per l’impiego in funzione di front-office per i quali non è stato pubblicata l’informazione a livello regionale per il 2016).
Per tali motivi, l’indice di output presenta un certo grado di approssimazione. Può, comunque, essere considerato accettabile, soprattutto nel suo insieme e non, invece, per le singole funzioni.
Da una prima analisi dei valori relativi ai venticinque indicatori elementari utilizzati per il calcolo dell’indice sintetico dell’output pubblico (tab. 10) è possibile effettuare alcune considerazioni generali riguardo le differenze territoriali in termini di qualità e quantità dei servizi pubblici erogati, che confermano purtroppo una strutturalità nei divari regionali, che restano sostanzialmente immutati nel corso del tempo.
Emerge, anche per i dati del 2016, un livello più basso di qualità/quantità di servizio nelle regioni meridionali, soprattutto per quello che concerne i beni e i servizi di base, come per l’indicatore 7 (numero medio di interruzioni del servizio elettrico), per il 9 (irregolarità nella distribuzione dell’acqua), per il 5 (servizi per l’infanzia), per il 10 (percentuale dei rifiuti urbani conferiti in discarica) e l’11 (percentuale dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato).
Per completezza dell’analisi e fugare eventuali dubbi sul rischio di possibile sovrapesature degli indicatori elementari, qualora risultassero correlati all’interno di una stessa funzione COFOG, alterando così il risultato dell’indice di output sintetico – poiché diverso è anche il numero di indicatori per ciascuna funzione di spesa – si è proceduto ad elaborare la matrice di correlazione illustrata in tabella 11. Dalle evidenze presentate non emergono indicazioni di correlazioni tali da rendere problematica l’interpretazione dell’indice di output sintetico.
Tab. 10 – Indicatori regionali della qualità/quantità dei servizi pubblici utilizzati nel calcolo dell’indice di output pubblico(a)
Serv. pubbl. gen. | Aff. Econ. | Prot. ambientale | Abit. e assetto del terr. | Sanità | Prot. sociale | Istr. | Att. ricr. | ||||||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Indicatori | 19 | 20 | 24 | 7 | 8 | 12 | 13 | 17 | 18 | 25 | 2 | 3 | 10 | 11 | 1 | 9 | 14 | 21 | 22 | 4 | 15 | 5 | 6 | 16 | 23 |
Piemonte | 69,1 | 29,5 | 3,2 | 1,7 | 89,3 | 77,0 | 176,7 | 25,2 | 71,3 | 16,8 | 26,2 | 2,9 | 24,8 | 56,6 | 235,0 | 4,8 | 5,7 | 69,7 | 64,8 | 10,6 | 7,2 | 12,2 | 2,6 | 450,0 | 26,8 |
Val d’Aosta | 70,0 | 27,0 | 7,8 | 0,8 | 48,4 | 66,0 | 405,1 | 23,1 | 77,3 | 27,6 | 15,6 | 4,7 | 47,9 | 55,6 | 454,0 | 3,2 | 7,1 | 66,0 | 81,3 | 10,7 | 12,6 | 24,7 | 0,3 | 456,4 | 363,9 |
Lombardia | 62,9 | 43,5 | 2,0 | 1,1 | 95,1 | 81,0 | 251,0 | 38,2 | 81,8 | 27,8 | 27,9 | 1,9 | 4,2 | 68,1 | 272,0 | 3,6 | 4,2 | 62,9 | 71,3 | 7,9 | 3,1 | 15,0 | 3,7 | 464,8 | 10,9 |
Liguria | 69,7 | 17,4 | 1,9 | 1,3 | 89,1 | 81,0 | 307,2 | 30,3 | 78,8 | 11,3 | 7,1 | 17,1 | 17,0 | 43,7 | 279,0 | 3,8 | 6,0 | 61,2 | 67,2 | 11,0 | 10,7 | 14,8 | 3,3 | 413,4 | 221,7 |
Trentino A. A. | 46,3 | 42,5 | 4,6 | 1,2 | 54,5 | 70,0 | 122,1 | 34,8 | 63,8 | 49,3 | 219,6 | 1,5 | 12,8 | 70,5 | 291,0 | 1,8 | 3,0 | 78,9 | 70,2 | 12,5 | 7,5 | 20,1 | 2,0 | 457,1 | 224,2 |
Veneto | 68,5 | 56,5 | 1,6 | 1,2 | 85,4 | 73,0 | 111,5 | 31,9 | 81,7 | 20,3 | 34,1 | 0,4 | 9,8 | 72,9 | 216,0 | 3,4 | 6,4 | 49,4 | 60,0 | 8,2 | 4,3 | 10,0 | 5,5 | 445,5 | 107,6 |
Friuli V. G. | 70,4 | 37,1 | 2,8 | 1,0 | 83,1 | 70,0 | 202,0 | 32,0 | 69,5 | 32,5 | 54,1 | 0,6 | 3,5 | 67,1 | 228,0 | 1,5 | 5,5 | 50,7 | 52,2 | 10,1 | 4,8 | 20,3 | 6,8 | 441,0 | 60,8 |
Emilia R. | 67,4 | 54,1 | 1,1 | 1,1 | 93,8 | 75,0 | 78,3 | 43,8 | 85,6 | 22,2 | 39,5 | 4,2 | 16,3 | 60,7 | 201,0 | 3,4 | 7,6 | 67,7 | 69,3 | 9,1 | 6,0 | 25,3 | 10,2 | 434,7 | 61,5 |
Toscana | 60,0 | 44,8 | 1,1 | 1,3 | 89,3 | 72,0 | 105,2 | 48,7 | 85,9 | 18,7 | 24,3 | 6,0 | 30,8 | 51,1 | 176,0 | 7,0 | 6,4 | 49,5 | 56,6 | 6,1 | 5,1 | 22,2 | 10,4 | 416,5 | 107,7 |
Umbria | 66,2 | 31,5 | 1,4 | 1,5 | 82,6 | 69,0 | 78,1 | 50,3 | 95,4 | 21,2 | 96,9 | 1,3 | 57,1 | 57,6 | 166,0 | 5,8 | 6,1 | 68,7 | 53,2 | 5,1 | 9,5 | 15,9 | 4,2 | 412,1 | 98,5 |
Marche | 78,0 | 33,4 | 2,0 | 1,9 | 87,2 | 71,0 | 118,4 | 44,1 | 66,2 | 23,6 | 22,1 | 3,3 | 49,1 | 59,6 | 195,0 | 5,1 | 6,0 | 48,5 | 65,9 | 7,8 | 9,1 | 15,9 | 2,8 | 427,6 | 55,0 |
Lazio | 64,7 | 21,8 | 0,9 | 1,8 | 86,0 | 88,0 | 142,0 | 16,7 | 88,1 | 8,0 | 15,0 | 4,9 | 13,4 | 42,4 | 213,0 | 10,7 | 9,4 | 67,0 | 47,1 | 4,1 | 6,6 | 17,0 | 4,6 | 414,3 | 35,7 |
Abruzzo | 63,7 | 19,1 | 2,8 | 2,3 | 91,0 | 69,0 | 73,2 | 32,2 | 76,4 | 23,5 | 27,0 | 7,0 | 33,2 | 53,8 | 248,0 | 18,0 | 7,0 | 63,9 | 52,1 | 4,0 | 13,0 | 9,0 | 5,2 | 377,0 | 19,7 |
Molise | 62,0 | 14,7 | 5,2 | 1,4 | 80,1 | 68,0 | 79,7 | 56,6 | 76,1 | 24,1 | 11,5 | 4,5 | 90,2 | 28,0 | 246,0 | 14,0 | 6,6 | 58,0 | 52,6 | 5,5 | 22,8 | 10,9 | 3,8 | 382,4 | 10,1 |
Campania | 71,6 | 21,8 | 1,3 | 2,5 | 74,3 | 74,0 | 247,3 | 15,3 | 69,6 | 3,8 | 14,7 | 22,1 | 42,4 | 51,6 | 205,0 | 11,4 | 11,8 | 60,5 | 53,3 | 1,7 | 9,6 | 3,0 | 3,0 | 371,4 | 9,1 |
Puglia | 66,2 | 19,6 | 1,0 | 2,5 | 82,0 | 75,0 | 73,5 | 14,2 | 75,0 | 16,4 | 8,3 | 2,6 | 47,9 | 34,3 | 155,0 | 8,4 | 11,6 | 68,3 | 54,1 | 3,3 | 7,8 | 6,4 | 2,2 | 406,4 | 9,5 |
Basilicata | 62,1 | 28,2 | 2,9 | 1,5 | 77,8 | 71,0 | 60,7 | 11,6 | 86,9 | 20,5 | 569,5 | 3,3 | 29,9 | 39,2 | 203,0 | 8,6 | 8,4 | 67,2 | 43,7 | 5,8 | 20,5 | 6,3 | 6,2 | 398,5 | 7,0 |
Calabria | 59,8 | 26,9 | 2,6 | 2,7 | 50,2 | 73,0 | 157,0 | 34,7 | 61,9 | 14,9 | 57,8 | 5,0 | 58,2 | 33,2 | 286,0 | 37,5 | 11,4 | 46,0 | 58,9 | 3,4 | 20,5 | 2,0 | 2,8 | 364,8 | 55,7 |
Sicilia | 69,6 | 16,8 | 1,1 | 3,4 | 54,6 | 70,0 | 59,1 | 8,9 | 53,1 | 13,5 | 14,4 | 2,1 | 79,9 | 15,4 | 184,0 | 29,3 | 11,0 | 43,9 | 50,0 | 5,3 | 6,6 | 4,8 | 3,9 | 382,7 | 90,0 |
Sardegna | 65,1 | 37,3 | 2,9 | 2,1 | 7,5 | 74,0 | 50,9 | 33,2 | 85,1 | 16,5 | 38,3 | 1,0 | 31,8 | 60,2 | 201,0 | 13,4 | 6,4 | 58,8 | 44,4 | 5,1 | 5,7 | 10,4 | 2,6 | 394,3 | 57,7 |
(a) Il dato per Campania, Abruzzo e Molise dell’indicatore 10 (percentuale di rifiuti urbani conferiti in discarica) considera anche i flussi extra-regionali di rifiuti urbani in ingresso e in uscita, che l’Ispra stima per il DPS a partire dall’anno 2008.
Nota: la descrizione degli indicatori è fornita nella successiva tabella 11.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Tab. 11 – Matrice di correlazione dei 25 indicatori elementari alla base dell’indice di output pubblico (tab. 10)
Serv. pubbl. gen. | Aff. Econ. | Prot. ambientale | Abit. e assetto del terr. | Sanità | Prot. sociale | Istr. | Att. ricr. | ||||||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
19 | 20 | 24 | 7 | 8 | 12 | 13 | 17 | 18 | 25 | 2 | 3 | 10 | 11 | 1 | 9 | 14 | 21 | 22 | 4 | 15 | 5 | 6 | 16 | 23 | |
19 | 1 | ||||||||||||||||||||||||
20 | -0,2 | 1 | |||||||||||||||||||||||
24 | -0,2 | -0,1 | 1 | ||||||||||||||||||||||
7 | 0,1 | -0,5 | -0,4 | 1 | |||||||||||||||||||||
8 | 0,2 | 0,1 | -0,4 | -0,3 | 1 | ||||||||||||||||||||
12 | 0,1 | 0,0 | -0,5 | 0,0 | 0,3 | 1 | |||||||||||||||||||
13 | 0,3 | -0,1 | 0,4 | -0,4 | 0,0 | 0,2 | 1 | ||||||||||||||||||
17 | -0,2 | 0,4 | 0,1 | -0,5 | 0,2 | -0,2 | -0,1 | 1 | |||||||||||||||||
18 | 0,0 | 0,3 | -0,1 | -0,5 | 0,2 | 0,3 | -0,1 | 0,3 | 1 | ||||||||||||||||
25 | -0,5 | 0,4 | 0,5 | -0,5 | -0,1 | -0,5 | 0,0 | 0,4 | -0,1 | 1 | |||||||||||||||
2 | -0,4 | 0,1 | 0,1 | -0,1 | -0,1 | -0,2 | -0,3 | -0,2 | 0,2 | 0,3 | 1 | ||||||||||||||
3 | 0,2 | -0,4 | -0,1 | 0,2 | 0,2 | 0,2 | 0,4 | -0,2 | -0,1 | -0,5 | -0,2 | 1 | |||||||||||||
10 | 0,1 | -0,6 | 0,2 | 0,5 | -0,3 | -0,5 | -0,2 | 0,1 | -0,3 | -0,2 | -0,1 | 0,0 | 1 | ||||||||||||
11 | 0,0 | 0,8 | 0,1 | -0,6 | 0,1 | 0,0 | 0,2 | 0,3 | 0,3 | 0,5 | 0,0 | -0,2 | -0,7 | 1 | |||||||||||
1 | -0,1 | -0,1 | 0,8 | -0,4 | -0,3 | -0,2 | 0,8 | 0,0 | -0,2 | 0,4 | -0,1 | 0,1 | -0,1 | 0,2 | 1 | ||||||||||
9 | -0,1 | -0,5 | -0,1 | 0,8 | -0,4 | -0,1 | -0,3 | -0,2 | -0,5 | -0,4 | -0,1 | 0,1 | 0,6 | -0,7 | -0,1 | 1 | |||||||||
14 | 0,3 | -0,5 | -0,3 | 0,7 | -0,1 | 0,1 | -0,1 | -0,6 | -0,2 | -0,7 | -0,1 | 0,3 | 0,5 | -0,7 | -0,2 | 0,6 | 1 | ||||||||
21 | -0,4 | 0,0 | 0,2 | -0,3 | 0,1 | 0,2 | 0,1 | -0,1 | 0,4 | 0,3 | 0,3 | 0,0 | -0,3 | 0,3 | 0,2 | -0,5 | -0,3 | 1 | |||||||
22 | 0,0 | 0,3 | 0,4 | -0,5 | 0,1 | 0,0 | 0,6 | 0,2 | -0,1 | 0,4 | -0,3 | 0,0 | -0,2 | 0,4 | 0,7 | -0,4 | -0,4 | 0,2 | 1 | ||||||
4 | -0,1 | 0,4 | 0,4 | -0,7 | 0,1 | -0,1 | 0,4 | 0,2 | -0,1 | 0,6 | 0,1 | -0,2 | -0,5 | 0,5 | 0,5 | -0,6 | -0,7 | 0,2 | 0,7 | 1 | |||||
15 | -0,2 | -0,5 | 0,4 | 0,1 | -0,1 | -0,4 | -0,1 | 0,1 | -0,1 | -0,1 | 0,4 | 0,2 | 0,6 | -0,5 | 0,3 | 0,5 | 0,3 | 0,0 | -0,2 | -0,3 | 1 | ||||
5 | -0,1 | 0,5 | 0,3 | -0,8 | 0,2 | 0,0 | 0,3 | 0,4 | 0,3 | 0,5 | -0,1 | -0,2 | -0,4 | 0,5 | 0,3 | -0,7 | -0,6 | 0,3 | 0,5 | 0,7 | -0,4 | 1 | |||
6 | -0,1 | 0,5 | -0,5 | -0,2 | 0,5 | 0,0 | -0,4 | 0,3 | 0,4 | 0,0 | 0,1 | -0,1 | -0,3 | 0,1 | -0,5 | -0,1 | -0,1 | -0,2 | -0,2 | 0,0 | -0,2 | 0,3 | 1 | ||
16 | 0,0 | 0,6 | 0,2 | -0,7 | 0,2 | 0,1 | 0,4 | 0,2 | 0,2 | 0,6 | 0,0 | -0,4 | -0,6 | 0,7 | 0,3 | -0,8 | -0,7 | 0,3 | 0,7 | 0,8 | -0,6 | 0,7 | 0,0 | 1,0 | |
23 | -0,1 | 0,1 | 0,6 | -0,4 | -0,3 | -0,3 | 0,6 | 0,0 | -0,1 | 0,4 | -0,1 | 0,1 | -0,1 | 0,2 | 0,7 | -0,3 | -0,3 | 0,1 | 0,6 | 0,6 | -0,1 | 0,5 | -0,3 | 0,4 | 1 |
Tab. 12 – Legenda indicatori utilizzati nel calcolo dell’indice regionale di output pubblico (in azzurro gli indicatori inversi)
N. indic. | Anno di riferim. | Descrizione indicatore | Unità di misura |
---|---|---|---|
1 | 2015 | Acqua potabile | litri erogati per abitante al giorno |
2 | 2016 | Disponibilità di verde urbano | metri quadrati per abitante |
3 | 2016 (interp. 2015-17) | Aree con problemi idrogeologici | Abitanti per km2 esposti a rischio frane |
4 | 2015 | Posti letto nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari | numero per 1.000 abitanti |
5 | 2015-16 | Presa in carico dell’utenza per i servizi comunali per l’infanzia | numero per 100 bambini di 0-2 anni |
6 | 2013 | Presa in carico degli anziani per il servizio di assistenza domiciliare integrata | numero per 100 persone di 65 anni e più |
7 | 2016 | Interruzioni del servizio elettrico | numero medio di interruzioni per utente |
8 | 2016 | Famiglie allacciate alla rete di distribuzione di gas metano Ind. 231 – Dati 049 | numero per 100 famiglie |
9 | 2016 | Irregolarità nella distribuzione dell’acqua | % famiglie che denuncia irregolarità |
10 | 2016 | Conferimento dei rifiuti urbani in discarica | % sul totale dei rifiuti urbani raccolti |
11 | 2016 | Raccolta differenziata dei rifiuti urbani | % sul totale dei rifiuti urbani raccolti |
12 | 2013-2014 | Tempo dedicato alla mobilità | minuti dedicati alla mobilità in un giorno feriale medio |
13 | 2013 | Densità delle reti urbane di TPL | Reti urbane di trasporto pubblico locale nei comuni capoluogo di provincia per 100 Km2 di superficie comunale |
14 | media 2015/2017 | Difficoltà di accesso ad alcuni servizi | per 100 famiglie |
15 | 2016 | Emigrazione ospedaliera in altra regione per ricoveri ordinari acuti | in % del totale delle persone ospedalizzate residenti nella regione |
16 | 2012 | Performance degli studenti di istituti professionali in matematica | Punteggio PISA |
17 | 2015 | Incidenza del numero degli operatori con laurea e post lauream sul totale nei Centri per l’impiego | % del totale |
18 | 2013 | Incidenza del numero di operatori impegnati in front office sul totale nei Centri per l’impiego | % del totale |
19 | 2013 | Ritardo nei tempi di attuazione delle opere pubbliche | Quota di interventi con tempi di attuazione superiori ai valori di riferimento indicati da VISTO |
20 | 2015 | Comuni con servizi pienamente interattivi | in % sul totale dei Comuni con sito web |
21 | 2015 | Popolazione equivalente urbana (a) servita da depurazione | in % sul numero di abitanti |
22 | 2015 | Efficienza nella distribuzione dell’acqua per il consumo umano | Acqua erogata in % dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione comunale |
23 | 2015 | Visitatori presso musei e istituti similari aventi natura giuridica non statale pubblica (b) | N. visitatori per 100 abitanti |
24 | 2016 | Numero di consiglieri regionali e comunali | per 1.000 abitanti |
25 | 2016 | Utenti che hanno espresso un voto uguale o superiore a 8 per tutti i mezzi pubblici che utilizzano più volte a settimana | % sul totale degli utenti assidui di almeno un tipo di mezzo |
(a) Gli “Abitanti Equivalenti Serviti” rappresentano l’unità di misura con cui viene convenzionalmente espresso il carico inquinante organico biodegradabile in arrivo all’impianto di depurazione (1 abitante equivalente = 60 grammi/giorno di BOD5). Per quei depuratori che trattano reflui civili e/o industriali provenienti anche da regioni limitrofe tale stima è effettuata, a livello regionale, considerando l’ubicazione degli impianti di trattamento e non il territorio servito. Si segnala che, per la premialità intermedia degli Obiettivi di Servizio, nel caso specifico del depuratore ubicato in Contrada Padula a Montenero di Bisaccia (CB), gli Abitanti equivalenti serviti sono stati ripartiti tra le due regioni da cui provengono gli scarichi trattati (Abruzzo e Molise). Per maggiori dettagli sui depuratori multi-regionali e per la ricostruzione della premialità intermedia Obiettivi di Servizio sono disponibili approfondimenti nel foglio “Depuratori_multiregioni_S11”.
(b) Non statale (museo/istituto). Istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, di cui sono responsabili soggetti pubblici diversi dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo o soggetti privati (profit e no profit). È aperta al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto.
Ufficio Studi Confcommercio.
Una volta uniformati i venticinque indicatori regionali per ciascun servizio, si è proceduto a standardizzare le variabili, sostituendo ad ogni valore xij, dove i rappresenta la regione e j il servizio cui l’indicatore è riferito, il valore ottenuto dal rapporto [xij – min(xi)]/[max(xi) – min(xi)].
Calcolando, per ogni regione, le medie aritmetiche dei valori così ottenuti per ogni servizio pubblico analizzato, si è ottenuto un unico valore sintetico regionale. Dividendo ciascun indicatore sintetico regionale per quello più elevato (presentato, in questo caso, dal Trentino-Alto Adige), si è ottenuto un indice sintetico regionale di output pubblico che varia tra 0 e 1 (e che presenta, ovviamente, valore 1 per il Trentino-Alto Adige).
I risultati dell’indicatore sintetico sono presentati in figura 2.
Fig. 2 – Graduatoria regionale dell’indice sintetico dell’output pubblico

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La graduatoria è conseguenza diretta degli indicatori. Il Trentino, una novità rispetto alle edizioni precedenti (nelle quali il massimo era appannaggio della Lombardia), raggiunge il valore più elevato, anche se non ha, ovviamente, il massimo su ciascuno dei venticinque indici elementari.
La riduzione dei valori, scorrendo la classifica, è piuttosto graduale solo fino al Veneto. Le fratture più significative nella graduatoria decrescente dell’indice di output regionale sono: tra Veneto e Toscana e tra questa e l’Umbria; poi tra Marche e Basilicata. Da questa regione in poi l’output comincia a essere circa la metà del massimo. L’ultima frattura è quella che relega agli ultimi posti Campania, Calabria e Sicilia, lasciando la Puglia in una posizione di poco migliore, ma comunque a distanza dalla Sardegna, ultima regione appartenente al gruppo delle collettività con un output appena al di sotto della metà rispetto a quello della regione prima in graduatoria.
È opportuno notare che in alcuni casi le differenze tra le regioni appaiono molto contenute, motivo per il quale le modifiche e gli aggiornamenti introdotti quest’anno hanno determinato, pur con tutte le cautele del caso, piccoli spostamenti nella graduatoria regionale rispetto a quanto rilevato nell’edizione precedente, senza, comunque, modificare la sensazione di base che, in termini di qualità e di quantità dei servizi offerti dagli enti locali, i cittadini del Sud scontino un sensibile ritardo.
2.1.1 Quanto è sensibile la graduatoria regionale dell’output pubblico alla scelta dei pesi degli indicatori elementari?[10]
I venticinque indicatori elementari hanno il medesimo peso nella formazione dell’indice sintetico: ciascuno di essi pesa per un venticinquesimo. Questa è una semplificazione ragionevole, ma in teoria non giustificata. Per esempio, una collettività locale potrebbe aver votato per avere di più di un servizio che sta dentro un indicatore di quelli considerati (fig. 1), mentre per gli indicatori in cui appare in ritardo rispetto alle altre regioni si tratta di una conseguenza ancora delle scarse preferenze della comunità proprio per questi servizi. Si dovrebbe ponderare, quindi, di più l’indicatore desiderato e di meno quello scarsamente desiderato. Queste considerazioni sono dettate dallo scrupolo di fare un ragionamento completo piuttosto che da una reale preoccupazione sulla scorretta ponderazione degli indicatori elementari. Infatti, essendo tali indicatori aggregati in macro-categorie di output, è oggettivamente impossibile immaginare che una collettività locale (regione, provincia, comune) sia interessata soltanto alla sanità o all’istruzione e per nulla ai servizi legati all’ambiente e agli affari generali: in altre parole, tutti gli indicatori, a questo livello di aggregazione, sono indispensabili.
In ogni caso, anche in questa Nota abbiamo realizzato l’esercizio di sensitività della graduatoria dell’output regionale (tab. 13) alla scelta dei pesi. Da una distribuzione uniforme tra 0 e 1 – ogni numero reale nell’intervallo ha la medesima probabilità di essere estratto – sono stati costruiti a caso 10.000 vettori di ponderazione con cui si sono aggregati i 25 indicatori elementari. Si sono considerate le 10.000 graduatorie regionali dell’indice sintetico dell’output pubblico locale risultanti da ciascuna prova ed è stata compilata la tabella 13. Essa conferma la robustezza della procedura: la classifica adottata in questa Nota (fig. 2 e tab. 14) è largamente indipendente dai pesi adottati per ponderare gli indicatori elementari.
Infatti, si vede (tab. 13) che il Trentino compare nel 79,9% dei casi al primo posto e nel 92,5% dei casi al primo o al secondo posto (ultima colonna). Ciò che più conta è che nessuna regione gli insidia il primato: la Lombardia occupa il primo posto soltanto nel 7,2% delle 10.000 prove.
Tab. 13 – Sensitività della graduatoria regionale dell’indice dell’output pubblico regionale rispetto ai pesi utilizzati
simulazione Monte Carlo - 10.000 repliche
N. di volte al primo posto | Frequenza | N. di volte al secondo posto | Frequenza | N. di volte al primo e secondo posto | Frequenza | |
---|---|---|---|---|---|---|
Piemonte | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Val d’Aosta | 416 | 4,2 | 2.155 | 21,6 | 2.571 | 25,7 |
Lombardia | 715 | 7,2 | 2.938 | 29,4 | 3.653 | 36,5 |
Liguria | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Trentino-Alto Adige | 7.993 | 79,9 | 1.254 | 12,5 | 9.247 | 92,5 |
Veneto | 15 | 0,2 | 93 | 0,9 | 108 | 1,1 |
Friuli-Venezia Giulia | 600 | 6,0 | 2.362 | 23,6 | 2.962 | 29,6 |
Emilia-Romagna | 261 | 2,6 | 1.192 | 11,9 | 1.453 | 14,5 |
Toscana | 0 | 0,0 | 6 | 0,1 | 6 | 0,1 |
Umbria | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Marche | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Lazio | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Abruzzo | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Molise | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Campania | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Puglia | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Basilicata | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Calabria | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Sicilia | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Sardegna | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 | 0 | 0,0 |
Un’altra importante implicazione dell’esercizio riguarda la significatività degli scarti assoluti tra i valori regionali dell’indicatore sintetico di output pubblico di tabella 14. Il passaggio da 1 del Trentino a 0,908 della Lombardia non lascia dubbi sulle posizioni delle relative due regioni, mentre i distacchi tra Lombardia (0,908) e Friuli (0,899) sono effettivamente esigui. Lo si vede dal numero di volte in cui le regioni compaiono al secondo posto nella simulazione, rispettivamente il 29,4% e il 23,6% delle prove, più che da una valutazione diretta degli indici sintetici della tabella 14.
Infine, si apprezza come davvero significativa la frattura della graduatoria dell’output pubblico regionale che interviene tra Emilia-Romagna e Veneto: l’output del Veneto, seppure di ottimo livello, è inferiore a quello registrato nelle cinque regioni più efficaci nella provvista di servizi pubblici locali.
2.2 Sprechi e inefficienze: l’eccesso di spesa pubblica regionale
Avendo a disposizione sia la spesa pubblica regionale sia l’indice sintetico di output pubblico, si può effettuare qualche valutazione sull’efficienza della spesa medesima, cioè sul rapporto tra quanto si spende in ogni regione e i servizi effettivamente offerti ai e fruiti dai cittadini.
Una prima rappresentazione è fornita dalla tabella 14. Nella prima colonna (A) c’è l’indice dell’output regionale (qR) normalizzato per il suo valore massimo (quello del Trentino), posto, appunto pari a 1. Nella seconda colonna è richiamata la spesa pro capite per beni e servizi pubblici locali (la prima colonna della tabella 8 divisa per la popolazione di tabella 9, il cui risultato è appunto la prima colonna di tab. 9). Le prime due colonne di tabella 14 dicono che un’unità di output (pro capite) in Trentino-Alto Adige costa 5.417 euro, mentre 0,908 unità di output in Lombardia costano 2.528 euro e così via per ciascuna regione (sempre per l’anno 2016 e tenendo conto che l’indice dell’output racchiude in modo omogeneo e comparabile i beni e i servizi offerti dalla pubblica amministrazione su base locale). La spesa pro capite – che è nota, in base alla procedura di stima descritta nel capitolo 1 – può essere considerata il prodotto di un prezzo (medio) regionale per una quantità (media pro capite) regionale (pRqR). Per tutte le regioni, quindi, si ottiene, dividendo la spesa per la quantità, un determinato prezzo unitario (tab. 14, colonna C). Nell’esercizio di quest’anno compare una novità: la regione con l’output pubblico migliore, cioè il Trentino-Alto Adige, non coincide con la regione che esibisce il prezzo unitario più basso, che resta la Lombardia, sebbene il suo output risulti inferiore a quello del Trentino-Alto Adige. Questo prezzo unitario minimo, pertanto, sarà il benchmark rispetto al quale verranno effettuati i confronti sulle performance regionali.
A questo punto è conseguente chiedersi quanto costerebbero i servizi pubblici offerti su base locale se fossero offerti e pagati ai prezzi della Lombardia – cioè ai prezzi più bassi – cosa che è riportata nella colonna D della tabella 14. Per esempio, se l’output dell’Emilia Romagna fosse prodotto e offerto ai prezzi della Lombardia esso costerebbe a ciascun cittadino emiliano-romagnolo 2.429 euro (2.429=0,873*2.783) invece dei 2.755 effettivamente sostenuti. Per la Sicilia, che ha un output poco superiore al 33% di quello lombardo (formalmente il 30% di quello del Trentino), il conteggio porterebbe a una spesa teorica di 846 euro per siciliano, a fronte di dei 3.220 euro sostenuti.
Tab. 14 – Indici di output pubblico, spesa regionale e indice di efficienza
anno 2016 - graduatoria secondo l’indice di output pubblico
Indice dell’output pubblico | Spesa pro capite effettiva per consumi finali al netto di amm.ni centrali, enti di previdenza (euro) | Prezzo unitario dell’output pubblico | Costo pro capite dell’output regionale attuale ai livelli di efficienza della Lombardia (euro) | Eccesso di spesa pro capite (euro) | Costo regionale dell’eccesso di spesa (mld euro) | |
---|---|---|---|---|---|---|
A (qR) | B (pRqR) | C = (B/A) | D = C(Lombardia)*A | E = B-D | F = D*POPR | |
Trentino A.A. | 1,000 | 5.417 | 5.417 | 2.783 | 2.634 | 2,8 |
Lombardia | 0,908 | 2.528 | 2.783 | 2.528 | 0 | 0,0 |
Friuli V. G. | 0,899 | 3.709 | 4.127 | 2.502 | 1.208 | 1,5 |
Val d’Aosta | 0,875 | 6.376 | 7.286 | 2.435 | 3.940 | 0,5 |
Emilia R. | 0,873 | 2.755 | 3.157 | 2.429 | 326 | 1,5 |
Veneto | 0,824 | 2.709 | 3.288 | 2.293 | 416 | 2,0 |
Toscana | 0,759 | 2.812 | 3.705 | 2.112 | 700 | 2,6 |
Umbria | 0,697 | 2.908 | 4.170 | 1.941 | 967 | 0,9 |
Liguria | 0,669 | 3.188 | 4.767 | 1.861 | 1.327 | 2,1 |
Piemonte | 0,620 | 2.732 | 4.404 | 1.727 | 1.006 | 4,4 |
Marche | 0,602 | 2.720 | 4.519 | 1.675 | 1.045 | 1,6 |
Basilicata | 0,543 | 3.182 | 5.862 | 1.511 | 1.671 | 1,0 |
Lazio | 0,537 | 2.686 | 5.006 | 1.493 | 1.193 | 7,0 |
Abruzzo | 0,500 | 2.732 | 5.467 | 1.391 | 1.341 | 1,8 |
Molise | 0,493 | 3.731 | 7.565 | 1.372 | 2.358 | 0,7 |
Sardegna | 0,486 | 3.948 | 8.120 | 1.353 | 2.595 | 4,3 |
Puglia | 0,433 | 2.540 | 5.864 | 1.205 | 1.334 | 5,4 |
Campania | 0,377 | 2.476 | 6.561 | 1.050 | 1.426 | 8,3 |
Calabria | 0,358 | 3.832 | 10.709 | 996 | 2.836 | 5,6 |
Sicilia | 0,304 | 3.220 | 10.587 | 846 | 2.373 | 12,0 |
ITALIA | 0,639 | 2.868 | 4.486 | 1.780 | 1.089 | 66,0 |
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dai Istat e Ragioneria Generale dello Stato.
La differenza tra la spesa pro capite effettiva e quella che si sosterrebbe se in ciascuna regione si producesse e vendesse ai prezzi della Lombardia è fornita nella quinta colonna (E) della tabella 14. L’eccesso di spesa è mediamente pari a 1.089 euro considerando tutto il Paese, con punte pari a oltre 3.900 euro per la Val d’Aosta e oltre 2.600 euro per il Trentino-Alto Adige, entrambe regioni a statuto speciale. Questo risultato conferma quelli ottenuti nei due precedenti rapporti: la spesa nelle regioni a statuto speciale è molto elevata, in ragione di prezzi unitari particolarmente alti. È opportuno sottolineare che questi scarti per le regioni a statuto speciale del Nord-ovest, potrebbero essere sovrastimati a causa di una sottostima dell’output: le regioni a statuto speciale hanno competenze aggiuntive rispetto a quelle a statuto ordinario (per esempio, sull’istruzione, come segnalato a proposito di tab. 5). Tuttavia, l’entità delle distanze, e il fatto che anche in Friuli-Venezia Giulia i prezzi non sembrano essere così fuori linea, suggeriscono che qualche patologia da costi eccessivi sia presente proprio nelle regioni a statuto speciale.
Per il Sud gli scarti sono ovunque molto elevati e prevalentemente dovuti a insufficiente output, oltre che a sprechi sui costi sostenuti per produrre e offrire i servizi pubblici locali.
Moltiplicando gli eccessi di spesa per abitante per la popolazione regionale residente si ottengono i risultati della sesta colonna della tabella 14, cioè l’ammontare complessivo dell’inefficienza regione per regione e, per somma, per l’Italia nel complesso. L’eccesso di spesa pubblica locale per l’Italia è pari a 66,0 miliardi di euro. Oltre il 41% di tutta l’inefficienza è dovuto a tre regioni che confermano nel tempo questa non invidiabile peculiarità: Sicilia, Lazio e Campania (27,4 miliardi di euro su 66); la questione sanitaria non è loro estranea.
2.3 Ridurre gli sprechi (anche) per reinvestire in servizi pubblici migliori
Stando ai nostri calcoli semplificati si potrebbe produrre e offrire l’attuale livello di servizi pubblici locali risparmiando 66 miliardi di euro. In luogo di spendere, cioè, 173,9 miliardi di euro (nel 2016) si potrebbe sostenere un costo di 107,9 miliardi di euro semplicemente offrendo l’output ai prezzi della Lombardia, quelli più bassi tra tutte le regioni italiane. Questa opzione non è, in realtà, davvero raggiungibile, né sembra auspicabile. Il problema centrale, che non può essere nascosto, è che in molte regioni, soprattutto del Sud del Paese, il livello dei servizi pubblici è insufficiente. Come evidenziato dalla tabella 14, se fino alla posizione dell’Emilia-Romagna[11] il livello di servizio, tenuto anche conto delle approssimazioni, può essere considerato analogo a quello del Trentino e della Lombardia – che a loro volta non sono necessariamente ottimali – dalla Toscana in giù i servizi pubblici locali vanno senz’altro migliorati. Approssimativamente, possiamo immaginare di definirli deficitari da un livello di output pari al 60% di quello del Trentino-Alto Adige – quindi per Piemonte e Marche. Certamente dal Lazio (54% circa di output rispetto al Trentino-Alto Adige) fino alla Sicilia (poco più del 30%) consistenti interventi di riqualificazione dei servizi pubblici sono urgenti oltre che necessari.
Quindi, dobbiamo immaginare che dei 66 miliardi di euro di inefficienze una quota rilevante potrebbe essere destinata a reinvestire nella quantità e nella qualità dei servizi pubblici locali. Per offrire una valutazione quantitativa di questi investimenti, è utile calcolare quanto, ai prezzi della Lombardia, bisognerebbe investire per portare l’output di tutte le regioni ai livelli del Trentino-Alto Adige[12].
Questi conteggi sono riportati nella tabella 15. La prima colonna, cioè la A, riproduce l’eccesso di spesa pro capite già visto alla tabella 14 (quinta colonna). Infatti, A = qR * (pR – pLOMB), ossia A = qRpR – qRpMIN. Successivamente, i 1.089 euro di eccesso medio pro capite per il totale Italia vengono suddivisi in due componenti. La prima corrisponde a quanto è necessario reinvestire, regione per regione, per portare il livello di output pro capite ai livelli del Trentino A.A. ai prezzi della Lombardia (colonna B=inefficacia). In questo caso, B = (qTAA – qR) * pLOMB, vale a dire quanto output occorre da aggiungere a quello già prodotto per raggiungere l’efficacia del Trentino, valutando questi incrementi sempre ai prezzi della Lombardia. Le risorse sono pari a 1.004 euro per la media nazionale, con i massimi registrati dalla Puglia in giù dove i livelli di servizio pubblico sono eccezionalmente distanti dal benchmark. In Sicilia sarebbe necessario reinvestire 1.937 euro a testa per ottenere questo risultato teorico.
A residuo, si ottiene la seconda componente, cioè colonna A meno colonna B, pari all’eccesso di spesa da tagliare o spreco (colonna C di tab. 15), cioè un costo a fronte del quale nessun servizio viene prodotto, offerto e fruito oltre il benchmark. In termini formalizzati, C = qR * (pR – pLOMB) – (qTAA – qR) * pLOMB, da cui C = qRpR – qRpLOMB – qTAApLOMB + qRpLOMB e, semplificando per i qRpLOMB che si elidono, C = qRpR – qTAApLOMB. Questo risparmio potrebbe realizzarsi senza perdita di output, se ciascun output regionale costasse quanto costa nella regione migliore. È da notare che in ben undici regioni si registrano eccessi pro capite decisamente elevati (con l’eccezione della Toscana, dove è pari a soli 29 euro), concentrati in quattro regioni a statuto speciale e in Calabria, per esempio a causa di costi dei servizi generali particolarmente elevati. Nelle rimanenti regioni – salvo il caso della Lombardia – equamente distribuite tra Nord e Sud, lo spreco tout court è addirittura negativo nel senso che tutto l’eccesso di spesa è spesa a fronte di servizi eccezionalmente inadeguati. Pertanto, in tali regioni non solo tutto l’eccesso di spesa andrebbe reinvestito per assicurare ai cittadini livelli di servizio pari al benchmark, ma occorrerebbe integrare tali risorse con ulteriori finanziamenti per raggiungere gli obiettivi di output della regione migliore. Nel caso della Lombardia, il trasferimento di risorse servirebbe per portare l'output da 0,908 unità a una unità (il massimo del Trentino) e questo non può che essere fatto ai prezzi della Lombardia (che sono, appunto, i più efficienti). Pertanto, 0,092 unità di output aggiuntivo dovrebbero essere prodotte al costo di euro 2.783 per abitante (trasferendo, appunto, 255 euro a testa per ogni lombardo, cioè 2,6 miliardi di euro per l'aggregato regionale). Questo è un esempio di redistribuzione governata dall'efficienza di costo che, come evidenziato, è massima nel caso della Lombardia.
Tab. 15 – Scomposizione del costo dell’inefficienza della spesa pubblica locale per Regione
anno 2016 - valori pro capite in euro - graduatoria per valori decrescenti dell’output pubblico locale
Valori pro capite | Valori regionali (mld euro) | |||||
---|---|---|---|---|---|---|
A (Eccesso di spesa rispetto all’efficienza della Lombardia) | B (Risorse da reinvestire per ottenere l’output del Trentino A. A. ai prezzi della Lombardia) | C (Residuo=A-B dell’eccesso di spesa da tagliare: spreco) | A’ | B’ | C’ | |
Trentino A.A. | 2.634 | 0 | 2.634 | 2,8 | 0,0 | 2,8 |
Lombardia | 0 | 255 | -255 | 0,0 | 2,6 | -2,6 |
Friuli V. G. | 1.208 | 281 | 926 | 1,5 | 0,3 | 1,1 |
Val d’Aosta | 3.940 | 348 | 3.593 | 0,5 | 0,0 | 0,5 |
Emilia R. | 326 | 354 | -28 | 1,5 | 1,6 | -0,1 |
Veneto | 416 | 490 | -74 | 2,0 | 2,4 | -0,4 |
Toscana | 700 | 671 | 29 | 2,6 | 2,5 | 0,1 |
Umbria | 967 | 842 | 125 | 0,9 | 0,7 | 0,1 |
Liguria | 1.327 | 922 | 405 | 2,1 | 1,4 | 0,6 |
Piemonte | 1.006 | 1.056 | -51 | 4,4 | 4,6 | -0,2 |
Marche | 1.045 | 1.108 | -63 | 1,6 | 1,7 | -0,1 |
Basilicata | 1.671 | 1.272 | 399 | 1,0 | 0,7 | 0,2 |
Lazio | 1.193 | 1.290 | -97 | 7,0 | 7,6 | -0,6 |
Abruzzo | 1.341 | 1.392 | -51 | 1,8 | 1,8 | -0,1 |
Molise | 2.358 | 1.411 | 947 | 0,7 | 0,4 | 0,3 |
Sardegna | 2.595 | 1.430 | 1.165 | 4,3 | 2,4 | 1,9 |
Puglia | 1.334 | 1.578 | -243 | 5,4 | 6,4 | -1,0 |
Campania | 1.426 | 1.733 | -307 | 8,3 | 10,1 | -1,8 |
Calabria | 2.836 | 1.787 | 1.049 | 5,6 | 3,5 | 2,1 |
Sicilia | 2.373 | 1.937 | 437 | 12,0 | 9,8 | 2,2 |
ITALIA | 1.089 | 1.004 | 85 | 66,0 | 60,8 | 5,2 |
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.
Moltiplicando gli eccessi di spesa per la popolazione residente regione per regione si ha il riscontro macroeconomico del nostro esercizio teorico di efficientamento della spesa pubblica locale. Le ultime tre colonne della tabella 15 dicono che ci sono sostanzialmente due grandi strade per migliorare la spesa. Accontentarsi dei livelli attuali di servizio pubblico e provare a risparmiare in tutto o in parte i 66 miliardi di euro di eccesso di spesa. Oppure, più verosimilmente e più in linea con una democrazia economica minimamente funzionante, provare a reinvestire le suddette risorse per migliorare l’output pubblico dove esso appare fortemente deficitario. In ogni caso, si potrebbero risparmiare oltre 5 miliardi di euro pur portando tutti i cittadini residenti a fruire di un livello di servizio pari al benchmark (Trentino-Alto Adige), avendo l’accortezza di produrre e offrire l’output pubblico locale ai prezzi della Lombardia.
Resta, comunque, indubitabile, l’evidenza di ampie possibilità di risparmio di risorse pubbliche su base locale, anche in concomitanza con un’azione di rilancio dei servizi pubblici.
Le infografiche

