OCCUPAZIONE: SI CONFERMANO DUE ITALIE

OCCUPAZIONE: SI CONFERMANO DUE ITALIE

Ampliamento del divario Nord-Sud, con punte del 60% se si considera il tasso di disoccupazione giovanile; aumento del lavoro a tempo determinato; crescita dell'occupazione femminile; costi aziendali più alti per le imprese del Mezzogiorno

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10 agosto 2000

OCCUPAZIONE: SI CONFERMANO DUE ITALIE

 

 

LE DINAMICHE TERRITORIALI DELL’OCCUPAZIONE

 

 

La sensibile ripresa dell’occupazione registrata negli ultimi anni sembra coinvolgere in misura ancora marginale il Mezzogiorno: tra il ’96 ed il ’99 dei 567 mila nuovi occupati 440 mila sono stati rilevati nel Centro-Nord, a fronte di una crescita nel Sud di 127 mila unità (Tab. 1).

 

Tab.1  Evoluzione dell’Occupazione per Ripartizione

1996-1999

 

VARIAZIONI ASSOLUTE (migliaia)

 

Nord

Centro

Sud

ITALIA

1997

  41

 14

 27

 82

1998

   93

 34

101

228

1999

 180

 77

-1

 256

1999-1996

 314

125

127

567

INCIDENZA % DELLA NUOVA OCCUPAZIONE

 

Nord

Centro

Sud

ITALIA

1997

50,2

17,0

32,8

100,0

1998

40,7

15,1

44,2

100,0

1999

70,3

30,0

-0,3

100,0

1999-1996

55,5

22,1

22,4

100,0

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Questa evoluzione ha comportato un ampliamento dei già sensibili divari territoriali esistenti in termini di mercato del lavoro: lo scorso anno il tasso di disoccupazione del Centro Nord è risultato pari al 6,5% contro il 22% del Mezzogiorno.  (Tab.2)

 

Cifre che sottendono realtà territoriali ancora più articolate se si guarda ai tassi di disoccupazione provinciali.

 

Tra le provincie che evidenziano la migliore situazione occupazionale, collocate principalmente nel nord- est, e quelle che segnalano le maggiori difficoltà in termini di mercato del lavoro, le differenze al 1999 raggiungono, se si guarda al tasso di disoccupazione generale, quasi i 30 punti percentuali, cifra che supera anche i 60 punti se ci si riferisce alla sola componente giovanile (Tab. 3).

 


TAV. 2   Il Mercato Del Lavoro Nel 1999

(dati in migliaia)

 

 

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

ITALIA

 

 

 

 

 

 

Popolazione residente

       14.910

     10.440

 10.959

 20.769

 57.078

 

 

 

 

 

 

Popolazione attiva (oltre 15 anni)

       13.046

       9.133

   9.551

 17.028

 48.759

% sul totale Italia

26,8

18,7

19,6

34,9

100,0

 

 

 

 

 

 

Tasso attività (1)

50,5

51,7

48,1

43,8

47,9

 

 

 

 

 

 

Tasso di dipendenza (2)

26,5

27,9

28,1

22,5

25,6

 

 

 

 

 

 

Cittadini stranieri

455

343

    439

      253

   1.490

% sul totale Italia

30,5

23,1

29,4

17,0

100,0

 

 

 

 

 

 

FORZE DI LAVORO

        6.591

       4.725

   4.594

   7.451

 23.361

 

 

 

 

 

 

Persone in cerca di occupazione

           396

         215

      422

   1.636

   2.669

-Persone in cerca di 1° occupazione (%)

25,9

18,7

35,9

49,0

41,1

-Disoccupati (%)

46,7

45,7

39,3

32,5

36,7

-Altre (%)

27,4

35,6

24,8

18,6

22,2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tasso di disoccupazione (%)

6,0

4,6

9,2

22,0

11,4

 "                              lunga durata (%)

2,9

1,3

5,4

14,8

6,9

Tasso disoccupazione femminile (%)

9,2

7,1

13,2

31,3

15,7

Tasso di disoccupazione giovanile (3) (%)

18,0

11,6

29,6

56,6

32,9

 "                             lunga durata (%)

7,1

1,9

15,6

36,7

18,4

 

 

 

 

 

 

Durata della  ricerca in mesi (4)

21

21

29

39

22

Disponibilità al trasferimento  (%)

9,5

9,5

16,2

27,1

21,3

Persone in cerca di occupazione disposte ad accettare una retribuzione minima tra 1.400.000  e 1.600.000 (%)

 

 

31,4

 

 

31,4

 

 

32,2

 

 

30,9

 

 

31,2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Occupati Totali

        6.195

       4.510

   4.172

   5.815

 20.692

Tempo pieno (%)

91,8

91,2

92,1

93,1

92,1

Tempo parziale (%)

8,2

8,8

7,9

6,9

7,9

 

 

 

 

 

 

Occupazione permanente (%)

93,6

91,3

91,6

85,6

90,5

Occupazione temporanea (%)

6,4

8,7

8,4

14,4

9,5

 

 

 

 

 

 

(1) Rapporto tra le forze di lavoro e la popolazione di 15 anni e più

(2) Rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione compresa tra 15 e 64 anni

(3) 15 - 24 anni

(4) Il valore si riferisce all'Italia Settentrionale

Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati ISTAT

 

Tab. 3 Tassi di disoccupazione provinciali - 1999

 

TASSI DI DISOCCUPAZIONE

 

TASSI DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

LE 10 MIGLIORI

 

 

LE 10 MIGLIORI

 

 

 

 

 

 

Bolzano

2,5

 

Bolzano

4,7

Lecco

2,7

 

Lecco

5,5

Treviso

2,7

 

Treviso

7,3

Bergamo

2,9

 

Bergamo

7,5

Vicenza

2,9

 

Padova

8,3

Mantova

3,0

 

Mantova

8,4

Bologna

3,2

 

Vicenza

8,6

Reggio Emilia

3,2

 

Trento

8,8

Siena

3,3

 

Pordenone

8,9

Pordenone

3,5

 

Parma

9,4

 

 

 

 

 

LE 10 PEGGIORI

 

 

LE 10 PEGGIORI

 

 

 

 

 

 

Cosenza

25,3

 

Vibo Valentia

61,4

Caserta

25,6

 

Caltanissetta

61,9

Messina

26,5

 

Messina

64,0

Catania

27,0

 

Cosenza

65,1

Napoli

27,8

 

Caserta

65,2

Palermo

29,0

 

Catanzaro

66,5

Vibo Valentia

29,4

 

Napoli

67,0

Catanzaro

29,7

 

Enna

69,9

Enna

32,4

 

Palermo

70,8

Reggio Calabria

32,4

 

Reggio Calabria

71,2

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Disparità che non dovrebbero essere state ridotte neanche dall’evoluzione più recente. Le ultime rilevazioni sulle forze di lavoro indicano, infatti, nella media di gennaio-aprile del 2000, un aumento degli occupati pari a 189 mila unità nel Centro-Nord e 78 mila nel Sud rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

Cifra decisamente insufficiente ad attenuare il problema della disoccupazione nel meridione che continua, nella media delle due rilevazioni, ad evidenziare un tasso superiore al 21%, con valori particolarmente negativi per la componente giovanile che registra un tasso di disoccupazione superiore al 55%.

 

Si aggiunga che la contenuta diminuzione riscontrata nelle ultime indagini del numero di disoccupati nel sud, che rappresentano ancora oltre il 62% del totale nazionale, è dovuta in parte anche alla ripresa dei fenomeni migratori interni.

 

D’altra parte stando ai dati del ’99 nel meridione la disponibilità a spostarsi per trovare un lavoro appare decisamente più elevata rispetto al resto del Paese, mentre risulta più contenuta la percentuale di lavoratori disponibili ad accettare un salario basso.

 

Questa situazione può riconnettersi anche alle caratteristiche della nuova domanda di lavoro, che appare concentrata principalmente tra le forme atipiche.

 

Le tipologie del nuovo lavoro caratterizzate da un forte contenuto di precarietà, hanno contribuito almeno in parte a rendere sempre più evidente la presenza in Italia di almeno due mercati del lavoro, con caratteristiche e peculiarità profondamente diverse.

 

Nel Mezzogiorno si è fatto principalmente ricorso al tempo determinato, in particolare in quelle aree dove operano le imprese più dinamiche e con una maggiore propensione all’export mentre, nel Centro-Nord è aumentata in misura più sensibile la quota dei lavoratori part-time, tipologia che in un contesto di piena occupazione, come è sostanzialmente quello dell’area, ha offerto opportunità di lavoro anche a segmenti che per le difficoltà di conciliare gli impegni di lavoro con il contesto familiare hanno delle resistenze a collocarsi sul mercato.

 

Si sottolinea, inoltre, come il tempo determinato nel centro nord permetta una certa continuità nell’attività lavorativa, in quanto si passa senza attese troppo lunghe da un contratto all’altro, che in molti casi si trasforma in tempo indeterminato, mentre nel Mezzogiorno una volta terminato il contratto si rischia di tornare per un periodo molto lungo nella posizione di disoccupato.

 

Queste dinamiche sono compatibili con mercati del lavoro maturi nei quali esiste una consistente quota di lavoratori a tempo pieno e determinato, e che costituiscono la base del reddito familiare, mentre risultano insufficienti per le esigenze di aree nelle quali il tasso di occupazione è particolarmente basso.

 

Dall’analisi di medio periodo emerge come l’elevato ricorso a forme di flessibilità abbia favorito decisamente l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro, e non è un caso che la ripresa dell’occupazione sia originata in primo luogo da questa componente.

 

Tab.4  Evoluzione dell’Occupazione per Ripartizione  e Sesso

1996-1999 (variazioni assolute in Migliaia)

 

 

Nord

Centro

Sud

ITALIA

 

Maschi

Femmine

Maschi

Femmine

Maschi

Femmine

Maschi

Femmine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1997

-4

45

5

9

11

16

12

70

1998

27

66

5

30

43

58

75

153

1999

55

125

18

59

-4

3

68

188

1999-1996

78

236

28

98

50

77

155

411

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

E’ evidente però che proprio per le caratteristiche di questa nuova domanda di lavoro e per le specificità dei singoli contesti produttivi questa situazione abbia avvantaggiato soprattutto le donne del Centro-Nord (Tab.4).

 

La crescita più sensibile di occupati si risconta nelle donne comprese tra i 35 ed i 54 anni del centro nord: 275 mila in più tra il ’96 ed il ’99, pari ad oltre il 48% del totale dell’aumento riscontrato nel periodo.

 

Tale evoluzione ha comportato un ampliamento nei già consistenti divari esistenti tra le due macro-aree in termini di incidenza dell’occupazione femminile.

 

Nel 1996 l’occupazione femminile del Centro-Nord era pari al 38% del totale della macro-area, contro il 28,7 del Mezzogiorno. Quota che, nonostante il modesto aumento degli ultimi mesi, si approssima per il Mezzogiorno nella media del periodo gennaio - aprile 2000 al 29,5%, una posizione molto distante dal livello raggiunto nel Centro-Nord, pari al 39,5%.

 

 

 

LE PROSPETTIVE A BREVE - MEDIO TERMINE DELL’ECONOMIA MERIDIONALE

 

Le dinamiche produttive in atto non appaiono in grado di ridurre i divari territoriali, in particolare nel mercato del lavoro che sempre di più si conferma come un elemento strutturale del sistema.

 

La ripresa italiana, che da più parti viene definita come particolarmente vigorosa, continua ad essere trainata in larga misura dalla ripresa dei flussi esportativi, situazione che rischia di lasciare ancora una volta ai margini l’economia del Mezzogiorno.

 

La forte crescita delle esportazioni in valore riscontrata nella prima parte dell’anno se pure sembra interessare in modo omogeneo le singole aree del paese, derivando da fattori tra loro molto diversi, comporta impatti articolati sui singoli sistemi.

 

In particolare vi è da sottolineare come nel Mezzogiorno parte dell’incremento in valore sia da imputarsi al sostenuto aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, le cui esportazioni italiane provengono in larga misura dall’area, situazione che di fatto lascia presupporre uno scarso impatto sull’economia del sud, che già strutturalmente vanta una più bassa propensione all’apertura verso l’estero, in quanto la quota di esportazioni dell’area sul totale nazionale continua ormai da anni a risultare attestata su valori prossimi al 10%.

 

Questa evoluzione dualistica dell’economia italiana sembra confermata anca dall’andamento di altri indicatori:

·          pur in miglioramento il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese continua a risultare nel Mezzogiorno più basso rispetto al Centro-Nord;

·          il grado di utilizzo degli impianti nel Mezzogiorno è  su livelli decisamente più contenuti rispetto al Centro-Nord;

·          le vendite in quantità segnalano nel sud anche a maggio una consistente flessione a fronte di un modestissimo miglioramento nel resto del paese.

 

Con queste premesse è difficile ipotizzare già nell’anno in corso e nel prossimo biennio l’avvio di una fase di crescita sostenuta nel Mezzogiorno ed in grado di assicurare la progressiva riduzione dei differenziali esistenti.

 

Tab. 5  Andamento Delle Principali Variabili Economiche

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

 

Centro-Nord

Mezzogiorno

ITALIA

 

2000

2001

2002

2000

2001

2002

2000

2001

2002

PIL

3,2

3,3

3,4

1,3

1,6

1,8

2,7

2,9

3,0

CONSUMI

2,5

2,6

2,8

1,7

1,4

1,8

2,3

2,2

2,5

INVESTIMENTI

5,7

5,2

5,3

2,9

3,5

2,7

5,1

4,9

4,8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

OCCUPAZIONE (Migliaia)

202

71

197

46

 38

57

248

209

254

Fonte: Previsioni Centro Studi CONFCOMMERCIO

 

Nel prossimo biennio, infatti l’economia meridionale dovrebbe continuare a svilupparsi a ritmi decisamente più bassi rispetto al Centro-Nord, in conseguenza principalmente di una crescita più contenuta della domanda interna, in particolare per la componente relativa agli investimenti.

 

D’altra parte l’assenza di una vera politica economica che vada al di là del mero controllo contabile sulle grandezze di finanza pubblica se già appare preoccupante per l’intero Paese diviene ancora più grave per il Mezzogiorno.

 

 

 

Le Politiche  Per Lo Sviluppo

 

Solo con l’avvio di una vera politica per gli investimenti volta a ridurre il gap infrastrutturale, in particolare nei trasporti e nelle comunicazioni, sarebbe possibile ridare slancio all’economia meridionale mettendola in condizione di recuperare i ritardi.

 

In questo senso sarebbe necessario puntare in via prioritaria su investimenti in grado di promuovere l’insediamento nell’area di imprese innovative nel settore dei servizi, cercando di sfruttare al meglio le potenzialità della new economy in termini di più elevati tassi di sviluppo del prodotto e dell’occupazione rispetto alla cosiddetta old economy.

 

A queste azioni volte a migliorare il contesto nel quale operano le imprese dovrebbero associarsene altre mirate a ridurre il costo del lavoro e stimolare l’emersione del lavoro nero, che secondo alcune stime rappresenta nel Mezzogiorno oltre il 30% del volume di lavoro necessario a produrre.

 

D’altra parte nel Mezzogiorno gli ultimi dati sulle imprese segnalano un rapporto costo del lavoro valore aggiunto per addetto decisamente penalizzante e pari per il complesso delle imprese a quasi il 90% contro un’incidenza di poco inferiore all’80% nel centro nord. Cifra che sale al 92% se si guarda alle medio piccole imprese.

 

Situazione che di fatto rende nel Mezzogiorno meno competitivo proprio quel segmento di aziende, che costituisce la base dell’apparato produttivo italiano e che rappresenta la parte più vitale dell’economia del Centro-Nord.

 

Le conseguenze di questa distorsione sono molteplici: la mancanza di condizioni remunerative per l’imprenditore spinge nel Mezzogiorno sia al ricorso al lavoro nero, sia scoraggia l’insediamento di nuove attività

 

E’ evidente che solo legando parte del salario alla produttività si potranno rendere più competitive le piccole e medie aziende del sud e realizzare una crescita di nuove imprese.

 

A questi interventi legati al secondo livello di contrattazione dovrebbero associarsi  misure volte ad aumentare la flessibilità regolamentata e agevolare l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari, per favorire la trasparenza e contrastare le distorsioni del mercato ed i fenomeni di concorrenza sleale, con l'estensione «erga omnes» dei contratti e la promozione dei riallineamenti contrattuali e delle agevolazioni.

 

 

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