In Toscana terziario ‘malato’ di Covid

In Toscana terziario ‘malato’ di Covid

Dai dati dell'Osservatorio congiunturale curato da Format Research per conto della Confcommercio regionale emerge un quadro a tinte fosche: c’è poca voglia di fare impresa, le imprese attive restano col fiato sospeso.

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26 ottobre 2020

Per la prima volta in dieci anni il terziario toscano vive un brusco stop: l’apertura di nuove attività si è dimezzata rispetto al 2019 (-51%), mentre nel turismo è calata addirittura del 67%. Un dato che porta in negativo il saldo fra nuove imprese e imprese cessate: a metà 2020 ne mancavano all’appello 1.800 rispetto allo stesso periodo del 2019. C’è quindi meno voglia di rischiare entrando in un mercato fortemente compromesso dagli effetti della pandemia, destinato a perdere nella sola Toscana ben 12 miliardi di euro di consumi (-13,8%, peggio della media nazionale che è del -10,9%) anche per il contributo negativo del turismo, che ha fatto segnare un tonfo su base tendenziale (-59% arrivi, -61% presenze).

 

È quanto emerge dall’Osservatorio congiunturale sul terziario toscano nel terzo trimestre 2020, curato da Format Research per Confcommercio Toscana. L’indagine è stata presentata a Firenze nel corso di una conferenza stampa on line alla quale hanno partecipato la presidente dell’associazione di categoria, Anna Lapini, il direttore Franco Marinoni e il presidente di Format Research Pierluigi Ascani.

 

 

Dai dati si rileva che, mentre le nuove imprese faticano a nascere, quelle esistenti restano col fiato sospeso, soprattutto se operanti nella filiera turistica e nel commercio no food: segnate ancora dal buio dei mesi di chiusura forzata del “lockdown”, hanno vissuto una leggera ripresa nei mesi estivi, non sufficiente però a recuperare quanto perduto. Ora, l’incertezza correlata all’andamento dei contagi da Covid-19 e l’adozione di misure ancora più restrittive hanno rimesso di nuovo in discussione la loro fiducia.

 

Le previsioni per i prossimi mesi sono improntate al pessimismo: il 72% degli operatori intervistati ha dichiarato di non essere in grado di reggere un nuovo lockdown. Il 57% si è detto in difficoltà nel rispettare le scadenze fiscali. Non a caso, il primo intervento che le imprese del terziario della Toscana chiedono al nuovo governo regionale riguarda proprio la sfera fiscale, il credito, la finanza agevolata. Anche sul fronte della liquidità, la ripresa è ancora lontana. È cresciuta la quota di imprese che hanno fatto domanda di credito nel periodo compreso tra aprile e settembre (sono state il 42%). E, dopo le difficoltà che hanno caratterizzato i primi mesi, in due casi su tre la risposta degli istituti di credito è stata positiva. In generale, l’introduzione del Dl Liquidità ha spostato l’attenzione dagli aspetti relativi al costo del credito (giudicato in miglioramento) alle tempistiche di erogazione.

 

A peggiorare lo scenario, le prospettive occupazionali: già 104mila le assunzioni in meno del terziario rispetto al 2019 (-51% solo nel turismo, per lo più a causa del blocco degli stagionali), ma la situazione è destinata a peggiorare notevolmente quando cesserà il divieto di licenziamento.

 

La crisi economica accentua i timori degli imprenditori toscani di rimanere vittima di trame criminali. Il 70% dei commercianti e dei titolari di pubblici esercizi teme l’aumento del fenomeno dell’usura, il 59% i tentativi della malavita di impadronirsi delle aziende. “Sono timori che nascono spesso dal sentirsi soli e abbandonati dalle istituzioni, privi di sostegno e aiuti concreti”, sottolinea la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, “è molto umano sommare paura a paura, ma non possiamo lasciare spazio alla sfiducia. Per questo chiediamo alle istituzioni, locali come nazionali, di fare quanto possibile per non lasciarci soli a scontare sulla nostra pelle, e su quella dei nostri dipendenti, le conseguenze di una crisi certo imprevedibile e inaspettata, ma che dobbiamo affrontare insieme, senza lasciare indietro nessuno. Anche perché in ballo non c’è solo il futuro del terziario, ma anche quello delle nostre città, che prive della rete distributiva e di accoglienza garantita dalle nostre imprese perderebbero la propria anima”.

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