PENSIONI: BILLE', "LA POLITICA DELL'ARROCCO NON PAGA".

PENSIONI: BILLE', "LA POLITICA DELL'ARROCCO NON PAGA".

Per il Presidente di Confcommercio, "occorre che tutti, a partire da governo, sindacati e parti sociali facciano un passo indietro". Patto di stabilità: "Una revisione sia pure parziale, è l'unica carta da giocare per evitare il rischio della recessione".

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4 dicembre 2001

Billè sulle pensioni: "La politica dell'arrocco non paga"

 

Secondo il Presidente di Confcommercio, Sergio Billè , per la riforma del sistema pensionistico serve un ampio consenso evitando di assumere posizioni estreme. Intervenendo sul tema delle pensioni, a margine di un convegno al Motorshow di Bologna, Billè ha sottolineato come: "bisogna fare di tutto per salire sull'auto delle riforme perché chissà quando un'opportunità del genere potrà ripresentarsi. Ma per evitare che l'attuale confronto finisca in una strada senza uscita, o si trasformi in un'impossibile quadratura del ce rchio, - ha detto Billè - occorre che tutti, a partire da governo, sindacati e parti sociali facciano un passo indietro e capiscano che con la politica dell'arrocco non si va proprio da nessuna parte".

Il Presidente di Confcommercio, inoltre, è convinto della necessità di rivedere il patto di stabilità: "Una revisione sia pure parziale, a tempo e con obietti vi precisi del patto di stabilità mi sembra ormai l'unica carta da giocare per allontanare dall'Europa il rischio di una recessione –ha concluso Billè -favorirebbe anche quel cambiamento di clima necessario oggi per condurre in porto una vera politica di riforma".

 

Pensioni: ancora una settimana per trattare

La riunione di martedì tra governo e parti sociali sulla riforma delle pensioni è stata interlocutoria. Solo l'11 dicembre, infatti, l'Esecutivo consegnerà il documento con le proposte conclusive. Il vicepremier Gianfranco Fini ed il min istro del Welfare Roberto Maroni si sono limitati a sottoporre a sindacati e imprenditori una bozza di accordo con i cinque punti già annunciati nei giorni scorsi, confermando che l'unica operazione sulle aliquote contributive consisterà nell'equiparazione fra lavoratori parasubordinati (l'aliquota passerebbe dal 12,6% al 16,9% nel 2002) ed autonomi e che non verrà toccata la scaletta della riforma Dini sulle pensioni di anzianità. Per compensare le aziende dello smobilizzo del Tfr per il decollo della previdenza integrativa, comunque, il governo ha messo sul piatto un taglio dei contributi previdenziali dei lavoratori, sgravi fiscali e una facilitazione per l'accesso al credito. I noltre, l'Esecutivo ha sondato le associazioni imprenditoriali sulla possibilità di introdurre, oltre agli incentivi per chi resta al lavoro, anche disincentivi per frenare il ricorso alle pensioni di anzianità.

"Di questi cinque punti – ha spiegato il segretario generale aggiunto della Uil Adriano Musi al termine dell'incontro - noi ne condividiamo tre: la liberalizz azione dell'età pensionabile, l'abolizione progressiva del divieto di cumulo e la certificazione dei diritti acquisiti. C'è ancora confusione sulla previdenza complementare e sugli incentivi per chi resta al lavoro. Il punto che non ci p iace è quello della decontribuzione".

Su quest'ultimo aspetto è fermo il no della Cgil: "questo è uno dei punti – ha detto il segretario confederale Betty Leone - su cui non si può trattare. Non siamo disposti a snaturare il sistema della riforma Dini e a inserire un doppio regime".

"Siamo contrari ad una riduzione delle pensioni per i nuovi assunti che entrano col sistema contributivo", ha aggiunto da parte sua il segretario confederale della Cisl Pierpaolo Baretta.

 

 

 

 

 

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