Le Pmi in due sondaggi della Commissione Ue

Le Pmi in due sondaggi della Commissione Ue

La Dg XXXIII per conto della Commissione europea ha commissionato due sondaggi sulle Pmi dei 15 Paesi della Comunità.
Scopo del primo sondaggio quello di analizzare nella prospettiva dei prossimi 20 anni le linee di evoluzione dell'intero sistema, i suoi bisogni, le sue difficoltà di sviluppo e le sue speranze di cambiamento.
Nel secondo si affronta in maniera specifica quale tipo di rapporto esista tra le Pmi europee e le nuove potenzialità di informazioni che Internet mette loro a disposizione nonchè il suo impatto rispetto alle altre fonti tradizionali.

Il primo sondaggio: "La mia impresa fra 20 anni"

100 piccole e medie imprese, per ognuno dei quindici Paesi dell'Unione europea, sono state oggetto di questo sondaggio dal 18 maggio al 6 giugno dello scorso anno : insomma ben 1500 imprenditori di aziende con un numero di addetti da 10 a 50 hanno risposto alle domande della rilevazione . Ne è scaturito uno spaccato realistico che mette in evidenza attese ed aspettative, talora anche le incertezze, di un settore fondamentale dell'universo produttivo comunitario , quello delle Pmi.
Priorità assoluta è stata considerata dal 46,5% degli imprenditori intervistati quella della crescita, mentre solo il 21% di essi ha indicato quella della sopravvivenza. Ottimismo anche per il futuro delle Pmi perché il 14,4% degli intervistati ritiene che, nei prossimi 20 anni, sarà riuscito ad assorbire altre imprese, ed il 19,6% che avrà stipulato nuovi accordi.
Soltanto l'11,8% ha espresso la preoccupazione di una eventuale scomparsa dal mondo produttivo.
Diverso il giudizio espresso sul futuro dell'intero sistema delle Pmi europee : il 61% degli imprenditori sostiene, infatti, che si verificherà una diminuzione del numero complessivo delle imprese del comparto. Risposta coerente, del resto, con quella precedente che sosteneva, appunto, un aumento dei fenomeni di fusione tra imprese piccole e medie.
Dunque la crescita è ciò che indica la bussola del futuro delle Pmi europee, con ricadute estremamente positive anche in termini di occupazione (53,8% di intervistati).
Passando poi ai fattori di cambiamento, prevedibili nel prossimo ventennio, il 34,8% degli imprenditori, ed in particolare quelli francesi e italiani (le cui risposte hanno influenzato notevolmente il risultato complessivo), indica con sicurezza l'organizzazione e l'orario di lavoro.
Altro fattore individuato è la mondializzazione (23,6%).
Meno determinante viene considerato l'euro (solo il 9,4%) poiché la maggioranza degli intervistati lo considera fenomeno di rapido superamento.
Tuttavia è risultata alta la percentuale di coloro che non hanno ancora preso piena coscienza di quelli che saranno i fattori di cambiamento del prossimo futuro.
Idee più chiare, invece, in merito ai fattori che condizionano positivamente il destino delle imprese: la qualità dei prodotti è stata indicata dal 42,4%, al secondo posto (14,3% ) l'innovazione ed al terzo (12,5%) il personale.
E le idee risultano altrettanto chiare anche nel caso di un avverso destino, infatti, il 16,5% dell'intero campione degli imprenditori sostiene che se sciagura ci sarà essa sarà determinata dalla "cattiva sorte", poiché il 46,5% di loro crede nella crescita della propria impresa e solo il 3,8% teme che essa sia destinata a scomparire.
Dunque ciò significa che solo eventi imprevedibili possano determinare una eventuale sconfitta.
Dopo la "mala sorte", vengono a ruota indicate la fiscalità (15,9%) , la concorrenza (14,1%) e la mondializzazione (12,9%).
Per quanto concerne il ruolo delle tecnologie dell'informazione per il miglioramento organizzativo delle imprese il 37,9% lo considera fattore determinante ed un quinto delle imprese (19,4%) lo considera capace di creare nuovi mercati.
Una prova di grande coraggio emerge a proposito del bisogno di vari e possibili supporti allo sviluppo delle imprese. Infatti il 26,5% dichiara di poter contare solo sulle proprie forze, il 24,3% spera in supporti da parte degli enti locali ed il 16% da parte delle istituzioni nazionali.
Ancora coraggio emerge sulle sfide che il sistema delle Pmi dovrà affrontare nel nuovo millennio: la vita sarà più difficile per il 64,5%, mentre le imprese saranno più complesse da gestire per il 55,8%.
Gli imprenditori dimostrano inoltre un legittimo sentimento di orgoglio poiché dichiarano che le Pmi godranno, in futuro, di maggiore considerazione (65,5%) e che saranno più influenti (44,7%) mentre il 42,7% è di parere contrario.

Secondo sondaggio: "I bisogni di informazione delle Pmi ed Internet"

Questo sondaggio , realizzato dal 15 agosto al 15 settembre '98, ha utilizzato un campione di 2000 imprenditori di aziende con addetti da 10 a 50 nei 15 Paesi dell'Unione europea ( da 130 a 150 imprese per Paese). Si volevano "misurare" i livelli di interesse e di utilizzo del sistema Internet da parte delle Pmi europee.
Il 43% degli intervistati ha dichiarato di servirsi di Internet per lo scambio di messaggi (84,9%) e per la ricerca di informazioni (100%); di questi ultimi il 44,7% dell'intero campione ha dichiarato di essere poco propenso a sviluppare il proprio sito .
Sono state evidenziate, inoltre, differenze nell'utilizzo di Internet in rapporto alla grandezza dell'impresa, con soltanto un 28,4% registrato entro la dimensione dei 10 addetti.
Differenze sono emerse anche in funzione alla collocazione geografica: più di 2 imprese su tre utilizzano Internet in Svezia, Finlandia, Austria ed Irlanda. Un minor utilizzo si è riscontrato nel Regno Unito, Portogallo e Francia.
L'utilizzatore privilegiato di Internet è il proprietario (44%) e tale constatazione non varia con la dimensione dell'impresa, tuttavia è stato rilevato che la diffusione di Internet è ancora abbastanza ristretta.
Per quanto riguarda le ragioni che spingono all'utilizzo di Internet è risultato che le percentuali più elevate riguardano la ricerca delle "voci commerciali", delle "attività dei concorrenti" e della "attività dei clienti e dei partner".
Va precisato che sono state identificate due diverse categorie di clienti di Internet, quella degli "utilizzatori abituali" e quella degli "utilizzatori potenziali". Entrambe risultano interessate alla consultazione delle voci precedentemente citate, mentre si rilevano differenze nella utilizzazione di altre informazioni, per cui gli "abituali" cercano più usualmente informazioni scientifiche e tecniche, i "potenziali" sono maggiormente interessati a quelle di tipo giuridico.
Risulta, inoltre, che gli abituali, a differenza dei potenziali, chiedono informazioni relative anche ai mercati stranieri (36,4% contro il 24,9%).
Quanto alla qualità della domanda di informazione delle Pmi verso Internet il sondaggio rivela che esse privilegiano la sintesi rispetto all'analisi. Inoltre, secondo gli utilizzatori abituali, il vantaggio di Internet è quello di un risparmio di tempo. Si aggiunga che Internet viene considerato più uno strumento utile ad un aggiornamento continuo che non ad un approfondimento delle conoscenze.
Quanto al grado di soddisfazione espresso dagli utilizzatori abituali è risultato che esso è soddisfacente anche se un quarto delle imprese intervistate ha dichiarato che le informazioni sono ancora generiche e vaghe.
Particolarmente significativo è quanto è emerso dal 36,8% delle imprese utilizzatrici che hanno dichiarato che Internet è uno strumento per accedere in maniera differente a fonti informative già note e che esso è, dunque, uno strumento che risolve problemi di ordine pratico e non di natura esplorativa.
In complesso, comunque, le imprese intervistate si dichiarano disponibili a pagare i servizi informativi su Internet e soltanto il 29,5% degli utilizzatori ed il 26,3% dei non utilizzatori è contrario .
Le imprese utilizzatrici del settore industriale sono risultate, a questo proposito, particolarmente reticenti (36,5%).
Da aggiungere che l'interesse delle imprese utilizzatrici di Internet verso altre forme di informazione ha segnato un calo solo marginale e, comunque, non si è indirizzato verso fonti alternative particolari.
Per le imprese non utilizzatrici, invece, si registra un calo di interesse più marcato verso altre fonti di informazione.

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