PRESENTAZIONE PROGETTO EXCEL

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Intesa fra ANCC-COOP, ANCD-CONAD, CONFCOMMERCIO, FAID, FEDERCOM

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9 giugno 2000
Non posso non far riferimento a quello che è accaduto ieri a proposito degli indennizzi che erano stati promessi ai commerci8anti che avevano restituito le licenze

PROGETTO EXCEL

 

Non posso non far riferimento a quello che è accaduto ieri a proposito degli indennizzi che erano stati promessi ai commercianti che avevano restituito le licenze. In appena tre quarti di ora, precisamente dalle 8,15 alle 9, si sono esauriti i 100 miliardi che il Governo aveva stanziato.

 

Lo stock delle domande presentate lo scorso anno ha fatto scendere immediatamente la disponibilità effettiva a solo 60 miliardi, cifra già di per sé irrisoria.

 

Alla fine del pomeriggio di ieri erano state presentate a mano, senza contare le richieste che arriveranno per posta, 14.662 domande per un valore di oltre 350 miliardi, se si considera un indennizzo medio di 25 milioni a licenza, non previsti nel bilancio statale del 2000.

 

Le richieste sono arrivate da Milano (600) come da Enna (112), a dimostrazione che la crisi dell’azienda commerciale, come effetto della crisi dei consumi, prescinde in qualche modo dal PIL provinciale.

 

Preoccupa la quantità di un fenomeno di rinuncia a tenere in vita la piccola impresa, che si sta allargando a macchia d’olio, se si pensa che 14 mila imprese che dichiarano di cessare l’attività in un giorno corrispondono a circa 1/3 della mortalità d’impresa su base annua;

preoccupa il formarsi di un fenomeno sociale in parte legato all’età dei titolari di licenze, che può influire negativamente sugli indici di disoccupazione, dal momento che l’età media dei titolari delle imprese commerciali di vicinato è di 43 anni;

preoccupa, infine, che aumenti la sfiducia verso le Istituzioni, che avevano più volte dichiarato pubblicamente che il valore delle licenze sarebbe stato indennizzato.

 

Che la situazione dei consumi, quest’anno, si vada caratterizzando in senso negativo, con un calo del 2,9% registrato in termini reali a marzo, lo abbiamo sottolineato in occasione della diffusione da parte dell’Istat dei dati sulle vendite al dettaglio.

 

La stessa relazione del Governatore di Bankitalia, spostando al 2001 il periodo in cui si potranno riscontrare segnali positivi, ha confermato che è in atto un’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, accentuato dall’aumento del prezzo della benzina. Se si tarda anche di poco ad intervenire su di esso, il calo dei consumi potrebbe accentuarsi ancora di più e in modo preoccupante.

 

Altri parleranno in maniera analitica delle performances delle aziende della media e della grande distribuzione e delle imprese cooperative. Da parte mia vorrei sottolineare il contributo che il settore nel suo complesso ha dato e sta dando dal ’92 ad oggi, cioè anche in anni difficilissimi, all’occupazione e al contenimento dell’inflazione.

 

A fronte dei 197 mila occupati dipendenti in meno in agricoltura, degli 85 mila occupati nell’industria in senso stretto, cioè escluse le costruzioni, il commercio al dettaglio, nello stesso periodo, ha registrato oltre 112 mila occupati in più nella piccola come nella media e grande distribuzione.

 

C’è un dato che non so se oggi verrà fornito o meno da altri e riguarda i programmi di sviluppo delle aziende qui rappresentate. A fine 2001 si possono stimare nuovi posti di lavoro dipendente nell’ordine delle 25 mila 30 mila unità se i piani di sviluppo delle aziende troveranno le condizioni adeguate per essere realizzati.

 

Egualmente deve far riflettere anche l’andamento del fatturato medio registrato dalle piccole imprese fino a 5 addetti, che segnalano una sostanziale tenuta delle micro-imprese al dettaglio (fino a 2 addetti) e un rafforzamento delle piccole imprese (da 3 a 5 addetti). Il fatturato medio è cresciuto tra il ‘97 e il ‘99 ad un tasso medio annuo del 2%.

 

Si tratta però di aziende che investono in tecnologia, si ampliano nelle superfici, si specializzano nell’assortimento, entrano in rete, cioè si legano ad un circuito associativo (acquisti, franchising, associazioni di via, etc.). La verità è che ci stiamo avviando verso un sistema distributivo duale in cui si prefigurano due generi di tipologie di impresa commerciale: il piccolo format efficiente che opera nei centri storici, nei quartieri e nei centri commerciali, e gli insediamenti di medio-grande dimensione con bacini di utenza  intercomunali o addirittura interprovinciali.

 

E sia chiaro, ci interessa del sistema duale sia l’efficienza della piccola impresa che lo sviluppo dei gruppi nazionali o regionali che sappiano competere dentro la globalizzazione.

 

Va pure sottolineato un’altra caratteristica del panorama distributivo italiano, quella per la quale la presenza di gruppi internazionali si concentra, oggi, soprattutto nel canale degli ipermercati.

 

La intensità, la novità, la forza dei processi che stanno interessando il settore e lo stato di stallo in cui versa tutta l’architettura della Bersani mi hanno indotto a promuovere un’iniziativa forte, lasciatemelo dire anche coraggiosa, per facilitare il confronto tra tutti i soggetti della distribuzione italiana attorno ad alcuni obiettivi di base:

la salvaguardia di un sistema multicanale al servizio del consumatore che chiede responsabilizzazione reciproca a piccoli e grandi;

la ricerca di comportamenti innovativi verso l’industria anche non di marca, l’agroalimentare, l’artigianato per dare il massimo valore aggiunto al sistema Italia;

l’ampliamento del confronto tra il nostro soggetto economico, colto nel suo reale peso e il mondo bancario e finanziario, il sistema dei servizi soprattutto pubblici a partire da quelli essenziali quali energia e trasporti.

Quanto poi alle istituzioni, abbiamo già discusso un programma che partirà nei prossimi giorni con due confronti, uno con la Conferenza delle Regioni, l’altro con l’ANCI per trovare soluzioni straordinarie ad alcuni nodi della Bersani.

 

Senza queste soluzioni sarà impossibile di fatto raggiungere livelli di produttività e di competitività adeguati. Continuare nell’immobilismo vuol dire, ma non solo per i distributori, un futuro di mercato colonizzato.

 

 

 

 

 

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