Intervento del Presidente Sangalli alla presentazione del Rapporto Confcommercio-Censis

Intervento del Presidente Sangalli alla presentazione del Rapporto Confcommercio-Censis

22 luglio 2009

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23 luglio 2009

Ringrazio Mariano Bella e Giuseppe Roma per l’analisi della crisi e delle prospettive di ripresa della nostra economia a cui vorrei aggiungere alcune considerazioni.

Noi siamo sempre stati iscritti al partito dei realisti e nemmeno nei mesi più bui di questa crisi abbiamo voluto credere che questo Paese fosse destinato ad una crisi irreversibile.

Certo, la crisi c’è, è profonda e strutturale e nessuno lo vuole negare. Ma possiamo dire con una qualche ragionevole certezza che il suo picco massimo è stato raggiunto nel secondo trimestre di quest’anno.

Registriamo, dunque, che si è superata la fase acuta della crisi e che ci sono alcuni segnali, seppur deboli, di ripresa.

Di fronte a noi non abbiamo più una prospettiva senza orizzonte ma un percorso di uscita dalla crisi che sembra delinearsi più precisamente che in passato.

Certo, bisogna ancora faticare ma, sebbene esista ancora la probabilità di una ricaduta in autunno legata ai problemi occupazionali che non ci sentiamo di escludere, questi segnali, oggi, mostrano sicuramente una discontinuità e, come ha appena detto il nostro responsabile dell’Ufficio Studi, sono, anche se molto gradualmente, in costante miglioramento. In alcuni casi, facendo registrare anche una qualche rilevanza quantitativa: l’ICC - il nostro indicatore dei consumi – che non scende, ormai, da quattro mesi; i mercati finanziari in ripresa da marzo; il dato della produzione industriale di giugno; nonché il “capitale fiduciario” delle famiglie che, come testimonia l’indagine Censis-Confcommercio che oggi presentiamo, costituisce un vero e proprio patrimonio da non disperdere.

Insomma, le famiglie non hanno gettato la spugna e, anche se tra mille difficoltà, resistono alla crisi.

Un patrimonio, quindi, quello delle famiglie i cui punti di forza sono evidenziati dal dato – sempre dell’indagine - sul saldo tra ottimisti e pessimisti e da quello sulle previsioni di spesa delle famiglie, entrambi in aumento nei primi sei mesi del 2009 rispetto al secondo semestre dell’anno passato.

Ma oltre al miglioramento del clima di fiducia bisogna guardare anche allo stato di salute in cui si trovano i fondamentali della nostra economia.

Secondo le nostre stime, avremo ancora per il 2009 Pil e consumi col segno meno, rispettivamente -4,8% e -1,8%; mentre nel 2010 entrambi gli indici dovrebbero registrare un segno positivo insieme ad un export che dovrebbe registrare un +3,0%.

Insomma, questa analisi economica e questo censimento sulla percezione delle famiglie che ha fatto il Censis ci consegnano la prospettiva di una ripresa anche se sui tempi non possiamo escludere i “supplementari”.

Ci aspettiamo, inoltre, e questo credo sia inevitabile, qualche strascico negativo sull’occupazione in autunno, quando gli effetti della tempesta – il grosso dei danni, per così dire - ce li saremo lasciati alle spalle e quei segnali di ripresa cui accennavo prima dovrebbero registrare un ulteriore irrobustimento.

Nel frattempo, il sistema delle piccole e medie imprese – che in passato si è dimostrato più flessibile di altri grazie alla sua capacità adattativa ai mutamenti del mercato e ad un modello partecipativo dei suoi lavoratori ai risultati dell’attività d’impresa – sta pagando un prezzo molto alto. Infatti, soprattutto nel settore commerciale la crisi morde e non fa sconti: il saldo negativo di 40mila imprese nel 2008 sta lì a dimostrarlo e altrettante rischiano di “saltare” a fine anno.

Resta, dunque, prioritario agire sul versante dei consumi perché se non riparte la domanda interna sarà più difficile uscire dalla crisi e sarà anche più difficile consolidare la ripresa.

Perché - vorrei ricordarlo – quasi il 60% del Pil è fatto dai consumi e questi, nel nostro paese, sono deboli da molto tempo.

Per questo ribadiamo con forza l’esigenza di una riduzione del prelievo fiscale sui redditi da lavoro – compatibilmente con il rigore dei conti pubblici – per sostenere i consumi delle famiglie ma anche per evitare la spirale perversa tra crisi dei consumi e crescita della disoccupazione.

Rischio, quest’ultimo, non ancora del tutto scongiurato.

Così come è necessario risolvere il problema del credito per le imprese.

A questo proposito, auspichiamo di chiudere, entro l’estate, l’accordo con le banche, perché la crisi “picchia” particolarmente sulle PMI e perché, parallelamente, è proprio sul versante dei rapporti tra banche e PMI che la questione “credito” registra oggi le principali criticità.

Ancora oggi, infatti, le piccole e medie imprese, quelle che - voglio ricordare – rappresentano il 95% del sistema produttivo del paese, contribuendo per oltre il 70% al Pil e per oltre l’80% all’occupazione, patiscono una stretta creditizia che rischia di diventare soffocante.

Quello che, allora, chiediamo alle banche non è certo di rinunciare al loro ruolo fondamentale di selezione del merito di credito. Di dare, cioè, credito a tutti, o di fare cattivo credito.

Ma chiediamo che il loro ruolo sia esercitato con lungimiranza e che andamenti, esigenze e prospettive dei bilanci delle imprese vengano lette con una prospettiva più ampia, riconoscendo l’impegno di chi, pur in tempi difficilissimi, non sta tirando i remi in barca.

E tre sono le nostre richieste al mondo bancario:

  • evitare la tagliola dei rientri a breve e concordare la ristrutturazione del debito;
  • procedere per gli affidamenti a medio e lungo termine al pagamento solo degli interessi e introdurre una moratoria per il rimborso della quota capitale;
  • procedere alla revisione dei parametri di Basilea 2.

Insomma, più reddito alle famiglie e più credito alle imprese. Rimangono queste le richieste prioritarie che oggi ribadiamo al Governo per uscire il prima possibile dalla crisi e preparare il terreno per una crescita più robusta e duratura.

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