Imposte sugli immobili, da Fimaa le proposte di modifica per favorire la ripresa

Imposte sugli immobili, da Fimaa le proposte di modifica per favorire la ripresa

In audizione alla decima Commissione del Senato (Industria, commercio, turismo), la Federazione ha illustrato la sua ricetta per il rilancio del settore immobiliare. Taverna: "serve maggior coraggio".

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11 giugno 2020

Le previsioni relative al mercato immobiliare 2020 indicano un calo di circa 200mila compravendite rispetto allo scorso anno, a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Nel 2021 la ripresa delle compravendite sarà lenta e faticosa se non verranno avviati interventi strutturali in grado di ridare ossigeno all’intera filiera immobiliare.

 

Fimaa – Federazione italiana mediatori agenti d’affari, aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia – in audizione alla decima Commissione del Senato (Industria, commercio, turismo) ha presentato le sue proposte per favorire la ripresa del settore. Per la Federazione, che rappresenta gli agenti immobiliari e conta oltre 12.500 imprese associate, occorre dar vita ad una riforma fiscale strutturale in grado di riattivare il comparto e il suo indotto, partendo dalla riduzione delle imposte sulle compravendite degli immobili, con ritorni positivi per l’occupazione e l’economia del Paese.

 

Per riavviare il settore è innanzi tutto necessario: equiparare l’imposta di registro dovuta per l’acquisto della seconda casa (9%) a quella dovuta per l’acquisto della prima casa (2%). Ciò permetterebbe di dare ossigeno al mercato delle seconde case, correlato al comparto turistico. L’esigenza di un rinnovato slancio verso questo settore, soggetto a stagnazione per gli alti costi fiscali relativi ai trasferimenti di proprietà, è avvertita sia dai cittadini che dalle imprese e, in particolar modo, dagli operatori del comparto. Soprattutto nella fase attuale dove sarebbe auspicabile invogliare gli italiani a trascorrere le vacanze nel Belpaese, contribuendo così anche alla ripresa dei consumi. Il gettito in termini di imposte sarebbe garantito dal maggior numero di scambi. Inoltre, verrebbe alimentato anche l’indotto delle ristrutturazioni e degli interventi di efficientamento energetico. Con quasi l’80% di famiglie italiane proprietarie di una abitazione è fondamentale contenere le imposte conseguenti al mercato di scambio, costituito per la maggioranza da immobili che necessitano di interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica. Interventi che investono artigiani ed imprese e che alimentano nuovi posti di lavoro.

 

Serve poi una riduzione delle aliquote che faciliterebbe anche le permute immobiliari coinvolgendo le imprese di costruzione ad acquistare per rigenerare e riqualificare gli immobili permutati che sarebbero poi reintrodotti nel mercato, generando un circolo virtuoso tanto per la riqualifica del patrimonio edilizio quanto per l’efficientamento energetico. Fimaa ritiene che, nei casi di permuta di abitazioni tra privati ed imprese di costruzione, la cessione dell’immobile ristrutturato o di nuova costruzione da parte dell’impresa debba avvenire sempre in regime di esenzione Iva, con l’applicazione delle imposte di registro pari al 2% e in misura fissa per quelle ipotecarie e catastali.

 

Bisogna inoltre dare la possibilità per chi affitta di optare per il trattamento fiscale di cedolare secca per gli immobili ad uso ufficio e studi privati, negozi e botteghe, magazzini e locali di deposito, laboratori per arti e mestieri, alberghi e pensioni, sia per quanto riguarda i nuovi contratti di locazione sia per quelli da rinnovare, a condizione che il nuovo contratto preveda una riduzione del canone annuo rispetto al precedente.

 

Inoltre, occorre rinnovare il beneficio del credito di imposta per gli investimenti in beni strumentali estendendo le agevolazioni pure per gli immobili (strumentali) di nuova costruzione (capannoni, negozi, ecc.), ricomprendendo anche quelli che saranno coinvolti da progetti di ristrutturazione.

 

Il commento del presidente nazionale Fimaa, Santino Taverna: “a partire dalla crisi finanziaria del 2008 gli immobili italiani hanno perso in media il 25% del proprio valore. A pesare sul comparto e sull’economia del Paese ci sono anche i 700mila posti di lavoro persi e mai recuperati, conseguenza del default di tante imprese di costruzioni e artigianali collegate alla filiera immobiliare. Piastrellisti, falegnami, carpentieri, idraulici, elettricisti, muratori, imbianchini, serramentisti, vetrai, giardinieri, fabbri che non si sono più ripresi dalla crisi e sono stati costretti a chiudere bottega. Di fatto, il settore capace di contribuire al 20% del Pil nazionale ha assoluta necessità di interventi strutturali per ritornare locomotiva del Paese. Dalle 850mila compravendite immobiliari del 2007 siamo passati alle circa 400mila del 2013. Poco si è fatto per recuperare i posti di lavoro persi. Si sono apprezzati gli incentivi finalizzati all’efficientamento energetico ma, quando servono dieci anni per il recupero di una parte dell’investimento, a beneficiarne sono quasi esclusivamente i soggetti con buone disponibilità economiche. Il risultato è che siamo tuttora il Paese con gli immobili più energivori d’Europa. Dal 2013 le compravendite immobiliari sono gradualmente aumentate fino ad arrivare alle 600mila del 2019. Una crescita lenta e faticosa. Ma per quanto riguarda i valori degli immobili, a parte Milano e qualche altra città, si registra ancora una leggera flessione dei prezzi, a differenza di quanto avviene in altri Paesi europei. Dal governo e dalle istituzioni ci si aspetta maggior coraggio per l’adozione di misure strutturali e più investimenti per favorire la ripresa del settore”.

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