Documento di proposte per il sostegno e il rilancio del settore

Documento di proposte per il sostegno e il rilancio del settore

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12 novembre 2020

Premessa

Secondo l’ultima ricerca dell’Ufficio Studi di Confcommercio, sono oltre 1 milione e 400mila i liberi professionisti, cresciuti tra il 2008 e il 2018 del 24,2 per cento. Tuttavia, tra questi, a crescere di più, del 71,6 per cento nello stesso periodo, sono i professionisti non ordinistici, tra cui le nuove professioni, circa 390mila persone che operano per la quasi totalità nei servizi di mercato.

Questa tipologia di professionisti – in cui rientrano, tra gli altri, le guide turistiche, i wellness coach, gli amministratori di condominio, i consulenti di management, i formatori, gli informatici, i professionisti del digitale, i designer, i grafici e i wedding planner – rappresenta il segmento più dinamico dell’occupazione, dove più della metà svolge attività scientifiche e tecniche, ad elevata specializzazione.

Tuttavia, se, da un lato, nel decennio considerato l’occupazione è cresciuta ed è cresciuto di oltre il 30 per cento il reddito complessivo generato da queste professioni, dall’altro, diminuisce del 22,6 per cento il reddito medio pro capite dei medesimi professionisti che si ferma a 16.600 euro. L’emergenza sanitaria legata al contenimento del Covid-19 e la conseguente crisi economica hanno messo nuovamente al centro del dibattito politico la necessità di individuare strumenti più idonei per rendere il mercato del lavoro flessibile, inclusivo e resiliente. Gli stessi strumenti messi in campo a livello europeo, dal Recovery Fund allo Sure, attribuiscono ingenti risorse alla realizzazione prioritaria di questo obiettivo.

Nel contesto di crisi in atto, i professionisti hanno trovato soluzioni parziali nelle misure stabilite dai decreti emergenziali, ma continuano ancora a subire l’effetto del rallentamento e, in alcuni casi, del fermo della propria attività sul loro fatturato, anche in termini di mancati pagamenti da parte dei loro clienti. Le misure che sono state finora messe in campo, quindi, non bastano.

È tempo di adottare politiche che assicurino il necessario sostegno economico e favoriscano la competitività e la crescita di tutte le professioni in cui il capitale umano qualificato è riconoscibile, risponde alle esigenze di consumatori ed imprese e crea valore. Per il professionista, inoltre, affrontare la competizione in questo nuovo scenario significa, in particolare, essere anche in grado di sfruttare le possibilità della tecnologia e del digitale per il potenziamento del proprio business.

Pertanto, per facilitare un nuovo rilancio delle professioni e una loro ripresa dalla fase emergenziale, Confcommercio Professioni porta all’attenzione le seguenti proposte.

Lavoro e welfare

La coesistenza di ammortizzatori sociali differenziati a livello territoriale e settoriale ha realizzato un sistema troppo disomogeneo e articolato di sostegno per imprese e lavoratori rendendolo di difficile attuazione sia da un punto di vista operativo che gestionale.

L’introduzione di un ammortizzatore universale che abbracci le diverse esigenze settoriali e dimensionali e contemporaneamente garantisca, a seconda dei contesti, una copertura adeguata di sostegno differenziando i versamenti contributivi in base ai destinatari può rappresentare un importante intervento normativo.

Tuttavia, l’ampliamento della platea dei soggetti “contribuenti” e dunque l’introduzione di un costo aggiuntivo a carico degli stessi dovrebbe essere accompagnato da interventi strutturali volti a ridurre al minimo gli oneri gravanti su imprese e lavoratori.

In un’ottica di riforma del sistema di ammortizzatori sociali si auspica l’inserimento di una forma di tutela riconosciuta anche ai lavoratori autonomi al pari dei lavoratori subordinati che preveda forme di sostegno adeguate.

Considerando la necessità di includere le professioni in tutte le politiche di riforma, evidenziamo, quindi, che anche per questi lavoratori va considerata l'esigenza di tutela del reddito per la riduzione-sospensione delle attività lavorative con riferimento soprattutto agli iscritti alla gestione separata Inps, perché sono soggetti a frequenti transizioni occupazionali che peraltro riguardano diverse dimensioni lavorative, dalla autonomia alla subordinazione.

A questo proposito, di recente il Cnel ha approvato una proposta di legge inviata alle Camere della quale apprezziamo certamente il contenuto perché elaborata all’interno della Consulta del lavoro autonomo e delle professioni di cui facciamo parte e fa riferimento alla creazione di un ammortizzatore sociale per i lavoratori autonomi (cd. ISCRO) iscritti alla Gestione separata INPS a cui si agganciano politiche attive per il ricollocamento degli stessi sul mercato del lavoro con la finalità di riqualificazione professionale.

L’incontro tra domanda e offerta di lavoro autonomo può essere, inoltre, facilitato grazie alla possibilità prevista dalla Legge n. 81/2017 per le associazioni di stipulare convenzioni con i centri per l’impiego, anche per creare un mercato sano e concorrenziale e dando attuazione agli sportelli del lavoro autonomo.

Con riferimento all’emergenza, abbiamo ritenuto positive le indennità già previste dal Decreto Cura Italia e dai successivi Decreti per lavoratori autonomi, professionisti ed altre specifiche categorie, fino al mese di maggio. Tale intervento, però, deve essere garantito per un periodo più ampio di tempo, con una procedura snella per la presentazione della richiesta e per il successivo riconoscimento del beneficio. Per chi è iscritto alla Gestione separata Inps le modalità di verifica dei requisiti per l’erogazione legati al calo dei redditi sono risultate eccessivamente burocratiche. Per i prossimi mesi, inoltre, vanno comunque trovate soluzioni di sostegno al reddito, soprattutto per le professioni di alcuni settori che stanno ancora subendo gli effetti del rallentamento e in alcuni casi la totale inattività. Non tutte le attività professionali infatti hanno ripreso allo stesso tempo e ancora persistono difficoltà per tornare alla normalità per molte professioni che a fine 2020 subiranno in proiezione cali dal 30 all’80 per cento del fatturato, mentre continua il fermo forzato per i professionisti che lavorano nel settore turistico – con particolare riferimento alle guide ed accompagnatori turistici – nel settore del wellness e dell’attività motoria e nel settore degli eventi e dell’organizzazione di feste e cerimonie.

In generale, apprezzando l’eliminazione del divieto di cumulo delle indennità con il trattamento ordinario di invalidità, crediamo che debba essere superata l’incumulabilità anche con altri trattamenti similari di natura assistenziale oltre che con trattamenti di pensione in essere di natura esclusivamente integrativa o di importo basso. Su quest’ultimo punto, potrebbe essere adottato il medesimo criterio introdotto rispetto alla presenza nel nucleo familiare di percettori di reddito di cittadinanza, concedendo così le indennità in tutti i casi in cui l’eventuale pensione in essere sia inferiore all’importo dell’indennità, almeno fino a concorrenza di tale importo. In questo modo, si eviterebbe di penalizzare situazioni di particolare difficoltà fino ad oggi escluse da qualsiasi provvedimento.

Sotto il profilo previdenziale, un primo passo per raggiungere l’auspicata equità sociale, sarebbe la previsione per questi lavoratori professionisti iscritti alla Gestione separata INPS di una deducibilità dei contributi versati alle forme di sanità integrativa – e non solo ai fondi interamente integrativi del Servizio Sanitario Nazionale – sia come misura di riduzione della disparità di trattamento tra questi ultimi e i lavoratori dipendenti sia come opportunità di sviluppo del sistema di welfare complementare. E proprio in un’ottica di potenziamento di tale sistema, il ricorso – laddove possibile – agli strumenti bilaterali già esistenti per assicurare ai lavoratori autonomi coperture previdenziali e sanitarie integrative a quelle offerte dal Servizio Sanitario Nazionale.

L’equità sociale si raggiunge includendo gli stessi lavoratori in ogni azione di sostegno alla genitorialità (interventi in tema di maternità, asili nido, dopo-scuola, ludoteche, baby-sitting), e con la promozione di misure di welfare e per la conciliazione vita-lavoro.

Proprio al fine di raggiungere le predette finalità si rende opportuno estendere anche ai lavoratori autonomi iscritti all’INPS la possibilità di fruire dei congedi straordinari previsti dall’art. 21 bis del Decreto “Agosto” in caso di quarantena obbligatoria del figlio convivente per le ipotesi di contatti previsti dalla medesima disposizione, anche in considerazione dell’ampliamento operato dal recente Decreto “Ristori”. A tal proposito, potrebbe essere utile riprendere l’impianto normativo dell’art. 23 del D.L. “Cura Italia” in base al quale sono stati riconosciuti specifici congedi indennizzati in favore dei lavoratori autonomi durante il periodo di sospensione delle attività scolastiche.

Per quanto riguarda l’applicazione del principio dell’equo compenso che la Pubblica Amministrazione è chiamata già a garantire sulla base dell’art. 19-quaterdecies, comma 3, del decreto legge 148/2017, convertito dalla legge 172/2017, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività e in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge, appare necessario che si chiarisca, tramite l’intervento del Legislatore, l’ambito di applicazione e con particolare riguardo alle professioni non organizzate in ordini e collegi, cui non risultano applicabili i parametri stabiliti per le professioni ordinistiche dai decreti ministeriali a cui fa riferimento la norma di legge.

Risulta, quindi, fondamentale individuare anche per i professionisti non organizzati in ordini o collegi dei parametri specifici e idonei a garantire l’equità dei loro corrispettivi nella duplice finalità di tutela del lavoratore autonomo e orientamento per il mercato e per una sana concorrenza.

Anche per la determinazione dell’equo compenso, può essere riconosciuto un ruolo fondamentale al Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81. Con tale soluzione, si può, infatti, valorizzare in maniera opportuna anche la funzione delle associazioni di rappresentanza quali imprescindibili strumenti per i professionisti per dare riconoscibilità nel mercato anche alle prestazioni qualificate che essi rendono. Molte di queste associazioni elaborano, oltretutto, linee guida e tabelle di riferimento per i compensi professionali, aventi valore di prassi meramente orientativa, in conformità alle norme che regolano la libera concorrenza.

Digitalizzazione, innovazione e competitività

I professionisti non possono essere esclusi da questi processi di riforma. Lo ribadiamo perché nel Piano Impresa 4.0, già il Governo li ha tenuti fuori. Si rileva, tuttavia, che avere come finalità la più ampia diffusione dell’innovazione e digitalizzazione dei processi produttivi ed escludere i professionisti dalle relative agevolazioni, significhi escludere la parte più importante di tutto il mondo dei Servizi alle imprese e alle persone.

A tale proposito, dunque, si rende necessaria una modifica normativa che includa, sotto il profilo soggettivo, i professionisti tra i beneficiari delle misure del Piano Transizione 4.0 da cui sono esclusi. In particolare, per i professionisti l’agevolazione del nuovo credito di imposta sui beni strumentali spetta solo per i beni ordinari (PC, arredi, stampanti ecc.), e non per quelli rientranti nell’ambito Impresa 4.0. Si renderà, quindi, necessario, implementare il sopracitato Piano sia rafforzando vigorosamente l’intensità agevolativa del credito d’imposta maggiorato relativo ai beni strumentali “Impresa 4.0”, sia in termini di spese ammissibili, allargando il ventaglio dei beni innovativi agevolabili, con l’individuazione di strumentazioni tecnologiche di diretto interesse del mondo delle professioni, in modo da consentirne la più ampia partecipazione anche da parte dei professionisti.

Un’altra misura che riteniamo debba contenere l’esplicito coinvolgimento del mondo delle professioni è il voucher per la digitalizzazione (art. 6, comma 1, decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145), uno strumento agevolativo semplice che può facilitare il riposizionamento tecnologico di quei segmenti di professionisti i cui target di spesa non sono compatibili con “Impresa 4.0”. Attraverso tale misura verrebbero agevolati investimenti nell’acquisto di computer, software, hardware, tecnologie per telelavoro e per realizzare siti e-commerce.

Tutto ciò premesso, si ritiene opportuno il rifinanziamento del voucher per la digitalizzazione e la sua estensione anche ai professionisti.

Formazione e competenze

Occorre investire sul capitale umano non solo con il rafforzamento del sistema scolastico e universitario, post laurea e della formazione continua e manageriale, ma anche attraverso servizi e strumenti orientati non solo al lavoratore dipendente ma anche al lavoratore autonomo e alla realizzazione di un “ecosistema” in cui garantire la riconoscibilità delle competenze sul mercato, con un rafforzamento del ruolo svolto dalle associazioni di professionisti in base alla Legge 4/2013. Questa prospettiva è altresì funzionale a dare risalto a tutte le nuove professioni nei settori emergenti, a partire dalle professioni del digitale fino ai cosiddetti green jobs, e nel contempo a consentire alle cd. professioni tradizionali di acquisire un nuovo mindset che le faciliti nei processi di digital innovation, che non sono ovviamente riconducibili solo ai sistemi tecnologici.

In linea con le esigenze di distanziamento sociale richieste dall’attuale emergenza sanitaria, vanno comunque promossi investimenti per piattaforme digitali per la formazione a distanza, anche finalizzata all’aggiornamento professionale (con particolare attenzione al coinvolgimento delle associazioni professionali come promotrici della formazione permanente), per fornire i più qualificati strumenti metodologici, in modo che essi siano efficaci e coerenti non solo con le attuali esigenze di lavoro smart, ma anche con il più generale cambio di paradigma che viene oggi richiesto al mondo del lavoro.

È necessario, inoltre, realizzare un coordinamento tra sistema della normazione tecnica e Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, e con gli strumenti europei per la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche (es. ESCO), oltre che con gli standard tecnici internazionali. Occorre poi migliorare l’operatività della legge 4/2013 che già ora consente alle Associazioni, attraverso il processo riconosciuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, di rilasciare l'attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci. La Legge 4/2013 già rappresenta uno strumento di valorizzazione e riconoscibilità delle professioni non organizzate in ordini e collegi sulla base della normazione tecnica volontaria, espressione partecipata, democratica e rappresentativa delle concrete esigenze del mercato. Ora è necessario rafforzarla creando le condizioni di una sua valorizzazione sistemica. Si suggerisce anche la creazione di un tavolo di confronto presso il Ministero dello Sviluppo Economico che coinvolga le Confederazioni maggiormente rappresentative delle diverse categorie di professionisti, con l’obiettivo primario di facilitare l’evoluzione verso un sistema capace di valorizzare le competenze dei professionisti per un’azione più efficace di rilancio del Paese per generare un positivo cambiamento organizzativo.

In linea generale, si sollecita, infine, la creazione di un sistema che preveda l’ingresso delle professioni nei percorsi educativi e formativi con gli strumenti dell’alternanza scuola-lavoro, tirocini e apprendistato.

Infine, un’ulteriore linea di intervento riguarda la previsione di un sostegno a lavoratori autonomi e piccoli imprenditori, con meno di 15 dipendenti, per l’acquisto di servizi di consulenza e formazione per la competitività e la ripresa. Una misura strategica per il rilancio dell’intero settore dei servizi professionali di consulenza e formazione, che si possono eseguire anche a distanza e che consentirebbe alle PMI di acquisire questi servizi, per introdurre nuove professionalità e riqualificare la propria offerta. Si ritiene necessaria a tal fine la creazione di un Fondo ad hoc a cui possano accedere queste due categorie: lavoratori autonomi e piccoli imprenditori.

Credito e liquidità

Al fine di supportare le esigenze di liquidità dei professionisti chiamati a far fronte all’impatto conseguente all’emergenza Covid-19, occorre facilitare l’accesso al credito, renderlo più immediato (meno burocrazia) e più inclusivo e prevedere una proroga della moratoria a prestiti e finanziamenti alla luce del post emergenza.

L’operatività del Fondo di garanzia per le PMI – fatta eccezione per i nuovi finanziamenti fino a 30.000 euro previsti dall’art. 13, comma 1, lett. m) del decreto legge 23/2020 convertito dalla legge 40/2020 – al momento si rivolge solamente a professionisti iscritti agli ordini professionali e a quelli aderenti alle associazioni professionali iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, che siano in possesso dell’attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge. Si ritiene che l’attività del Fondo di garanzia PMI debba invece rivolgersi a tutti coloro che svolgono attività professionale nella forma del lavoro autonomo con partita IVA e che, pertanto, l’accesso al Fondo di garanzia, come già previsto per il citato art. 13, comma 1, lett. m) del d.l. 23/2020 debba essere previsto, oltre che per le piccole e medie imprese, anche per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni.

Risulta necessario, quindi, correggere la disciplina prevista dall’art. 1, comma 1, lett. qq) del decreto interministeriale del 6 marzo 2017 che, in relazione all’accesso al Fondo centrale di garanzia istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico con la Legge n. 662/96 definisce i “professionisti” come “professionisti iscritti agli ordini professionali e quelli aderenti alle associazioni professionali iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e in possesso dell’attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge n. 4 del 2013”.

Non sembra, infatti, appropriato condizionare l’accesso ad un’agevolazione pubblica all’adesione ad un’Associazione in possesso di specifici requisiti, in quanto la valutazione dei requisiti soggettivi verrebbe spostata dalla tipologia di operatore economico a cui l’agevolazione è destinata all’ente esponenziale che lo rappresenta e tutela, svilendo il fondamentale criterio soggettivo relativo alla specifica attività economica esercitata. Si potrebbe, inoltre, verificare una situazione paradossale, in cui tutti i professionisti non iscritti ad ordini e collegi sarebbero esclusi dall’accesso all’agevolazione nel caso in cui nessuna Associazione fosse iscritta al citato elenco o non avesse le competenze necessarie al rilascio dell’attestazione. Da ciò deriva, quindi, una discriminatoria esclusione dei professionisti non aderenti alle associazioni professionali iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge n. 4/2013 e dunque non in possesso dell’attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge, nonché delle professioni regolamentate ma non iscritte ad ordini e collegi.

Occorre peraltro sottolineare che la necessaria adesione del professionista alle associazioni professionali iscritte nell’elenco MISE ai fini dell’accesso all’agevolazione sembra contrastare con la ratio sottesa alle leggi n. 81/2017 e n. 4/2013, che sancisce chiaramente la libertà nell’esercizio della professione a prescindere dall’adesione ad enti di rappresentanza. Lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico precisa che i professionisti non iscritti ad alcuna associazione o iscritti ad associazioni non inserite nell’elenco MISE possono continuare la loro attività: l’unico obbligo che grava a loro carico consiste nel necessario riferimento, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della l. n. 4/2013, agli estremi di tale legge nei rapporti scritti con la clientela.

L’iscrizione all’elenco MISE rimane, infatti, condizionata al possesso di requisiti che non considerano la rappresentatività delle Associazioni, così come lo stesso art. 17 della legge 81/2017, inerente al Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, individua i partecipanti nelle «associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale», prescindendo dall’iscrizione all’elenco MISE e confermando quindi la non necessaria coincidenza dei due aspetti richiamati.

Nell’ambito degli specifici bandi di accesso ai contributi pubblici, si suggerisce, inoltre, di individuare, se necessario, come criterio di accesso al contributo, specifici codici ATECO, che verrebbero a costituire le linee di perimetrazione della platea dei beneficiari dei contributi, rendendola compatibile con eventuali vincoli di spesa al fine di parametrare la platea dei professionisti beneficiari alle risorse disponibili.

Con riferimento all’accesso al Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, infine, l’agevolazione deve poter riguardare tutti i professionisti con o senza albo (iscritti alla Gestione separata INPS o ad Enti di diritto privato di previdenza obbligatoria) e senza situazioni di disparità legate a scelte autonome degli Istituti bancari.

Emergenza sanitaria e scadenze fiscali e contributive

Il calo o addirittura il fermo di attività e di incassi determina una crisi di liquidità anche per i professionisti che si trovano in difficoltà a far fronte alle scadenze fiscali e contributive. Durante la fase emergenziale è, quindi, fondamentale la sospensione dei versamenti di tributi e contributi. Dal 16 settembre 2020 sono ripresi i termini degli adempimenti e per la riscossione della generalità dei versamenti non effettuati con scadenza a marzo, aprile e maggio 2020. Partite Iva e professionisti entro il 30 ottobre hanno dovuto pagare il saldo 2019 e il primo acconto 2020 dell’Irpef. A questo proposito abbiamo più volte messo in evidenza che sarebbe necessario almeno un periodo biennale di dilazione delle somme dovute con riferimento ai tributi e contributi oggetto di sospensione, una consistente riduzione e un rinvio delle rate di acconto dell’IRPEF e delle relative addizionali. Chiediamo, quindi, di prevedere moratorie dei versamenti fiscali e contributivi che riguardano il 2020 con una rateazione sostenibile per i professionisti che hanno subito una considerevole diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel 2020 rispetto al periodo d'imposta precedente. Importante è, infatti, calcolare la perdita di reddito o fatturato tenendo conto delle specificità del lavoro professionale e quindi in un arco temporale che non può essere limitato ad un mese o due. I professionisti lavorano e fatturano organizzandosi secondo un circolo virtuoso, circolo interrotto da questa pausa lunga di inattività.

Occorre, inoltre, prevedere la sospensione di ogni versamento contributivo in scadenza per il mese di novembre 2020 per gli iscritti alla gestione separata INPS. La rateizzazione dei versamenti, soprattutto con riferimento alla scadenza di novembre per la gestione separata Inps, dovrà essere coerente con il perdurare della crisi in atto e sicuramente partire non prima di giugno 2021.

Fisco per la crescita e a misura di professionista

Riforma fiscale

La riforma del sistema fiscale è una delle riforme essenziali per il Sistema-Paese.

Il riordino del sistema fiscale è necessario che venga realizzato in un’ottica di progressiva riduzione della pressione fiscale complessiva.

La pressione fiscale deve essere rimodulata, al fine di permettere un rilancio dell’economia e della coesione sociale, nel solco delle seguenti direttive: garanzia di una complessiva azione di sostegno alle imprese, rilancio del sistema di offerta di beni e servizi ad alto valore aggiunto in chiave Green Deal europeo; transizione digitale; razionalizzazione delle tax expenditures e del sistema IVA.

La riforma delle imposte dirette deve, in specie, partire da attività funzionali ad una progressiva emersione di basi imponibili, così che si possa procedere ad una riduzione delle aliquote fiscali. L’emersione di basi imponibili, in ogni caso, non può che avvenire mediante processi di compliance nel rapporto tra fisco e contribuente, recuperando e rivalutando la ratio delle diverse misure adottate nel tempo (come i diversi regimi premiali o gli ISA), riguardanti sia i grandi contribuenti che quelli di minori dimensioni.

È necessario, altresì, procedere ad una semplificazione degli adempimenti tributari, mantenendo in vita solo quelli che sono da considerarsi effettivamente necessari.

Una riforma del fisco non può, infine, prescindere da un consolidamento dell’impianto complessivo dello statuto dei diritti del contribuente e da una stesura di un testo unico delle disposizioni tributarie.

Regime premiale

I regimi fiscali agevolati sono introdotti negli ordinamenti dei diversi Paesi al fine di sostenere la crescita delle piccole e medie imprese. Per il regime fiscale agevolato introdotto in Italia, ossia il c.d. regime forfetario, sono previste delle cause ostative all’accesso che hanno disincentivato la costituzione di associazioni o società tra professionisti. La ratio, dunque, della misura agevolativa, ossia sostegno alla crescita delle imprese, non è stata, nei fatti, realizzata per i lavoratori autonomi, poiché l’aggregazione tra professionisti è lo strumento necessario per la crescita dei professionisti stessi nel mercato.

Sempre in tema di regime forfetario, dovrebbe essere ipotizzata una riduzione del coefficiente di redditività (ad esempio dal 78% al 70%), in virtù del fatto che i professionisti sopportano costi maggiori, soprattutto con riferimento a quelli di formazione, rispetto a quelli riconosciuti dal legislatore fiscale nell’ambito del regime forfetario. Le spese di formazione e aggiornamento sono essenziali per coloro che svolgono attività professionali.

Il regime fiscale di vantaggio, deve, dunque essere ripensato al fine di sostenere la crescita dei professionisti.

IRAP

Nonostante siano passati diciotto anni dalla sentenza della Corte Costituzionale ancora non trova soluzione la “storia infinita” dell’esclusione dal pagamento dell’IRAP dei lavoratori autonomi “privi di autonoma organizzazione”: non è più procrastinabile un intervento legislativo che definisca i “confini” dell’esclusione dall’imposta per tali soggetti.

Codici ATECO

È necessario che venga avviata una riforma dei codici ATECO, al fine di garantire che ogni professionista abbia un codice ATECO realmente corrispondente all’attività in concreto svolta. È sui codici ATECO che, ad esempio, si sviluppano gli ISA, al momento, uno dei più importanti strumenti di compliance, finalizzati, nell’ambito del percorso di rinnovamento dei rapporti tra cittadini e amministrazione finanziaria, a favorire l’emersione spontanea di basi imponibili, a stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e a rafforzare la collaborazione tra i contribuenti e la Pubblica Amministrazione.

Reti e iscrizione dei professionisti alle camere di commercio

Con riferimento alle previsioni che, in assenza di interpretazioni chiare, rischiano di rimanere inattuate, vi è quella di cui all’art. 12, comma 3, lettera a) della legge n. 81/2017 che, al fine di consentire la partecipazione ai bandi e concorrere all'assegnazione di incarichi e appalti privati, riconosce anche ai professionisti, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, la possibilità di costituire reti e consente agli stessi di partecipare alle reti di imprese in forma di reti miste.

Riteniamo che si debba chiarire tramite apposita previsione normativa o circolari ministeriali la disciplina da applicare in caso di reti tra professionisti, come già in parte è avvenuto per le reti miste1, data l’importanza che la logica di rete riveste nel modello Impresa 4.0. Non tutte le norme sulle “reti di imprese” trovano, infatti, applicazione o possono essere mutuate sic et simpliciter anche per il caso dei professionisti, dal momento che l’attuale disciplina di cui all'articolo 3, commi 4-ter e seguenti, del decreto-legge n. 5/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 33/2009, prevede la possibilità di partecipare alle reti di fatto soltanto per i soggetti che sono imprenditori sotto il profilo formale (in quanto tenuti all’iscrizione al registro delle imprese) e sostanziale.

Proprio a questo proposito, non si comprende la ragionevolezza di siffatta limitazione, dal momento che sia la normativa che la giurisprudenza comunitaria considera i lavoratori autonomi alla stregua di imprese. Questa è, peraltro, la concezione pacificamente sottesa sia all'articolo 12, comma 2, della legge 81/2017, che alle norme che hanno esteso l'accesso ai Fondi europei ai liberi professionisti, ma data la mancanza di pubblicità legale in capo agli stessi al pari delle imprese commerciali, il ricorso a tale istituto risulta di fatto praticabile per il solo caso delle società tra professionisti che sono iscritte in apposita sezione speciale del registro delle imprese. Si tratta, quindi, di una limitazione che non semplifica l’accesso a questa opportunità introdotta dal legislatore in favore dei professionisti.

Per porvi rimedio, almeno per i professionisti non ordinistici, si potrebbe prevedere una forma di iscrizione a titolo non oneroso alle Camere di Commercio.

Comunque, in un’eventuale iscrizione anche dei professionisti non ordinistici alle Camere di Commercio, senz’altro tra le notizie di interesse per il pubblico, rilevano le attività svolte, la sede legale e il possesso di eventuali licenze. Ma andando oltre, e volendo integrare la normativa esistente con il sistema configurato dalla legge n. 4/2013, risultano importanti le informazioni contenute nelle attestazioni rilasciate dalle associazioni professionali ai sensi dell’art. 7, cioè la regolare iscrizione del professionista alle associazioni, gli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professionale e l’eventuale possesso della polizza  assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista e/o di una certificazione, rilasciata da un organismo accreditato, relativa alla conformità alla norma tecnica UNI. La conoscibilità di tali informazioni è rimessa, infatti, all’iniziativa del professionista, che può decidere o meno di rendere noto il possesso di tali requisiti attraverso l’esposizione dell’attestazione. Il deposito presso le Camere di Commercio delle attestazioni, nonché dei dati relativi all’iscrizione del professionista alle associazioni e alle forme aggregative ex artt. 2 e 3, l. n. 4/2013, integrerebbe la funzione di garanzia della professionalità nel mercato che già costituisce la ratio di fondo della legge n. 4/2013.

 


Note

Si veda sul punto la circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 3707/C del 20 luglio 2018, secondo cui “In questa fase, a legislazione invariata, pertanto, appare possibile – a fini pubblicitari – la sola creazione di contratti di rete misti (imprenditoriali – 'professionali'), dotati di soggettività giuridica, come descritti al comma 4 quater del ridetto articolo 3 del D.L. 5/2009. Detta fattispecie, infatti, prevedendo (proprio perché dotata di autonoma soggettività) l’iscrizione autonoma della rete al registro delle imprese, non già sulla posizione dei singoli imprenditori “retisti”, consentirebbe la possibilità di costituire e dare pubblicità alle reti miste”.

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