Le reazioni delle Associazioni al nuovo decreto

Le reazioni delle Associazioni al nuovo decreto

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1 aprile 2021

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 2 aprile scorso le nuove misure anti Covid, entrate in vigore il 7 aprile. Secondo le nuove disposizioni l'Italia resterà in zona arancione o rossa fino alla fine del mese, scatenando le reazioni del sistema Confcommercio in tutta Italia.

 

Le imprese del terziario in Toscana sono in ginocchio

La nuove misure decise dal governo hanno messo in allarme le imprese del terziario toscane. I negozi di abbigliamento e calzature, ad esempio, tra la fine di marzo e l'inizio di aprile avrebbero lanciato le nuove collezioni primaverili, nella speranza di attirare più clienti, ma dovranno invece fare i conti con un nuovo calo dei fatturati. Anche per le imprese che possono rimanere aperte la situazione non è delle più rosee: il commercio non alimentare, come le librerie, risentono del crollo dei consumi (-12 miliardi di euro nel 2020). “Ogni settimana di chiusura – ha commentato il direttore di Confcommercio Toscana, Franco Marinonicosta ad un imprenditore un calo medio del fatturato del 2%, ma se questa chiusura viene fatta in periodi strategici, di picco dell'attività, il calo aumenta in modo considerevole”. La primavera è da sempre un periodo molto importante sia per il commercio che per il turismo e un nuovo lockdown sarà un passo pesantissimo da sopportare. “Se passiamo per le vie dello shopping – ha continuato Marinoni – notiamo negozi aperti e negozi chiusi, la sensazione che sta montando all’interno della categoria è che forse si stanno chiudendo i negozi e i luoghi sbagliati”. Il rischio di un contagio è più alto in un negozio piccolo dove possono entrare poche persone per volta, rispetto ad uno più grande e più affollato come ad esempio un supermercato? Inoltre le continue chiusure stanno cambiando le modalità di acquisto dei consumatori che stanno puntando molto sull'e-commerce. “Il timore – ha spiegato Marinoni – è che possano disaffezionarsi al commercio tradizionale di vicinato. Sarebbe un disastro per le nostre città e preoccupa che manchi la dovuta attenzione alla filiera della distribuzione, che già veniva da anni di contrazione dei consumi”. Per questo Confcommercio Toscana ha chiesto alla Regione di erogare ristori adeguati anche per i negozi del settore no food, che sta vivendo un periodo di grande crisi economica.

 

Confcommercio Veneto: “questo è il decreto della disperazione”

Le imprese del terziario sono sempre più sfiduciate e non riescono a vedere la fine di questo periodo di crisi. Anche Confcommercio Veneto commenta negativamente le nuove restrizioni imposte dal governo: “questo è il Dpcm della disperazione – ha commentato il presidente Patrizio Bertin – speriamo che da dopo Pasqua la nostra Regione torni in arancione, dando così una boccata d'ossigeno a bar, ristoranti che potranno tornare a lavorare, almeno mezza giornata”. Per le categorie che sono invece chiuse da oltre un anno, come palestre e piscine, bisogna trovare una soluzione per farle riaprire al più presto. “Io capisco – ha precisato Bertin – che il virus non ha esaurito la sua azione letale, ma che chiedo che si comprenda anche che le imprese del terziario sono di fronte a una situazione estrema”. Il primo aprile il presidente dell'Associazione ha incontrato il presidente della Giunta regionale, Luca Zaia, che ha riconosciuto i problemi che attanagliano il settore e le misure del tutto insufficienti adottate dal governo. “Sono infatti settimane – ha spiegato Bertin – che, con lui, condividiamo passo passo, soprattutto sulla necessità di una vaccinazione di massa. Abbiamo condiviso la necessità di riapertura, progressiva e costante, che consenta di evitare lo scontro sociale”. Le aspettative per il nuovo decreto erano sicuramente maggiori: “a tutti è evidente – ha concluso Bertin – che serve riaprire subito e in sicurezza. Il premier Draghi, su cui abbiamo riposto tante speranze, deve operare quella svolta che, purtroppo, ancora non abbiamo visto”.

 

Confcommercio Lombardia: “basta con la politica delle chiusure”

“Le imprese del terziario lombardo non possono più sopportare chiusure indiscriminate che, in alcuni casi, hanno dato vita a profonde distorsioni tra le stesse attività economiche a fronte di sostegni che, a tutti gli effetti, non sono stati né sufficienti né tempestivi”. Così il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia, Carlo Massoletti, per il quale “dopo un anno e due mesi non è ammissibile che l’unica strada per contenere l’emergenza sanitaria sia ancora, solo ed esclusivamente, la chiusura delle imprese di commercio, servizi e turismo. Questo a fronte anche di una comprensibile esasperazione dei cittadini che hanno voglia di superare blocchi e restrizioni, indipendentemente dalla chiusura delle attività economiche”.

D’altronde le imprese lombarde hanno dovuto sopportare dal primo gennaio scorso ben 65 giorni di fortissime restrizioni: 35 di zona rossa e 30 in arancione. Di fatto, un blocco pesantissimo per due giorni su tre. Senza dimenticare che anche la zona gialla incide pesantemente sui fatturati, basti pensare alla ristorazione chiusa di sera, o a tutte quelle attività, come le palestre, di fatto mai riaperte. “Il conto? Anche per difetto, parliamo di non meno di 4 miliardi e mezzo bruciati dal terziario lombardo solo in questa parte del 2021 - spiega Massoletti – e a ciò bisogna aggiungere il crollo verticale di tutto il comparto dell’accoglienza, con la maggior parte degli alberghi chiusi, fatturati crollati del 90% e la seconda Pasqua trascorsa in lockdown. Il sistema, così, non regge”.

Per questo, secondo Confcommercio Lombardia, occorre un piano preciso per le riaperture: "serve uno scatto, un approccio diverso: dobbiamo andare oltre la logica delle chiusure e non si può più navigare a vista”, aggiunge Massoletti. “In altri Paesi è stato offerto un orizzonte preciso. Oggi ci sono i vaccini, abbiamo i protocolli di sicurezza: dobbiamo calendarizzare le riaperture. A tutti gli effetti molte attività possono lavorare nel rispetto assoluto delle normative e nella sicurezza di tutti. La crisi economica legata alla pandemia è profondamente antidemocratica: per molti le cose non sono cambiate, o le conseguenze sono state limitate; ma per migliaia di piccoli imprenditori e per le loro famiglie è un disastro. Per questo occorre ripartire in sicurezza e bisogna sapere quando e come. Prima che sia troppo tardi”, conclude il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia.

 

Confcommercio Emilia-Romagna: “riaprire subito, non si può più aspettare”

"Non possiamo più aspettare: occorre aprire subito, nel rispetto dei protocolli sanitari. I problemi stanno altrove e siamo stanchi di essere il capro espiatorio di questa situazione": questo l'appello di Confcommercio Emilia-Romagna, per la quale "è ormai evidente l'insostenibilità economica e sociale del ricorso al  modello del ‘più chiusure’. Si deve pianificare una campagna di vaccinazione celere e capillare che si completi in tempi brevi e consentire riaperture in sicurezza”. Tutti gli errori sono ricaduti sulle attività giudicate "non essenziali", ma che invece - conclude l’Associazione - sono "essenziali perché rappresentano quel 90% di imprese che sorregge il sistema economico e del welfare".

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