Redditi e consumi nel percorso verso l'euro
Redditi e consumi nel percorso verso l'euro
Un rapporto sui redditi e i consumi delle famiglie dal '91 al '98
Il reddito disponibile delle famiglie
C’è una costante nella recente storia economica italiana degli anni novanta: l’assenza di una politica economica efficace a favore della crescita e dell’occupazione.
Dal 1991 al 1998 si sono succeduti numerosi governi, la cui durata è stata sistematicamente inferiore al periodo di previsione degli stessi documenti di programmazione economica presentati.
Tab. 1 – Governi italiani succedutisi nel periodo 1991 – 1998
Governo | Durata in mesi | Legislatura | |
---|---|---|---|
1991 – 1992 | Andreotti | 12,6 | X |
1992 – 1993 | Amato | 9,9 | XI |
1993 – 1994 | Ciampi | 11,8 | XI |
1994 – 1994 | Berlusconi | 7,5 | XII |
1995 – 1996 | Dini | 16,2 | XII |
1996 – 1998 | Prodi | 29,4 | XIII |
All’inizio degli anni novanta la crescente insostenibilità del deficit di bilancio, il progressivo e rapido aumento dello stock del debito pubblico ed il permanere di un differenziale d’inflazione troppo elevato con gli altri partners comunitari, hanno indotto l’Italia a compiere una scelta: trovare un vincolo esterno, molto stringente, come il Trattato di Maastricht, per operare quelle correzioni drastiche e non più differibili della finanza pubblica e riportarla sotto controllo.
Dopo circa sette anni, nel corso dei quali l’inflazione si è ridotta di quasi 5 punti, il rapporto debito/PIL di circa 6 punti rispetto al picco del 1994, pur restando ancora quasi doppio rispetto al parametro del 60% ed il disavanzo in rapporto al PIL è stato ricondotto al di sotto del 3%, il sistema produttivo italiano, ormai a pieno titolo nell’Europa dell’euro, si appresta ad affrontare i prossimi decenni in condizioni di forte inferiorità competitiva e con molti nodi strutturali ancora irrisolti, soprattutto in tema di spesa sociale, di privatizzazioni, di liberalizzazione nei servizi di pubblica utilità e di inadeguatezza delle dotazioni infrastrutturali, in particolare nelle aree depresse del Mezzogiorno.
Tab. 2 – I «fondamentali» dell’economia italiana nel percorso verso l’euro
Inflazione(a) | Indebitamento/PIL | Debito/PIL | Tassi a lungo termine | |
---|---|---|---|---|
1991 | 7,0 | 10,1 | 124,9(b) | 13,3 |
1998 | 2,3 | 2,7 | 118,7 | 4,9 |
variazione | -4,7 | -7,4 | -6,2 | -8,4 |
Il raggiungimento degli obiettivi imposti dal vincolo esterno, ha inciso pesantemente sulle famiglie e, per effetto del rallentamento della domanda interna, anche sul sistema della imprese.
Il reddito disponibile in termini reali delle famiglie consumatrici, ossia il loro potere d’acquisto si è ridotto tra il 1991 ed il 1998 del 4,4%, in quanto la dinamica dei redditi nominali è stata inferiore alla crescita cumulata dei prezzi dello stesso periodo. Naturalmente, gran parte della flessione si è concentrata nel 1993 (-4,9%), per effetto della forte recessione, ma anche negli anni successivi si sono avuti ulteriori ridimensionamenti del reddito reale, con un trascurabile recupero di qualche decimo di punto solo nel 1996 e nel 1998.
Per contro, i consumi finali nazionali, cioè quelli espressi dalle famiglie residenti, e quindi al netto del saldo della bilancia turistica, sono cresciuti in quantità, nel medesimo arco di tempo, del 6,8% in termini cumulati (poco meno dell’1% all’anno), portando la propensione media la consumo, calcolata anch’essa a prezzi costanti dal 76,0% all’84,9%.
Le famiglie, infatti, hanno evitato di rimodulare la propria spesa per consumi sul profilo flettente del reddito disponibile, perché ciò avrebbe determinato un andamento parimenti negativo della spesa per l’acquisto di beni e servizi, con effetti ancor più negativi sul PIL e l’occupazione.
In realtà, la dinamica dei consumi si è mantenuta moderatamente positiva proprio perché le famiglie hanno rapportato i consumi ad una sorta di reddito permanente più che alla variabilità del reddito corrente e ciò si tradotto in un incremento del rapporto tra consumi e reddito, cioè della propensione al consumo.
Non a caso, nell’ultima fase espansiva del ciclo economico italiano, dal 1984 al 1989, la propensione media al consumo è cresciuta assai meno che nel successivo periodo di stagnazione degli anni novanta, sebbene i consumi delle famiglie residenti crescessero ad un tasso medio del 4,0% annuo, mai più sperimentato, rispetto ad un incremento medio annuo del 2,7% dei redditi in quantità.
Mediamente quindi, se nella seconda metà degli anni ’80 su 100 lire di reddito a prezzi costanti ne bastava destinare poco meno di 76 ai consumi per mantenerli ad una dinamica del 4,0%, negli anni ’90 sono occorse oltre 80 lire di reddito da trasformare in consumi per assicurarne la modesta crescita media dello 0,9% annuo.
Sul sensibile ridimensionamento del reddito disponibile delle famiglie hanno influito vari fattori, ma sostanzialmente ha prevalso l’inasprimento delle imposte correnti sul reddito, cresciute in termini cumulati nel periodo 1991-98 del 45,2%, ben 10 punti in più della variazione cumulata dell’inflazione, riducendo in tal modo la capacità di spesa delle famiglie in termini di potere d’acquisto di beni e servizi.
Addirittura, nel triennio 1995-98, quando maggiore è stato lo sforzo sostenuto dal paese per il risanamento dei conti pubblici, la crescita cumulata delle imposte sul reddito delle famiglie è stata pari al 17,6%, ben 8 punti al di sopra della analoga variazione dell’inflazione.
La spesa delle famiglie
Le manovre di risanamento attuate negli ultimi anni non hanno prodotto solo una dinamica contenuta dal lato dei redditi disponibili delle famiglie, limitando l’evoluzione della domanda interna per consumi, ma ne hanno anche modificato i comportamenti di spesa.
Se parte dei mutamenti intervenuti negli anni ’90 nelle decisioni di spesa delle famiglie possono essere ricondotti in linea generale alle tendenze demografiche, ai cambiamenti negli stili di vita, e all’introduzione sul mercato di nuovi prodotti, un ruolo non marginale sui comportamenti dei consumatori è stato svolto dagli effetti delle azioni di risanamento della finanza pubblica.
In particolare questo secondo aspetto può essere ricondotto a due fattori che hanno spinto ad una ricomposizione della spesa familiare:
- la minore erogazione diretta di servizi da parte delle amministrazioni pubbliche che ha portato i cittadini a dover coprire più direttamente il costo dei servizi,
- l’aumento sostenuto dei prezzi di alcuni beni e servizi di prima necessità o di pubblica utilità che in un contesto di bassa dinamica di redditi ha portato a spostamenti di quote di spesa.
Si consideri che al 1998 i prezzi reali di quelli che potremmo chiamare servizi essenziali (affitto, acqua, energia elettrica, servizi sanitari, servizi di trasporto, comunicazioni, istruzione, servizi sociali, assicurazioni ed altri servizi finanziari) erano del 9,3% più elevati di quelli registrati nel ’91.
In sostanza le famiglie per acquistare questo mix di beni e servizi per i quali al ’91 spendevano 100 lire nel 1998 erano costrette ad utilizzarne, in lire equivalenti, quasi 110.
Se si considera che all’interno di questo aggregato sono considerati i beni e servizi di comunicazioni il cui prezzo in lire equivalenti è sceso nello stesso periodo di oltre il 21%, risulta evidente come per alcuni di questi servizi le famiglie abbiano dovuto sopportare aumenti nettamente contrastanti con gli obiettivi di rientro dell’inflazione.
In particolare ciò che non ha funzionato nel sistema è stata la liberalizzazione di alcuni mercati per il quali la fine di un regime controllato di prezzi o l’attenuarsi del ruolo del settore pubblico ha portato più che ad un miglioramento nella gestione dei costi e dell’efficienza del servizi ad un aumento molto sostenuto dei prezzi.
Per quanto concerne l’aspetto relativo agli effetti sulla spesa delle famiglie della diminuzione prestazioni di servizi direttamente a carico delle amministrazioni pubbliche, conseguenti alle operazioni di razionalizzazione del sistema di protezione sociale, i mutamenti più rilevanti hanno riguardato la spesa sostenuta dalle famiglie per i servizi sanitari, aumentata in quantità tra il ’91 ed il ’98 di circa il 60%.
A questa evoluzione di tipo quantitativo ha anche corrisposto una evoluzione dei prezzi dei servizi particolarmente sostenuta, con un incremento dei prezzi reali, al netto quindi della componente inflazionistica, per i servizi medici e paramedici ospedalieri e non superiore al 5% nel periodo 1991-1998.
In considerazione di queste dinamiche la quota di spesa destinata all’acquisto di questi servizi è passata dal 2,3% del ’91 al 3,2% del ’98.
Dinamiche di prezzo decisamente sostenute si sono riscontrate anche per i servizi sociali, il cui prezzo reale è aumentato nel periodo 1991-1998 di oltre il 13%.
L’altro aspetto che risulta evidente analizzando l’evoluzione della spesa delle famiglie negli anni ’90 è quello relativo agli effetti sui consumi e sui prezzi delle politiche di liberalizzazione dei mercati e della privatizzazione delle aziende erogatrici di beni e servizi di pubblica utilità.
I due casi limite in termini di evoluzione dei prezzi reali possono essere individuati nei servizi di comunicazione e di assicurazione.
Nel settore delle comunicazioni la liberalizzazione del mercato con l’introduzione di nuovi gestori ha portato ad un aumento del grado di concorrenza, che associata a miglioramenti tecnologici, ha favorito operazioni di contenimento dei costi situazione che ha portato a sensibili diminuzioni nei prezzi reali (-21% tra il ’91 ed il ’98).
Inversamente nel settore delle assicurazioni l’assenza di forme di controllo stringenti sui prezzi, pur in presenza di un mercato liberalizzato, non ha portato ad un vero aumento del livello di concorrenza, situazione che di fatto non ha spinto a miglioramenti nella gestione delle imprese che hanno scaricato sui cittadini i maggiori oneri del servizio. Tra il 1991 ed il 1998 i prezzi reali di questi servizi sono aumentati di quasi il 21%.
Evoluzione che ha portato ad una sia pur contenuta crescita dell’incidenza della spesa delle famiglie per questo tipo di servizi.
Per contro altri beni e servizi, tra i quali l’alimentazione e l’abbigliamento beni da considerarsi di prima necessità, hanno mostrato dinamiche di prezzo reali negative.
Se per alcuni prodotti quali hi-fi, televisori, elettrodomestici, computer, ecc., prodotti per i quali i prezzi in termini reali sono diminuiti tra il ’91 ed il ’98 di oltre il 15%, la diminuzione dei prezzi rappresenta nel medio lungo periodo un fenomeno strutturale conseguente al miglioramento tecnologico in altri comparti questa evoluzione è imputabile essenzialmente al ruolo svolto dal settore della distribuzione.
In presenza di dinamiche dei redditi molto contenute la distribuzione ha cercato di arginare la tendenza al sensibile rallentamento della domanda delle famiglie, in particolare per la componente relativa ai beni, con operazioni di contenimento dei prezzi.
Particolarmente significativi sono in questo senso i casi dell’alimentazione e dell’abbigliamento settori nei quali i prezzi reali sono diminuiti rispettivamente del 9% e del 5%.
Dall’analisi delle dinamiche dei prezzi di beni e servizi non essenziali risulta evidente anche un altro aspetto delle politiche di risanamento della finanza pubblica: la tradizionale abitudine di aumentare le entrate via imposizione fiscale di alcuni beni il cui consumo è sostanzialmente rigido.
Particolarmente significativa in questo senso è l’evoluzione dei prezzi reali dei tabacchi, per i quali l’aumento superiore al 30% tra il ’91 ed il ’98 più che da motivazioni salutistiche è stato determinato da esigenze contabili. (Vedi tabella allegata)
Tab. 3 – Dinamica dei prezzi reali di alcuni beni e servizi 1991-1998
variazioni %
Servizi essenziali | Altri beni e servizi | ||
---|---|---|---|
Comunicazioni | -21,1 | TV, Hi-FI, computer, fotografia | -22,5 |
Energia elettrica, gas e altri combustibili | -12,2 | Elettrodomestici | -9,9 |
Istruzione | -4,0 | Alimentari e bevande non alcoliche | -9,0 |
Servizi di trasporto | -1,9 | Vestiario e calzature | -5,1 |
Servizi finanziari n.a.c. | 1,9 | Biancheria e altri articoli tessili per la casa | -3,2 |
Servizi medici e paramedici non ospedalieri | 4,9 | Beni e servizi per l'igiene | -3,1 |
Servizi ospedalieri | 8,3 | Servizi di ristorazione | -2,3 |
Fornitura di acqua e altri servizi abitazione | 9,2 | Mobili | -1,1 |
Servizi sociali | 13,1 | Tabacchi | 32,9 |
Assicurazioni | 20,7 |