La regionalizzazione dei consumi: stime per il 2020 e previsioni per il 2021

La regionalizzazione dei consumi: stime per il 2020 e previsioni per il 2021

Tecniche e risultati di un esercizio di stima e di previsione dei consumi regionali per il biennio 2020-21

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18 giugno 2021

1. Introduzione

In questa nota si descrivono le tecniche e i risultati di un esercizio di stima e di previsione dei consumi regionali per il biennio 2020-21.

La base dei dati è costituita dai conti economici territoriali dell’Istat che forniscono le serie storiche 1995-2019 (cfr. Conti economici territoriali). Per consumi regionali si intendono le spese per consumi (delle famiglie) effettuate da chiunque all’interno di una specifica regione[1].

I consumi regionali di fonte ufficiale sono, infatti, riferiti alle spese effettuate in un determinato territorio indipendentemente dalla residenza e/o nazionalità di colui che sostiene la spesa.

Il “totale Italia” dei consumi regionali somma, pertanto, alla spesa per consumi fatta da residenti e da stranieri sul territorio italiano (inclusiva, pertanto, della spesa dei turisti stranieri in Italia).

In questa nota si considera, per ciascuna e tutte le variabili, ove opportuno, il valore a prezzi del 2020 (coincidente, ovviamente, con i valori correnti del 2020).

Nel seguito, con le diciture “consumi”, “consumo”, “spesa” – da considerare equipollenti – si farà riferimento alle medesime grandezze con le caratteristiche appena esposte.

 

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2. Aspetti tecnici

Per la stima dei consumi di ciascuna delle regioni italiane è stato utilizzato un modello ARIMAX che sfrutta come variabile esogena la spesa per consumi finali sul territorio effettuata in Italia, assieme ai suoi ritardi temporali opportunamente selezionati. Il modello ha natura prettamente meccanica (estrapolazione) e può essere scritto come:

(1) var. % consumoi,t = b1 var. % consumoi,t-1 +  b2 var. % consumo_italiat +
b3 var. % consumo_italiat-1 + ei

dove l’indice “i” si riferisce alle 20 regioni italiane e t copre le osservazioni annuali dal 1995 all’ultimo anno disponibile per effettuare la regressione[2]. Come detto, la funzione va letta quale schema adottato per 20 regressioni regionali singole. Il parametro b1 indica la persistenza del segno delle variazioni nei consumi nel tempo (quanto è verosimile osservare per la variazione dei consumi per la regione i-esima al tempo t lo stesso segno della variazione registrata a t-1). Il parametro b2 è l’elasticità puntuale – diciamo, di breve periodo – dei consumi regionali al consumo aggregato per l’Italia; il parametro b3 non ha alcuna interpretazione, assolvendo semplicemente alla funzione di raccogliere effetti ritardati trascurati dalle prime due variabili. Le rilevanti elasticità di lungo periodo sono pari a (b2+b3)/(1-b1) per ciascuna regione (omesso l’indice i).

La tabella 1 riporta le stime effettuate attraverso la (1) per il periodo 1995-2019[3].

Sulla base delle evidenze della tabella 1 e con le indicazioni ufficiali sulla variazione dei consumi effettuati sul territorio italiano per il 2020 si estrapola il consumo di ciascuna regione al 2020.

Questa valutazione meccanica è aggiustata ex post utilizzando le informazioni disponibili sulle dinamiche delle economie regionali, delle quali non si tiene conto attraverso l’equazione (1), che possono avere una dimensione annuale o presenti soltanto per una frazione dell’anno oggetto di previsione[4].

Le evidenze che servono per correggere le prime stime al 2020 sono costituite da cinque indicatori e un supporto. Si conosce per il 2020, infatti, il valore di cinque rilevanti indicatori di base: a) la variazione percentuale annuale della spesa per consumi degli stranieri nel territorio della regione, di fonte Banca d’Italia, b) l’incidenza di tale spesa rispetto ai consumi complessivi effettuati da chiunque sul territorio regionale (cioè, rispetto ai consumi interni regionali), c) la variazione percentuale annuale degli occupati della regione, d) la variazione percentuale annuale delle immatricolazioni di autovetture a privati della regione, e) la variazione della popolazione nella media nazionale.

Che questi indicatori migliorino potenzialmente la stima dei consumi regionali è stato verificato attraverso un esercizio di regressione tra gli errori effettuati con le stime che utilizzano dati fino al 2018 per estrapolare il 2019 e le osservazioni effettive del 2019 e gli indicatori appena citati. In questa regressione, che ha come variabile dipendente le venti osservazioni regionali sullo scarto percentuale tra stima e osservato per i consumi interni del 2019, i parametri hanno il segno atteso e sono moderatamente significativi. Utilizzando questi parametri per migliorare la prima stima derivante dalla pura estrapolazione secondo l’equazione (1), la somma dei quadrati dei residui della prima stima si riduce di circa il 10% nella seconda stima. Ciò autorizza l’impiego dei suddetti indicatori per correggere le valutazioni per il 2020, passando quindi dalla prima alla seconda stima (da Yi* a Yi** indicando con Y la variazione percentuale dei consumi per ciascuna regione).

Tab. 1 – Elasticità di lungo termine (E(Ci, C) dei consumi regionali rispetto al consumo aggregato dell’Italia e alcuni parametri stimati per l’equazione (1) con relative statistiche t di student
periodo di stima 1995-2019 (ols)

nota: in parentesi le statistiche t di student; E(Ci,C) indica l’elasticità di lungo termine del consumo della regione i rispetto ai consumi aggregati per l’Italia.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio (USC) su dati Istat.
  b1 (t_b1) b2 (t_b2) E(Ci,C)
Piemonte 0,0 -0,2 1,2 15,5 1,0
Valle d'Aosta -0,1 -0,5 1,0 7,3 0,9
Liguria 0,1 0,1 0,7 4,1 0,7
Lombardia 0,2 3,1 1,0 9,0 1,2
Trentino Alto Adige 0,3 1,3 0,7 4,8 1,0
Veneto 0,1 0,6 1,0 5,5 1,2
Friuli-Venezia Giulia 0,1 2,3 1,1 12,4 1,1
Emilia-Romagna 0,2 3,0 0,9 10,0 1,1
Toscana -0,3 -1,3 1,0 12,1 0,8
Umbria 0,2 0,8 1,0 7,9 1,2
Marche 0,0 0,2 1,0 10,1 1,0
Lazio 0,1 0,2 1,1 3,8 1,1
Abruzzo 0,4 3,4 0,9 6,5 1,4
Molise 0,2 0,6 1,0 3,8 1,1
Campania 0,3 3,5 1,1 9,9 1,4
Puglia 0,3 3,6 0,9 7,9 1,2
Basilicata 0,1 0,3 1,0 8,4 1,0
Calabria 0,2 2,0 1,1 5,6 1,5
Sicilia 0,2 3,2 0,9 7,7 1,1
Sardegna 0,2 0,7 1,0 7,2 1,2

 

La procedura utilizzata è eccezionalmente semplice e consiste in un riproporzionamento a più stadi, al fine di ottenere livelli e variazioni percentuali dei consumi regionali coerenti con i livelli e le variazioni percentuali dei consumi sul territorio italiano e dei consumi interni noti per le quattro macro-ripartizioni geografiche, avendo l’accortezza di sfruttare tutta l’informazione insita negli indicatori regionali di cui si è appena detto (verificando preventivamente che non si presentino contraddizioni nelle variazioni degli indicatori, rispetto all’esito desiderato della procedura adottata)[5].

Dopo il consolidamento del 2020 si procede a una nuova stima regionale dell’equazione (1) utilizzando le informazioni dal 1995 al 2020 compreso, al fine di ottenere una prima stima per il 2021. Utilizzando, le informazioni parziali presenti per il 2021 relative ad alcuni di questi indicatori, si provvede ad ottenere una valutazione previsionale dei consumi regionali per il 2021.

 

3. Le stime e le previsioni dei consumi regionali

Le tabelle 2 e 3 presentano gli indicatori sulla cui base si è effettuato il riproporzionamento delle stime provenienti dalla prima equazione per il 2020. La tabella 4 presenta ulteriori indicatori di controllo. Le tabelle 5 e 6 riguardano, rispettivamente, le stime dei consumi regionali per il 2020 e le previsioni per il 2021.

 

I principali indicatori regionali per il 2020

Già dal semplice esame dei principali indicatori e dei valori contenuti nel supporto (tab. 2) si comprende come il Mezzogiorno[6] abbia patito una caduta dei consumi più limitata rispetto al resto del Paese. Il Nord è stato certamente il più colpito, anche se a livello di macro-ripartizioni si vede come tutte le aree registrino cadute rilevati seppure articolate.

La spesa sostenuta dagli stranieri, che nel 2019 rappresentava oltre il 4% dei consumi sul territorio nazionale, ha registrato nel 2020 una caduta significativa, con una riduzione complessiva di circa 27 miliardi (-60,4%). Il fenomeno, pur diffuso, ha colpito in misura più rilevante le regioni del Centro-Nord (-23 miliardi circa), territori nei quali l’incidenza di questa voce sulla spesa è storicamente più elevata[7].

In linea generale si nota una profonda sofferenza nelle regioni in cui il turismo ha connotati meno stagionali e dove le città d’arte costituiscono un polo d’attrazione, soprattutto in primavera ed in autunno (Lazio, Toscana, Campania, Sicilia, Veneto e Lombardia).

In termini percentuali la caduta più significativa si è registrata nel Lazio (-75,2%) a cui si contrappone la quasi tenuta della Valle d’Aosta (-6,9%) regione in cui il turismo straniero, però, svolge un ruolo cruciale, osservandosi una quota sui consumi interni della regione del 14,5%.

Il deciso aumento registrato in Molise rappresenta un bias determinato dai numeri molto piccoli del turismo straniero in questa regione.

Tra gli altri indicatori utilizzati, anche le vendite di autovetture a persone fisiche (famiglie) registrano una decisa riduzione (-19,1%) nel complesso, con ridotte differenziazioni tra le dinamiche regionali.

Tab. 2 – Indicatori regionali per il 2020
quote % sul totale Italia, variazioni assolute e variazioni % sul 2019

(*) rilevazione continua sulle forze di lavoro.
Elaborazioni USC su dati Istat, Banca d’Italia, UNRAE.
  quota spesa degli stranieri sui consumi nel territorio della regione spesa stranieri immatricolazioni di auto a persone fisiche occupati RCFL (*) popolazione residente media
var. ass. var. % var. % var. % var. % var. ass. in migliaia
2019 2020 2020 (mln. €) 2020 2020 2020 2020 2020
Piemonte 2,2 1,3 -980 -50,7 -18,8 -2,8 -0,6 -27,7
Valle d'Aosta 14,5 14,5 -32 -6,9 -8,6 -2,4 -0,7 -0,9
Liguria 7,7 4,3 -1.156 -47,0 -14,5 -1,7 -0,8 -11,6
Lombardia 3,6 1,6 -4.581 -61,3 -24,0 -1,7 -0,2 -21,9
Trentino Alto Adige 8,3 4,8 -986 -46,5 -13,7 -2,0 0,2 2,2
Veneto 6,7 2,9 -4.065 -63,8 -20,0 -2,4 -0,3 -16,1
Friuli-Venezia Giulia 6,5 3,5 -750 -48,6 -9,2 0,4 -0,5 -5,8
Emilia-Romagna 2,4 1,6 -968 -43,0 -20,8 -2,1 -0,2 -7,0
Toscana 6,4 2,2 -3.337 -69,6 -18,1 -1,3 -0,4 -16,5
Umbria 1,0 0,6 -60 -39,3 -15,7 -1,8 -0,5 -4,4
Marche 1,0 0,9 -60 -21,7 -16,5 -2,2 -0,6 -9,5
Lazio 7,2 2,1 -5.898 -75,2 -15,9 -2,0 -0,5 -26,1
Abruzzo 1,0 0,8 -42 -20,8 -18,9 -1,9 -0,6 -7,7
Molise 0,3 0,5 9 74,2 -13,6 -3,0 -1,2 -3,6
Campania 3,3 1,1 -1.694 -69,3 -15,1 -1,9 -0,5 -30,3
Puglia 1,2 0,9 -174 -26,9 -19,1 -1,0 -0,6 -24,3
Basilicata 0,6 0,3 -22 -46,3 -16,0 -1,3 -1,0 -5,5
Calabria 0,7 0,4 -84 -44,9 -14,9 -4,3 -0,9 -17,1
Sicilia 2,8 0,9 -1.357 -69,2 -16,4 -1,1 -0,7 -33,8
Sardegna 4,4 2,7 -536 -47,5 -21,4 -4,6 -0,7 -12,0
Nord 4,3 2,2 -13.517 -54,9 -20,7 -2,0 -0,3 -88,7
 Nord ovest 3,7 1,9 -6.748 -54,8 -21,8 -2,0 -0,4 -62,1
 Nord est 5,1 2,7 -6.769 -55,1 -19,1 -2,0 -0,2 -26,6
Centro 5,8 1,9 -9.355 -71,6 -16,8 -1,8 -0,5 -56,5
Mezzogiorno 2,3 1,0 -3.901 -58,8 -17,2 -2,0 -0,7 -134,4
Italia 4,1 1,8 -26.772 -60,4 -19,1 -2,0 -0,5 -279,6

 

Una certa omogeneità nelle dinamiche per macro-aree si rileva anche sul versante dell’occupazione, la cui variazione è data dagli occupati[8] dell’indagine sulle forze di lavoro – quindi “occupati-teste”. Su base regionale le differenze sono più significative, anche all’interno di ciascuna macro-ripartizione.

L’ultimo indicatore è la popolazione residente media dell’anno. In un contesto che ha visto diminuire per il sesto anno consecutivo il numero dei residenti è ancora una volta il Meridione a pagare il prezzo più alto. La mancanza di opportunità occupazionali sul territorio ha, infatti, portato anche in un anno molto difficile per tutto il Paese, come il 2020, parte dei residenti a spostarsi nelle aree più ricche. Quasi la metà della perdita di popolazione riguarda il Sud.

 

Demografia d’impresa e altri indicatori

Per controllare l’adeguatezza del processo di aggiustamento dei risultati del modello di estrapolazione dei consumi regionali sono stati utilizzati alcuni ulteriori indicatori che non entrano nel suddetto processo. Essi sono: la natalità delle imprese per regione nel 2020, le transazioni normalizzate delle abitazioni[9] e la spesa per spettacoli (tab. 3).

Se le informazioni sulle chiusure di attività (non riportate) evidenziano ancora un “congelamento” dettato dall’incertezza delle imprese nel valutare la propria situazione, si coglie un andamento negativo delle iscrizioni d’impresa fortemente condizionato dagli effetti della diffusione del Covid-19. Unioncamere lo scorso 23 aprile ha evidenziato il bilancio delle iscrizioni che si riscontra confrontando i tredici mesi da marzo 2020 a marzo 2021 con il corrispondente periodo collocato al di fuori della pandemia (da marzo 2018 a marzo 2019), da cui emerge una perdita di volume di iscrizioni di nuove imprese stimabile in circa 63mila unità.

Dalla tabella 3 si può notare come il fenomeno della ridotta apertura di impresa si concentri in modo particolare nell’ambito del Centro-Nord, visto che nel Mezzogiorno solo la Puglia fa segnare una contrazione di apertura di nuove imprese superiore (peraltro di pochissimo) rispetto alla media nazionale.

Tab. 3 – Indicatori complementari
var. % anno 2020 rispetto al 2019

Elaborazioni Centro Studi G.Tagliacarne su dati Movimprese, Agenzia delle Entrate, SIAE.
  iscrizioni di imprese numero di transazioni normalizzate delle abitazioni spesa per spettacoli (primo semestre)
Piemonte -19,3 -5,9 -60,7
Valle d'Aosta -15,0 -8,0 -67,7
Liguria -21,2 -9,2 -87,0
Lombardia -17,6 -7,9 -74,0
Trentino Alto Adige -17,5 - -39,0
Veneto -17,5 -7,0 -86,4
Friuli-Venezia Giulia -16,5 -4,9 -66,4
Emilia-Romagna -18,5 -5,8 -74,9
Toscana -18,2 -8,4 -72,4
Umbria -15,6 -5,0 -69,2
Marche -23,9 -2,0 -59,0
Lazio -19,2 -8,4 -67,5
Abruzzo -15,7 -4,7 -64,3
Molise -16,8 -5,8 -58,2
Campania -13,3 -11,2 -61,3
Puglia -17,5 -7,6 -70,3
Basilicata -11,7 -13,4 -81,1
Calabria -15,3 -9,4 -59,1
Sicilia -13,0 -9,5 -68,2
Sardegna -15,0 -8,4 -77,0
Nord -18,2 -7,1 -75,4
 Nord ovest -18,4 -7,5 -73,4
 Nord est -17,8 -6,3 -78,0
Centro -19,2 -7,5 -68,6
Mezzogiorno -14,6 -9,1 -67,3
Italia -17,2 -7,7 -73,0

 

Questo è sufficiente a confermare l’impressione che il Sud sia stato complessivamente meno colpito in termini di conseguenze economiche della pandemia.

In parziale contrasto con questa intuizione, nelle aree del Mezzogiorno emergono risultati particolarmente negativi sul versante del mercato immobiliare, in assoluto e nella comparazione regionale. Questo fenomeno può, tuttavia, dipendere da complicati fenomeni legati all’offerta, piuttosto che alla domanda, di unità abitative all’interno di alcuni territori.

La riduzione della spesa per gli spettacoli appare di dimensioni abnormi ed è diretta conseguenza, ovviamente, delle restrizioni. Anche in questo caso, la riduzione è minore nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, in ragione dei differenti tempi e delle diverse durate delle suddette restrizioni.

 

Le stime per il 2020

Il confronto regionale in serie storica mette in luce l’eccezionalità di quanto rilevato nel 2020. La riduzione dell’11,7% registrata dai consumi sul territorio in un solo anno non ha nessun rapporto o confronto con quanto osservato negli anni per cui si dispone di serie storiche omogenee e confrontabili (tab. 4).

La pesante flessione registrata dai consumi nel 2020, che ha visto il Mezzogiorno registrare un andamento lievemente meno negativo rispetto al Centro-Nord, si innesta, peraltro, su contesti territoriali molti diversi.

Il Sud si è trovato ad affrontare la crisi dopo un lunghissimo periodo in cui i consumi dell’area avevano mostrato elementi di forte sofferenza, pur nel confronto con una dinamica complessivamente molto debole dell’intero Paese.

La differenza di performance si rileva sia nel periodo 1996-2007, di moderata crescita, sia negli anni successivi, nei quali l’area non era minimamente riuscita a recuperare la perdita di domanda generata dalla doppia crisi (finanziaria e dei debiti sovrani).

Quest’evoluzione ha determinato una riduzione del contributo fornito dal Mezzogiorno alla domanda per consumi delle famiglie. La quota ha infatti mostrato una progressiva riduzione passando dal 30,3% del 1995 al 27,3% del 2020.

Nel passaggio dalle ripartizioni alle regioni emergono, anche nel 2020, molte differenze[10].

Le contrazioni più significative della domanda, e ben superiori al dato nazionale e ripartizionale, si rilevano in Veneto, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sardegna. Per contro riduzioni inferiori al 9% si stimano in Trentino Alto Adige, Abruzzo, Basilicata e Puglia. Tra gli altri riscontri, per interpretare queste stime, si può fare riferimento alla quota della spesa degli stranieri sugli specifici territori regionali: quote maggiori implicano maggiori cadute dei consumi, mitigate, nel caso del Trentino Alto Adige dalla crescita dei residenti, in controtendenza netta con il dato nazionale.

Tab. 4 – Consumi regionali in prospettiva storica e stime per il 2020

Elaborazioni e stime USC su dati Istat.
  var. % cumulate in quantità quote a prezzi correnti
  1996-2007 2008-2019 2020 1995 2007 2020
Piemonte 22,0 0,2 -12,6 7,5 7,7 7,8
Valle d'Aosta 21,8 -0,4 -15,1 0,3 0,3 0,3
Liguria 8,8 -3,4 -9,2 3,4 3,1 3,1
Lombardia 20,9 5,0 -12,2 17,6 17,8 18,9
Trentino Alto Adige 12,1 5,7 -8,7 2,4 2,2 2,5
Veneto 25,3 1,1 -15,3 8,0 8,4 8,3
Friuli-Venezia Giulia 19,1 0,4 -13,7 2,4 2,4 2,4
Emilia-Romagna 25,2 3,3 -12,3 7,9 8,3 8,6
Toscana 21,3 2,3 -12,3 6,7 6,8 7,0
Umbria 24,3 -4,1 -10,5 1,4 1,5 1,5
Marche 18,0 -4,5 -10,6 2,7 2,7 2,6
Lazio 19,8 3,2 -12,9 9,5 9,5 9,8
Abruzzo 11,8 -8,0 -7,5 2,2 2,1 2,1
Molise 17,7 -7,0 -9,2 0,5 0,5 0,5
Campania 13,4 -11,2 -10,1 8,0 7,6 7,0
Puglia 10,1 -9,2 -7,7 6,1 5,6 5,4
Basilicata 11,1 -2,7 -8,5 0,8 0,8 0,8
Calabria 16,2 -11,6 -11,6 2,9 2,8 2,6
Sicilia 18,4 -11,6 -9,0 7,3 7,3 6,7
Sardegna 21,1 -7,3 -13,0 2,4 2,5 2,3
Nord 21,1 2,6 -12,5 49,4 50,3 51,8
 Nord ovest 19,8 2,8 -12,0 28,8 29,0 30,1
 Nord est 23,0 2,4 -13,2 20,6 21,3 21,7
Centro 20,4 1,4 -12,2 20,3 20,5 20,9
Mezzogiorno 14,7 -10,1 -9,5 30,3 29,2 27,3
Italia 19,0 -1,4 -11,7 100,0 100,0 100,0

 

Pur considerando che i consumi utilizzati nell’analisi sono rappresentativi anche della spese dei non residenti, il rapporto con la popolazione (residente) fornisce un’importante, ancorché spuria, indicazione in termini di benessere economico delle famiglie consumatrici o, se si vuole, della pressione della domanda per consumi sulle imprese dislocate nelle specifiche regioni per alcuni importanti settori.

Il confronto in serie storica (1995-2020) dei dati relativi ai consumi pro capite evidenzia andamenti delle ripartizioni meno articolati (tab. 5). La caduta dei consumi delle regioni del Sud appare, infatti, meno drastica rispetto a quanto rilevato nelle altre ripartizioni geografiche.

Tab. 5 – Consumi regionali per abitante

Elaborazioni e stime USC su dati Istat.
  consumi per residente - euro 2020 indice Italia=100
  1995 2007 2020 1995 2007 2020
Piemonte 16.350 19.601 17.325 100,6 104,7 107,5
Valle d'Aosta 24.885 28.301 24.073 153,1 151,2 149,3
Liguria 19.233 21.635 19.800 118,3 115,6 122,8
Lombardia 18.276 20.704 18.101 112,4 110,6 112,3
Trentino Alto Adige 24.341 24.793 22.102 149,7 132,4 137,1
Veneto 16.730 19.372 16.264 102,9 103,5 100,9
Friuli-Venezia Giulia 18.664 21.661 18.912 114,8 115,7 117,3
Emilia-Romagna 18.658 21.565 18.509 114,8 115,2 114,8
Toscana 17.612 20.601 18.239 108,3 110,0 113,1
Umbria 16.326 19.112 16.330 100,4 102,1 101,3
Marche 17.224 19.258 16.541 106,0 102,9 102,6
Lazio 17.013 19.591 16.447 104,7 104,6 102,0
Abruzzo 16.539 17.793 15.310 101,7 95,0 95,0
Molise 13.935 16.973 15.228 85,7 90,7 94,5
Campania 12.960 14.495 11.723 79,7 77,4 72,7
Puglia 13.802 15.163 13.108 84,9 81,0 81,3
Basilicata 12.412 14.338 13.597 76,3 76,6 84,3
Calabria 13.067 15.853 12.981 80,4 84,7 80,5
Sicilia 13.544 16.033 13.297 83,3 85,6 82,5
Sardegna 13.703 16.643 13.764 84,3 88,9 85,4
Nord 18.069 20.710 18.034 111,1 110,6 111,9
 Nord ovest 17.882 20.552 18.100 110,0 109,8 112,3
 Nord est 18.336 20.929 17.943 112,8 111,8 111,3
Centro 17.182 19.833 17.010 105,7 105,9 105,5
Mezzogiorno 13.553 15.541 12.988 83,4 83,0 80,6
Italia 16.257 18.721 16.123 100,0 100,0 100,0

 

Questo andamento risente, ovviamente, delle dinamiche demografiche che hanno visto, nel periodo in esame, una crescita della popolazione nel Centro-Nord, mentre il Mezzogiorno ha visto diminuire i propri residenti, soprattutto nelle fasce più giovani.

Tra il 1995 ed il 2019 il peso del Sud in termini di popolazione si è ridotto dal 36,4% al 33,9%. Ben più grave è la questione della popolazione giovane. L’Italia nel complesso ha perso oltre un milione di giovani: da poco più di 11 milioni a poco più di 10 milioni. Tutta questa perdita è dovuta alla riduzione del numero di giovani meridionali. Mentre nelle altre ripartizioni il livello assoluto e la quota di giovani rispetto alla popolazione di qualsiasi età restano più o meno costanti, nel Mezzogiorno si registra un crollo. Rispetto al 1995, mancano nel Sud oltre 1,5 milioni di giovani con una riduzione dell’incidenza di questa fascia sulla popolazione dal 24,5% al 17,5%.

Nel complesso, se si guarda all’impatto che ha avuto il crollo dell’attività economica nel 2020 sul versante dei consumi pro capite, si rileva come la spesa per residente, espressa a prezzi 2020, sia di fatto tornata al livello del 1995. Per il Sud il regresso appare ancora più rilevante con un valore dei consumi inferiore rispetto all’inizio delle serie storiche.

Anche in questo caso le differenze a livello regionale nella spesa per abitante sono significative (e scontano il peso differente della spesa degli stranieri che impropriamente attribuiamo ai residenti). Si va dagli oltre 24mila euro della Valle d’Aosta ai poco più di 11.700 della Campania. Il record negativo della regione risiede, in parte, nell’essere l’unico territorio meridionale a non aver conosciuto significative perdite di popolazione residente tra il 1995 ed il 2020, fenomeno che di per sé potrebbe avere anche significati favorevoli in una prospettiva di più lungo termine, qualora si curassero le evidenti disfunzioni nella dinamica della produttività.

 

Le previsioni per il 2021

Il 2021 che fino a pochi mesi fa si attendeva essere un anno di decisa e robusta ripresa si sta rivelando un periodo ancora molto difficile. La ripresa rispetto alle attese potrebbe essere più contenuta in considerazione del fatto che solo con la fine della primavera e l’inizio dell’estate si potrà tornare a un assetto più normale della vita quotidiana, di cui i consumi sono una parte rilevante. L’accelerazione che alla fine di aprile si è osservata nell’implementazione del piano vaccinale concede la possibilità di qualche considerazione ottimistica.

Il primo quarto del 2021 si è chiuso meglio delle attese. Nella congiuntura Confcommercio si stimava una riduzione congiunturale dell’1,3% contro il dato (provvisorio) di -0,4%. L’operare dei giorni lavorativi sul dato annuale non corretto per questa componente potrebbe moderatamente peggiorare di qualche decimo di punto la suddetta performance, ma, in ogni caso, partendo dal trascinamento di quasi due punti percentuali concretizzatosi nel primo quarto, è possibile che il PIL nel 2021 superi una crescita di quattro punti percentuali.

La previsione del +3,8% dei consumi interni per il 2021 viene confermata, con l’avvertenza che i rischi di una sovrastima sono oggi inferiori ai rischi di una sottostima della crescita effettiva della spesa sul territorio. Lo scenario qui tracciato per i consumi regionali è, quindi, piuttosto prudente.

Permangono, comunque, profonde incognite sui tempi in cui il turismo internazionale potrà riprendere in modo significativo, data la situazione mondiale, e questo condizionerà le potenzialità di recupero a breve di molti territori. Questa suggestione è confermata dal tenore del comunicato dell’Istat sulla stima provvisoria del PIL nel primo trimestre del 2021. Vi si dice che sul versante del valore aggiunto i servizi sono ancora in caduta, al contrario dell’industria e dell’agricoltura. Non sono estranee a questo fenomeno le conseguenze delle restrizioni alla mobilità e all’attività economica sia nazionali sia internazionali.

Il rimbalzo dell’anno in corso permetterà di recuperare solo una frazione esigua di quanto perso nel 2020 (tab. 6).

Tab. 6 – Previsione dei consumi regionali per il 2021
var. % in termini reali e variazioni pro capite in euro prezzi 2020

Elaborazioni e stime USC su dati Istat.
  consumi sul territorio pro capite
  var. % var. assolute in milioni di euro var. assolute in euro 2021, indici 2019=100
  2020 2021 2020 2021 2020 2021
Piemonte -12,6 5,3 -10.700 3.934 -2.366 917 92,6
Valle d'Aosta -15,1 6,0 -532 181 -4.074 1.455 90,7
Liguria -9,2 2,5 -3.039 747 -1.838 493 93,8
Lombardia -12,2 3,4 -25.097 6.203 -2.465 621 91,0
Trentino Alto Adige -8,7 2,5 -2.267 585 -2.152 543 93,4
Veneto -15,3 4,3 -14.266 3.392 -2.869 697 88,6
Friuli-Venezia Giulia -13,7 4,0 -3.625 903 -2.908 751 90,1
Emilia-Romagna -12,3 3,5 -11.610 2.847 -2.573 639 90,8
Toscana -12,3 3,7 -9.397 2.508 -2.460 681 91,4
Umbria -10,5 3,4 -1.671 481 -1.834 554 93,0
Marche -10,6 3,0 -2.969 739 -1.855 490 92,6
Lazio -12,9 5,8 -13.951 5.430 -2.346 946 92,6
Abruzzo -7,5 2,8 -1.608 545 -1.148 423 95,6
Molise -9,2 3,1 -463 142 -1.350 476 94,7
Campania -10,1 4,8 -7.539 3.216 -1.255 565 94,7
Puglia -7,7 1,9 -4.302 984 -1.005 250 94,6
Basilicata -8,5 2,0 -697 150 -1.120 272 94,2
Calabria -11,6 3,7 -3.209 909 -1.569 482 92,5
Sicilia -9,0 3,0 -6.378 1.936 -1.212 398 94,4
Sardegna -13,0 2,7 -3.297 590 -1.937 367 90,0
Nord -12,5 3,8 -71.135 18.794 -2.517 683 91,1
 Nord ovest -12,0 3,8 -39.368 11.066 -2.391 695 91,7
 Nord est -13,2 3,7 -31.768 7.728 -2.691 666 90,2
Centro -12,2 4,6 -27.987 9.158 -2.281 777 92,2
Mezzogiorno -9,5 3,2 -27.494 8.471 -1.271 421 94,0
Italia -11,7 3,8 -126.616 36.423 -2.044 613 92,1
Italia (mld. di euro 2020)     958.493 994.916      

 

Più difficile sarà il recupero del Mezzogiorno, area nella quale la domanda per consumi è stimata crescere del 3,2%. Si ripropone il consueto problema del Sud meno resiliente del resto del Paese, fenomeno già visto nel passato, come descritto in modo eloquente nella tabella 4.

Più intensa dovrebbe risultare la ripresa nel Centro, con il Lazio la regione più dinamica in assoluto.

Caduta nel 2020 e ripresa nel 2021 dovrebbero complessivamente implicare che nella media del biennio si perdano tra il 4,4% (Abruzzo, la regione migliore nel complesso) e l’11,4% (Veneto, la regione più colpita) dei consumi pro capite regionali.

Difficile dire quando tutte le regioni torneranno ai livelli, peraltro già depressi, della spesa reale per abitante del 2019.

Molto dipenderà dal grado di efficacia e di efficienza nell’uso delle nuove risorse europee. Senza tornare a una crescita robusta e duratura, delle conseguenze economiche della pandemia la più rilevante sarà il debito pubblico che consegneremo alle nuove generazioni.

 


[1] Per una descrizione degli aspetti definitori e metodologici si veda European system of accounts ESA 2010, Eurostat, Blue Book 2013. È utile ricordare che i dati sui consumi pubblicati secondo lo schema di Contabilità nazionale differiscono da quelli rilevati sulla base dell’Indagine sulla spesa delle famiglie (fino al 2013 indagine sui bilanci delle famiglie) per i cui aspetti metodologici si rimanda a “La nuova indagine sulle spese per consumi in Italia”, Istat 2015. La Contabilità nazionale territoriale considera le spese per consumi effettuate sul territorio nazionale dai residenti e dai non residenti, mentre l’Indagine sulla spesa ha come riferimento solo i residenti. Tra gli altri elementi distintivi: l’unità di rilevazione (nella contabilità nazionale sono incluse anche le spese sostenute da comunità non legate da vincoli familiari come gli istituti religiosi, le case di riposo, ecc; la seconda è rivolta solo ai nuclei familiari); la fonte informativa (elaborazione di informazioni provenienti da diverse fonti per la Contabilità nazionale, rilevazione diretta – campionaria – per l’indagine).
[2] In prima battuta l’ultimo anno disponibile è il 2019 da fonte ufficiale. Provvedendo, come sarà chiarito di seguito nel testo, a una prima stima dei consumi regionali del 2020, dopo i necessari aggiustamenti e riproporzionamenti, i modelli vengono nuovamente stimati includendo il valore per il 2020 al fine di effettuare l’ulteriore previsione al 2021.
[3] La singola regressione regionale è il metodo più semplice di stima. L’approccio panel che prevede la sistemazione in un unico modello di osservazioni spaziali e temporali è stato provato senza grandi risultati. Le elasticità regionali appaiono sempre ben differenziate, infatti, così come il parametro di autocorrelazione. Pertanto, i guadagni di efficienza potenzialmente ottenibili da una rappresentazione più parsimoniosa in termini di parametri da stimare sono apparsi da subito piuttosto esigui.
[4] Questa strategia appare più nitida e controllabile dell’alternativa di inserire direttamente nelle singole regressioni gli indicatori elementari assieme al consumo aggregato.
[5] Come detto, si dispone di un supporto – la spesa del 2020 nelle quattro macro-ripartizioni – e i cinque indicatori citati nel testo (anche se, per maggiore precisione, occorre dire che l’Istat fornisce le stime preliminari nell’indagine sulla spesa delle famiglie per tre macro-ripartizioni soltanto e, cioè, Nord, Centro e Sud; per inizializzare i calcoli, si assume che Nord-ovest e Nord-est abbiano la medesima variazione percentuale, pari a quella del Nord nel complesso). Livelli e variazioni percentuali del supporto, costituenti una valutazione da indagine campionaria, sono utilizzati per riproporzionare una nuova stima dei consumi regionali ottenuta applicando alla prima stima – quella immediatamente derivante dalla (1) – un indicatore sintetico ottenuto dai cinque indicatori elementari come semplice media aritmetica (degli indicatori in termini dinamici basata sulla media della ripartizione; un indicatore che presenti un valore di -20% rispetto a una media macro-ripartizionale di -10% vale 2 e quindi enfatizza in negativo la variazione del consumo regionale ottenuta come prima stima; ovviamente il valore di 2 va mediato con il valore degli altri indici ottenuti per gli altri indicatori nella medesima regione). In questo modo, il risultato incorpora le informazioni derivanti dagli indicatori elementari in termini di dinamiche relative tra le regioni appartenenti alla medesima macro-ripartizione e l’indicazione fornita dal supporto macro-ripartizionale. Il passo finale è di riproporzionare le stime appena ottenute sul totale Italia che rappresenta il vincolo “vero” di tutta la procedura. Si è già discusso, infatti, del valore comunque limitato dell’indicazione fornita dal supporto, stanti le differenze di classificazione e di copertura dei consumi derivanti dall’Indagine presso le famiglie rispetto ai parametri della Contabilità Nazionale.
[6] Usiamo le diciture Mezzogiorno, Sud e Meridione come perfettamente intercambiabili. La macro-ripartizione include anche le Isole ed è composta dalle usuali otto regioni.
[7] La domanda estera rivolta a un territorio derivante dalla spesa degli stranieri, che a tutti gli effetti costituisce la voce “servizi” della bilancia dei pagamenti, ha un impatto sul PIL anche sotto il profilo meramente contabile. Scriviamo il PIL (Y) come Y=Y*+ST, distinguendolo in due parti, una rappresentata dal saldo turistico ST e l’altra dal PIL al netto di tale saldo (Y*; non importa che ST sia dedotto dalle esportazioni o dai consumi sul territorio, trasformando questi ultimi in spesa delle famiglie residenti della rappresentazione standard del conto delle risorse e degli impieghi finali). Conviene ricordare che ST è preso col suo segno: negativo, se la spesa dei residenti all’estero è maggiore della spesa degli stranieri sul territorio, positivo nel caso opposto.
Ipotizzando che da un anno all’altro il saldo turistico ST si annulli, cioè diventi zero qualsiasi sia stato il suo livello di partenza, con semplici e immediati passaggi il tasso di crescita del PIL si può esprimere come dY/Y= dY*/Y* + ST/Y. Se si applica a Italia e Germania questa decomposizione si ottiene il senso dell’impatto della pandemia sul PIL di nazioni che hanno un’esposizione radicalmente differente sotto il profilo turistico (esportatrici nette come l’Italia, importatrici nette come la Germania).
In pratica si neutralizza l’impatto della variazione del saldo turistico sulla variazione del PIL: si capisce che se il saldo è positivo e crolla, l’impatto sul PIL è negativo (in misura proporzionale all’ampiezza del saldo); se il saldo è negativo, come, per esempio, in Germania, l’azzeramento del saldo aumenta il PIL. Utilizzando i soli dati del 2019 e immaginando un azzeramento dei saldi dei due Paesi, rispetto alle stime ufficiali della caduta dell’attività economica nel 2020, pari -8,9% in Italia e -4,9% in Germania, si passerebbe, in assenza di turismi attivi ovunque, a una rappresentazione della caduta del prodotto per l’Italia pari a 7,7% e una caduta per la Germania pari a 5,9%. C’è una significativa differenza tra la situazione reale e quella al netto dell’impatto del turismo: in quella reale la caduta dell’Italia si avvicina al doppio di quella tedesca, nella situazione al netto del turismo straniero sarebbe abbastanza simile. Questo per dire che il valore del turismo è sovente sottostimato. Anche tra le regioni italiane vale un simile meccanismo contabile e sostanziale.
[8] I dati utilizzati sono quelli pubblicati dall’Istat il 12 marzo 2021, antecedenti alla revisione pubblicata ad aprile 2021 per la quale sono disponibili solo alcune informazioni a livello nazionale. La revisione ha comportato, visti alcuni criteri più stringenti nella definizione di occupato, il trasferimento di un numero significativo di popolazione dalle forze di lavoro agli inattivi. Per irrobustire l’informazione si sono utilizzate le indicazioni relative ai primi sei mesi del 2020 sulle ore lavorate elaborate dal Centro Studi G. Tagliacarne sulla base delle informazioni provenienti dalla Rilevazione continua sulle forze di lavoro di fonte Istat.
[9] Osservatorio del mercato immobiliare, Agenzia delle Entrate; per i criteri metodologici adottati per il calcolo del NTN, per la classificazione in settori di mercato, per l’assegnazione delle annualità e delle ripartizioni territoriali si veda “Nota metodologica compravendite immobiliari”, marzo 2020.
[10] Dal confronto storico tra le variazioni dei consumi regionali della contabilità rispetto a quelli dell’Indagine campionaria emerge una drastica riduzione della varianza passando dalle evidenze dell’Indagine a quelle dei conti nazionali.

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