Intervento del Presidente Sangalli al Forum di Impresa Cultura Italia "Il cambiamento sociale tra cultura, tecnologia e impresa"

Intervento del Presidente Sangalli al Forum di Impresa Cultura Italia "Il cambiamento sociale tra cultura, tecnologia e impresa"

Teatro Regio, Parma

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14 ottobre 2021

Autorità, gentili ospiti, cari amici, buongiorno a tutti. Ho detto “gentili ospiti” intendendo rivolgermi a coloro che assisteranno a questa tre giorni di Impresa Cultura Italia… ma, a dire il vero, oggi, l’ospite sono io in questa città elegante, in questo meraviglioso teatro.

E devo dire che mi fa molto piacere tornare al Regio di Parma.

L’ultima volta sono stato invitato qui dal Presidente di Confcommercio Parma, Vittorio dell’Aglio, che saluto.

Era il 2019.

Era il 2019 e non potevamo neanche immaginare cosa sarebbe successo una manciata di mesi dopo.

Proprio la pandemia e la crisi che ne è seguita hanno travolto con particolare forza il settore culturale. Così questo Forum rappresenta in qualche modo un segnale di volontà di reagire e di ripartenza per un’intera filiera, quella culturale.

Ritorniamo a teatro, dunque. Un luogo che non è solo rappresentazione e spettacolo, ma che rimane anche fondamentale luogo di comunità, oggi diremmo di networking.

Basta pensare che ai tempi della Duchessa Maria Luisa (che volle il Teatro Regio) il teatro era una delle modalità principali per “entrare in società”.

Il teatro è, insomma, l’Internet analogico, senza digitale, l’Internet prima di Internet.

E quindi mi sembra particolarmente significativo trovarci oggi in un teatro, a parlare certo di impresa culturale e dello spettacolo, ma anche dell’impatto del digitale e delle tecnologie su questo mondo.

Parliamo, insomma, di uno dei settori che più ha sofferto in questa crisi, ma lo facciamo con autentico spirito di ricostruzione.

E ricostruzione non significa, come comunemente si pensa, costruire “di nuovo” qualcosa che si è rovinato nel tempo.

A me piace pensarlo piuttosto nel senso di “costruire il nuovo”.

O come ha detto il Presidente di Impresa Cultura Italia, il mio carissimo amico Carlo Fontana, in un’intervista dell’altro giorno, “non si tratta di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Bisogna guardare oltre il bicchiere, con uno sguardo al futuro”.

E secondo me lo sguardo al futuro ha oggi tre orizzonti che vanno perseguiti: uno di breve, uno di medio e uno di lungo periodo.

Sul breve periodo, bisogna pensare indubbiamente alla ripresa del settore.

Da pochissimi giorni è entrato in vigore il decreto che ha dato la possibilità a teatri e cinema di riaprire al 100% della capienza in zona bianca.

E’ una misura in cui speravamo, anche se la capienza al 100% non significa automaticamente il 100% dell’occupazione delle sale.

Guardando l’interessante rapporto che verrà presentato oggi dal professor Abis - non voglio fare troppe anticipazioni o, come si dice nello spettacolo, non voglio fare spoiler - ma l’idea è quella di una ripresa veloce, ma lenta.

E mi spiego: quella dei consumi culturali è una ripresa rapidissima mese su mese, però è una ripresa troppo lenta, perché rimaniamo ancora molto lontani dai livelli del 2019.

Qui credo che siano molto importanti gli incentivi pubblici alla fruizione culturale, in un momento in cui i consumi sono ancora deboli. Penso a più rilevanti detrazioni fiscali o al bonus cultura esteso a tutta la popolazione.

Sul medio periodo, poi, c’è un tema invece di investimento nella cultura.

Da una parte ci sono certo le risorse del PNRR che vanno destinate non solo alle infrastrutture culturali (pur necessarie), ma anche alla promozione culturale.

E poi ci sono le risorse dei privati.

L’art bonus è un ottimo strumento che dovrebbe essere maggiormente valorizzato.

Ma va sottolineato con più forza che l’investimento in cultura diventa sempre meno responsabilità sociale di impresa e diventa sempre più leva strategica, un investimento centrale per l’azienda.

Perché fa girare il mulino della creatività, motore del Made in Italy, ma anche perché dà valore al territorio sul quale soprattutto le nostre imprese insistono.

E proprio per valorizzare questo legame con il territorio sarebbe bello istituire - la dico così - un “bollino culturale” da erogare alle imprese (in particolar modo penso a quelle a contatto con il pubblico, gli esercizi commerciali e pubblici esercizi) che abbiano certi requisiti di immagine, investano in cultura e che sottoscrivano una carta di valori. Sarebbe una vera e propria certificazione di rispetto e tutela del patrimonio culturale italiano.

La cultura, infatti, produce valore, ma rafforza anche i valori etici a cui si ispira la parte migliore del nostro sistema Paese.

Sulla parte migliore del nostro Paese, passo quindi al terzo orizzonte a cui guardare “oltre il bicchiere”, per dirla con Fontana, quello di lungo periodo.

La cultura, certamente, affonda le radici nel passato: vive della storia, dell’eredità collettiva, quella recente e - fortunatamente per l’Italia - anche quella lontanissima nel tempo.

Ma la cultura è anche il domani, il futuro.

Perché è fatta di tante imprese giovani ed è amata dai giovani.

Ma la cultura è anche - per dirla con un’immagine - la “gioventù” della nostra economia.

Perché è la parte in formazione, più vitale e più aperta della nostra economia.

La parte che ha davanti il futuro più grande e che aiuta a scrivere il futuro di tutti.

E allora, proprio perché la cultura è la gioventù della nostra economia, può e deve essere testa di ponte dell’innovazione nel Paese.

Così, se da una parte c’è una rinnovata voglia di classico (dalla voglia di socialità al ritornato piacere dei giornali o dei libri cartacei), dall’altra le modalità di fruizione della cultura sono cambiate per sempre, integrando le nuove tecnologie e con il digitale che sarà una componente strategica di promozione e divulgazione della cultura.

Io credo che proprio di questo si discuterà molto in questi tre giorni.

E credo che siano riflessioni importanti non solo per la filiera culturale, ma per l’intero settore che la Confcommercio rappresenta, il terziario di mercato

Mi pare particolarmente significativo che questa riflessione nasca da Impresa Cultura Italia.

Quando tre anni fa abbiamo creato il Coordinamento Impresa Cultura Italia tra tutte le Associazioni del settore della cultura, dello spettacolo, dell’intrattenimento o della creatività aderenti a Confcommercio abbiamo fatto con Carlo Fontana - diciamo così - quasi “una scommessa”.

Quella cioè di riuscire a mandare un messaggio chiaro: la cultura è una componente fondamentale e autonoma, trasversale ma non accessoria, del terziario di mercato e dell’economia del Paese.

E allo stesso tempo la formazione di questo coordinamento ha sottolineato un principio: su questo tema, per fare e fare bene, bisogna lavorare insieme.

Lavorare insieme: quello che 13 associazioni della nostra rappresentanza hanno fatto dentro Impresa Cultura Italia in questi anni. Quello che dobbiamo fare per far funzionare i progetti. Quello che vogliamo continuare a fare.

Guardate, ricordo una frase molto particolare della Divina Maria Callas, che ha cantato anche in questo teatro.

La Callas diceva con soddisfazione: “Dopo i concerti, tutti mi dicono grazie. Non brava ma grazie.”

Perché essere bravi non basta, bisogna essere utili, dare qualcosa agli altri.

E allora ad Impresa Cultura Italia, alle associazioni che la compongono e che hanno creduto in questo progetto, io voglio dire non “bravi”. A loro voglio dire “grazie”.

Grazie per aver accettato questa sfida.

Grazie per aver creduto in questo Forum.

Grazie per aver dimostrato che la cultura è più di una bella parola o persino di una filiera economica.

Nella cultura ci sono le gambe di un’economia turistica e creativa, ci sono le ali di una rappresentanza moderna, c’è lo sguardo di un Paese vivo.

Un saluto a tutti e vi auguro tre giornate intense e interessanti.

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