Limite di persone a tavola, nessun limite all'aperto in zona bianca

Limite di persone a tavola, nessun limite all'aperto in zona bianca

Il Governo ha accolto in gran parte la proposta delle Regioni: nessun limite all'aperto e sei al chiuso per la zona bianca. Nessun cambiamento in vista, al momento, per la zona gialla.

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3 giugno 2021

Sembrava una questione tutto sommato di contorno e comunque facilmente risolvibile. Invece, di ora in ora, alla comparsa delle prime zone bianche in Italia, si era rivelata per quello che è: un rompicapo. La confusione è cominciata con alcuni lanci delle agenzie di stampa, che il primo giugno annunciavano l’abrogazione del limite massimo di persone a tavola e quindi il ritorno delle “tavolate”. Dopo alcune ore è intervenuto il Ministero della Salute, smentendo l’interpretazione data e sottolineando anzi che il limite di quattro persone (se non conviventi) restava valido, tanto nelle zone gialle che in quelle bianche. Interpretazione, quest’ultima, poi rigettata dal Ministero degli Affari regionali e contestata dalla Conferenza delle Regioni e dai partiti del centrodestra, con lo stesso sottosegretario al Ministero della Salute Pierpaolo Sileri (M5S), su una posizione molto meno intransigente del suo “superiore”. Insomma, una gran confusione, con i ristoratori basiti che attendono ancora di sapere per quante persone possano apparecchiare. 

La proposta della Conferenza delle Regioni

La soluzione è arrivata con la proposta fatta dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, che ha suggerito per le regioni in zona bianca di far decadere i limiti all'aperto e di estendere il tetto al chiuso da 4 a 8 persone per tavolo, un limite valido solo per due settimane. Il presidente Fedriga ha inoltre insistito presso il governo per l'abolizione dei limiti all'aperto anche per le zone gialle.

Via il limite all'aperto, in sei nei tavoli al chiuso

Se l'eliminazione del limite di commensali all'aperto ha messo tutti d'accordo, il problema continuava a porsi per quelle al chiuso, con il Ministero della Salute che alla fine ha deciso per un limite di sei commensali (il numero può essere maggiore solo se le persone sono tutte conviventi). In ogni caso il tetto decadrà dal 21 giugno quando tutta l'Italia si tingerà di bianco e sarà cancellato anche il coprifuoco.

Speranza: “ci vuole un percorso graduale”

In Italia "le cose vanno meglio grazie alla campagna di vaccinazioni e alle misure che abbiamo avuto in questi mesi", ora occorre "proseguire in un percorso di gradualità, perché è giusto riaprire ma passo dopo passo" visto che "un passo troppo lungo ci potrebbe far pagare un prezzo". Lo ha detto il ministro della Sanità, Roberto Speranza, interpellato a margine del G7 di Oxford sull'alleggerimento delle regole sui tavoli nei ristoranti. "Bisogna sempre distinguere l'aperto dal chiuso - ha aggiunto - perché al chiuso ci sono molti più rischi. Siamo sulla strada giusta, dobbiamo insistere”.

I ristoranti finalmente riaprono, ma c’è l’allarme personale

Eccola, la sospirata ripartenza a tutto tondo del mondo della ristorazione: da oggi primo giugno, infatti, è possibile di nuovo prendere il caffè al bancone e riaprono anche le 160mila attività che non avendo degli spazi all’aperto non hanno potuto approfittare della “finestra” aperta il 26 aprile scorso. Parliamo di una bella fetta delle imprese della ristorazione, il 46% circa, che hanno visto il loro lockdown prolungato di un mese e mezzo. Ovviamente non saranno tutte rose e fiori: i problemi che queste imprese devono affrontare sono ancora molteplici e tra questi la mancanza di personale.

Lo sottolinea la Fipe,  la Federazione italiana dei Pubblici esercizi aderente a Confcommercio: “sono  mesi drammatici per il comparto della ristorazione, ma finalmente si comincia a guardare con fiducia ai prossimi mesi. Nel Paese – premette il direttore generale Roberto Calugi - c'è una grande voglia di ripartire, gli italiani hanno voglia di riprendere in mano le loro vite e riappropriarsi dei luoghi della socialità. Ecco perché confidiamo in un rimbalzo molto positivo dopo questo lungo periodo di privazioni e solitudine". Ma c’è “un'incognita che rischia di compromettere questa ripresa: mancano all'appello circa 150mila lavoratori. In particolare - prosegue - stiamo parlando dei 120mila professionisti a tempo indeterminato che nel corso dello scorso anno, a causa dei troppi impedimenti imposti alle nostre attività, hanno preferito cambiare lavoro e interrompere i loro contratti. Si tratta di cuochi e bar tender di lunga esperienza, attorno ai quali, spesso, sono state costruite intere imprese. A questi si aggiungono altri 20mila lavoratori che lo scorso anno lavoravano a tempo determinato e che oggi, anche alla luce dell'incertezza sul futuro, potrebbero preferire strumenti di sostegno al reddito, invece di un vero impiego”. “Per invertire questo trend e rendere nuovamente la ristorazione attrattiva soprattutto per le figure più professionalizzate, è importante che la politica dia un segnale di fiducia, ribadendo che il processo di riapertura sarà irreversibile", conclude Calugi.

Ricordiamo che la riapertura in tutto il Paese dei ristoranti al chiuso a pranzo e cena comporta comunque l'obbligo di mascherina ogni volta che ci si alza dal tavolo

 

 

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