La "tassa criminalità" costa 28 miliardi l'anno a commercio e pubblici esercizi

La "tassa criminalità" costa 28 miliardi l'anno a commercio e pubblici esercizi

Indagine Confcommercio–GfK Italia: abusivismo, contraffazione e taccheggio fanno perdere 21,5 miliardi di fatturato, mentre per difendersi si spendono 6,8 miliardi. Circa un imprenditore su tre percepisce un peggioramento nei livelli di sicurezza rispetto all'anno scorso e quasi uno su quattro ha avuto esperienza diretta o indiretta con la criminalità.

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20 novembre 2017

A commercio e pubblici esercizi nel 2017 l'illegalità è costata in tutto 28,4 miliardi, il 3,3% in più dell'anno precedente. Nel dettaglio 21,5 miliardi da imputare ad abusivismo, contraffazione e taccheggio, e 6,8 miliardi di costi da imputare a criminalità e cybercriminalità. E' il dato, eclatante, che emerge da elaborazioni e stime fatte dall'Ufficio Studi Confcommercio e diffuso in occasione della Giornata nazionale di Confcommercio "Legalità mi piace!". Ma non è certo il solo. Secondo l'indagine Confcommercio–GfK Italia sui fenomeni criminali circa un imprenditore su tre percepisce un peggioramento nei livelli di sicurezza per la propria attività rispetto all'anno scorso. Una sensazione forte soprattutto nel Centro Italia (43% del campione) e tra i venditori su aree pubbliche (46%, seguiti dai benzinai al 39%). A inquietare sono soprattutto l'abusivismo (in aumento per il 52% degli imprenditori) e i furti (in aumento per il 47%), seguiti da contraffazione (per il 40%) e  rapine (per il 33%). Più contenuta la crescita percepita per i crimini tipicamente collegabili alla criminalità organizzata come usura (in aumento per il 18%) ed estorsioni (per il 16%). Se si parla poi di esperienza concreta con la criminalità, quasi un imprenditore su quattro ha avuto esperienza diretta o indiretta con la criminalità (+4% rispetto al 2016): il 9% degli imprenditori ha subito personalmente minacce o intimidazioni con finalità estorsiva, (-4% rispetto al 2016), mentre il 22% conosce altre imprese che sono state oggetto di minacce o intimidazioni, (+6% sul 2016). Sia l'esperienza diretta sia quella indiretta sono fenomeni più accentuati nel Sud Italia, soprattutto nelle grandi città. Nella maggior parte dei casi le minacce subite consistono in pressioni psicologiche (69% delle imprese), seguite da danneggiamento a cose (44%, ma 51% al Sud) e da violenza alle persone (13%). Circa un terzo degli imprenditori che ha subito minacce o intimidazioni ha accettato la richiesta estorsiva, quota in forte calo rispetto al 2016 (31% contro il 59% del 2016), ancora una volta più alta nelle regioni meridionali. Passando quindi alle azioni a protezione della propria impresa, è l'81% ad averne prese, in aumento del 6% rispetto al 2016.Il fenomeno è più accentuato nei grandi centri del nord-centro nord e tra tabaccai (95%) e benzinai (84%). Le principali misure sono l'utilizzo di telecamere/impianti di allarme (48%), la stipula di assicurazioni (36%), le denunce (28%) e la vigilanza privata (25%). Per la sicurezza della propria attività, è la certezza della pena (lo indica il 73% degli imprenditori) l'iniziativa ritenuta più efficace, seguita con il 59% da una maggiore protezione da parte delle forze dell'ordine. Non a caso, quasi tutti gli imprenditori ritengono inefficaci le leggi che contrastano i fenomeni criminali (92%) dicendosi nel contempo favorevoli all'inasprimento delle pene (91%). E quattro imprenditori su cinque  ritengono che non si scontino realmente le pene per i reati commessi. Per difendersi, la quasi totalità degli imprenditori (93%) non si è dotata di un'arma per la difesa personale, anche se l'11% pensa di farlo in futuro. Infine, il taccheggio: circa 2 imprenditori su 5 hanno subito episodi del genere, soprattutto nel Centro Italia e fra venditori su aree pubbliche, tabaccai e alimentari. 

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