Roadshow PMI: Trasporti e infrastrutture per la competitività delle piccole e medie imprese

Roadshow PMI: Trasporti e infrastrutture per la competitività delle piccole e medie imprese

Venezia

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26 febbraio 2009

Cari Amici,
il 2009 sarà sicuramente un anno difficile. Il quadro congiunturale in ulteriore peggioramento ci ha costretto a rivedere al ribasso le previsioni per l’anno in corso del Pil, a –1,8%, e dei consumi, a –0,9%, mentre alla fine del 2010 si dovrebbe registrare una modestissima ripresa. Considerato anche l’aumento della disoccupazione che ha ormai superato la soglia dell’8%, la crisi sarà, quindi, più lunga e più acuta di quanto previsto.

Come confrontarci, allora, con questo scenario?

Con il pessimismo non si va certo lontano. Ma, d’altra parte, occorre evitare il rischio di pericolose sottovalutazioni dell’entità della crisi e, conseguentemente, della profondità delle risposte necessarie.

Esiste, però, una “terza via” interpretativa delle difficoltà che ci sono e che verranno, e capace di stimolare scelte adeguate e coerenti.

E’ la via del realismo, quel realismo che ha ispirato il Manifesto delle Pmi e vuole essere il nostro contributo responsabile di un’Italia – l’Italia delle imprese - che non ha paura, ma è consapevole delle difficoltà, nuove e pregresse, che occorre affrontare e superare per crescere di più e meglio, per costruire sviluppo e coesione sociale.

Perché, vedete, chi pratica questo realismo non ha difficoltà nel riconoscere che l’economia e la società italiana presentano, rispetto alla crisi sistemica dell’economia finanziaria ed al suo impatto sull’economia reale, qualche buon punto di tenuta: un sistema bancario un po’ più tradizionale e prudente e che, per così dire, non si è lasciato prendere la mano nel sostenere il modello della crescita a debito; famiglie un po’ più patrimonializzate e meno indebitate rispetto alle medie europee e, soprattutto, statunitensi; un sistema di piccole e medie imprese e di territori strutturalmente più flessibili e reattivi rispetto a molti Paesi competitori.

Ma il realismo ci ricorda anche il persistente fardello, anzi il macigno, del debito pubblico; la debolezza di lungo periodo della crescita della nostra economia, dei redditi e dei consumi delle famiglie.

Realismo anche nell’analizzare il sentiment delle famiglie, che hanno soprattutto un atteggiamento molto prudente perché o risparmiano di più o riducono i propri livelli di consumo, e dei consumatori che a fronte del peggioramento del quadro congiunturale sono ancora divisi tra chi mostra un, seppur fragile, ottimismo (52%) e chi invece si dichiara pessimista (30%).

Realismo, infine, nel denunciare la crisi profonda che attraversa il settore del commercio che ha registrato nel 2008 la chiusura di 120mila esercizi commerciali con un saldo negativo di 40mila imprese, il più alto degli ultimi dieci anni.

Cosa voglio dire, in definitiva?

Che la “nave-Italia” può reggere, forse meglio di altri Paesi l’urto della “tempesta perfetta” dei mercati finanziari.

Ma non illudiamoci. I contraccolpi ci sono, e si sono fatti anche più forti, con pesanti ricadute sull’occupazione, sui redditi, sui consumi e sugli investimenti.

Che tipo di risposta è stata, allora, fin qui data alla crisi e cos’altro si può e si deve fare?

Riduzione del costo del denaro e risposte espansive, fondate sulla mobilitazione della spesa pubblica e sulla riduzione del prelievo fiscale, negli Stati Uniti e, in misura più contenuta, in molti Paesi europei.

Da noi, si è operato con il pacchetto del decreto anti-crisi. Provvedimento certamente importante per le sue aperture riformatrici e per alcune misure, come il bonus straordinario per chi è più in difficoltà; il riordino degli ammortizzatori sociali, anche con la riproposizione degli indennizzi per le imprese commerciali in crisi e l’estensione degli assegni familiari ai lavoratori autonomi; la valorizzazione dei consorzi di garanzia fidi; l’accelerazione degli investimenti infrastrutturali per mobilitare risorse pari a circa 1 punto di Pil.

Così come – ed era una nostra richiesta - la revisione congiunturale speciale degli studi di settore. Un’occasione per rafforzare equità e selettività di questo strumento nonché per affermare il principio dell’inversione dell’onere della prova in caso di azione di accertamento. Con l’obiettivo di assicurare il diritto di ciascun contribuente alla tassazione sulla base del reddito effettivo ed attuale, e non già stimato e presunto.

Misure sostanzialmente condivisibili, dunque, nel decreto che risulta però insufficiente per le risorse: solo 5 miliardi di euro.

Intendiamoci, nessuno nega che l’Italia abbia margini di manovra stretti ma questo è il momento in cui occorre mettere in campo la capacità politica di impiegare bene quel tanto di risorse pubbliche che sono necessarie, anche per realizzare un più robusto e qualificato sistema di ammortizzatori sociali.

E capacità politica per portare avanti il cantiere delle riforme strutturali: federalismo fiscale come occasione – difficile e non scontata, ma possibile - di riforma della spesa pubblica e della spesa sociale, ma anche – lo ricordo - le liberalizzazioni ancora da venire, come quella dei servizi pubblici locali.

Sapendo che, in questo modo, si lavora per un’Italia più giusta e più competitiva.

Ecco cosa significa – a mio avviso, a nostro avviso – il “facciamo della crisi un’occasione”.

E che particolare attenzione deve riservare alle PMI ed alle politiche ad esse dedicate, cercando di fare davvero del 2009 – di questo difficilissimo 2009 – il “primo anno italiano delle PMI”.

Ed è proprio questo il tema del Roadshow che Confcommercio, con il supporto delle sue Associazioni, ha organizzato per toccare le principali regioni italiane, affrontando, in ciascuna tappa, uno specifico tema dedicato al mondo delle PMI.

Un’iniziativa certamente impegnativa ma molto importante perchè si propone, con il coinvolgimento della politica, delle forze sociali e delle istituzioni, di aprire nel Paese una grande discussione sul sistema delle piccole e medie imprese. Comparto che costituisce la struttura portante dell’economia reale, contribuendo per oltre il 70% alla formazione del valore aggiunto e per oltre l’80% all’occupazione.

Un settore, la cui valorizzazione, nel contesto economico generale, quale asset fondamentale del nostro tessuto produttivo ed imprenditoriale passa anche attraverso la necessità di una maggiore attenzione da parte delle politiche nazionali ed europee che dovranno ispirarsi a quei principi, quei valori di chi, oggi in Italia, mantiene fortissima la voglia di fare impresa e che ambisce ad una maggiore competitività dell’intero sistema-Paese: tutela della legalità e della sicurezza, garanzia di pluralismo imprenditoriale, maggiore apertura dei mercati, impegno per lo sviluppo territoriale.

Ma questa tappa del Roadshow a Venezia affronta un tema specifico, quello del rapporto tra trasporti, infrastrutture e PMI che, come vedremo dai risultati dell’indagine, non può certo definirsi idilliaco, anzi.

Dal nostro studio emerge, infatti, che una fetta consistente di piccole e medie imprese, circa un terzo, ritiene di essere penalizzata dallo stato delle infrastrutture che limita in maniera significativa le strategie commerciali, i ricavi, e la competitività. Tra gli interventi ritenuti più urgenti ed importanti dalle Pmi spiccano, in particolare, le richieste di migliorare le infrastrutture esistenti e la qualità dei servizi connessi all’accesso e all’utilizzo delle stesse, di curarne la manutenzione e la sicurezza.

Un efficiente sistema di infrastrutture e di trasporti costituisce, quindi, una condizione essenziale per la capacità competitiva di tutto il sistema imprenditoriale e, più in generale, del sistema Paese.

Su questo punto abbiamo accumulato un divario imbarazzante che, soprattutto in questi ultimi anni, è ulteriormente cresciuto rispetto a Paesi europei come Francia e Regno Unito, e la cronica congestione dei sistemi di trasporto e logistica ci costa 19 miliardi di euro l’anno.

Un quadro impietoso del nostro Paese, dove il non fare costa più del fare e in cui lo sviluppo disarmonico, disarticolato, inadeguato della nostra rete infrastrutturale non ha risparmiato nessuno dei principali sistemi di trasporto, che si tratti di autostrade, di ferrovie, di metropolitane, di porti, di aerei (dove manca una logica di sviluppo nazionale del sistema aeroportuale in grado di superare gli interessi e i particolarismi di carattere locale).

A questo proposito mi limito a citare alcuni dati:

  • la nostra rete autostradale, che in 35 anni si è incrementata del 70% contro una crescita in Europa del 230%, oggi copre solo 6.542 km ed è molto inferiore a quella francese e spagnola;
  • in Italia l’Alta Velocità copre poco meno di 600 km, in Francia è più del triplo.
  • la nostra rete metropolitana su tutto il territorio nazionale (230 km) è di poco superiore a quella che copre la sola città di Parigi (213 km) e decisamente inferiore a quella di Madrid (310 km);
  • i nostri porti turistici dispongono di  circa 117 mila posti barca mentre la Francia ne offre 165 mila pur avendo la metà dei nostri chilometri di costa.

E’, pertanto, necessario rafforzare la nostra dotazione infrastrutturale ed è necessario realizzare e completare le grandi opere perché i servizi giocano un ruolo fondamentale nel condizionare la fiducia e l’attività degli imprenditori e nel rendere i territori più o meno accessibili. Interventi infrastrutturali, peraltro, non solo di carattere nazionale o locale, ma che vanno visti in un’ottica allargata di integrazione di assi e di nodi di reti in Europa a cominciare dalla realizzazione dei corridoi europei di attraversamento della barriera alpina: Corridoio V Lisbona-Kiev, Corridoio dei due mari Genova-Rotterdam, Corridoio I Berlino-Palermo.

Ma la recente inaugurazione del passante di Mestre spero possa essere un buon viatico per un Paese che vuole voltare pagina, che vuole sbloccare gli interventi, che rifiuta di rimanere prigioniero di dibattiti e di polemiche che si trascinano nel tempo e ritardano i lavori.

Certo, il potenziamento della rete nazionale di infrastrutture dipende anche dalla quantità di risorse a disposizione. In questo senso, il ricorso a modelli di partenariato pubblico-privato e ai finanziamenti della Banca europea degli investimenti è utile e prezioso, ma non è sufficiente. Si rende, dunque, necessario, a questo proposito, un impegno finanziario diretto e ingente da parte dello Stato. Nell’allegato Infrastrutture al Dpef per il triennio 2009-2011 sono previsti solo 14 miliardi di euro di fondi pubblici, ma per portare avanti le opere già deliberate dal Cipe servono oltre 55 miliardi di euro.  In ogni caso, bisogna spendere al più presto le risorse a disposizione.

Ma non ci sono solo le grandi opere da considerare come prioritarie.

E’, infatti, soprattutto a livello urbano e locale, come rileva la nostra indagine, che si registrano le maggiori carenze o inefficienze: a denunciarle sono, infatti, oltre un terzo delle Pmi, soprattutto del commercio e dei servizi.

In questo senso le indicazioni contenute nell’allegato Infrastrutture al Dpef, che riconoscono l’importanza del terziario per l’economia del Paese, considerano prioritarie politiche di trasporti indirizzate alle aree urbane e ai luoghi di insediamento e di svolgimento delle attività commerciali, turistiche e di servizi.

La competitività e lo sviluppo del nostro Paese passa, inoltre, per un efficiente sistema logistico portuale. E in un momento così difficile per l’economia del nostro Paese non dovrebbe sfuggire la rilevanza strategica della filiera e gli effetti positivi che può generare sugli altri settori economici in termini di opportunità di accesso ai mercati.

I porti sono da sempre un’apertura sul mondo e rappresentano contemporaneamente per i territori che li ospitano, per le città e per gli abitanti un’opportunità di crescita e di sviluppo. Occorre, quindi, potenziare selettivamente le infrastrutture portuali e retroportuali, anche alla luce dello sviluppo delle autostrade del mare che per l’Italia si traducono in un ruolo strategico di piattaforma logistica europea nel Mediterraneo.

Nell’ambito del dibattito sull’esigenza di una nuova legge sugli assetti portuali, riteniamo, pertanto, opportuno un intervento sugli strumenti di “governance” dei porti che prevedano la partecipazione di rappresentanti delle imprese del terziario.

Infine, e non ultimo, è necessario dare piena attuazione alla riforma dell’autotrasporto che nel complesso ha raggiunto un punto di equilibrio tra le esigenze delle imprese del trasporto e della committenza.

Allo stesso tempo è necessario garantire parità di condizioni nello svolgimento dell’attività di autotrasporto nel mercato italiano tra operatori nazionali e stranieri, che impediscano forme di concorrenza sleale da parte di questi ultimi, così come una più efficace e forte attività di controllo sulle nostre strade.

Grazie.

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