Ruote d’Italia: “ambiente e sicurezza i temi del momento”

Ruote d’Italia: “ambiente e sicurezza i temi del momento”

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17 novembre 2021

Sicurezza, ambiente e clima sono, in questi tempi, temi all’ordine del giorno e materia di agguerriti dibattiti. Da un lato vi sono quanti affermano l’origine antropica dei cambiamenti climatici, portando a sostegno della propria tesi i recenti episodi di devastazione causati da eventi meteorologici estremi (come quelli che hanno interessato, il mese scorso, la Sicilia). Dall’altro, vi sono coloro i quali dubitano di tali asserzioni e invitano invece a considerare come il nostro Pianeta abbia conosciuto, anche nel passato, l’alternarsi di cicli di surriscaldamento e raffreddamento delle temperature globali.  Ad esempio, già nel terzo secolo a.C., nel corso della guerra contro l’Impero romano, il generale cartaginese Annibale riuscì ad attraversare le Alpi con gli elefanti poiché una fase climatica caratterizzata da temperature particolarmente elevate, aveva portato allo scioglimento delle nevi che di solito si trovavano a quelle altitudini.

Anche nell’ultima edizione del Forum di Conftrasporto il tema dei cambiamenti climatici e degli interventi contenuti nel Fit for 55 (documento programmatico deciso in sede europea) è stato oggetto, unitamente alle misure che si devono adottare, di diversi interventi.

Se allarghiamo lo sguardo al livello internazionale, osserviamo che si è da poco concluso a Glasgow un summit sul tema dei cambiamenti climatici che non pare aver prodotto risultati propriamente in linea con le attese dell’ambientalismo intransigente. I Paesi che incidono maggiormente sull’emissione di gas-serra, hanno di fatto impedito di raggiungere le posizioni di coloro che chiedevano misure drastiche e restrittive in tempi rapidi.

Un dato appare certo, spero anche ai teorizzatori dei mutamenti climatici: senza un’intesa globale, che coinvolga tutte le economie del mondo, si rischia di penalizzare i Paesi virtuosi a vantaggio degli inquinatori.

Se pensiamo che India, Cina e Usa insieme producono più della metà delle emissioni climalteranti, qualche riflessione è d’obbligo.

Non vogliamo certo alimentare polemiche, quello che ci preme è piuttosto evidenziare al Governo ed alle Autorità europee, la necessità una maggior attenzione. Sempre per fornire un dato, l’economia europea partecipa come percentuale di inquinamento, per circa il 12%. Non credo si debba essere degli scienziati o degli economisti per far insorgere il dubbio che scelte intempestive possono penalizzare l’economia e la vita di noi europei.

In questo scenario, il mondo dei trasporti è in prima linea, a torto considerato dagli adepti della “scienziata”, la stra-famosa Greta, che si atteggia come se avesse la verità in tasca, il mostro da colpire per ridurre i cambiamenti climatici e le emissioni dannose.

Abbiamo dimostrato quanto infondata sia tale supposizione. Negli ultimi trent’anni, l’autotrasporto e le attività marittime hanno performato, sul piano della riduzione delle emissioni, meglio di quanto abbia fatto l’intera economia nazionale. All’autotrasporto sono attualmente imputabili il 5% delle emissioni climalteranti, mentre alle attività del mare il 3%.

Pensare che in questa fase di transizione si debba intervenire con provvedimenti penalizzanti per le attività di trasporto, è come voler somministrare a tutti i costi una cura che fa morire l’ammalato. Le imprese di questi settori sono impegnate nella riduzione delle emissioni inquinanti e proseguiranno su questa strada, ma pensare di accelerare i tempi non tenendo conto di quanto avviene nelle altre economie mi ricorda il detto di quel marito che per far dispetto alla moglie…

In verità, le accelerazioni immotivate suscitano qualche dubbio. Il sospetto che si voglia privilegiare altre economie comincia ad emergere. Se l’Italia non rafforzerà la propria accessibilità, se al livello comunitario non saranno attuate quelle azioni strategiche volte a migliorare la nostra competitività, il rischio che si corre è quello di mettere in condizioni di povertà la nostra gente, di far fallire le nostre imprese o di indurle a delocalizzare.

Questi temi devono essere gestiti con grande accortezza e con il coinvolgimento dei corpi intermedi, gli unici in grado di indirizzare verso un’azione comune che abbia come obiettivo la pariteticità nelle condizioni, scevra dalla frenesia di seguire mode demagogiche imposte dall’esterno. Le ricadute negative di simili scelte, infatti, non peseranno solo sulle imprese, ma anche sui lavoratori e sulle loro famiglie.

Paolo Uggè

 

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