Ruote d'Italia: "Uber deve assumere i noleggiatori, in Italia si chiede la cogestione ad Amazon"

Ruote d'Italia: "Uber deve assumere i noleggiatori, in Italia si chiede la cogestione ad Amazon"

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24 marzo 2021

Quando non si vogliono affrontare le problematiche si consente ad una parte terza di definire le regole. Stiamo parlando di quanto successo ad Uber che in Inghilterra è costretta, da una sentenza della Suprema Corte, a stabilire un rapporto di “dipendenza” con i noleggiatori, per lo più lavoratori autonomi, definendo il salario minimo e forme di pensione.

Nel nostro Paese l’annosa querelle tra i noleggiatori Uber e taxisti si è trascinata nel tempo senza che i governi siano stati in grado di affrontarla, delineando una soluzione.

Appena Uber avviò l’attività anche in Italia la proposta che allora Confcommercio ipotizzò alla società, che di fatto gestisce una piattaforma, aveva come punti fermi la garanzia della professionalità dei conducenti ed il corrispettivo per il servizio che doveva essere lasciato alla libertà di contrattazione tra il noleggiatore ed il cliente. Uber avrebbe dovuto limitarsi a richiedere il pagamento per l’utilizzo della piattaforma.

Il colosso americano che invece puntava a divenire, in prospettiva, il dominus del mercato rifiutò la proposta ed iniziò a stabilire i rapporti direttamente con i noleggiatori. Questo aprì una fase vertenziale turbolenta e che sostanzialmente lasciò inalterate le normative. L’incapacità dei governanti produsse un “non risultato” e la vicenda di fatto restò immutata. Anche in questo caso Conftrasporto/Confcommercio aveva ipotizzato una soluzione relativa alla questione dello stabilimento, ma nessun ministro ebbe il coraggio di mettersi in gioco.

Ora in Inghilterra la Corte Suprema ha riconosciuto lo status di dipendente di Uber ai noleggiatori. Questo potrà estendersi in altri paesi, Italia compresa dove è possibile riparta la vertenza tra noleggiatori, taxisti e Uber. Il rischio per Uber sarà di trovarsi nella medesima condizione nella quale si è trovato il Regno Unito.

Questa settimana i sindacati dei lavoratori hanno decretato lo sciopero nei confronti Amazon. I dati diffusi sulla adesione sono poco credibili ed ovviamente in contrasto tra di loro. La situazione è destinata ad evolversi. L’azienda sostiene di riconoscere il Contratto di lavoro del settore. Tesi che viene contestata dalle organizzazioni dei lavoratori. Così come sulla rottura del confronto che, a detta di Amazon, non sarebbe avvenuta per propria scelta bensì per una decisione dei rappresentanti dei lavoratori.

Qualcuno inizia tuttavia a domandarsi se non via sia una preclusione preventiva da parte dei rappresentanti dei lavoratori nei confronti di una impresa estera. Certo si dovrebbero fornire elementi di valutazione alla pubblica opinione sia sulla questione fiscale che sui trattamenti riservati ai propri collaboratori, al solo fine di fare chiarezza evitando ai mestatori di trovarsi un ruolo. Ciò che si deve evitare è montare un caso, che trova dei parallelismi con quello di Uber. Il rischio è di perdere tutti.

Non ci permettiamo di intrometterci in una vertenza che vede una impresa che ha creato occupazione in diverse zone del Paese ma che ha anche generato preoccupazioni a tanti piccoli operatori del commercio e che ha in corso una vertenza sindacale. Riteniamo ci si debba parlare nel rispetto dei singoli ruoli.

Noi siamo convinti che si debba evitare il principio della palla di neve che se lasciata scendere a valle rischia di trasformarsi in valanga. Ognuno dovrebbe però domandarsi se l’incremento dei livelli occupazionali, da realizzarsi nel rispetto dei contratti, il rispetto delle norme fiscali in linea con le normative in essere nel nostro Paese, non siano da approfondire, nell’interesse di tutte le parti, che debbono evitare evoluzioni che se non gestite, rischiano di produrre più danni che positività. Uber è un esempio. Si eviti di creare steccati dannosi per tutti e soprattutto si tenga il più possibile fuori la politica di certi politicanti in cerca solo di visibilità e consenso ma incapaci di trovare soluzioni utili ai lavoratori ed alle imprese. Di esempi che sono conseguenti a certi loro interventi li conosciamo bene. Non credo di dover ricordare i casi di Whirpool o Arcelor Mittal nei quali la politica ha avuto successi eclatanti per tanti lavoratori. Il diritto al lavoro ed il rispetto delle regole è troppo serio per affidarlo ad affabulatori in cerca di consensi. Sono le rappresentanze delle imprese e dei lavoratori che devono saper trovare soluzioni ai reali problemi, proprio come avvenuto in Friuli dove la Fai, i rappresentanti dei lavoratori ed Amazon hanno trovato una intesa soddisfacente per tutti. Il Paese oggi ha bisogno di questo buon senso.

Paolo Uggè

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