Ruote d’Italia: “senza autotrasporto le attività rischiano di fermarsi”

 Ruote d’Italia: “senza autotrasporto le attività rischiano di fermarsi”

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29 settembre 2021

Tempo fa una nota casa costruttrice, la Scania, presentò un filmato che dimostrava cosa sarebbe successo ad un’economia se si fosse trovata senza l’attività di autotrasporto. Per la verità, una simulazione identica era già stata pubblicata su un quotidiano dalla Fai/Conftrasporto. In entrambe le simulazioni si dimostrava cosa sarebbe successo giorno dopo giorno se, a seguito di azioni di protesta da parte degli operatori del settore, l’autotrasporto avesse sospeso i rifornimenti. Del resto, la funzione imprescindibile dell’autotrasporto è emersa in modo lampante proprio nel periodo della pandemia. Senza il sacrificio (è proprio il caso di definirlo in tal modo) dei conducenti dei mezzi pesanti, acclamati addirittura come degli “eroi”, nei mesi più duri dell’emergenza Covid le attività essenziali si sarebbero fermate e con esse l’intero Paese. Passato il momento critico quegli “eroi” sono però tornati ad essere classificati dai “signorini con la puzza sotto il naso” come i soliti killers della strada e gli immondi inquinatori dell’ambiente. Quando si dice la coerenza e la riconoscenza…

In questi giorni l’Inghilterra fornisce la prova di quanto potrebbe effettivamente succedere se i “camionisti” sparissero. Lo hanno anche riportato i nostri giornali: la mancanza di ventimila conducenti di mezzi pesanti ha lasciato un Paese intero senza benzina. Il grido d’allarme sarà pure destinato a scomparire dopo l’effetto annuncio, non altrettanto si può dire però del problema da cui è scaturito, il quale è talmente urgente e concreto che non potrà essere ignorato a lungo.

Da tempo Conftrasporto denuncia come anche in Italia manchino 17 mila conducenti che, stando alle stime, nel giro di pochi anni potrebbero diventare ben 40 mila. Il rischio è provato e reale (Inghilterra docet) e, senza interventi adeguati, l’ipotesi che gli scenari d’oltremanica si replichino anche in Italia e nel resto d’Europa, non è remota.

Preoccupa che, invece di porsi il problema di come affrontare concretamente l’argomento, i nostri “tuttologhi o pseudo esperti” vaneggino di autotreni a guida autonoma o pensino di shift totale delle merci dalla gomma al ferro. L’interscambio tra le diverse modalità di trasporto è da tempo perseguito e ricercato sia dalle associazioni e dagli imprenditori del settore. Purtroppo, senza la concreta comprensione di come si gestisca l’intermodalità (che coinvolge in egual misura ferrovia, mare e gomma) si rischia di parlare a vanvera e di concludere poco. Il che ci porta a dire che rischiamo grossi guai.

Conftrasporto ha più volte lanciato l’allarme sulle difficoltà riscontrate nel reclutamento di nuovi conducenti, inoltrando anche alle forze politiche una proposta condensata in un disegno di legge delega per dare al Governo la possibilità, attraverso rapidi decreti legislativi, di arginare l’emergenza con delle iniziative mirate. Occorre riconoscere che il Viceministro Rixi si impegnò a stanziare somme per sollevare dai costi coloro che erano intenzionati ad avvicinarsi alla professione di autista, ma la risposta del mondo giovanile fu assai deludente (segno di come manchi, almeno in questo settore, non il lavoro, bensì la voglia di lavorare).

La speranza è che le impostazioni filosofiche non abbiano a prevalere sul buon senso. Senza conoscere l’essenza delle problematiche si rischia di far trovare il Paese nelle medesime condizioni dell’Inghilterra. Le proposte che Fai/Conftrasporto ha presentato dovrebbero almeno servire a generare approfondimenti per trovare soluzioni utili all’occupazione ed al Paese.

Paolo Uggè

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