Ruote d'Italia: "Sui temi collegati alle infrastrutture stiamo respirando aria nuova".

Ruote d'Italia: "Sui temi collegati alle infrastrutture stiamo respirando aria nuova".

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30 novembre 2022

Nei mesi passati, le associazioni dell’autotrasporto, intervenendo sul tema delle limitazioni imposte dagli austriaci al Brennero, hanno richiesto il rispetto del principio di libera circolazione delle merci, che è elemento fondante dell’accordo costitutivo dell’Unione europea. Purtroppo, constatiamo con rammarico che non si sono registrati cambiamenti e, come se non bastasse, lo scenario continua ad aggravarsi visto che la Francia, per ragioni di sicurezza, dovrà effettuare lavori che per i prossimi anni produrranno chiusure programmate anche al traforo del Monte Bianco. Questa cronica congestione ai valichi alpini mette a serio repentaglio la nostra economia, arrecando grave pregiudizio alla competitività della produzione nazionale. Una situazione pesante, non c’è che dire.

In queste settimane ha preso corpo l’iniziativa che unitamente alla Camera di Commercio e Uniontrasporti ha portato ad intraprendere un’azione legale nei confronti della Commissione europea e della presidente in carica per l’omissione di provvedimenti adeguati volti a porre fine ad una situazione, a giudizio dei ricorrenti, del tutto illegale. Vedremo cosa succederà e quali saranno gli sviluppi. Rispetto al passato, registriamo un diverso interesse da parte del Ministro Salvini. A Lui il nostro appoggio per un’azione che ha come principale beneficiario certamente le imprese di trasporto ma soprattutto la competitività della nostra produzione.

Sui temi collegati alle infrastrutture stiamo respirando aria nuova. Non c’è alcun dubbio. Dal Ponte sullo Stretto, al codice degli appalti, dalle iniziative per rilanciare le attività del mare ai sostegni economici per sostenere le imprese che stanno subendo le conseguenze dell’incremento dei costi energetici, il tutto senza dimenticare i temi della gronda di Genova, del terzo valico e la Tav.

Non li cito tutti ovviamente anche perché ritengo che quanto sopra accennato sia sufficiente per dimostrare in quale deficit infrastrutturale il Paese sia stato lasciato. Un aberrante teoria esasperatamente ambientalista, fondata sulla cultura dell’inerzia e del non fare, ha messo il Paese in queste condizioni alle quali occorre rimediare con urgenza.

Proviamo a pensare cosa sarebbe successo in questi giorni ad una città come Venezia, patrimonio dell’umanità, se il M.O.S.E non fosse stato realizzato come alcuni avrebbero voluto. Occorrono forse ulteriori dimostrazioni di come sia invece necessario coniugare le emergenze reali di carattere ambientale con quelle di natura economica?

Ora vediamo il ministro impegnarsi per affrontare i problemi del settore. Unatras ha richiesto prontamente di poter riprendere il confronto ma fino ad oggi questo non è avvenuto. Comprendiamo che i numerosi quanto importanti impegni debbono averlo impedito, ma non ritengo che le questioni lasciate irrisolte debbano a lungo ostacolare la ripresa di un rapido confronto.

Unatras ha sempre dimostrato senso di responsabilità ma questo deve trovare riscontro a livello di ministero. Molti interventi sono stati realizzati ed hanno dato risposte alle esigenze delle imprese del settore grazie al rapporto collaborativo tra la vice ministro Bellanova e la categoria. Certamente i convegni sono importanti ed è più che adeguata la presenza del titolare del dicastero, ma altrettanto importante è trovare il tempo di riprendere quel confronto che consentì, pochi mesi fa, di ricondurre nell’alveo di una dialettica democratica la vertenza innescata dall’aumento dei costi, arginando il tentativo di alcune rappresentanze autogestite di esacerbare i toni e strumentalizzare il malcontento della categoria. Voglio essere più esplicito: senza l’azione di mediazione e di contenimento svolta da Unatras, il Paese sarebbe stato scosso da forti proteste. Il protocollo di intesa sottoscritto ha evitato tale evoluzione. La categoria si domanda se il ministro attuale intenda riconoscerlo come quando era un leader dell’opposizione oppure no. Se sì, bisognerà incontrare chi rappresenta la categoria. Ipotesi di cambiamento nella rappresentanza possono realizzarsi ma non per imposizione dall’alto, bensì per riconoscimento da parte della categoria, che in modo spontaneo e convinto - e soprattutto senza alcuna pressione – affida la tutela dei propri diritti e interessi alle federazioni più serie, affidabili e credibili. Federazioni che svolgano la propria attività in modo democratico e trasparente, che siano presenti capillarmente sul territorio, che abbiano un numero significativo di iscritti e che, soprattutto, non ricorrano a forme di coartazione per allargare la propria base associativa (come invece, da segnalazioni ricevute, sembra che faccia qualche presunto rappresentante, operando nella veste di imprenditore). Noi siamo sempre stati abituati a rappresentare le situazioni con chiarezza e non intendiamo venir meno anche in questa occasione.

Paolo Uggè

     

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