Ruote d’Italia : “i morti sul lavoro sono da ricordare tutti, ma si fa politica anche su quello”

Ruote d’Italia : “i morti sul lavoro sono da ricordare tutti, ma si fa politica anche su quello”

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4 maggio 2022

Come ogni anno, il 1° maggio si è doverosamente festeggiato il mondo del lavoro. Quale occasione più adeguata per cercare di approfondire e comprendere i problemi e le esigenze dei prestatori d’opera. Ministri, sindacalisti, il Santo Padre ed anche il nostro Presidente della Repubblica hanno voluto ricordare con parole e richiami adeguati l’importanza delle attività umane che, ciascuna con le proprie differenze e specificità, consentono al Paese di essere protagonista nell’economia.

Purtroppo, mentre fioccano le dichiarazioni tese a ribadire l’importanza del lavoro e si compiangono coloro che hanno perso la vita nello svolgimento delle proprie mansioni, non manca chi vergognosamente osa strumentalizzare i decessi o gli infortuni. Deve essere un malvezzo nazionale, perché qualcosa di analogo è accaduto agli operatori del trasporto ai tempi della pandemia. Anche allora le più alte cariche dello Stato e della politica riconobbero lo sforzo titanico che i camionisti hanno sostenuto per consentire al Paese di non paralizzarsi, rifornendo gli ospedali di medicinali e i negozi di generi di prima necessità. L’importanza capitale del loro lavoro emerse allora con tanta forza che essi vennero addirittura definiti EROI. Per un attimo confesso di aver pensato che, finalmente, il Paese si fosse accorto di noi. I riconoscimenti spinsero ancor di più i conducenti dei mezzi pesanti ad impegnarsi con maggior dedizione per rispondere al meglio alle esigenze della nostra gente. Per la verità, qualche odioso ed insensibile personaggio anche in quel frangente non mancò di distinguersi. Impossibile dimenticare come vennero varate norme che impedivano agli autisti di espletare i propri bisogni primari e che negavano loro la possibilità di poter sorbire un caffè o mangiare un semplice panino. Il lavoro delle federazioni di categoria fu assorbito dalla ricerca di risposte per queste esigenze, da un lato, mentre si studiavano e cercavano con il Governo in carica le migliori soluzioni per ristorare i maggiori costi che gli operatori del settore sopportavano.

Poi: più niente! Gli autotrasportatori caddero nel dimenticatoio e nel dibattito pubblico è diventato dominante il tema della transizione green. Oggi imperversano i professori che, nel tentativo di dare una risposta purchessia alla problematica ambientale, prospettano soluzioni tecnologiche destinate a vedere la luce tra anni, mentre si guardano bene dallo spiegare come potremo superare al meglio i momenti difficili generati dalla crisi pandemica, di cui tutti i giorni soffriamo gli effetti. Questo non significa che l’impegno per un ambiente migliore non debba essere rafforzato, ma oggi credo di dover riaffermare che le priorità sembrano essere altre.

Nel frattempo, riprende piede anche la vecchia e deprecabile abitudine di anteporre la ricerca spasmodica del massimo profitto al rispetto dell’uomo. Dell’eroe di un tempo oggi non se ne occupa più nessuno. Anzi, come è sempre avvenuto, si è tornato a operare odiosi distinguo sulle morti bianche e a classificare i conducenti dei mezzi pesanti deceduti alla guida come vittime della strada, piuttosto che come vittime del lavoro.

Bastano alcune semplici considerazioni per mettere bene a fuoco le conseguenze di questo atteggiamento. Se si vogliono ridurre le morti sulle strade vi è una sola cosa da fare: rispettare le regole. Non mi riferisco solo a quelle stradali, la cui osservanza è una precondizione ovvia per la sicurezza, ma anche a tutto il complesso di norme che disciplinano lo svolgimento dell’attività di trasporto, la cui mancata applicazione può ridurre di molto le tariffe corrisposte dai committenti. Molti di loro nei convegni si fregiano del titolo di “imprenditori responsabili” dissertano di sicurezza, di ambiente, di automezzi sicuri, della mancanza di autisti, del costo del lavoro salvo poi operare per ridurre i salari. Loro sono senz’altro dei furbi camaleonti, ma non ci dimentichiamo che la loro negligenza è agevolata dall’assenza di controlli da parte di chi dovrebbe operare per garantire la sicurezza.

I dati che sono stati forniti evidenziano che nei trasporti e nella logistica nel primo trimestre 2022 si è verificata un’impennata vertiginosa nel tasso di incidentalità, rispetto all’anno precedente. Secondo l’Istituto preposto, sono stati segnalati 70 mila episodi in più rispetto al 2021 e gli infortuni, con esito mortale, sono aumentati mediamente del 50%. Voglio rilanciare una denuncia pubblica (anche se so che anche questa volta resterà senza risposta): quanti controlli sulla filiera della logistica e dei trasporti sono stati compiuti a fronte di questo numero di morti sul lavoro (189) impressionante? Eppure, una legge dello Stato dispone che di fronte a decessi o feriti gravi (quindi ai 189 occorre aggiungerne qualche migliaio) si deve disporre il controllo su tutta la filiera del rispetto delle regole della sicurezza sociale. Scommetto che non riceverò alcuna risposta. Ma l’Autority dei trasporti, anziché occuparsi solo di incassare quote, non potrebbe operare perché queste normative trovino applicazione?

Dalla disamina di questi fatti non possiamo che essere spinti a nutrire dei fondati dubbi rispetto all’impegno effettivamente profuso dalle autorità per tutelare la sicurezza sul lavoro. Per quanto tempo ancora accetteremo, ogni primo maggio, di fare la conta amara dei morti sul lavoro, ivi compresi quelli derivanti dalle attività di trasporto? Se vogliamo veramente dare una risposta che eviti lutti sulle strade, “damose da fa’”, come disse un Pontefice. Temo che anche in altri casi di incidenti sul lavoro, alla base vi sia il tema del mancato rispetto delle regole e della ricerca dell’utile.

Signori del Governo, se non ci impegniamo in questa battaglia di tutela e civiltà, continuerà a vincere la scelta del profitto per pochi, a fronte del rischio per molti. Intanto altri uomini muoiono e tante famiglie precipitano nella disperazione…. Qualcuno presente nei vertici istituzionali, qualche mese fa, sosteneva che si “dovesse accendere la luce sui troppi episodi luttuosi che si determinano nel mondo della logistica e dei trasporti”. Conftrasporto rispose allora e risponde anche adesso: noi ci siamo! E voi?   

 

Paolo Uggè      

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