Ruote d’Italia: “Il trasporto vive uno stato di crisi ma si evita di riconoscerlo”

Ruote d’Italia: “Il trasporto vive uno stato di crisi ma si evita di riconoscerlo”

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5 maggio 2021

Il rapporto dell’ufficio studi di Confcommercio ha registrato per il terziario di mercato una riduzione di 139 miliardi, nel 2020. Il calo dei consumi interni (129 miliardi) è generato per l’83% solo da quattro settori. Abbigliamento, Cultura e spettacolo, trasporti, alberghi e ristorazione. I trasporti hanno registrato un calo del 17,1%.

I trasporti, sospinti dalla caduta del prodotto per occupato, evidenziano un-7,3% che caratterizza i trasporti terrestri. Sono scomparse nei trasporti e logistica negli anni 2019 e 2020 quasi 12mila imprese. Volendo in modo più analitico scindere le evoluzioni si constata che la quota delle società di capitali è passata dal 19% del 2012 al 29% del 2020 e nei soli trasporti terrestri dal 12,6% al 20,5%. Dinamiche opposte conseguentemente nelle ditte individuali passate nel trasporto terrestre invece dal 71% nel 2012 al 63,7%.

Numeri che inducono ad almeno due riflessioni. Le politiche realizzate in anni pre-pandemia hanno ridotto il numero delle imprese monoveicolari. Il che sconfessa pienamente le teorie di chi accusava le federazioni della rappresentanza di puntare solo ad ottenere degli interventi a pioggia; Le imprese con un solo veicolo sono state ridotte e si è invece incrementata la crescita dimensionale determinando le condizioni per le quali dalla semplice attività di vezione si è passati ai servizi più complessi di logistica. Dunque la strada era adeguata.

La seconda osservazione ci porta ad affrontare le misure introdotte nel Pnrr che invece registra il mancato coinvolgimento dei diretti interessati e rischia di procurarsi danni paragonabili ai famosi autogol di un noto difensore della nazionale italiana di calcio.

Il Recovery per la logistica, intermodalità e infrastrutture destina 25,2 miliardi dei quali 24,9 indirizzati al potenziamento del trasporto ferroviario. Giusta la scelta ma se il tutto non viene vissuto come sistema, il rischio è che il sistema logistico non abbia alcuna utilità.  Possibile non si riesca a far passare il principio che gli interventi più urgenti debbono riguardare la ripresa delle attività e non piani, che non rispondono all’emergenza reale di cui si sente oggi il bisogno. è la funzione logistica la chiave della competitività. Deve assolutamente svilupparsi secondo modelli di sostenibilità e nell’ assoluto rispetto della politica “green”. Ma deve iniziare a far ripartire le imprese.

Per la logistica e l’intermodalità sono stanziati 320 milioni ma che 250 milioni vengano destinati ad una piattaforma nazionale, oggi gestita da Uirnet, società che fa capo agli interporti, senza che i diretti operatori siano stati coinvolte con il rischio è di protrarre i fallimenti del passato. Puntare sulla digitalizzazione, senza il coinvolgimento degli operatori sarà utile a raggiungere gli obiettivi?

Siamo sicuri che lo strumento sarà funzionale? Se il piano vuol far crescere il settore forse il confronto con le parti sociali che gestiscono i principali nodi e le interconnessioni sarebbe necessario. Penso ai porti ed alle modalità che devono interfacciarsi per migliorare l’accessibilità. Navi, treno e gomma. Abbiamo fior di imprenditori cresciuti nelle attività quotidiane in grado di mettere a disposizione esperienze concrete.

Quale sia il progetto reale non si comprende molto bene. Forse destinare le risorse ai soggetti protagonisti della logistica nazionale privata avrebbe avuto più senso. Non è sufficiente assumere la denominazione di un organismo di consultazione fatto negli anni 2003, denominato “Consulta del trasporto e della logistica” per trovare la soluzione a problematiche complesse. Questo rischia di non essere sufficiente a dare le risposte che le imprese ed il Paese necessitano. Se non si producono contenuti il rischio è solo enunciazioni di principi non sempre idonei a risolvere i problemi. Quella Consulta coinvolse le parti presenti e attive nei sistemi produttivi e nella logistica e diede vita ad un “Patto della logistica che consentì di realizzare un Piano nazionale del trasporto e della logistica. Il Cipe lo approvò nel 2006 e chi lo gestiva era il vice ministro Baldassarri, economista riconosciuto.

Purtroppo venne lasciato nel cassetto dai governi successivi. Per non correre rischi il presidente Monti, forse per non venir chiamato a proseguire una iniziativa non condivisa eliminò l’organismo. Il risultato fu che dal 2006 non si approvò alcun Piano della logistica per il Paese. Non è mia intenzione difendere quel Patto ed il conseguente Piano ma il principio sul quale si fondava. La politica dei trasporti non appartiene alla destra o alla sinistra ma al Paese. Per questo venne elaborato coinvolgendo le parti sociali. Oggi ci sembra di poter osservare che non sia così, anche se nutriamo fiducia e siamo pronti a collaborare nella convinta consapevolezza che in gioco vi è il futuro delle generazioni future.

Paolo Uggè

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