Ruote d’Italia: “trasporti intermodali e sostenibili per competere: i dati reali indicano la via, bando ai luoghi comuni”

Ruote d’Italia: “trasporti intermodali e sostenibili per competere: i dati reali indicano la via, bando ai luoghi comuni”

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7 luglio 2021

Nel 5° Forum di Assofer-Conftrasporto, tenutosi a Pietrarsa lunedì scorso alla presenza del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini, il tema dello sviluppo sostenibile è stato al centro degli interventi. È necessario che le tre modalità preminenti del trasporto si connettano per poter migliorare la competitività dell’economia nazionale, sulla base di una sostenibilità ormai irrinunciabile.

 

Concetti questi che sono condivisi da Conftrasporto, peraltro alla base dell’ultimo Piano generale dei trasporto e della logistica, approvato dal Cipe nel 2006 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

Il tema della sostenibilità ci porta naturalmente a parlare di rispetto ambientale. Qui occorre rifuggire dai soliti luoghi comuni e dai falsi stereotipi per affidarsi, invece, ai dati ufficiali. In soccorso ci viene lo studio elaborato in questi giorni da Ispra, che ha affrontato il nodo dei livelli delle polveri sottili individuando le voci “più pesanti” dell’inquinamento da particolato (PM 2,5).

La sorpresa, rispetto al comune pensare, è che all’inquinamento partecipano, in ordine crescente: il riscaldamento (38%); gli allevamenti intensivi degli animali (il 15,1%); l’industria (11,1%). Al quarto posto, con il 9%, ci sono i veicoli in genere.

Lo studio di Ispra affronta nel dettaglio i due elementi del particolato, sia quello primario, sia quello secondario. Il primario è emesso da sorgenti direttamente inquinanti, quindi produce valori diversi: il ‘peso’ del riscaldamento sul totale direttamente inquinante sale al 59%, quello delle auto al 18%, al 15 % si attesta l’industria, mentre l’allevamento degli animali scende al 1,7%. Sono dati da tenere ben presenti quando si compiono delle valutazione sui poteri di inquinamento dei singoli settori.

Dallo studio però emerge come i dati del primario siano solo relativamente indicativi, in quanto le polveri si formano nell’atmosfera a causa dei processi chimico-fisici. Ecco perché è il valore del particolato secondario, non di quello primario, da assumere a riferimento. Le percentuali sopra evidenziate lo dimostrano. In questa giusta ottica si deve, dunque, prendere a riferimento la “classifica” soprariportata.

Per quanto ci riguarda, gli autoveicoli partecipano all’inquinamento per il 9%, ma se si considera solo il trasporto merci su gomma, la percentuale scende al 7,1%. Una quota, quest’ultima, che non è circoscritta al trasporto professionale, ma riguarda tutto il trasporto merci, anche quello in conto proprio, che non è affatto, numericamente parlando, inferiore a quello professionale. Al trasporto in conto proprio (quello che compie brevi percorsi), secondo i dati forniti dai costruttori di veicoli, appartiene il parco circolante più obsoleto, quindi maggiormente inquinante.

Il Rapporto Ispra è molto interessante e - lo sottolineo - non è commissionato dal mondo dei trasporti, ma è il frutto di un’analisi che dovrebbe essere considerata più che credibile da coloro che debbono assumere decisioni sui programmi mirati al raggiungimento della sostenibilità. D’altra parte la serietà dell’Istituto che l’ha redatto è molto nota al ministro Giovannini.

I risultati di questo Rapporto appaiono in linea con l’analisi effettuata dall’Ufficio Studi di Confcommercio sull’inquinamento, il che dovrebbe indurre a riflessione coloro che fanno considerazioni o forniscono informazioni basate più sul senso comune che sulla realtà. Impostare il new deal della sostenibilità su dati che non siano oggettivi può portare a conclusioni, e misure, distorte.

Conftrasporto, e la politica dei trasporti che sostiene lo dimostra, è ovviamente favorevole ai cambiamenti, è per il rinnovamento delle flotte, ma non può accettare semplificazioni emotive che penalizzino ‘a prescindere’ il trasporto gommato.

Il futuro è nell’intermodalità, ma bisogna rifuggire dai luoghi comuni per poter essere davvero sostenibili e competitivi.

Paolo Uggè

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