SANGALLI: "IL 2009 SIA IL PRIMO ANNO ITALIANO DELLE PMI"

SANGALLI: "IL 2009 SIA IL PRIMO ANNO ITALIANO DELLE PMI"

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29 gennaio 2009
Sangalli: “il 2009 sia il primo anno italiano delle pmi”

Sangalli: “il 2009 sia il primo anno italiano delle pmi”

 

Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’intervento del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli,in occasione della tappa di Ancona del Roadshow Pmi.

 

Cari Amici,

 

non voglio indugiare per entrare, invece, subito nel merito delle tante e delicate questioni perché iniziamo un 2009 che sarà sicuramente difficile, e la ripresa dell’economia – quando verrà e certamente non prima del 2010 – sarà tutt’altro che esuberante.

Come confrontarci, allora, con questo scenario?

Con il pessimismo non si va certo lontano. Ma, d’altra parte, occorre evitare il rischio di pericolose sottovalutazioni dell’entità della crisi e, conseguentemente, della profondità delle risposte necessarie.

Esiste, però, una “terza via” interpretativa delle difficoltà che ci sono e che verranno, e capace di stimolare scelte adeguate e coerenti.

E’ la via del realismo. Quella suggerita dal Presidente della Repubblica, nel suo messaggio di fine anno, con queste parole: “Dobbiamo guardare in faccia ai pericoli cui è esposta la società italiana, senza sottovalutarne la gravità: ma senza lasciarcene impaurire. L’unica cosa di cui aver paura è la paura stessa”.

E il Manifesto delle Pmi che oggi presentiamo vuole proprio essere il contributo responsabile di un’Italia – l’Italia delle imprese - che non ha paura, ma è consapevole delle difficoltà, nuove e pregresse, che occorre affrontare e superare per crescere di più e meglio, per costruire sviluppo e coesione sociale.

Perché, vedete, chi pratica questo realismo non ha difficoltà nel riconoscere che l’economia e la società italiana presentano, rispetto alla crisi sistemica dell’economia finanziaria ed al suo impatto sull’economia reale, qualche buon punto di tenuta: un sistema bancario un po’ più tradizionale e prudente e che, per così dire, non si è lasciato prendere la mano nel sostenere il modello della crescita a debito; famiglie un po’ più patrimonializzate e meno indebitate rispetto alle medie europee e, soprattutto, statunitensi; un sistema di piccole e medie imprese e di territori strutturalmente più flessibili e reattivi rispetto a molti Paesi competitori.

Ma il realismo ci ricorda anche il persistente fardello, anzi il macigno, del debito pubblico: abbiamo il terzo debito pubblico del mondo, senza che quella italiana sia la terza economia del mondo. E, insieme, il realismo segnala la debolezza di lungo periodo della crescita della nostra economia, dei redditi e dei consumi delle famiglie, effetto di tutti i nodi irrisolti dell’agenda della competitività difficile e della produttività stagnante o declinante.

Realismo, dunque. Quello che, giustamente, ci ha portato a non prevedere “crolli” nell’andamento delle vendite natalizie e dei saldi, ma piuttosto la conferma – anche nel periodo a cavallo tra il vecchio ed il nuovo anno – di una debolezza dei redditi e dei consumi che viene da lontano e che purtroppo, in assenza di interventi, appare destinata a protrarsi a lungo.

Riduzione della spesa delle famiglie dello 0,7%, per il 2009. Ma soprattutto il grande rischio di ritrovarci, nel 2010, con un livello di spesa pro-capite inferiore a quello del 2005. E già a settembre del 2008, il saldo della nati/mortalità delle imprese commerciali risulta negativo per ben 30 mila unità.

Cosa voglio dire, in definitiva?

Che la “nave-Italia” ha retto, forse meglio di altri che navigavano in acque più agitate, l’urto della “tempesta perfetta” dei mercati finanziari.

Ma non illudiamoci. I contraccolpi ci sono, e diverranno anche più forti, con pesanti ricadute sull’occupazione, sui redditi, sui consumi e sugli investimenti.

Che tipo di risposta è stata, allora, fin qui data alla crisi e cos’altro si può e si deve fare?

Riduzione del costo del denaro e risposte espansive, fondate sulla mobilitazione della spesa pubblica e sulla riduzione del prelievo fiscale, negli Stati Uniti e, in misura più contenuta, in molti Paesi europei.

Da noi, si è operato con il pacchetto del decreto anti-crisi. Provvedimento certamente importante per le sue aperture riformatrici e per alcune misure, come il bonus straordinario per chi è più in difficoltà; il riordino degli ammortizzatori sociali, anche con la riproposizione degli indennizzi per le imprese commerciali in crisi e l’estensione degli assegni familiari ai lavoratori autonomi; la valorizzazione dei consorzi di garanzia fidi; l’accelerazione degli investimenti infrastrutturali per mobilitare risorse pari a circa 1 punto di Pil.

Così come – ed era una nostra richiesta - la revisione congiunturale speciale degli studi di settore. Un’occasione per rafforzare equità e selettività di questo strumento nonché per affermare il principio dell’inversione dell’onere della prova in caso di azione di accertamento. Con l’obiettivo di assicurare il diritto di ciascun contribuente alla tassazione sulla base del reddito effettivo ed attuale, e non già stimato e presunto.

Misure condivisibili, dunque, nel decreto che risulta però quantitativamente modesto, con una dotazione complessiva nell’ordine dei 5 miliardi di euro.

Intendiamoci, nessuno nega che l’Italia abbia margini di manovra stretti e che, data l’entità del suo debito pubblico, non possa largheggiare in politiche di bilancio espansive; né che ci tocchi essere rigorosi, anche più di altri, per evitare crisi di fiducia nei confronti dei nostri titoli di Stato.

Ma è certamente questo il momento in cui occorre mettere in campo la capacità politica di impiegare bene quel tanto di risorse pubbliche che sono necessarie, anche per realizzare un più robusto e qualificato sistema di ammortizzatori sociali.

Capacità politica: cioè metodo costituente nel rapporto tra Governo e Parlamento, tra maggioranza ed opposizione, tra politica e forze sociali, praticato non come occasione di reciproca interdizione, ma come opportunità di concorso alle scelte e di rafforzamento della coesione del Paese.

E capacità politica anche per portare avanti il cantiere delle riforme strutturali: federalismo fiscale come occasione – difficile e non scontata, ma possibile - di riforma della spesa pubblica e della spesa sociale, ma anche – lo ricordo - le liberalizzazioni ancora da venire, come quella dei servizi pubblici locali.

Sapendo che, in questo modo, si lavora per un’Italia più giusta e più competitiva, entro ed oltre il perimetro della crisi, e, al contempo, si legittimano, anche rispetto ai mercati internazionali, politiche di bilancio più espansive.

Ecco cosa significa – a mio avviso, a nostro avviso – il “facciamo della crisi un’occasione”, sottolineato, nel messaggio di fine anno, dal Presidente della Repubblica.

Un’occasione per un’Italia più giusta e competitiva.

Intanto, è maturato, tra le parti, l’accordo sul rinnovo dell’architettura dei modelli contrattuali e, con l’eccezione della Cgil, abbiamo tutti condiviso tanto l’adozione di un nuovo indice previsionale dell’inflazione, quanto un sistema di contrattazione a valenza triennale e la richiesta di misure di incentivazione della contrattazione di secondo livello come occasione per il perseguimento di maggiore produttività.

Una linea che cerca di costruire un’alleanza per la crescita, lo sviluppo e la coesione sociale tra famiglie, lavoratori ed imprese.

E che particolare attenzione deve riservare alle PMI ed alle politiche ad esse dedicate, cercando di fare davvero del 2009 – di questo difficilissimo 2009 – il “primo anno italiano delle PMI”.

Ed è proprio questo il tema del road-show che Confcommercio, con il supporto delle sue Associazioni, ha organizzato e che oggi, da Ancona, inizia il suo cammino per toccare le principali regioni italiane affrontando, in ciascuna tappa, uno specifico tema dedicato al mondo delle PMI.

Un’iniziativa certamente impegnativa ma molto importante perchè si propone, con il coinvolgimento della politica, delle forze sociali e delle istituzioni, di aprire nel Paese una grande discussione sul sistema delle piccole e medie imprese. Comparto che costituisce la struttura portante dell’economia reale, contribuendo per oltre il 70% alla formazione del valore aggiunto e per oltre l’80% all’occupazione.

Un settore, la cui valorizzazione, nel contesto economico generale, quale asset fondamentale del nostro tessuto produttivo ed imprenditoriale passa anche attraverso la necessità di una maggiore attenzione da parte delle politiche nazionali ed europee che dovranno ispirarsi a quei principi, quei valori di chi, oggi in Italia, mantiene fortissima la voglia di fare impresa e che ambisce ad una maggiore competitività dell’intero sistema-Paese: tutela della legalità e della sicurezza, garanzia di pluralismo imprenditoriale, maggiore apertura dei mercati, impegno per lo sviluppo territoriale.

Ma questa tappa del road-show affronta un tema specifico, quello del rapporto tra burocrazia e PMI che, come vedremo dai risultati dell’indagine, non può certo definirsi idilliaco, anzi.

Sono, cioè, ancora troppi e troppo pesanti i vincoli e gli adempimenti burocratici che gravano sull’attività d’impresa in Italia. E che – sono dati dell’indagine - per quasi il 40% delle imprese, incidono in maniera significativa sui loro ricavi.

Inoltre, altro dato significativo dell’indagine, circa un terzo delle imprese oggi, a causa delle difficoltà burocratiche, rinuncia a nuove assunzioni, il 27% rinuncia a progetti di innovazione e il 25,5% ad effettuare investimenti.

Comunque, il percorso per lo snellimento della burocrazia sembra tracciato: l’Europa ha fissato come obiettivo la riduzione del 25% degli oneri a carico dei cittadini e delle imprese entro il 2012 e questo traguardo è stato fatto proprio anche dall’Italia.

Lo si sta perseguendo attraverso una funzione pubblica più informatizzata, efficiente e produttiva, ma anche tagliando leggi obsolete.  

Molto, comunque, resta ancora da fare.

Soprattutto nei rapporti tra imprese e pubblica amministrazione.

Un ambito in cui oggi registriamo alcune significative iniziative, a cominciare dal rilancio dell’esperienza degli Sportelli Unici per l’Attività Produttiva, nati con le riforme Bassanini del nostro sistema amministrativo.

Sportelli Unici, perché risultato ora di una più forte collaborazione tra amministrazioni pubbliche, sistema camerale ed Associazioni delle imprese.

Accanto agli Sportelli Unici, un ruolo importante potrà essere svolto dalle Agenzie per le imprese, promosse anche dalle Associazioni. A queste Agenzie, infatti, potranno essere delegate funzioni amministrative non discrezionali, accelerando i tempi dei procedimenti e snellendo le attività della funzione pubblica.

Con una logica, insomma, di quella sussidiarietà orizzontale, che significa, soprattutto nell’era digitale,  cooperazione tra iniziativa organizzata dei privati e pubblica amministrazione.

E’ un modo, anche questo, per essere oggi vicini, più vicini, alle ragioni ed alle aspettative delle imprese.

In una fase certamente difficile, ma che può appunto essere anche un’occasione per preparare un domani migliore.

Grazie.

 

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