Sementi certificate di grano duro, produzione ancora giù

Sementi certificate di grano duro, produzione ancora giù

Assosementi lancia l'allarme: "nelle semine 2013-2014 è stato impiegato seme non certificato su oltre il 40% della superficie coltivata. Necessario attivare tutti gli interventi disponibili per salvaguardare la qualità".

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24 giugno 2014

Continua la flessione della produzione di sementi di grano duro in Italia. Secondo i dati diffusi dal CRA-SCS, responsabile della certificazione delle sementi in Italia, le superfici destinate alla moltiplicazione delle sementi di grano duro nel 2014 sono in calo rispetto alla campagna precedente di quasi il 7%. Analogo calo anche per l'orzo, mentre per il tenero si registra una sostanziale stabilità. "Il dato del grano duro deve destare forte preoccupazione- commenta Franco Brazzabeni, presidente della Sezione cereali di Assosementi - specie in coloro che ritengono che questa coltura, che è alla base della produzione della pasta, sia un simbolo forte dell'agroalimentare italiano".  "Rispetto al 2008, ultimo anno degli aiuti accoppiati PAC, le superfici destinate al seme si sono quasi dimezzate, segnando una contrazione del 45%. Di converso, l'impiego di semente non controllata, come la granella aziendale o il seme non certificato, si sta rapidamente avvicinando alla  soglia del 50%. Secondo le stime di Assosementi, nelle semine 2013-2014 per il grano duro è stato utilizzato  seme non certificato su oltre il 40% della superficie. Se vogliamo salvaguardare la qualità e l'identità del grano duro nazionale – ha continuato Brazzabeni –  occorre attivare tutte le misure di politica agraria che sono disponibili, a partire dagli aiuti della nuova PAC  2014-2020, dove è stato deciso un aiuto accoppiato al grano duro, mentre nulla è stato ancora previsto per  l'impiego del seme certificato".  "Chiediamo di nuovo che la semente certificata, per il grano duro, ma anche per le altre colture, diventi  l'elemento alla base di produzioni di qualità, tracciate e garantite no ogm", ha concluso Brazzabeni. 

 

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