SEMPRE PIU' TERZIARIO NELL'ECONOMIA ITALIANA

SEMPRE PIU' TERZIARIO NELL'ECONOMIA ITALIANA

Dal "Rapporto sulle economie territoriali" realizzato dall'Ufficio Studi Confcommercio emerge il costante aumento dela quota di valore aggiunto prodotta dai servizi: dal 66 per cento del 1995 si è infatti arrivati al 72 per cento nel 2006.

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1 aprile 2008
RAPPORTO SULLE ECONOMIE TERRITORIALI

Sempre più terziario nell’economia italiana

 

La quota di valore aggiunto prodotta dai servizi è in costante aumento, confermando così il processo di terziarizzazione della nostra economia: se nel 1995, infatti, era pari al 66%, nel 2006 si è toccata quota 72% con percentuale superiore al 60% in tutte le Regioni. E’ il dato probabilmente più significativo che emerge dal “Rapporto sulle economie territoriali� realizzato dall’Ufficio Studi Confcommercio che interpreta, in chiave regionale, i principali indicatori economici e analizza i mutamenti degli ultimi anni avvenuti nel settore distributivo.

Tra i molti dati contenuti nello studio, si scopre che sono oltre 6 milioni le imprese registrate nel 2007 (+7,5% rispetto al 2000), con il Sud che registra la maggiore variazione (+9,6%). Diminuiscono le imprese agricole, mentre aumentano le società di capitali e le imprese gestite da immigrati (225mila nel 2007, +8% rispetto al 2006). Più della metà del valore aggiunto viene prodotto nelle regioni del Nord (circa il 55%) ma, da sole, Lombardia e Lazio producono un terzo del valore aggiunto nazionale; di contro, si riduce nel decennio il contributo dell’industria (dal 30% al 26%) e dell’agricoltura. Quanto ai consumi, tra il 1996 ed il 2005 si è registrata un’evoluzione molto contenuta con un dato medio pari all’1,4%: è la Valle d’Aosta a registrare il livello più alto di consumi pro capite con 21.500 euro l’anno, seguita dal Trentino e dall’Emilia Romagna, ultima la Basilicata con circa 11mila euro. Continua, intanto, il processo di trasformazione del settore della distribuzione commerciale con un elevato turn over caratterizzato da quasi 330.000 chiusure tra il 2002 e il 2007 e uno stock di esercizi di commercio al dettaglio pari ad oltre 958mila unità nel 2007 (+81.550 rispetto al 2002). Aumentano i punti vendita del piccolo dettaglio soprattutto al Centro (nel Lazio +15%) e al Sud (+7%); l’unica variazione negativa (-8,5%) riguarda i negozi di frutta e verdura e macellerie; in aumento le tabaccherie (+15,4%) e il comparto abbigliamento-calzature-cosmetici (+10%). Ad aumentare sono anche le strutture distributive di maggiori dimensioni (supermercati, ipermercati, grandi magazzini, grandi superfici specializzate), prevalentemente concentrate al Nord, con differenti dinamiche territoriali tra cui spiccano in particolare la Lombardia e le regioni del Sud e del Centro. Nel Mezzogiorno, infine, si registra la maggiore diffusione del commercio ambulante e itinerante con il 46% degli oltre 162mila punti vendita.

 

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