Sergio Billè a Napoli - "A carte scoperte"

Sergio Billè a Napoli - "A carte scoperte"

Napoli, 14 ottobre 2003

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14 ottobre 2003
Intervento di Sergio Billè

 

 

So bene che, in questo paese, dire la verità e dirla fino in fondo, può anche talvolta costare caro, ma credo di avere, in questa occasione, chi mi guarda bene le spalle. Parlo, in primo luogo, di quei milioni di commercianti, di operatori del turismo e di imprenditori della piccola, media e grande distribuzione che hanno ormai le tasche piene di essere messi sulla graticola e poi bruciati ogni giorno a fuoco lento come se fossero loro e loro soltanto i veri, unici  responsabili del disastroso andamento della nostra economia con prezzi che salgono e portafogli delle famiglie che si svuotano ogni giorno di più.

Sono anni ed anni, almeno dal 1992, che pazientiamo e poi pazientiamo e poi ancora pazientiamo all’infinito in attesa, sempre educati, compunti e rispettosi delle Istituzioni, che, in questo paese, accada finalmente qualcosa di nuovo.

Sono passati più di undici anni e non è accaduto proprio nulla: non solo abbiamo sulle spalle lo stesso carico di tasse che avevamo prima, ma veniamo letteralmente massacrati, ogni giorno di più, da un sistema pubblico che drena soldi dalle tasche di famiglie ed imprese ma non riesce a produrre né sviluppo né infrastrutture né nuova produzione di ricchezza.

E, siccome undici anni di attesa ci paiono davvero troppi, ora abbiamo deciso di cambiare musica e spartito.

E cosa chiediamo? Chiediamo che il governo mantenga le promesse che ha fatto tre anni fa al paese e che sono rimaste, per quanto riguarda tasse, costi e oneri connessi, sostanzialmente disattese.

Chiediamo niente di più ma anche niente di meno di quel che ci era stato ufficialmente promesso ma che poi non ci è stato dato.

Per questo ci sentiamo gabbati, presi in giro. Anzi, come dicono a Napoli, prima fatti  cornuti e poi anche mazziati. E’ sinceramente troppo.

E l’assurdo - ed è la beffa dopo il danno-  è che ci sia anche qualcuno che ha anche  il coraggio oggi di scaricare su di noi le responsabilità di questo disastroso andamento dell’economia.

A questa operazione di palese depistaggio, a questi trucchi degni del mago Udinì, a questo gioco delle tre carte deve essere ben chiaro che non ci stiamo più.

Non siamo così gonzi. E’ dunque arrivato il momento che gli italiani sappiano chi davvero fa il furbo in questo paese, chi davvero trucca le carte, chi davvero li sta prendendo in giro.

Ma qualcuno può anche pensare che questa nostra levata di scudi abbia un colore ed un significato politico perché, in fondo, gratta gratta, rischia di portare acqua a chi manovra, dentro e fuori il Parlamento, contro questa coalizione di governo.

E anche questo sarebbe un grosso, madornale errore di valutazione perché buona parte dei nostri guai vengono proprio da quei governi di sinistra che, pur essendo stati al potere per molti anni, non hanno saputo o voluto, pur avendo a disposizione, nel paese, conti economici migliori di quelli di oggi, nè riformare il sistema fiscale né provvedere ad una più equa e produttiva distribuzione delle risorse a vantaggio delle famiglie e delle imprese.

Quindi, proprio perché non abbiamo la memoria corta, è bene che la sinistra non si faccia, da questo punto di vista, troppe ed inutili illusioni.

 

 

Non abbiamo casacche da indossare o da cambiare perché il nostro vero ed unico obiettivo è quello di convincere l’attuale governo a fare, nella parte che resta di questa legislatura che, per fortuna, non finisce domani, le cose che ha promesso e che sono tutte, nessuna escluse, nel contratto fatto con gli italiani alle ultime elezioni politiche.

Non ci sono, nel nostro comportamento, né spinte né motivazioni di carattere ideologico o politico. Anzi, arriviamo a pensare che  oggi un cambio di maggioranza politica ci farebbe cadere dalla padella nella brace.

Ma un avvertimento a questo governo e al suo attuale gestione lo diamo forte e chiaro: bisogna cambiare, bisogna fare le cose promesse, bisogna rilanciare, costi quel che costi, la nostra economia ormai sull’orlo del dissesto e della recessione.

E’ arrivato il momento di non nascondersi più dietro il dito del patto di stabilità impostoci dal Trattato di Maastricht perché questo è diventato ormai un alibi indifendibile. E’ arrivata l’ora di fare quel che da tempo hanno fatto i francesi che, pur vivendo la nostra stessa condizione di crisi, non hanno esitato un momento a ridurre- e in modo congruo- la pressione fiscale per famiglie ed imprese perché questo è l’unico modo per rilanciare i consumi e rimettere in sesto il nostro sistema economico.

Si muova Berlusconi e nessuno penserà a togliergli il voto. Ma, per carità, si muova perché chi vive in questo paese è stufo di stare in eterno dentro il freezer della crisi.

 

 

 

 

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