SERGIO BILLÉ AL CONVEGNO A.PRO.M.

SERGIO BILLÉ AL CONVEGNO A.PRO.M.

ROMA, 29 Febbraio 2000 (testo integrale)

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29 febbraio 2000
INTERVENTO DI SERGIO BILLÉ

Chi si occupa del rilancio del Mezzogiorno ha oggi il tavolo stracolmo di carte, di ipotesi, di progetti. Alcuni, con il tempo, si sono ricoperti di polvere, altri sono di fresco conio. I primi e i secondi continuano ad alimentare speranze che troppo spesso, alla resa dei conti, si trasformano in illusioni. Evitiamo di seppellire tutto questo sotto una coltre di pessimismo, cosa che si fa, invece, anche troppo spesso.

 

La verità è che lo sviluppo dell'area del nostro Mezzogiorno rientra nel pacchetto delle cose che l'Europa ha in progetto di fare. Sta in noi creare le condizioni perché questo progetto, in termini possibili cioè' relativamente brevi, possa diventare realtà.

 

Il problema è come. Il problema è quando. Il problema è con quali mezzi.

 

Asprom sostiene che lo sviluppo del Mezzogiorno italiano andrebbe inquadrato diversamente. Tenendo conto del fatto che il Mezzogiorno rappresenta un'area economica diversa da tutte le altre aree europee perchè polo centrale del mediterraneo, porta aperta, ponte lanciato verso i 13 paesi dell'area mediterranea che del trattato di Maastricht non fanno parte ma che, almeno sulla carta, rappresentano altrettante aree destinate allo sviluppo. Tema suggestivo, attraente ma che, per una sua fattibilità, ha bisogno di tempi assai lunghi e che presentano molte aree di rischio per tre motivi.

 

Il primo è che questi 13 paesi del Mediterraneo producono non più del 16% del Pil prodotto oggi dai paesi europei mediterranei.

 

 

 

Il secondo è che questi paesi, ad eccezione di Turchia e Israele, hanno oggi un valore aggiunto addirittura inferiore - è tutto dire - a quello del nostro Sud. Il terzo è che, per aggredire questo problema e dare ad esso una priorità, occorrerebbe una riconversione della politica che oggi i paesi aderenti all'Europa di Maastricht si sono dati, riconversione che appare, allo stato delle cose, difficile,  forse impossibile.

 

E allora, pur considerando l'ipotesi del polo mediterraneo un progetto da realizzare sia pure a lungo termine, sarebbe opportuno tenere i piedi per terra e sfruttare al massimo, fino in fondo e nella direzione giusta, i programmi che sono stati fino ad ora impostati per far uscire il nostro Mezzogiorno dal tunnel di una crisi che sembra non finire mai.

 

Voglio dire che altre fughe in avanti potrebbero essere oggi un errore strategico. Meglio fare quello che è stato già deciso di fare, meglio realizzare compiutamente le strategie che sono state già elaborate e che portano allo sfruttamento pieno, fino a raschiare il fondo, del budget elaborato dall'Ue per lo sviluppo del nostro Mezzogiorno.

 

Si tratta di una torta di 80 mila miliardi che dovremmo riuscire, dobbiamo riuscire ad utilizzare fino in fondo. Le esperienze del passato ci devono aprire gli occhi. Dovrebbero impedirci di rifare gli errori del passato, errori che, nel quadriennio '94-'99, ci hanno portato a spendere solo il 57% dei fondi strutturali che erano stati messi a nostra disposizione.

 

 

 

 

I motivi del nostro mezzo fiasco sono noti a tutti: inadeguata pianificazione dei nostri progetti di investimento, insufficiente grado di fattibilità degli stessi, tortuosità e carenze burocratiche e amministrative di ogni genere.

 

Ora il nostro compito limpido, chiaro, trasparente dovrebbe essere quello di mettere le mani su questa torta di 80 mila miliardi e sfruttarla al meglio, senza perderne nemmeno una briciola. Cercando anche di allestire meccanismi che consentano un'accelerazione di investimenti che riducano il più possibile i tempi di attuazione che, sulla carta, sono di sette anni.

 

Giochiamo questa partita e cerchiamo di vincerla. Misuriamoci su questo problema e cerchiamo di risolverlo.

 

Spremiamoci le meningi ed evitiamo altri sprechi. Con un altro problema che resta poi la grande incognita, la grande sfida: come spenderli? A quali settori dare la priorità? Come mettere a sistema investimenti che possano produrre realmente sviluppo, occupazione, dinamica di mercato? A mio parere, la priorità dovrebbe essere assegnata a quattro settori che, interagendo tra di loro, possono realizzare un modello che, una volta messe le radici, può permettere al Mezzogiorno di realizzare forme strutturali di crescita economica e sociale.

 

Turismo, logistica, infrastrutture, sistema delle piccole e medie imprese formano, a mio giudizio, i quattro lati del quadrilatero dello sviluppo meridionale.

 

 

Il Mezzogiorno ha, da questo punto di vista, una potenzialità enorme che lo stesso documento presentato da Asprom evidenzia in tutte le sue caratteristiche.

 

Ma le incognite restano due, una importante quanto l'altra.

 

La prima è legata all'incapacità fino ad ieri dimostrata da molte regioni meridionali di mettere a sistema queste quattro voci di sviluppo in modo da farle diventare parti della stessa macchina di sviluppo. Sappiamo bene quanto le scelte errate o troppo approssimative e credibili di certe regioni abbiano contribuito al mezzo fiasco realizzato dall'Italia nell'utilizzazione dei precedenti fondi. Scelte errate perchè prese sotto la spinta, la pressione di politiche clientelari che, in una moderna economia, non dovrebbero più aver ragione di essere, scelte approssimative, lacunose, insufficienti per l'incapacità anche tecnica oltre che culturale di certe regioni di mettere insieme programmi davvero credibili.

 

Dovrebbero essere chiaro anche che il quadrilatero a cui ho fatto riferimento potrà essere l'occasione di un vero decollo del Mezzogiorno solo a condizione che esso si basi, abbia le fondamenta su quella cultura della new economy che sicuramente sarà l'unica economia capace di attrarre investimenti e produrre reddito e occupazione.

 

Ma quanto la new economy è entrata nel DNA delle nostre regioni? Cosa si sta facendo perchè vi entri al più presto e nel modo più idoneo?

 

 

 

Parliamo di infrastrutture. Treni comodi e veloci. Dove sono oggi nel Sud? Aeroporti efficienti e in grado di assorbire il doppio se non il triplo, il quadruplo dei viaggiatori di oggi, dove sono? Trasporti urbani efficienti. Dove sono? Formazione che consenta ai giovani di entrare nella new economy e strutturarla per lo sviluppo. Cosa si sta facendo per accrescerla? Sviluppo delle piccole e medie imprese. Cosa si sta facendo per incentivare la loro crescita, la loro messa a rete, per far sì che la qualità dei loro prodotti o dei loro servizi divenga realmente competitiva?

 

Un altro errore da evitare - tanti se ne sono commessi in passato - è quello di non realizzare programmi che aderiscano alle particolari potenzialità offerte da ogni area. Il sistema clientelare ha costruito strade dove non ce ne era bisogno e, viceversa, ha lasciato ciottoli ed erba dove sarebbe stato indispensabile potenziare la rete viaria.

 

Dovremo quindi studiare le reali esigenze di ogni singola area e fare per ciascuna di essa piani su misura, idonei ad un particolare tipo di sviluppo.

 

Prendendo come esempio anche i casi virtuosi di questi ultimi anni. Un porto di Gioia Tauro che sembrava morto e sepolto ed è invece tornato a nuova vita, una città come Catania che è riuscita ad attrarre investimenti nel campo delle tecnologie. Chi l'avrebbe mai detto? Una Basilicata, cenerentola di tutte le statistiche economiche degli ultimi vent'anni, che è riuscita ad investire tutti i capitali provenienti dai fondi strutturali.

 

Al fondo ma anche nella cornice va messo il problema sicurezza, problema che nessun fondo strutturale potrà mai risolvere.

 

 

E qui il discorso si fa difficile, impervio, complicato. Non è solo il problema dei malavitosi che spaventano gli imprenditori e li fanno fuggire al Nord, non è solo il problema dei contrabbandieri che, pur di scaricare sigarette, ammazzano per strada i poveri pensionati. Il tema è più grosso, ancora più di sostanza. Quale lo sapete tutti. Si tratta della penetrazione, nel tessuto economico, finanziario e commerciale, delle grandi organizzazioni criminali,  penetrazione profonda, intrecciata, difficile da estirpare.

 

Ma sarebbe un assurdo consegnare a queste organizzazioni, alle loro società, ai loro capitali il Mezzogiorno di domani. Portare nel Mezzogiorno i soldi dell'Europa e poi farli gestire dalla società mafiosa.

 

Vedo che, ad esempio, in Puglia il Governo ha deciso, sulla spinta di atti criminali che hanno lasciato il segno e preoccupato l'opinione pubblica, di potenziare le forze di sicurezza e di dotarle di strumenti di contrasto più efficaci. Giusto.

 

Ma non è soltanto aumentando i controlli per le strade o mettendo in fuga i contrabbandieri che possiamo pensare di sconfiggere la criminalità economica, quella che tempo fa chiamai in doppio petto, quella che dà lavoro a chi non ce l'ha, quella che si è impadronita di aziende, strutture commerciali, società di distribuzione,  finanziarie.

 

Dobbiamo evitare che, nel Meridione, diventino loro i beneficiari della new economy. Dobbiamo evitare che questi 80 mila miliardi, una volta arrivati nel Sud, sempre che possano arrivare, finiscano in buona parte, nelle loro tasche.     

 

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