SERGIO BILLE' AL CONVEGNO AC NIELSEN

SERGIO BILLE' AL CONVEGNO AC NIELSEN

Santa Margherita di Pula, 18 maggio 2001 (testo integrale)

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18 maggio 2001
La globalizzazione - come sostiene il “World Economic Outlook” del Fondo Monetario Internazionale – contribuisce enormemente al benessere dei popoli

La globalizzazione - come sostiene il “World Economic Outlook” del Fondo Monetario Internazionale – contribuisce enormemente al benessere dei popoli.

 

Lo sviluppo dell’integrazione dei mercati sta radicalmente mutando il tradizionale assetto dell’economia.

 

Infatti per un numero crescente di imprese, sia di grandi che di piccole e medie dimensioni, i concetti di paese, territorio, mercato, aree d’interesse e d’influenza stanno acquistando significati nuovi e spesso sconosciuti.

 

Si tratta in realtà di concetti e aree di attività destinati ad espandersi in misura considerevole ed ad una velocità sempre maggiore.

 

Ciò richiede alle imprese di fronteggiare la crescente complessità con competenze nuove, per soddisfare le esigenze di un ambiente economico e sociale in costante trasformazione.

 

Tutto ciò in uno scenario turbolento ed in un territorio che sempre più spesso ha le dimensioni del mondo.

 

La capacità di prevenire gli eventi, di anticipare le scelte degli altri competitors nasce per le imprese, dal costante aggiornamento delle informazioni di cui sono in possesso, per ridurre i margini di rischio e pianificare strategie idonee ad acquisire o mantenere la necessaria leadership di mercato.

 

Gli scambi di informazioni, dati, denaro sono diventati scambi elettronici e sono effettuati per mezzo di reti di comunicazione.

 

La naturale conseguenza del processo di internazionalizzazione è la necessità di una “ridefinizione del business “, caratterizzato da una varietà di nuove forme d’impresa e complesse competenze per operare con successo in paesi dove esistono differenti sistemi finanziari, legali, culturali e di consumo.

 

Il fenomeno molto antico come quello degli scambi commerciali fra imprese di vari paesi sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti e soltanto fino a pochi anni fa impensabili.

 

La globalizzazione non è soltanto un processo legato in maniera semplicistica ad uno sviluppo dell’integrazione economica fra gli Stati, ma si tratta di un fenomeno dalle molteplici dimensioni: politiche economiche e sociali.

 

Le reti di comunicazione svolgono un ruolo di primaria importanza in questo processo di globalizzazione dei mercati. La diffusione dei sistemi di comunicazione basati sulla telematica ha innescato un vero e proprio processo virtuoso per uno sviluppo esponenziale delle infrastrutture di comunicazione, incrementando la produzione dei servizi veicolati tramite tali infrastrutture.

 

E’ decisivo quindi che ogni impresa si strutturi per affrontare le nuove esigenze adeguandosi ad un sistema di mercato che chiede sempre più spesso una vera e propria “virtualizzazione del business”.

 

Come ha rilevato Erkki Liikanen, commissario europeo responsabile per le imprese e la Società dell'Informazione, la New economy, l'e-business, in generale ed in particolare il segmento del business-to-consumer e del business to business, sono condizioni indispensabili per la crescita economica europea.

 

In termini di differenziazione rispetto al commercio tradizionale è possibile parlare di modelli di e-commerce evolutivi ed innovativi.

 

Nei primi la strategia è tesa principalmente a sfruttare i vantaggi dello strumento come fattore di superamento delle limitazioni proprie della funzione commerciale tradizionale; nella seconda si tenta l'impostazione di concetti totalmente nuovi che rappresentano una discontinuità rispetto ai tradizionali modelli di business del commercio “fisico”.

 

Nel primo caso si può concepire l'e-commerce come strumento che consente, ad esempio, un orario di "apertura" 24h-365gg/anno o la vendita di merci a clienti lontani od, ancora, la possibilità di stabilire un efficace sistema di assistenza pre e post-vendita.

 

Una puntuale analisi dei punti di forza e di debolezza del servizio tradizionale in rapporto alle possibilità offerte dal nuovo strumento ed alla tipologia di clientela che si vuol raggiungere, può rappresentare, in questo caso, una base di partenza per definire il marketing mix più adatto.

 

Il secondo è, per sua natura, difficile da definire e può essere al massimo delineato in base ad alcuni elementi di forte discontinuità rispetto a passato e per loro natura atti a supportare la definizione di modelli di business totalmente nuovi:

 

- la capacità di rompere i limiti di tempo e di spazio;

- la definizione di standard e di "linguaggi" comuni;

- il costo di accesso, che in rapporto al mondo fisico risulta limitato;

- le potenzialità di interscambio di conoscenza;

- la possibilità di aggregare e condividere;

- la combinazione di tutti questi elementi.

 

I primi due aspetti sono quelli più conosciuti che hanno portato all'attuale fase di diffusione di Internet.

I residui vincoli di costo sembrano ulteriormente ridursi per effetto del processo di liberalizzazione delle Tlc.

L’insieme degli elementi di discontinuità sopra indicati evoca la concretizzazione di una quantità di concetti cari ad economisti, sociologi ed esperti di marketing.

 

L’aspetto di conoscenza ed aggregazione è qualcosa di sicuramente innovativo rispetto alle precedenti logiche di comunicazione.

 

Scambiare conoscenza è, infatti, qualche cosa di diverso dalla pura e semplice somministrazione di informazioni perché implica un processo bidirezionale.

 

In termini commerciali questo vuol dire conoscere meglio i clienti, i loro gusti ed esigenze ma anche la possibilità di proporre loro nuovi concetti e temi.

 

Si spazia dalla possibilità di sviluppare campagne "ad hoc" o direttamente prodotti "su misura" a quella di creare ambientazioni virtuali destinate ad una determinata categoria di temi e di sollecitare interessi ed anche emozioni.

 

Il marketing degli ultimi anni vede l'accentuarsi dell'attenzione nei riguardi di concetti quali "l'emozione", la proposizione di temi e di "modelli" e la stessa definizione di consumatore, che evoca una qualche forma di passività è soggetta a forti critiche.

 

I concept stores, i service stores ed i process stores realizzati nel mondo del commercio fisico sono attuabili, forse in modo addirittura più semplice e creativo, anche nell’e-commerce.

 

Come noto i primi sono concepiti per proporre temi e stili di vita indirizzati non tanto a bisogni conclamati quanto a stimolare il consumatore con nuovi scenari di vita e di desideri. Al consumatore viene proposta l’esplorazione di un mondo tematico che taglia trasversalmente le merceologie attorno ad un’idea, un concetto che può essere l’ecologia e la natura od una certa tipologia di prodotti. I secondi si qualificano rispetto al servizio che offrono ed i terzi approfondiscono il tema di come i prodotti vengono realizzati e quale cultura è alla loro base.

 

Si tratta, quindi, di individuare idee forti, capaci di caratterizzare il punto di vendita virtuale, ad esempio, attorno a temi geografici e culturali. E’, inoltre, possibile ed in molti casi opportuno, che tali nuovi servizi vedano una combinazione tra punti di vendita virtuali e fisici determinando sinergie reciproche.

 

L’Italia ha la caratteristica di essere uno dei paesi a minore standardizzazione produttiva. L’articolazione dell’offerta artigianale, gastronomica, turistica e culturale è letteralmente enorme anche se si effettuano paragoni con i paesi più progrediti.

 

L’apertura di negozi virtuali specializzati destinati a specifici target è quindi una concreta possibilità per il nostro Paese, a patto che non vengano tralasciati sia gli aspetti di assistenza che il delivery, facilitando, nel caso dei servizi, fasi quali la prenotazione.

 

Il prezzo, in questo caso, risulta essere di minore importanza, perché il confronto è più semplice nel caso delle produzioni standardizzate e comunque il servizio, nel suo complesso, crea nuovo valore per il cliente.

 

Queste forme, che possiamo definire come di iperspecializzazione, sono alla portata anche dei piccoli e medi imprenditori commerciali e non solamente di intermediari o catene di franchising.

 

La creatività della quale, per fortuna, gli italiani non difettano, dovrebbe aiutarci in proposito.

 

Sulla base delle “ macro – considerazioni” fatte fino ad ora risulta quindi evidente come il commercio elettronico, visto come insieme di esperienze e possibilità di servizio può offrire spunti che appaiono di estremo interesse per tutti i soggetti coinvolti.

 

Il fenomeno del commercio elettronico in Italia può essere sintetizzato in poche cifre:

 

-          quasi 2.000 “negozi elettronici” che permettono l’acquisto ed il pagamento di beni e servizi;

-          un fatturato complessivo previsto per quest’anno in circa 6000 miliardi di lire dove, peraltro, la componente più importante è rappresentata dal business-to-business.

 

La componente business-to-consumer è in una fase che si potrebbe definire di "crisi di crescita". Non siamo d'accordo con chi ne ha già decretato la prematura scomparsa poiché si tratta di una posizione altrettanto estrema di quella di chi ne prevedeva l'esplosione nel giro di pochi anni.

 

Quello che conta è che, indipendentemente dal volume totale degli acquisti effettuati in rete, il ritratto del cyber consumatore italiano, corrisponda sempre meno a quello stereotipato di giovanissimi od appassionati e/o appartenenti a famiglie con redditi di molto superiori alla media. Le indagini degli istituti internazionali di ricerca fotografano una situazione nella quale il cyber consumatore italiano è collocabile nelle fasce centrali d’età, con un reddito familiare attorno ai 70 milioni di lire/anno, prevalentemente maschio e coniugato: un ritratto assolutamente diffuso, quindi.

 

Proprio sulla base di questa fotografia si può ipotizzare che anche il commercio elettronico B2C possa avviarsi, nel prossimo futuro, in direzione di una fase positiva di sviluppo.

 

Internet ormai coinvolge gran parte delle famiglie italiane. Le Freenet (Internet gratuita) hanno coinvolto, ormai, circa 14 milioni di utilizzatori assumendo le caratteristiche di massa.

 

In questa situazione l’Italia, come il resto d’Europa è nelle migliori condizioni per raggiungere entro poco tempo i livelli di diffusione americani, anche perché può godere del classico vantaggio di chi è venuto dopo.

 

Pur essendoci posti il problema del potenziale rischio di disintermediazione del commercio tradizionale ad opera di quello elettronico, abbiamo individuato nelle nuove tecnologie un potenziale di crescita per il terziario piuttosto che un modo per distruggerlo.

 

Lo dice l’esperienza americana e lo dicono le cifre, in particolare quelle sulla nascita di nuove imprese di servizio il cui business deriva o si connette al mondo delle tecnologie ICT.

 

Per quanto riguarda l’esperienza USA si rilevi che i maggiori protagonisti dell’e-commerce sono, di fatto, nuove tipologie di intermediari commerciali. La chiave del loro successo risiede nella qualità del servizio offerto e nella capacità di infondere fiducia nel consumatore.

 

La diffusa convinzione che il commercio elettronico si esplichi attraverso una sorta di cortocircuito “produttore-consumatore” è stata verificata solo in modo limitato rispetto al ben più importante fenomeno dei portali, sia generalisti che verticali, indirizzati alla vendita di più tipologie di prodotto e di marca. Questo perché il consumatore desidera maggiori possibilità di scelta e perché la capacità di fare web marketing, ossia di attrarre e fidelizzare la clientela è propria dei nuovi intermediari.

 

Ciò significa semplicemente che la new economy, con varianti ed aggiustamenti, poggia su concetti cari alla old economy, tra i quali quello della necessità di una funzione di intermediazione commerciale, specie riguardo il problema della cura del cliente e dell'assistenza post-vendita, anche sotto il profilo della gestione dei ritorni di merci vendute elettronicamente.

 

Ma gli aspetti innovativi, non solamente tecnologici, insiti nel nuovo strumento devono essere al centro dell'azione degli operatori di commercio elettronico.

 

C'è bisogno di meno improvvisazione, più attenzione ai processi distributivi connessi alla vendita elettronica (il problema logistico), più capacità di elaborare strategie di marketing innovative.

 

Più attenzione al mercato ed al cliente e meno alla pura e semplice tecnologia la quale ha affascinato, assieme alla possibilità di ottenere facili guadagni di borsa, molti, forse troppi investitori ed attori della new economy.

 

Grazie

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