SERGIO BILLE' AL CONVEGNO "PER L'AVVENIRE DELL'EUROPA"

SERGIO BILLE' AL CONVEGNO "PER L'AVVENIRE DELL'EUROPA"

Roma, 30 novembre 2001 (testo integrale)

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30 novembre 2001

La dichiarazione di Nizza sul futuro dell’Unione del dicembre 2000 ha ancora una volta sottolineato la fondamentale partecipazione anche dei cittadini alla definizione di un progetto dell’Europa allargata ai paesi dell’Est.

 

Considerando valida e significativa questa affermazione di principio, è chiaro che l’impegno delle forze sociali non può non andare oltre i propri compiti specifici per la creazione di una Unione che sappia coniugare, nel modo giusto e con i giusti parametri, i principi della democrazia politica con quelli della democrazia economica.

 

I problemi, infatti, di crescita che l’Europa oggi ha di fronte possono essere positivamente risolti solo se vi sarà, sugli obiettivi da raggiungere, anche una forte aggregazione di consenso dei cittadini. Con esigenze che sono basilari. Ne vorrei citare alcune: l’identità di una Europa che non potrà non essere multiculturale, la definizione del ruolo che, nella costruzione del tessuto europeo, dovranno avere partiti politici e associazioni, l’individuazione di politiche che mirino allo sviluppo dell’istruzione, della ricerca e della cultura della comunicazione, la scelta di un modello istituzionale che consenta l’integrazione ma risolva, in modo efficace, anche il problema della divisione di competenze tra Unione, stati nazionali e regioni.

 

Un confronto che dovrà servire a costruire dal basso quel consenso che, in alcuni casi, sembra, sul grande progetto dell’Unione, ancora mancare.

 

Questo significa che il nuovo progetto di società europea che si vuole realizzare e che troverà un momento di importante verifica nel vertice di Laeken non potrà non tener conto, nella giusta misura, anche degli interessi e delle aspirazioni di chi, nell’idea di una società europea, non vede solo un progetto politico che rafforzi le strutture democratiche ma anche uno strumento che consenta un vero sviluppo, dia maggiori garanzie di sicurezza al cittadino, porti ad una reale modernizzazione dell’economia, crei nuove prospettive di lavoro, elimini quelle sacche di povertà che ancora esistono e che certo, anche nel nostro paese, non possono oggi essere definite come un fenomeno solo marginale, porti, infine, ad un più consolidato benessere.

 

L’abbattimento dell’inflazione, reso possibile dal Patto di stabilità. e ora la moneta unica rappresentano, nella realizzazione di questo progetto, un punto di partenza e non certo di arrivo.

 

Sarà ora assai maggiore il numero dei cittadini che, battendo moneta europea, chiederanno, con sempre maggiore insistenza, strutture dell’Ue assai più efficienti, un governo europeo che sia operativo anche nella rappresentazione e nella tutela dei loro interessi.

 

Ci sono ancora molti nodi da sciogliere: una chiara delimitazione prima di tutto delle competenze tra Unione e stati membri che rispecchi il principio di sussidiarietà, il ruolo che dovranno continuare a svolgere i parlamenti nazionali ma soprattutto come far sì che le nuove strutture europee, operando in un quadro di maggiore legittimità democratica, possano davvero rappresentare gli interessi dei cittadini degli stati membri.

 

E oggi è proprio quest’ultimo l’anello più debole della istituenda nuova società europea: o si riuscirà a rafforzarlo o il rischio è quello di costruire un’Europa che resti a mezz’aria, forte e ambiziosa nei principi che essa esprime ma ancora assai debole nelle sue radici di consenso.

Su quattro temi è importante che le strutture europee intervengano con particolare urgenza. Si tratta di temi sui quali le istanze dei paesi membri appaiono oggi abbastanza allineate e ciò dovrebbe poter favorire, più di quanto non accada per altri problemi, decisioni comunitarie.

 

Il primo è quello della sicurezza che certamente gli attentati terroristici dell’11 settembre hanno acuito ma che aveva già un forte impatto anche prima che tali fatti si verificassero. Occorre una politica della sicurezza che, in senso lato, permetta l’adozione di normative che siano valide per tutti gli stati membri e porti alla creazione di vere e proprie strutture centralizzate che consentano un lavoro di maggiore ampiezza e di più sicura penetrabilità su ogni versante del crimine. Questo servirà anche a combattere, in modo più efficace, quella criminalità organizzata che oggi, per dimensioni, peso e potere economico, ha raggiunto purtroppo livelli impressionanti.

 

E, intrecciato a questo, non va certo sottovalutato il problema dell’immigrazione clandestina per la quale le normative nazionali, anche se rinnovate, si stanno rivelando in gran parte ancora insufficienti a causa delle caratteristiche di un fenomeno che ha sempre minori confini. Problema tanto più urgente in quanto, entro pochi anni, l’allargamento dell’Unione a molti paesi dell’Est europeo aumenterà sensibilmente la valenza e la portata di questi fenomeni.

 

Anche in tema di riciclaggio l’Unione deve studiare e realizzare forme di contrasto più efficaci di quelle attuali. Tutti abbiamo accolto con favore l’accordo, siglato proprio in questi giorni, tra le isole Cayman e gli Stati Uniti in base al quale le Cayman rinunciano al segreto bancario sui conti correnti di individui sospettati di riciclaggio o addirittura di terrorismo. Ma vorremmo che anche l’Unione, più di quanto non abbia fatto fino ad oggi, si attivasse per scardinare quei paradisi fiscali, quei segreti bancari blindati che tuttora esistono nel cuore dell’Europa e che, in buona parte dei casi, continuano ad operare a loro piacimento dando alle grandi organizzazioni criminali un potere di manovra e di controllo dei mercati economici e finanziari che ha raggiunto livelli sempre più preoccupanti.

 

L’ultimo tema che vorrei affrontare è il più importante ma anche forse il più ostico di tutti. Mi riferisco non solo alla modernizzazione di tutto l’assetto economico - modernizzazione che potrà risultare efficace solo quando verrà completato, in Italia, anche il programma di privatizzazioni e risolto, attraverso strumenti adeguati, il grave problema di quelle posizioni dominanti che oggi, di fatto, impediscono l’attuazione dei principi di un’autentica democrazia economica - ma anche al problema fiscale, un tema su cui i paesi dell’Unione dovrebbero poter trovare presto punti di convergenza e di iniziativa.

 

Prima che la moneta unica diventasse una realtà, i cittadini e gli operatori italiani non pensavano certo - e sarebbe stata un’illusione crederlo - che potesse essere anche l’Unione, di concerto con gli stati nazionali, ad affrontare e risolvere questo annoso problema. Ora chi batte moneta europea comincia a pensarci più seriamente e attende dalle strutture dell’Unione un segnale che vada in questa direzione.

 

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