SERGIO BILLE' AL CONVEGNO SULLO SPORTELLO UNICO

SERGIO BILLE' AL CONVEGNO SULLO SPORTELLO UNICO

ROMA, 14 DICEMBRE 1999 (testo integrale)

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14 dicembre 1999
Sportello unico

 

 

Che lo sportello unico per le imprese, a sei mesi dal termine stabilito dal nuovo regolamento, sia stato attivato, come ho letto ieri sul Sole 24 ore, solo dal 27,7% dei Comuni italiani non è certo cosa che può passare sotto silenzio.

E’ importante però che questa essenziale infrastruttura burocratica sia stata finalmente attivata come è importante che i grandi Comuni si siano, in questo senso, attivati prima degli altri, segno che c’è interesse per questa innovazione della cui efficacia è stato detto già tutto.

Ma ora altri problemi premono. Il primo è quello ovviamente di far lavorare a pieno ritmo questi sportelli, cosa non sempre semplice perché spesso, molto spesso cambiare le strutture della burocrazia non significa cambiare la cultura, la mentalità di chi, nella burocrazia, opera. Il secondo è quello di aprire gli sportelli anche dove ancora non esistono. Anche perché questo strumento serve soprattutto a quelle imprese che operano in aree difficili come sono quelle, ad esempio, del Mezzogiorno.

Il mio auspicio quindi è che si vada avanti in fretta facendo leva su continui monitoraggi che evidenzino ritardi, incongruenze, sportelli sì aperti ma, di fatto, inattivi per l’incapacità della pubblica amministrazione di operare nella giusta direzione.

Il rapporto commissionato al FORMEZ sullo stato di attuazione dello sportello unico contiene a nostro avviso alcuni elementi importanti.

Il primo è relativo alle metodologie di analisi ed individuazione delle tipologie di utenti destinati ad usufruire dell’attività dello sportello unico.

Dall’analisi del FORMEZ si evince come sia molto diffuso, da parte delle amministrazioni comunali, il non partire dalla domanda effettiva dell’utenza.

In sostanza si parte da una riflessione interna e non dall’analisi dell’utenza potenziale.

Questo dato è intimamente connesso ad un altro che sembra emergere dalla rilevazione: quello cioè relativo al basso numero delle richieste presentate alle neonate strutture da parte delle imprese.

Infatti realizzare gli sportelli unici senza tener conto della domanda potenziale rischia di amplificare i problemi relativi alla scarsa conoscenza da parte degli imprenditori delle nuove strutture e delle nuove possibilità che queste strutture offrono.

Ma c’è un altro problema che ci sta a cuore quanto i primi due. Il fatto che questi sportelli, dove già ci sono e dove, speriamo presto, ci saranno, siano a pieno ritmo attivi anche per il settore del commercio e non solo limitati alle attività industriali.

Cosa che, come ricorderete, venne sancita nel famoso Patto di Natale per l’occupazione e lo sviluppo stipulato tra Governo, sindacati e associazioni imprenditoriali.

Sancita sì ma poi di nuovo messa in discussione da interpretazioni di lana caprina del D.P.R. del 20 ottobre 1998 n. 447 che, anche a causa di una disposizione a dir poco sibillina, hanno portato alcune Regioni a sostenere la non applicabilità delle nuove procedure al settore del commercio.

Situazione paradossale corretta con una circolare dell’8 luglio 1999 del Dipartimento degli Affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi con la quale sono state invitate le Amministrazioni ad attenersi scrupolosamente all’accordo raggiunto nell’ambito della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città che ha ribadito l'inclusione del commercio nell'ambito di applicazione della normativa sullo sportello unico per le attività produttive.

Tutto chiaro allora?

No, soltanto a metà perché, ad esempio, la Regione Piemonte non ne ha voluto sapere di applicare questa norma per intero sostenendo che mettere lo sportello unico anche a disposizione delle piccole e medie imprese commerciali avrebbe potuto creare un “super affollamento” a questo sportello con i soliti problemi di ingorgo che, quando parliamo di burocrazia, conosciamo fin troppo bene.

Tesi opinabile che ovviamente non condividiamo perché se c’è oggi un settore che ha estremo bisogno dello sportello unico è proprio quello del commercio.

Non è da escludere che la Regione Piemonte abbia preso una decisione del genere pensando che, per il commercio, fossero i CAT a svolgere questa funzione e che quindi non c’era bisogno d’altro.

Sportello unico e CAT sono, invece, due cose diverse e questa grossolana semplificazione non è accettabile.

La nostra posizione è chiara: sportello unico e CAT sono strumenti che possono coesistere e vanno entrambi utilizzati dal settore della distribuzione a pieno diritto.

Sia perché i due strumenti operano in un ambito territoriale differente (provinciale o regionale per i CAT, prevalentemente comunale per lo sportello unico) sia perché, come ho già detto, se c’è un settore che ha disperato bisogno di supporti che agevolino la sua attività, questo è proprio il settore del terziario.

La coesistenza e il coordinamento tra CAT e S.U. sono possibili anche analizzando le funzioni degli S.U.. Esse vanno dal marketing territoriale, all’informazione dettagliata sulle possibilità reali offerte dal territorio a quella assistenza amministrativa e procedurale che è sempre stato il tallone d’Achille della nostra Pubblica Amministrazione.

Sotto questo profilo ben potrebbero i CAT, costituiti su iniziativa delle Associazioni di categoria, raccogliere, in convenzione con lo sportello unico, le comunicazioni all’apertura degli esercizi di vicinato, avviare la procedura autorizzatoria per le medie strutture di vendita nonché offrire una serie di informazioni e servizi amministrativi che semplifichino gli adempimenti per le imprese.

A queste potrebbe aggiungersi il raccordo con altre funzioni di enti locali, autonomie funzionali o altri enti pubblici, sotto il profilo dello svolgimento delle procedure amministrative per l’avvio o la conduzione di un’attività commerciale (iscrizione C.d.C., apertura della P. IVA, denuncia all’INPS).

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